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  1. #11
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    MEGLIO FAURISSON DI PACIFICI
    DI DACIA VALENT
    Oggi, a Teramo, un’ignobile teppaglia, che ha raccontato di esser discendente di deportati – come se
    l’esserlo li mettesse su un piano diverso dai naziskin che picchiano chi non la pensa come loro – ha
    malmenato un anziano professore francese, Robert Faurisson, perseguitato da oltre 25 anni da leggi
    che negano il diritto alla ricerca ed alla libertà d’espressione, e schiaffeggiato un accademico di
    valore, uno dei migliori africanisti d’Italia, Claudio Moffa.
    Qualcuno dovrebbe dirmi cosa c’è di epico nel combattere una battaglia al fine di impedire ad un
    anziano storico di fare il suo lavoro, di provare la sua tesi, di discuterla e metterla a disposizione di
    chi voglia confutarla.
    Che quel qualcuno mi spieghi cosa provoca questa paura irragionevole di confrontarsi con chi mette
    in discussione una tesi, che come tutte le tesi dovrebbe essere soggetta a verifica.
    Per dirla con Popper, una tesi deve essere deducibile in maniera conclusiva. La sua forma deve
    essere tale che sia il verificarle sia il falsificarle siano logicamente possibili.
    Dal punto di vista epistemologico questo conduce ad un criterio di demarcazione molto chiaro: nella
    stessa maniera in cui si può sostenere che sia scientifica un'asserzione passibile di “falsificazione”,
    si può sostenere che un'asserzione che non lo è, sia metafisica.
    Nel caso della Shoah ciò non ci è dato.
    Si tratta dell’unico caso, nello studio e nella ricerca storica, dove la verità è tale perché stabilita ed
    adottata da governi e non susseguente ad una disamina scientifica dell’assunto.
    La sola messa in discussione (falsificabilità, in questo caso) della teoria alla base della Shoah, è un
    delitto di leso dogma.
    Non sono una storica. Vado a naso. Come in tutte le cose in cui non sono preparata mi affido a chi
    si è formato per dare delle risposte.
    Non mi improvviserò mai medico, o idraulico e nemmeno ingegnere o parrucchiera.
    Esistono persone che hanno studiato, a lungo, per fornire determinati servizi e determinate risposte.
    E addirittura esistono persone che hanno studiato, sempre a lungo, per domandare le domande
    giuste.
    La passione per lo studio, la ricerca, la messa in discussione dei dogmi che rendono la storia –
    quella fatta dai vincitori – un’abominevole palude stagnante degli interessi di parte, è commovente
    e convincente.
    Ma per scelta di pochi ma potenti, noi in quella palude ci viviamo, sguazziamo a fianco delle
    sanguisughe e le accogliamo come costellazioni sulla nostra pelle, regalando loro vita e dignità.
    La storia ufficiale ci impone il dogma secondo cui la sofferenza degli ebrei non è la stessa di quella
    dei Tziganer. Secondo cui la sofferenza degli ebrei non è la stessa dei somali, etiopiani ed eritrei.
    secondo cui la sofferenza degli ebrei è la sofferenza per antonomasia. E lo è non perché vi sia stata
    una ricerca seria in merito a quanto successo, alle cause, allo svolgimento. No. Lo è semplicemente
    perché si è deciso così.
    L’accanimento con cui si perseguitano - e perseguitano è la parola giusta - quegli storici e
    ricercatori che non si adeguano alle verità di stato potrebbero essere assimilate ad un preciso
    sintomo del fatto che questa verità sia viziata e viziosa.
    L’accanimento con cui interi governi si adeguano e promuovono la censura di chi questo argomento
    vorrebbe approfondirlo, discuterlo, renderlo meno mitico e più storico in fondo, potrebbe essere
    considerata la prova dell’esistenza di un complotto per nascondere una verità molto più scomoda di
    quella ufficiale.
    Negare il diritto di approfondire, di mettere in discussione, di rendere la storia meno statica e più
    vivace come del resto dovrebbe essere, è come sventolare un drappo rosso di fronte al toro della
    volontà di sapere, alla curiosità di chi non si accontenta di un’unica versione, soprattutto quando
    imposta dalla struttura di potere.
    Perché, e qualcuno me lo deve spiegare, per quale motivo degli storici che hanno di fronte anni di
    potenziale ed invidiabile carriera universitaria decidono, un giorno di suicidarsi accademicamente,
    toccando l’intoccabile? Dicendo l’indicibile?
    Perché Faurisson, Zuendel, Irving e centinaia di altri, meno noti ma non per questo meno impegnati
    e meno perseguitati, non possono studiare, ricercare, confrontarsi come ogni altro studioso e
    ricercatore con il resto del mondo accademico? Cosa ha trasformato Ariel Toaff – mai destinatario
    di critiche per il suo lavoro accademico - in un intollerabile cialtrone?
    In definitiva, cos’è che rende gli ebrei diversi ed intoccabili? E con loro lo stato di Israele.
    La Shoah. Che smette di essere avvenimento storico per diventare una risorsa politica utile a
    minimizzare il dramma palestinese, ad offuscarlo e renderlo meno vicino grazie al senso di colpa
    dell'occidente.
    E studiarla, sviscerare il male dietro il mito, storicizzare nel senso vero del termine quanto successo,
    allontanandolo dal mito ed avvicinandolo alla scienza, spiegare la storia e le sue motivazioni,
    qualsiasi esse siano, potrebbe rendere una fragile impalcatura, quella su cui si regge il mito laico
    dello stato etno-teocratico, la terra promessa da Dio al popolo da lui eletto a suo popolo, la terra
    senza popolo per un popolo senza terra.
    Non esiste teoria storica che non abbia differenti versioni e punti vista per la sua analisi e la sua
    codificazione in termini storici, eccetto il capitolo della Shoah.
    E questo, mi dispiace, mi mette in una posizione di non comprensione. Lo ripeto, la storia non è un
    flusso di notizie che si fissano nel tempo, senza possibilità di essere modificate da un nuovo
    documento, da una nuova scoperta.
    Nemmeno il carbonio 14 è decisivo nella narrazione di ciò che ha composto così la razza umana.
    Nulla lo è, se non la nostra sete di sapere o la nostra voglia di credere.
    Il guaio succede quando la voglia di credere sopravanza la sete di sapere. Quando ciò che siamo
    viene annichilito da ciò che vorremmo essere.
    E oggi, io mi sento meno sicura che la verità imposta per legge sia la verità vera.
    Come Popper, il mio limite di demarcazione in questa vicenda è uno solo: la falsificabilità della tesi.
    Perché la verificabilità, quando sostenuta dai discendenti politici di Mussolini, francamente non mi
    basta.
    Soprattutto quando sostenute, con la delicatezza tutta ebraica e di destra, dalle spranghe del
    camerata Pacifici.
    Dacia Valent
    Fonte: http://cloroalclero.blogspot.com
    Link: http://cloroalclero.blogspot.com/200...-pacifici.html
    18.05.2007

  2. #12
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    Farsi "cretino" per buscarsi lo "stipendio". Paga l’ebreo Carlo De Benedetti

    Provo a mettermi nei panni di Michele Serra, ma non ci riesco. E, poiché il suo articoletto (1) mi fa schifo, lo trasmetto così come lo trovo. Senza commenti. Michele Serra non è "cretino", ma "scrive da cretino" per buscarsi lo stipendio che gli passa l’ebreo Carlo De Benedetti.

