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    Predefinito Specialità italiana: pacifisti e...

    ...pistoleri

    Prodi paga mercenari in Iraq. Versa denari a pistoleros professionisti impegnati nella zona di Nassiriya.
    Prima c'erano esercito e carabinieri. Ora ci stanno, a nostro nome, gli sceriffi di una discussa ditta anglosassone, di cui sa tutto Oscar Giannino che ne scrive su queste pagine.
    In termine tecnico: sono i contractors.
    Per intenderci: non è un'operazione occulta dei servizi segreti deviati, ma questi simpatici tizi dai mitra bene oliati sono finanziati grazie a una scelta precisa del Parlamento italiano, anzi della sua maggioranza che anche su questo aspetto ha espresso la fiducia.
    Che tipi questi capi della sinistra.
    Criticano le ronde padane e dicono che bisogna avvalersi solo delle forze dell'ordine in divisa.
    Poi in Iraq, anche Diliberto, Pecoraro Scanio, Giordano, Lidia Menapace e Franca Rame, tanto per fare il nome dei più pacifisti, concordano che sia meglio usare personale delle ditte di bodygard.
    Un po' come al tempo della peste, invece dei soldati, si assoldavano i monatti.
    Conta l'apparenza: non bisogna far vedere che ci sono divise con qualche segno del Tricolore, l'alzabandiera e cose simili. Però se sono stranieri, chi se ne importa. Se ammazzano qualche iracheno o si fanno ammazzare, affari loro, incidenti sul lavoro di aziende extracomunitarie, per di più su un suolo asiatico.
    Infatti accade questo. Il nostro esercito se n'è andato dall'Iraq. Prodi appena arrivato ha ritirato i militari dalla zona degli sciiti dove erano stati acquartierati. Prima di imbarcarli con armi (poche) e bagagli sugli Hercules, aveva provveduto a delegittimarli, spiegando che facevano parte di un esercito di occupazione, e alla fine lasciandoli lì qualche mese a subire gli attentati di chi desiderava da tempo sbatterli fuori o sottoterra.
    Indi li ha spediti dalla Mesopotamia al Libano, perché se proprio bisogna sparare almeno lì lo si sarebbe fatto contro gli israeliani.
    Fin qui, tutto previsto. Era scritto nel programma di governo.
    Mancava un punticino, una Righetta in quelle 282 pagine sottoscritte dai partiti dell'Unione e da alleati vari. Questa: «Il personale civile, volontari, tecnici e cooperanti avranno la sicurezza garantita da mercenari».
    Il nostro linguaggio è volutamente rozzo, e copiato dai giornali di sinistra. Ma la sostanza non cambia.
    Lo aveva già scoperto il nostro Andrea Morigi il 15 febbraio scorso (Libero pagina 7).
    Il decreto di rifinanziamento della missione in Afghanistan ha previsto di spendere 3 milioni e 498 mila euro per «stipulare un contratto con una società di sicurezza che sia già operante in Iraq con personale locale. Ciò al fine di garantire l'incolumità dei civili presenti a Nassiriya e di consentire loro di uscire dal perimetro della base militare internazionale per monitorare i progetti e incontrare le personalità locali».
    Questo è l'esito paradossale della demagogia pacifista. Si dice: non serve l'esercito ma la presenza di civili.
    Ma i civili, se vanno in giro senza adeguata protezione, finiscono male.
    E allora che si fa?
    Adriano Celentano sollevò, persino lui il problema, sull'Unità. Qualche soldato ci dev'essere. Però, come si sa, in politica la faccia di tolla è tutto. Così si è preferita la logica dei furbetti del quartier generalino. Non è gran che come battuta, ci rendiamo conto dei nostri limiti satirici. Ma qui sarebbe interessante una bella carrellata di comici che ci spieghino la faccenda. E per favore non sia però Vauro a farci la lezione. La sua Emergency ha mollato il campo in Afghanistan, si vantava di essere amata da tutti, di non aver bisogno di protezione.