    I "negazionisti" non negano "i campi di concentramento tedeschi". Negano che ci siano morti "6 milioni di Ebrei". E che ci siano morti perché "uccisi con le camere a gas".

    Io non so come ragiona un ebreo che ha avuto dei morti a causa dei campi di concentramento. E rispetto il suo dolore, se costui non vuole impormi, ed impormi come credo fideistico, che sono morti "6 milioni di Ebrei", morti perché "uccisi con le camere a gas". Stabilire quanti Ebrei sono morti nei campi di concentramento tedeschi e come sono morti dovrebbe essere compito degli storici. Ed oggetto di discussioni accademiche. Non certo impostura che si impone per leggi liberticide o per spedizioni di ceffi violenti.

    Rammento a Michele Serra (e all’ebreo Carlo De Benedetti) che i Greci ebbero i loro morti nelle guerre contro i Persiani. Eppure Plutarco scrive bene dei Persiani. Anche i Romani antichi ebbero gravi lutti dalle loro guerre contro i Cartaginesi. Eppure Cornelio Nepote scrisse rispettosamente dei Cartaginesi. Se poi noi siamo Europei, custodi della civiltà greca e romana; se loro sono Giudei, incapaci di rispetto verso i nemici vinti, è un accidente della vita a cui noi non possiamo e non vogliamo porre rimedio.

    Se possono, perdonino i loro nemici. Se non possono, vadano con Geova. E non tentino di ammannirci le loro imposture. Né con leggi liberticide né con spedizioni di violenti.

    Antonino Amato

    (1) "L’amaca" in "REPUBBLICA" del 20 maggio 2007, pagina 26.

  3. #13
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    Da http://www.mastermatteimedioriente.it/

    21 MAGGIO 2007

    Nonostante le buone intenzioni degli aggrediti, c'è chi continua a mestare nel torbido e a aizzare la guerra civile: il Centro di Carlo Debenedetti, dando seguito all'aspirazione di Riccardo Pacifici di diventare oltre che ministro degli esteri anche ministro dell'università della Repubblica "italiana", cerca di trasformare il Consiglio di Facoltà di Scienze Politiche in un sinedrio, e lo invita a "processare" Moffa. Ma la responsabilità dell'aggressione squadristica del 18 maggio che aveva come obbiettivo il 78enne professor Faurisson - già ridotto in coma nel 1989 da tre ebrei francesi - ricade tutta sui vertici dell'Ateneo e sulla loro decisione di chiudere ben tre facoltà pur di non far parlare lo studioso francese: un tentativo di compromesso comunque lesivo della vera autonomia dell'Università, violata in omaggio dei poteri forti che alternano more solito minacce alle blandizie nei confronti della "prestigiosa Università di Teramo".

    Intanto, i democratici reagiscono al fascismo degli "antifascisti": Peppe Roscioli e altri danno vita a un Comitato contro la repressione della libertà di pensiero che come primo passo esprime solidarietà al professor Faurisson, al vice capo della Mobile di Teramo Capasso selvaggiamente aggredito dai "figli dei deportati ebrei", al professor Moffa e a Agostino Rabuffo, un giovane di destra anche lui investito -pur senza effetti - dagli squadristi "ebrei". Nello stesso tempo, da Alba Adriatica l'offerta di ospitalità di una

    ASSEMBLEA DI RIFLESSIONE
    SULL'AGGRESSIONE DEL 18 MAGGIO

    un'assemblea trasversale, che vuole rilanciare la lotta, né di destra né di sinistra, in difesa dei principi di libertà di espressione e di insegnamento sanciti dalla Costituzione italiana. Il momento è importante. Per le adesioni rivolgersi a pepperosci@alice.it. La data prevista è GIOVEDI' 25 MAGGIO, ORE 16, con possibili variazioni.

    Ma ci sono reazioni ben più ampie: TANTISSIME ADESIONI E MESSAGGI DI SOLIDARIETA' A PARTIRE DA VENERDI' SERA, UNA PRIMA RICHIESTA DI ISCRIZIONE ALL'EDIZIONE 2007-2008 DEL MASTER ENRICO MATTEI IN MEDIO ORIENTE DA NAPOLI, E I COMMENTI DELLA STAMPA E DEI MEZZI DI INFORMAZIONE: FALSITA' DA PARTE DEL RESPONSABILE DELL'ANSA DI PESCARA E DE L'UNITA', E OMISSIONI IN ALTRE TESTATE CRITICHE NEI CONFRONTI DEGLI SQUADRISTI DEL 18 MAGGIO, DI CUI TRE LE PIU' SIGNIFICATIVE: L'ALTO SE NON ALTISSIMO LIVELLO DEI DOCENTI DEL MASTER, E IL FATTO CHE OLTRE ALL'APPELLO DELLA COMUNITA' EBRAICA (APPELLO MANTELLI), C'E' UN ALTRO APPELLO DI ORMAI QUASI 400 ADESIONI (SOTTOSCRITTO DA MOLTISSIMI DOCENTI UNIVERSITARI E AVVOCATI) A FAVORE DELLA LIBERTA' DI LEZIONE DELLO STUDIOSO FRANCESE, E SOPRATTUTTO LA CENSURA SU FAURISSON: TUTTI CIANCIANO E SPARLANO CONTRO IL "NEGAZIONISTA", NESSUNO - TRANNE IL MESSAGGERO DI TERAMO E UN PAIO DI TELEVISIONI LOCALI - HA AVUTO IL CORAGGIO E L'ONESTA' PROFESSIONALE DI DARGLI VOCE E DI CAPIRE QUELLO CHE VERAMENTE DICE, FAVORENDO IL DIALOGO E LA PACIFICAZIONE. TUTTA LA VICENDA E' DUNQUE RIMASTA SOFFOCATA FRA LA VIOLENZA DEGLI SQUADRISTI DEL 18 MAGGIO, E L'IGNORANZA DEGLI ACCADEMICI "ANTIFASCISTI", BEN SIMBOLEGGIATA DALL'ASSURDA EQUIPARAZIONE DELLA TESI DI FAURISSON A QUELLA DI CHI SOSTENESSE CHE LA TERRA E' PIATTA: COME SE LA SCIENZA ESATTA FOSSE LA STESSA COSA DELLE SCIENZE UMANE, COME SE UNA FOTO SATELLITARE FOSSE LA STESSA COSA DELLA COMPLESSA RICERCA E VERIFICA CONTINUA DELLE FONTI STORIOGRAFICHE, COME SE NON CI FOSSE CHI - SENZA SCANDALO, E CON TANTA ENCOMIABILE TOLLERANZA LAICA DEI CRISTIANI DI TUTTO IL MONDO - SOSTIENE CHE GESU' CRISTO NON E' MAI ESISTITO.

  4. #14
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    Un interessante dibattito con l’estensore dell’appello della Comunità ebraica
    DANIELE SCALEA RISPONDE A BRUNELLO MANTELLI
    Caro prof. Mantelli, di seguito rispondo alle domande che lei mi pone, ed esporrò qualche considerazione sulle risposte che ha voluto cortesemente dare ai miei precedenti quesiti. 1. Riservatezza e stile Cito dal suo messaggio:
    "Lei trova corretto, in quanto moderatore della m-l, che testi inviati alla m-l (non so chi sia il responsabile, ovviamente, e non avanzo alcuna ipotesi: potrebbe essere stato lo stesso Moffa, se iscritto alla m-l, od un altro che, iscritto, gli ha passato i testi; poco importa) che è chiusa e moderata (non tutti cioè possono leggere ciò che viene lì scritto) siano resi pubblici come ha fatto sul suo sito il Moffa? Non ritiene che ciò configuri una violazione grave delle norme che tutelano la corrispondenza privata e la privacy?"
    Se debbo essere sincero, le mie risposte sono: sì, credo sia corretto, e: no, non vedo violazioni né gravi né tenui d'alcuna norma. La mailing list è, per definizione, uno strumento pubblico, in quanto più persone discutono pubblicamente (non si tratta di corrispondenza privata, altrimenti si scriverebbero agl'indirizzi privati; detto per inciso, secondo la legge italiana, anche il destinatario di corrispondenza privata può renderla pubblica, se vuole). E' come mettersi a discutere in piazza: chiunque può fermarsi ad ascoltare, e poi raccontare in giro ciò che ha sentito; l'unica differenza è che, mentre verba volant, scripta manent, dunque nel nostro caso non c'è bisogno di "raccontare", basta riportare. La mailing list, per sua impostazione di default, ha un archivio pubblico: modificai tale impostazione perché qualcuno (non io) si lamentò del fatto che taluni messaggi fossero poi riportati sul sito di "Indymedia". Nessuno però sollevò dubbi circa la legalità e legittimità di riprodurre quei messaggi, proprio perché - ripeto - la mailing list si configura indubbiamente come qualcosa di pubblico. Tuttavia, per far sì che in futuro nessun altro utente nutra più aspettative di riservatezza che sono di fatto non garantibili, ho modificato le impostazione della "Lista Eurasia", sicché ora chiunque può guardare i messaggi che vengono archiviati. Chi non si sente garantito si disiscriva, ma sappia che nella pratica non cambia pressoché nulla.
    "Mi darà atto, immagino, che il carteggio con il Mutti sia stato improntato a toni cortesi ed urbani, nonostante le radicali differenze che esistono tra le nostre reciproche Weltanschauungen."
    Questo sì, non ho alcun problema a riconoscerlo. Anzi: aggiungerò che sono rimasto assai sorpreso (e deluso) dal fatto che una persona apparentemente cortese ed aperta al dialogo si facesse promotore d'una iniziativa volta a ridurre la libertà d'espressione altrui. 2. Libertà di parola e ordinamenti accademici Lei scrive:
    ""libertà di parola" e "malintesa libertà di parola"; prima di tutto mi pare ragionevole che la prima possa avere dei limiti, ancorché sia desiderabile che essi siano il più ridotti possibile. Esiste infatti la fattispecie penale dell' "apologia di reato", e personalmente penso sia giusto permanga"
    Concordo che l'apologia di reato vada perseguita a norma di legge, ma mi chiedo: cosa significa l'espressione "apologia di reato"? Benché non sia un gran conoscitore del greco, so che la parola apologia significa "giustificazione", o almeno con questo significato è utilizzata nell'italiano corrente. C'è differenza tra dire che il reato compiuto è "giusto" (cioè giustificarlo), e dire che il reato non è stato compiuto (cioè negare, a torto o a ragione). Mi risulta del resto che gli storici revisionisti siano bollati come "negazionisti", e non certo come "giustificazionisti". Infatti, Faurisson non ha mai detto o scritto: "lo sterminio di sei milioni di Ebrei non è reato, anzi è giusto" (giustificazione=apologia), bensì sostiene che lo sterminio degli Ebrei non sia mai
    avvenuto secondo le modalità descritte, né abbia provocato sei milioni di morti, né sia stato deliberato (negazione non è "apologia"... oppure "apologia del fascismo" significa "negazione del fascismo"?!). Ricapitolando: accetto senza problemi la sua definizione per cui "malintesa libertà di parola" è quella che garantisce l'apologia di reato. Dato che mi pare inoppugnabile come Faurisson non abbia mai giustificato l'uccisione di nemmeno un ebreo, a rigor di logica egli non fa apologia di reato e dunque lasciarlo parlare non è "malintesa libertà di parola", bensì genuina e sacrosanta libertà di parola. Se non si riconosce ciò, ossia se si volesse pretendere che anche negare la veridicità d'un avvenimento delittuoso costituisca apologia di reato, allora si dovrebbero perseguire anche quegli avvocati che, nel corso del processo, cercano di dimostrare che l'innocenza dei loro assistiti perché "il fatto non sussiste"!
    "In secondo luogo, non credi sia indifferente il luogo in cui la libertà di parola viene esercitata (...). Insomma, un conto è Hyde Park Corner, noto luogo londinese in cui ciascuno può improvvisarsi oratore, un'altro conto sono le aule universitarie, luogo dove deve regnare competenza, professionalità e correttezza metodologica. Tutte cose che, nel caso specifico, il Faurisson non possiede."
    Questo ci riporta ad uno dei miei originari quesiti: a chi tocca decidere se Faurisson è "competente, professionale e metodologicamente corretto"? Se Moffa, che è un docente universitario, decide che Faurisson lo è, perché l'altro docente Mantelli dovrebbe avere il diritto d'impedirgli d'invitarlo? Forse perché anche l'avvocato Renzo Gattegna, notoriamente imparziale sulla questione, la pensa come lui? Si deve cioè creare un "Gran Consiglio" che distribuisca patenti di "competenza, professionalità e correttezza metodologica", oppure applicare il principio democratico della maggioranza che ha ragione? A mio umilissimo parere, la democrazia applicata alla scienza diventa pericolosissima: anche Galileo era in minoranza, e perciò fu torturato e costretto all'abiura, eppure ad avere ragione era lui e non i molti che si levarono contro di lui. Idem per la prima opzione ventilata, la tirannia: quando c'era una Chiesa a decidere cosa fosse "metodologicamente corretto" e cosa no (ovviamente secondo la metodologia allora considerata corretta, cioè quella biblico-esegetica) non mi pare che le cose andassero troppo bene. La verità, o almeno la mia opinione, è che nel regno della scienza possano esistere soltanto il dialogo ed il confronto, non l'imposizione.