    E ha lasciato lì i malati perché hanno chiesto il passaporto ai suoi medici.
    Qualcuno ci spiega, magari Arturo Parisi, che è il più serio, oltre che ministro della Difesa, dove sta la logica? Mandiamo soldati in Afghanistan a curare progetti di silvicoltura, e poi paghiamo contractor, armati fino ai denti, e senza regole d'ingaggio umanitarie come quelle dei nostri militari, per difendere i tecnici dell'Eni e altri civili. Insomma stipendiamo mercenari, per di più di una ditta abbastanza portata a sparare a casaccio.
    E i comunisti del governo sono contenti.
    Dev'essere il materialismo dialettico. Che pena. A noi viene in mente come furono trattati dalla sinistra e dai pacifisti persone come Quattrocchi, Stefio, Cupertino e Agliana. Erano esattamente contractors. Quelli che oggi il governo italiano legittima, purché non siano italiani ma locali.
    Dev'essere un mestiere per negri o per arabi, secondo loro, e poi dicono che sono razzisti quelli del centrodestra. A Quattrocchi, morto con coraggio fantastico, è stato negato il funerale di Stato e nessun politico di sinistra è andato alle esequie.
    Neanche il sindaco di Genova ha mosso il piedino per entrare in chiesa.
    La motivazione ideologica è quella che fornì allora il Manifesto. Celebrò così i quattro lavoratori italiani, che tutelavano civili andati in Iraq per la ricostruzione: «Eroi di scorta». Bello vero?
    Ci furono poi le vignette di Vauro a spiegare la questione morale: «Beato quel popolo che non ha bisogno di eroi. Né di mercenari».
    A quanto pare ora ne abbiamo bisogno, e li paga la sua maggioranza di riferimento, compresa la sua divina Franca Rame che ha votato coperta e compatta.
    Ce ne fu un'altra peggiore: «Morire per denaro. Banconote a mezz'asta». Sul pennone sventolavano i bigliettoni americani.
    Possiamo fare un'osservazione sulla bandiera del dollaro a mezz'asta e su chi tiene molto cari e utili i medesimi contanti? Ma sì, sono sempre loro. Non hanno protestato, a quanto pare, se per liberare le due Simone, Torsello e la loro Giuliana Sgrena - forse, magari, chissà sono stati versati milioni di dollari finiti nella saccoccia di un altro genere di mercenari, del tipo islamico.
    Ci interesserebbe anche il parere dell'Unità, su cui scrisse un dotto articolo Maurizio Chierici.
    Il gip di Bari, Giuseppe De Benedictis, aveva definito "mercenari", o anche "fiancheggiatori delle forze di coalizione", specificando che "questo spiega, se non giustifica l'atteggiamento dei sequestratori nei loro confronti".
    L'Unità sosteneva che ai nostri quattro andava applicata una certa legge che dice: «Chiunque, avendo ricevuto un corrispettivo economico o altra utilità o avendone accettato la promessa, combatte in un conflitto armato nel territorio comunque controllato da uno Stato estero di cui non sia né cittadino né stabilmente residente, senza far parte delle forze armate di una delle Parti del conflitto o essere inviato in missione ufficiale quale appartenente alle forze armate di uno Stato estraneo al conflitto, è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione da due a sette anni».
    La ditta scelta dai nostri non è irachena, è mercenaria proprio nella sua ragione sociale.
    Poniamo una domanda giuridica.
    Visto che per Prodi gli stranieri della coalizione stanno occupando l'Iraq, non è che il nostro governo sta finanziando un'associazione a delinquere?
    Lo chiediamo all'Unità e ai compagni di magistratura democratica e non.
    Sarebbe meraviglioso se vi metteste in galera da soli.