    "quando si tratti di luoghi deputati alla didattica ed alla ricerca, come le Università, a valutare quale "libertà d'espressione" sia "legittima" e quale "malintesa" (dunque illegittima) [per usare le Sue espressioni] deve essere la comunità scientifica stessa, cioè per l'appunto "studiosi, intellettuali, donne e uomini di cultura"; questa è la mia convinzione."
    Preciso che l'espressione "malintesa libertà d'espressione" è stata coniata da Lei, e la si può leggere nel Suo appello anti-Faurisson. Ciò detto, quest'ultima proposizione non aggiunge nulla alle considerazioni di cui sopra. Ammettiamo pure che tocchi alla "comunità scientifica" (cioè, secondo la sua definizione, l'insieme di "studiosi, intellettuali, donne e uomini di cultura") decidere cosa sia legittimo e cosa illegittimo in sede accademica: ma se non si raggiungesse l'unanimità? Ritorna allora la mia domanda: quale principio va applicato? Quello democratico, per cui la maggioranza della "comunità scientifica" ha diritto di bandire chiunque giudichi "incompetente", impedendogli d'esprimersi? Oppure quello oligarchico, per cui si seleziona una aristocrazia della "comunità scientifica" la quale decide chi è "competente" e chi bandito? Il vero problema è quando si ragiona di scienza come se si ragionasse di politica, per cui l'insieme degli scienziati diventa una "comunità" e, dunque, inevitabilmente deve dotarsi di leggi, istituzioni ed anche potere coercitivo (ogni società ha i suoi banditi!): infatti Lei più in là scrive persino di "organi di governo, locali e nazionali" della "comunità scientifica"!. Sarò un ingenuo, ma per me gli scienziati sono cultori d'una disciplina, "filosofi" nel senso letterale del termine, e non una "comunità". In tal modo, si potrebbe finalmente ragionare di dialogo e confronto, e non di "ammissibilità" e "inammissibilità".
    "quando ci siano punti di vista divergenti tra studiosi, a mio parere devono valere le competenze. Io non mi permetterei mai di entrare nel merito di analisi condotte dal Moffa nel settore di sua competenza (SPS/13 - STORIA E ISTITUZIONI DELL'AFRICA), perché in tale ambito sono un profano, e per lo stesso motivo non comprendo cosa autorizzi lui ad occuparsi di temi che non conosce, di cui non è affatto competente e a proposito dei quali ignora tutta la letteratura prodotta da innumerevoli studiosi in svariate lingue (prima tra tutte il tedesco) come la deportazione, il sistema concentrazionario nazionalsocialista, la distruzione degli ebrei d'Europa e così via. Non per caso l'appello che ho promosso e, con alcuni altri colleghi, materialmente steso metteva al primo posto la questione dei criteri scientifici minimi a cui la didattica universitaria deve attenersi. E ci si rivolgeva prima di tutto alla comunità scientifica ed ai suoi organi di governo, locali e nazionali." (sottolineatura per quel che si diceva poche righe sopra)
    Mi spiace dover divergere da Lei in ogni occasione, ma anche qui non sono d'accordo. Aver raggiunto
    determinate competenze in un determinato campo è senz'altro importante, ma non decisivo. Uno stupido armato di laurea resta sempre scientificamente meno valido d'una persona intelligente ed autodidatta. Proviamo ad applicare storicamente il principio per cui la "competenza", sancita evidentemente dai titoli "ufficiali", determina la ragione, ed otterremo risultati paradossali, come quello che vado ora ad esporle. Fino al 1870 tutti gli accademici del mondo credevano che la città di Troia fosse solo un'invenzione di Omero. L'anno dopo, però, ne furono scoperte le rovine, per merito non di qualche titolato professorone (che anzi lo consideravano pazzo) bensì di Heinrich Schliemann... ex garzone di bottega illetterato che aveva fatto fortuna nel commercio! Se allora la "comunità scientifica" l'avesse pensata come Lei, anziché verificare le prove addotte da Schliemann (in tal caso inoppugnabili) e quindi ammettere il proprio errore (non potendo dimostrare che a sbagliare era l'altro), gli accademici si sarebbero trincerati dietro la propria "competenza" e la relativa "incompetenza" di Schliemann, rifiutandosi dunque di vagliare i nuovi elementi... ed ancora oggi s'insegnerebbe che Troia non è mai esistita!
    "tendenzialmente sono contrario all'introduzione di fattispecie penali per reati d'opinione (o meglio, alla loro "reintroduzione", posto che il Codice Rocco - come è noto - le prevedeva), tuttavia ritengo possano e debbano essere fatte eccezioni, da valutare con la massima attenzione!, per questioni che ancora brucino nelle coscienze e nei corpi del presente. (...) Di conseguenza sarei sostanzialmente favorevole all'introduzione, quanto meno in Europa, che tali vicende [persecuzione degli Ebrei e Gulag] ha vissuto sulla propria pelle, di fattispecie penali assai ben definite, che cioè colpissero specificatamente i negatori della materialità di tali eventi, garantendo ovviamente la piena libertà di ricerca su tempi, modi, contesti ecc. ecc. Va da sé che ciò dovrebbe valere anche contro i "negazionisti" delle foibe come fatto materiale realmente avvenuto."
    Purtroppo queste Sue parole si commentano da sole. Scrivo "purtroppo" perché è triste vedere che anche una persona disposta al dialogo pacato - laddove altri avrebbero risolto tutto accusando l'interlocutore d'essere un "antisemita", un "nazista" o un "bolscevico" - possa poi sostenere candidamente la necessità di punire determinate opinioni non solo di natura politica, ma persino inerenti la ricerca scientifica: ricerca che infatti, Lei scrive, su alcuni argomenti (scelti da chi? forse dal regime in quel momento al potere?), non deve superare i limiti del "come" e "quando", rinunciando per sempre a porsi quella domanda che dovrebbe essere a priori in qualsiasi studio storico: "E' stato?"
    "Mi conceda, in aggiunta, di far notare che le mie critiche al Moffa mai hanno raggiunto il livello da suburra visibile sul suo sito, e mai hanno fatto uso dell'insulto personale, a cui egli invece non di rado indulge. Ma ciò è altra questione, che semmai conferma nei suoi confronti un giudizio di arretratezza culturale"
    Di Moffa dirà Moffa stesso, se lo riterrà opportuno. Io vorrei unicamente sottolineare una cosa: il garbo e la gentilezza non s'esprimono solo nei modi formali con cui si tratta il prossimo, ma anche nel comportamento sostanziale che si tiene nel suo confronto. Fare del sarcasmo non è garbato; ma neppure cercare d'impedire a chicchessia l'esercizio della propria libertà d'opinione ed espressione mi sembra granché gentile.
    Cordialmente, Daniele Scalea