    Renato Farina su Libero

    saluti

  2. #2
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    Predefinito Compagni mercenari

    Era il giugno 2004. Ve lo ricordate il dramma di Fabrizio Quattrocchi ucciso dai terroristi iracheni? La polemica rovente che si scatenò su mezza stampa italiana, quella di segno ideologico più improntato a sinistra, nell'apprendere che era morto dicendo al suo assassino "così muore un italiano"?
    Le ricordate, le incandescenti accuse lanciate contro di lui, Umberto Cupertino, Salvatore Stefio e Maurizio Agliana, accusati di essere mercenari senza onore, per essere andati in Iraq come dipendenti della Dyncorp Technical Services, una delle maggiori multinazionali del supporto logistico privato alle forze armate di diversi paesi impegnati in teatri di guerra, nonché agenzia internazionale specializzata in servizi di sicurezza, scorta, tutela dei beni patrimoniali e delle persone, pronta a offrire i propri servigi specializzai dovunque servano professionisti seri della difesa?
    Tra le tante cose impreviste che capitano quando dalla comoda opposizione si va al governo, c'è anche di dover rivedere il più incrollabile tra i pregiudizi.
    Ed è quel che capita al governo Prodi, sul tema dei cosiddetti private contractors - appunto quegli agenti privati di sicurezza che in Iraq come in Afghanistan sono divenuti una delle componenti fondamentali della tutela degli stranieri e dei loro interessi, delle loro aziende e dei loro beni, finché la guerra dura.
    Così, nel decreto di stanziamento delle risorse finanziarie destinate alle esigenze dei contingenti italiani impegnati all'estero, sono previsti anche 3 milioni e mezzo di euro a favore di quelli che ai tempi di Quattrocchi vennero sbrigativamente e sprezzantemente liquidati come "mercenari".
    E la società che fornisce il servizio allo Stato italiano è di nuovo uno dei colossi del settore a livello mondiale, la britannica Aegis Defence Services.
    E chi sono mai, i capi di questa nuova compagnia di ventura che ricorda il mito dei diecimila greci dell'Anabasi di Senofonte, anche loro mercenari greci al soldo dell'imperatore persiano Ciro contro il fratello Artaserse,e protagonisti dopo la battaglia di Cunassa di una delle più epiche ritirate strategiche eternate nella letteratura mondiale?
    Dei bei tipacci, fidatevi.
    Non tanto il presidente della Aegis, Lord Peter Inge, cavaliere dell'ordine della Giarrettiera ed ex capo di stato maggior generale dell'esercito di Sua maestà nonché poi capo di stato maggior generale della Difesa.
    Il vero capo operativo, colui che l'ha messa in piedi anni fa e l'ha condotta con successo a contratti da 300 milioni di dollari col Pentagono per il solo impegno in Iraq nel 2004, è un ex tenente colonnello dei paracadutisti britannici e poi delle Guardie Scozzesi, Tim Spicer.
    Un veterano delle Falklands e della Sierra Leone, che ai tempi del servizio col suo battaglione a Belfast finì nel 1992 sui giornali britannici.
    Una delle sue pattuglie uccise un giovane civile cattolico non armato, Peter McBride, ma Spicer pur di fronte all'accusa elevata dalla procura Militare difese i suoi sino alla fine, invece di lasciarli al capestro pubblico come fanno tanti comandanti lavandosi le mani dai guai.
    Alla fin degli anni 90 creò una sua prima azienda privata di sicurezza, la Sandline, che finì sotto inchiesta per aver dato una mano a un povero presidente della Nuova Guinea spodestato da un golpe militare.
    Insomma Spicer le ha tutte, per incarnare esattamente le caratteristiche negative del duro che in cambio di soldi arruola ex combattenti delle forze speciali di mezzo mondo per organizzare missioni delicate in Paesi incandescenti.
    Ed è agli uomini di Tim Spider, che si è rivolto il governo italiano per tutelare i beni delle proprie aziende e per scortare i propri funzionari civili, quando espletano la propria funzione al di là delle pertinenze dirette affidate ai nostri contingenti militari.
    Evidentemente, nel governo Prodi sono ignari della lettera durissima che il congressman democratico del Massachussetts Marty Meehan inviò tre anni fa all'allora segretario alla Difesa americano, Donald Rumsfeld, accusandolo di aver personalmente favorito la Aegis Defence Services malgrado che il curriculum internazionale dell'ex tenente colonnello Spider lo rendesse tutt'altro che raccomandabile.
    Oppure può essere che nel governo Prodi abbiano invece fatto accurate ricerche, scoprendo che quella lettera tanto dura - e per molti versi riecheggiante gli articoli che da noi il Manifesto dedicò alla vicenda Quattrocchi - era in realtà dovuta al fatto che l'onorevole Meehan scriveva in realtà sotto l'impulso di appartenere a un'associazione di amici dell'Irlanda.
    In ogni caso, il Pentagono aprì una regolare procedura di audit per verificare la rispondenza del servizio offerto dalla Aegis rispetto a ciò che contrattualmente le Forze Armate americane le avevano chiesto di prestare in Iraq. E, alla fine del 2005, l'indagine si concluse con un nulla di fatto e il rinnovo del contratto. Del resto, chi abbia mai conosciuto anche solo per mezz'ora nella vita Kristi Clemens non se ne può stupire: il vicepresidente della Aegis è uno dei più abili e seducenti lobbysti che batta i corridoi del Congresso americano e del Pentagono.
    Chi ha scelto la Aegis anche per i nostri interessi italiani in Afghanistan, non ha fatto una cattiva scelta.
    Certo, diverso sarebbe se agli ordini - al soldo, anzi - della Aegis fossero impiegati per la nostra bandiera dei cittadini italiani, invece che dei gurkhas o degli ucraini come invece capita.
    Allora sì, che ripartirebbe la solfa sui media italiani sui limiti precisi che la terza convenzione di Ginevra pone all'impiego in operazioni di private contractors, che, privi di documento ufficiale rilasciato dalle forze armate combattenti del Paese dal quale sono ingaggiati, ricadono invece fuori dalle garanzie concesse ai prigionieri di guerra dal diritto internazionale.
    E' una questione che negli Stati Uniti è stata dibattuta per migliaia di pagine, visto che i private contractors ingaggiati dagli americani sono arrivati alla cifra di 120mila nel solo Iraq. Da noi, il dibattito si accese per odio di parte, all'assassinio di Quattrocchi.
    E oggi invece non fa né caldo né freddo a nessuno, tra quelli che allora sputavano veleno.

    Oscar Giannino su Libero

    saluti

 

 

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