  5. #15
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    Riportato tutto questo, leggo su DR una proposta per un comitato per Moffa, partita da Lupa Nera (http://www.politicaonline.net/forum/....php?t=346067).

    Penso di aver riportato tutto. Ora fatevi un'idea, ma non perdiamo più tempo con questa storia, perché tra poco arriva Bush a Roma e non abbiamo nemmeno un secondo da spendere per altre cose. Grazie.

  6. #16
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    Leggete il tenore di questo articolo...

    C’è uno squadrismo kosher
    di Maurizio Blondet - 21/05/2007

    Fonte: effedieffe [scheda fonte]

    Lo storico Robert Faurisson in ospedale a seguito di un pestaggio: rimosso dall'insegnamento nel 1990, privato della pensione e fatto oggetto d'una serie d'aggressioni fisiche negli ultimi 10 anni.
    Una quantità di lettori mi subissa di mail sui fatti di Teramo, dove Faurisson, come prevedibile, è stato aggredito e non ha potuto parlare.
    Che devo dirvi?
    Personalmente non entro nelle questioni del revisionismo olocaustico.
    Anzitutto perché non sono uno storico, ma un giornalista: mi occupo di attualità, e questa fornisce abbondanti esempi di atrocità contemporanee, opera di USA e di Israele, già abbastanza difficili da documentare.
    Ma soprattutto, perché quella olocaustica è la sola religione pubblica e obbligatoria rimasta.
    La sola, ormai, che non ammetta agnostici e scettici.
    Discutere sui lager e sui numeri è discutere dei dogmi: intoccabili, difesi da leggi penali e presidiati dalle soi-disant istituzioni del nostro Stato.
    Basta ricordare le pronunce del presidente Napolitano e di Giuliano David Amato, ministro dell'Interno.
    Sfidare questo interdetto porta al risultato visto a Teramo: la negazione di quella che un tempo si chiamava «l'agibilità politica».
    Chi vuole sfidare quella verità ufficiale si trova pestato da energumeni - e questa è in sé una sconfitta, subìre quel livello infimo dello scontro - e ciò solo come inizio di più gravi persecuzioni.
    Tutto ciò è, nella condizione servile in cui viviamo, inevitabile.
    La polizia presente lascia fare i picchiatori, e ferma invece gli aggrediti: ovvio.
    Riccardo Pacifici, capo riconosciuto della squadra bastonatrice, impartisce ordini: «A Mussi [il ministro dell'università] faccio una domanda: può Moffa continuare a insegnare?».
    Naturalmente sarà obbedito.
    Questa condizione per cui uno Stato (più o meno) legale non solo non contrasta squadre private di violenti, ma obbedisce alle loro ingiunzioni, dove la polizia assiste alla illegalità e vi si piega ossequiosa, dove la massime cariche dello Stato accettano e approvano questa violenza, è esattamente la condizione descritta dagli storici «ufficiali» per i fatti del 1922, come azioni di squadrismo che prelusero all'instaurazione del fascismo.
    Il fascismo, si sa, è ufficialmente il male assoluto, deplorato dalla sinistra tutta antifascista senza falle.
    Ma se lo praticano dei giudei, lo squadrismo diventa kosher.



    La tracotanza attribuita storicamente ai fascisti è una costante del molliccio signor Pacifici.
    Nel 2005, quando Il Foglio organizzò un'adunata contro l'Iran davanti all'ambasciata di Teheran, il Pacifici intimò: «Gli ebrei italiani verificheranno chi parteciperà e chi no e questi ultimi saranno considerati nemici non solo di Israele ma anche degli ebrei italiani».
    Un altro della squadra, il vice-gauleiter Victor Majar, sibilò: «Chi non ci sarà dovrà spiegarne le ragioni». (1)
    Intimidazione e tracotanza, e liste di non-presenti, dunque «nemici», aggiornate per futuri pestaggi.
    Al presidente Napolitano, che dice di essere antifascista ed ha la sua bella età, questo dovrebbe ricordare qualcosa.
    Forse se lo ricorderà fra cinquant'anni, come ha fatto ammettendo di aver sbagliato sulla rivoluzione ungherese.
    Pacifici dice di aver organizzato lo squadrismo kosher per «autodifesa» della «comunità» orribilmente minacciata, come tutti sappiamo, dai cattivissimi italiani.
    Ovviamente la sua idea di autodifesa è alquanto vasta: il capo-squadra ha affermato che Israele ha aggredito il Libano, bombardandolo per un mese, per autodifesa.
    Non risulta che Mussi (antifascista anche lui, perbacco) abbia eccepito.
    Così è la sinistra che piace agli ebrei: quella pronta a denunciare lo squadrismo di 70 anni fa (se torna siamo pronti coi nostri petti) ma zitta sullo squadrismo presente e impunito, anzi impunibile.
    Per loro informazione - perchè non possano dire, come i tedeschi di allora, «non sapevamo» - diremo che le squadre di manganellatori per Giuda esistono in tutta Europa, dappertutto ugualmente esentate dall'osservanza alle leggi.
    In Francia si chiamano Betar, dal nome del primo gruppo d'aggressione fondato nel 1923 da Vladimir Jabotinsky, il sionista adoratore di Hitler, la cui legione ebraica sfilò con le camicie nere a Roma sotto lo sguardo di Mussolini.
    Il vecchio legame è saldissimo: non solo Pacifici è intimo amico di Kippà Fini, ma la convergenza si rivelò alla luce del sole nel mitico '68: contro le sinistre extraparlamentari che manifestavano per i palestinesi, i baldi giovinotti dell'ebraismo romano si associarono per difendere gli argomenti (diciamo così) di Israele con Giulio Caradonna, deputato del MSI (e membro della P2, caro Mussi) e gestore di squadre di picchiatori, spesso anche a pagamento, per conto della direzione nazionale del MSI: squadre miste neofascisti-ebrei ricevettero così le prime nozioni pratiche di guerriglia di piazza e di azioni di manganello.
    Questo primo nucleo fu poi rafforzato da entusiasti del rabbino Meyr Kahane, il fanatico suprematista giudeo-americano, che formarono la Lega Ebraica di Difesa.
    Tutt'ora attiva, mi dicono, anche se non usa più alcun nome.
    Quel che conta, del resto, sono i fatti.
    La fede indefettibile e la ferrea disciplina: ogni membro della comunità, oltre a pagare la decima, deve impegnarsi due giorni al mese nel «servizio militare di difesa cittadina»; l'individuo che volesse esimersi dai turni deve presentare al Gauleiter il certificato medico.



    Gruppi composti da quattro-cinque persone, su grossi SUV, pattugliano 24 ore al giorno i quartieri a forte densità ebraica, alla caccia di qualche dissennato che osi tratteggiare scritte «antisemite» su qualche muro; il fatto è rarissimo come si può capire, ma la presenza dei vigilantes è invece continua, intimidatoria, e benedetta dalle autorità (se vogliamo chiamarle così) italiote dell'Italia antifascista come una «polizia» della comunità.
    Il dottor Giuliano Amato, ministro dell'Interno, è al corrente e approva.
    Ma provino a formare gruppi di autodifesa del genere i musulmani, e allora lo sentirete ordinare la repressione nel nome della «legalità».
    Ma il dato preoccupante è che gli squadristi ebrei hanno tutti, mi risulta, il porto d'armi.
    E inoltre, due volte l'anno, vanno per una settimana in Israele dove ricevono addestramento militare.
    Del resto, in caso di guerra sionista, vengono richiamati come normali riservisti della patria israeliana (uno di loro è rimasto ucciso nei Territori Occupati, mentre faceva l'eroe).
    Militare volontari in un esercito straniero è vietato dalle leggi italiane: ma sono leggi che valgono solo per i goym.
    Per la razza dominante, invece, è kosher.
    Praticano intensamente una sorta di lotta, detta Krav Maga, elaborata nell'esercito israeliano per i suoi commandos.
    Leggo da alcune note tecniche: «Se altre arti marziali tradizionali, soprattutto di matrice orientale, tendono ad associare oltre all'insegnamento delle tecniche un sistema filosofico e spirituale, il Krav Maga risponde a criteri di tipo militare quali l'efficacia e la rapidità con cui si arriva al risultato desiderato, che è la neutralizzazione dell'avversario. Dove spesso molte arti marziali (tra le quali anche quelle da cui il Krav Maga ha attinto, come Judo, Ju-Jitsu, kung fu, ecc...) prediligono una impostazione attendista che lascia all'avversario la prima mossa, il Krav Maga punta a una rapida neutralizzazione dell'avversario prima che questi possa diventare una minaccia, con un mix di colpi a mano aperta diretti a punti sensibili come naso e gola, calci e ginocchiate tipici della Thai Boxe. Questa impostazione, adatta ad ambienti ad alto rischio come i teatri operativi mediorientali, potrebbe essere fonte di problemi in situazioni di vita quotidiana: infatti l'approccio aggressivo e anticipatorio potrebbero portare a complicazioni di natura penale. […] Puntando soprattutto a zone del corpo (genitali, carotide, occhi, etc.), ritenute normalmente intoccabili per altri sport di contatto, il Krav Maga difficilmente può essere praticato in forma sportiva».
    E' il meno che si possa dire.



    Il Krav Maga è un'attività letale militare, lo sappia o no il dottor Amato, che costoro praticano con totale impunità.
    Nel 1992, a Pesaro, con questa attività professionale ferirono seriamente una decina di persone.
    Con quest'arte marziale le mani diventano paragonabili a revolver.
    Anche se le pistole non mancano a questi squadristi: nel 1994 a Roma, i picchiatori kosher aggredirono la sede del Movimento Politico (un gruppo di destra extraparlamentare) in via Domodossola: furono notati gli aggressori armati di spranghe coperti da individui che puntavano le armi da fuoco sui «nemici».
    Tre di questi individui vennero fermati da una volante: l'auto della polizia fu circondata e distrutta professionalmente, e i tre liberati.
    Ovviamente, nessun provvedimento venne preso contro gli aggressori dalle cosiddette forze dell'ordine.
    In compenso, il Movimento Politico fu disciolto per legge e la sua sede sigillata.
    Numerose le imprese degli squadristi di Sion, impossibile raccontarle tutte.
    Aggressioni alla federazione romana di Rifondazione Comunista (che tace e acconsente), con tanto di blocco stradale; e gli automobilisti che protestavano, scientificamente pestati a sangue.
    Tutto documentato con foto e video: ma né la magistratura né la polizia antifascista si sono mai occupate né di far cessare l'azione né di indagare sui criminali.
    Ci fu in quei giorni anche il pestaggio di Agnoletto, il capo dei no global, che mangiava ignaro in un ristorante protetto dalla vigilanza squadrista: e il giorno dopo, a Livorno, un no-global di nome Canarini fu aggredito da 40 questi prodi con spranghe e caschi.
    Sono gli stessi prodi che hanno modificato la sentenza al primo processo Priebke nel modo che forse ricorderete: sequestrarono militarmente i giudici, gli avvocati e l'imputato nell'aula del tribunale militare italiota, finchè il ministro della Giustizia, tale Flick - un leone - intervenne per far cambiare la sentenza nel senso voluto dagli squadristi.
    Da allora, una quantità di altri pestaggi alla spicciolata, con colpi di spranga alla testa di vari malcapitati delaa destra extraparlamentare.
    Sprangate kosher e, per Amato e i magistrati, del tutto legali.
    Questa è la situazione, cari lettori.



    Siamo soggetti ai picchiatori di una potenza straniera, a cui il nostro Stato si riconosce subordinato e obbediente.
    Siamo soggetti, in quanto critici di Israele, alla ritorsioni di questi gruppi addestrati per uccidere.
    E non si tratta di un fatto casuale o marginale.
    Pacifici è il vice-presidente della comunità ebraica.
    La quale, invece di isolarlo, lo sceglie come suo portavoce.
    Dunque approva ed è responsabile in blocco dei delitti compiuti da costoro.
    Perché sono delitti e reati, anche se non c'è nell'Italia asservita il coraggio di denunciarli come tali.





    --------------------------------------------------------------------------------
    Note
    1) Massimo Fini, «Le liste sono sempre pericolose», 4 novembre 2005. Ecco il testo, dove Fini identifica come fascismo i comportamenti del Pacifici: «Io sono un antisemita. Non sono stato infatti alla fiaccolata organizzata dal Foglio di Giuliano Ferrara davanti all'ambasciata dell'Iran per protestare contro le affermazioni del presidente di quel Paese, Ahmadinejad: 'L'entità sionista deve essere cancellata dalle mappe del mondo'. Il portavoce della comunità ebraica romana, Riccardo Pacifici, ci ha infatti ammonito: 'Gli ebrei italiani verificheranno chi parteciperà e chi no e questi ultimi saranno considerati nemici non solo di Israele ma anche degli ebrei italiani'. E un altro esponente degli ebrei romani, Victor Majar, ha aggiunto: 'Chi non lo farà dovrà spiegarne le ragioni'. Io non ci sono andato, a quella fiaccolata, non perché non potevo ma perché non ho voluto, e non ho alcuna intenzione di spiegarne le ragioni ai signori Pacifici e Majar. Sono quindi un nemico di Israele, un nemico degli ebrei italiani, un antisemita, un razzista. Ci dicano i signori Pacifici e Majar quale stella e di che colore, ci dovremo appuntare sul petto noi che non andiamo alla fiaccolata di Ferrara, perché tutti possano vedere, ictu oculi, che siamo degli infami. Siamo alle liste di proscrizione. Eppure nessuno meglio degli ebrei dovrebbe sapere quanto odiose e pericolose esse siano. Possibile che i signori Pacifici e Majar non si rendano conto che con le loro discriminazioni esprimono, almeno concettualmente, la stessa intolleranza contro la quale ci chiamano a protestare?
    Inoltre proprio gli ebrei non ci hanno sempre chiesto, giustamente, di non confondere Israele con le comunità ebraiche, nazionali e internazionali? Israele è uno Stato, la comunità ebraica sparsa nel mondo è un'altra cosa. Israele è uno Stato che, come Stato, può compiere azioni buone o cattive, che io posso criticare o elogiare senza che ciò si rifletta sul mio vicino di casa ebreo. Israele è uno Stato che, come ogni altro Stato (come poniamo, l'Afghanistan, l'Iran, la Corea del Nord) può ricevere minacce contro le quali io posso essere solidale senza per questo dover essere solidale con la comunità ebraica romana o con Giuliano Ferrara.
    Confondere Israele e la comunità ebraica internazionale - e ce lo hanno insegnato proprio gli ebrei - è un concetto razzista. Perché razzismo è proprio attribuire delle responsabilità a un membro di una comunità etnica, religiosa, per il solo fatto di appartenere a quella comunità (uccidere un bambino ebreo o palestinese o malgascio solo perché ebreo palestinese o malgascio)».

  7. #17
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    IL GAZZETTINO

    Martedì, 22 Maggio 2007 Edizione nazionale, Pagina 23.


    La democrazia non ha paura di chi nega la storia

    di Massimo Fini

    Lo storico "negazionista" Robert Faurisson era stato invitato a tenere una conferenza all'università dal professor Claudio Moffa, docente di Storia e istituzioni dei Paesi dell'Africa e dell'Asia. Faurisson , ex insegnante di letteratura all'Università di Lione, è uno, per intenderci, che sostiene che "le pretese camere a gas hitleriane e il pretesto genocidio degli ebrei formano un'unica menzogna storica". Il rettore delle Università di Teramo di fronte a Faurisson e a queste tesi se l'è fatta sotto e ha semplicemente chiuso l'ateneo.(Segue a pagina 23).

    La democrazia
    Allora il professor Moffa ha dirottato la conferenza in un ristorante, l''Aquamarina', fuori città. Ma nemmeno questo è bastato. Davanti al ristorante si sono presentati una sessantina di giovani esponenti della comunità ebraica romana che hanno cercato di aggredire Faurisson, hanno preso a botte il professor Moffa che cercava di difenderlo, colpito un fotografo della Digos e ferito alcuni poliziotti e carabinieri che cercavano di interporsi. A questo punto il questore di Teramo ha deciso che la conferenza di Faurisson, dovunque avvenisse, era un pericolo per l'ordine pubblico e ha caricato d'autorità il docente "negazionista" sul primo aereo in partenza per la Francia. Il ministro per l'Università, Fabio Mussi ha avallato in toto il comportamento del rettore dell'Università di Teramo e il diktat del questore. In quanto a Riccardo Pacifici, portavoce della comunità ebraica romana, ha chiesto allo stesso Mussi la rimozione del professor Moffa e cioè che gli sia impedito di insegnare. A Teramo, come altrove, devono essere abilitati solo docenti che insegnino la versione unanimamente accettata sullo sterminio degli ebrei.
    È tutto molto 'politically correct'. Ma è democraticamente inaccettabile. Una democrazia, se vuole essere veramente tale, deve accettare l'espressione di ogni opinione, anche di quelle che le paiono più aberranti e lontane. Questo è il prezzo che una democrazia paga a se stessa. Altrimenti si trasforma in un'altra cosa, in un'altra forma di dittatura, sia pure più soft, almeno all'apparenza, che è la dittatura della 'communis opinio' di cui ragionava il fondatore del pensiero liberale Stuart Mill che nel 'Saggio sulla libertà scrive: "È necessario anche proteggersi dalla tirannia dell'opinione e del sentimento predominanti, dalla tendenza della società a imporre come norme di condotta, e con mezzi diversi dalle pene legali, le proprie idee a chi dissente". L'unico discrime per una democrazia che qualsiasi idea, anche la più sbagliata ma a, che la più giusta, non può essere fatta valere con la violenza. Che è invece quanto ha fatto il gruppetto di ebrei romani aggredendo Faurisson, il professor Moffa, la polizia. Riccardo Pacifici li ha giustificati così: "In fondo hanno dato solo quattro 'cinquine', quattro manate. Non avevano pistole né manganelli". E ha considerato quella violenza pedagogica, perché impedirà che simili e scandalose conferenze possano ripetersi e forse permetterà di togliere di circolazione non tanto Faurisson quanto un docenti scomodi come Claudio Moffa.
    Proviamo ad invertire le posizioni. Se a un docente ebreo fosse stato impedito di esprimere le proprie opinioni, se fosse stato cacciato da una sede universitaria, se gli fosse stato inibito di parlare persino in un ristorante, se fossero volate botte contro chi cercava di difenderlo, se nel tafferuglio, si fosse spaccata la clavicola a un funzionario di polizia, si sarebbe gridato allo scandalo, si sarebbe denunciata, con forza, una inammissibile aggressione fascista. Giustamente. Ma il fascismo non è solo un fenomeno storico. È anche una mentalità. Chi pretende, con la violenza di impedire gli altri di esprimere le proprie opinioni, fossero anche riunioni fasciste, è lui il vero fascista, lo voglia o no.
    Io, che sono figlio di un'ebrea russa, Zinaide Tobiasz, che ha visto l'intera sua famiglia sterminata dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale, mi permetto di dire a quei fanatici dell'estremismo ebraico, che mi auguro siano una minoranza: in questo modo non fate che eccitare ed evocare proprio quell'antisemitismo che dire di voler combattere. Finite per fornire ragioni anche a chi non ne ha o ne ha pochissime. Come Robert Faurisson.
    Massimo Fini

  8. #18
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    GLI INTOCCABILI
    Accanto ai giudici, casta protetta cui tutto è consentito, esiste un’altra categoria di intoccabili istituzionali: quelli del “pianto che paga”. Loro tutto possono, a loro tutto è consentito, a loro nessuno può fare nulla. Legibus soluti, insomma. Se, poi, “loro” appartengono alla comunità degli ebrei romani è bene che gli altri, tutti gli altri, si mettano l’animo in pace e stiano lì pronti a prendere sberle. Se gli dice bene. A meno che non decidano di non accettare il sopruso e – divenendo fuorilegge – non rendano “loro” ciò che gli è dovuto. Ma non vedo in giro gente disposta a rischiare tanto. Tant’è che circolano racconti sui “fatti di Teramo” firmati da anonimi e da personaggi che implorano di non far conoscere il loro indirizzo e-mail… Alla tracotanza griffata degli uni si contrappongono l’anonimato e le preghiere di chi “tiene famiglia”… Ben fa, allora, dal suo punto di vista, quel grasso cialtrone di Riccardo Pacifici a ricordare con arrogante compiacimento che a Teramo il rettore ha chiuso l’università, il ministro Mussi ha approvato e il questore ha vietato la conferenza di Faurisson e di Moffa. E poi i giovani “educatori” ebrei “hanno dato solo quattro ‘cinquine’, quattro manate, non avevano né pistole né manganelli”. E fa ancora bene lui, con quel grugno esteticamente inguardabile, a suggerire al seboso Mussi di mandare a casa il prof. Claudio Moffa. Tanto a lui tutto è permesso.
    Ed a proposito di quattro “cinquine” e niente pistole vogliamo ricordare a coloro che scoprono soltanto oggi chi sono i personaggi con cui si ha a che fare che costoro, guidati da Pacifici, il 3 novembre 1992 misero a ferro e fuoco un quartiere romano per “chiudere” la sede in Via Domodossola del Movimento Politico Occidentale. Danneggiarono decine di autovetture, ferirono a colpi di spranga dei giovani che erano nei locali della sezione e spararono, a scopo non soltanto intimidatorio, numerosi colpi di pistola. Naturalmente i soliti noti non subirono nulla, neanche un fermo di qualche ora nelle celle dell’amica Questura.
    Gli stessi personaggi l’1 agosto 1996, sulla base di un piano preordinato, alla lettura della sentenza con cui il Tribunale militare di Roma dichiarava la non punibilità per prescrizione di Erich Priebke, misero a subbuglio l’aula di “giustizia”, aggredirono ferendoli i carabinieri presenti e tennero di fatto sotto sequestro Priebke, i suoi legali e gli stessi giudici. Dall’Isola D’Elba il rabbino capo della comunità ebraica romana rimase in costante contatto telefonico con Riccardo Pacifici fornendo il suo sostegno ai “ragazzi”. L’assedio durò sino a quando il guardasigilli Flick, convocato insieme al sottosegretario alla difesa Massimo Brutti, non decise in accordo con i rappresentanti della comunità ebraica, con il procuratore generale della corte d’appello militare e con il procuratore aggiunto Italo Ormanni (sì proprio quello delle “cimicii”!) di “riarrestare” Priebke. E mentre Rutelli faceva oscurare Roma si compiva una violazione senza eguali della legge da parte degli uomini della legge. Eppure l’impagabile Maria Giovanni Flick ebbe a dichiarare il 3 agosto che “la protesta popolare di giovedì sera è stata la prova di una emancipazione e di una crescita democratica degli italiani”.
    Sarebbe pleonastico ricordare come per una serie impressionante di reati commessi in diretta tv nessuno dei soliti noti abbia nulla pagato.
    Questo ed altro ancora sono gli “intoccabili”, non dimenticatelo e soprattutto non frignate.

    Paolo Signorelli

  9. #19
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    Egregio direttore,

    leggo nel suo articolo del 19 maggio che "E' finita nel peggiore dei modi la maldestra provocazione ordita a Teramo dalla coppia italo-francese Moffa. Faurisson: l'ateneo e la città hanno subito una giornata di violenza che non meritavano". Continua dicendo che responsabile della violenza sarebbe stato il "braccio di ferro" intrapreso dal professor Moffa con i vertici accademici e che "dietro il paravento della libertà d'insegnamento si è tentata un'operazione politica (...), propaganda politica della peggiore specie, altro che ricerca storica. Il seme dell'intolleranza ha così partorito il frutto della violenza fisica".
    Insomma, se la sono andata a cercare.
    Mi complimento vivamente con lei: era difficile rovesciare così platealmente i fatti. In realtà Moffa ha invitato Faurisson, tranquillo ricercatore francese quasi ottantenne che in trent'anni ha subito una decina di aggressioni fisiche una delle quali stava per mandarlo al creatore e in Francia non può nemmeno aprir bocca, imbavagliato da una democratica legge liberticida; l'ha invitato per dar finalmente parola ai revisionisti, di cui tutti parlano e che tutti demonizzano senza averne letto una riga. Il rettore, terrorizzato da non si sa che, non sa far di meglio che chiudere tre facoltà universitarie; arriva una banda di energumeni autoqualificatisi ebrei discendenti di deportati e con la violenza impediscono la conferenza di Faurisson, ledendo il diritto di libera manifestazione del pensiero riconosciuto a chiunque dalla Costituzione e garantito dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo. la polizia, anzichè proteggere il conferenziere e il suo diritto di parola, ordina a lui e a Moffa di andarsene di corsa da Teramo e nel contempo tutti gli alberghi scoprono improvvisamente che non possono concedere sale perchè l'ordine pubblico è in pericolo. Sembra di leggere Pinocchio: "questo disgraziato è stato derubato, quindi arrestatelo e mettetelo in prigione".
    Non contento dell' acrobatica piroetta concettuale con la quale Lei rovescia sulle vittime la responsabilità della violenza subita (e se applicassimo questo agli ebrei?) Lei rigira il coltello nella piaga aggiungendo che le idee di Faurisson sarebbero "aberranti" perché "negano o minimizzano lo sterminio di milioni di ebrei in Europa". da come la presenta lei sembrerebbe come negare l'esistenza del duomo di Milano, ma è evidente che le cose non sono così semplici, che la questione non è così banale come lei vorrebbe. Nasce la curiosità di sapere che cosa abbia letto lei di Faurisson. In ogni caso queste idee (peraltro condivise da decine di studiosi di diverso orientamento in tutto il mondo, e basate su rigorosi studi scientifici, altro che propaganda) tanto assurde non devono essere se per impedire al loro autore di esporle non si trova di meglio che impedirgli con la forza di parlare (ed è stata la decisione del rettore, che lei approva, non la "pretesa" - si pensi un po', quale assurda pretesa - di un intellettuale di esporre i risultati delle sue ricerche, la vera causa degli incidenti).
    E' vero che lei intitola il pezzo "Violenti senza alibi", ma il contesto in cui inserisce questa condanna ne nega di fatto l'assunto: in ogni caso per lei Faurisson e gli altri revisionisti non devono parlare.
    I loro libri però circolano, egregio direttore, e la persecuzione cui sono sottoposti da ormai trent'anni è la migliore conferma della validità delle loro tesi. Le botte di Teramo sono la lampante dimostrazione che questi, e solo questi (la censura aprioristica e le botte), sono gli argomenti degli sterminazionisti: La gente non è stupida e capisce che da una parte c'è scienza argomentata, dall'altra solo isteria e propaganda. Teramo dovrebbe scusarsi con Faurisson per la dimostrazione di inciviltà fornita, ospitarlo gratis in una sede istuituzionale, e andare orgogliosa di avere un professore libero e coraggioso, uno dei pochissimi oggi in Italia, come Claudio Moffa. Intorno a cui si stringono gli uomini liberi.

    Franco Damiani

  10. #20
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    appello
    LA PAROLA NEGATA

    Venerdì 18 maggio a Teramo il prof. Robert Faurisson, al quale era stata in precedenza negata la possibilità di svolgere una conferenza all'interno dell'Università dov'era stato invitato dal professor Claudio Moffa, è stato aggredito in pieno centro da un gruppo di facinorosi. Indipendentemente dalle tesi sostenute dal professor Faurisson è inconcepibile che un gruppo di persone, usando l'aggressione e la minaccia, possa impedire a qualcuno di esercitare quel diritto di parola sancito dalla Costituzione e dalla Dichiarazione universale dei Diritti dell'Uomo, così come sono inconcepibili le pressioni esercitate anche verso il Ministro dell'Università per ottenere "l'espulsione" del Prof Claudio Moffa dall'Università di Teramo
    Se sei d'accordo con tutto questo non firmare. Ma se, pur senza conoscere o condividere le posizioni dei cosiddetti "negazionisti" pensi che non si può processare e mettere in galera una persona o impedirgli di parlare con la violenza per le sue opinioni - quali che siano - se credi ancora e fino in fondo agli art. 21 e all'art. 33 della Costituzione italiana e alla Dichiarazione universale dei Diritti dell'uomo, se ritieni ingiusto che ci sia chi possa richiedere l'espulsione dall'Università di un docente che peraltro non si è mai occupato sistematicamente delle problematiche "negazioniste" e per questo semplice motivo non può essere neppure definito "negazionista", allora sottoscrivi questa dichiarazione.
    E' un gesto forse di coraggio, sicuramente di civiltà e di intelligenza politica: solo chi sragiona privilegiando la propria (presunta) "purezza" politica - il campo di appartenenza giammai da "contaminare" col fronte opposto - non può capire, per deficienza di comprensione, che il rischio che incombe su tutti i cittadini italiani ed europei di qualsiasi credo politico è l'imbavagliamento di tutti e l'edificazione di un orribile sistema totalitario che per le sue dimensioni e per la sua ipocrita immagine "democratica" non ha precedenti nella storia. Firma contro i mass media a pensiero unico, contro le leggi liberticide che infangano e distruggono l'Europa delle libertà borghesi e socialiste, contro l'imbavagliamento dell'insegnamento di ogni ordine e grado, contro tutti gli integralismi, contro l'idiozia e lo squallido opportunismo dilaganti a destra e a sinistra nei ceti politici e intellettuali.
    Viva la libertà!

    COMITATO CONTRO LA REPRESSIONE
    DELLA LIBERTA' DI PAROLA E DI PENSIERO

    le adesioni a pepperosci@alice.it o claudio.moffa@fastwebnet.it (meglio a tutti e due)

 

 
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    Di umberto (POL) nel forum Prima Repubblica di POL
    Risposte: 12
    Ultimo Messaggio: 22-09-03, 18:54

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