«Personalmente, da professore di greco e latino, provavo una certa simpatia per il retaggio cattolico, che mi pareva abbastanza vicino all’ideale umanistico. Amo i monasteri, adoro l’arte italiana moderna, piena di Madonne. Ma non sopporto più le odiose ingerenze del Vaticano nella vita politica italiana. Soprattutto non riesco a capire come mai queste continue provocazioni siano tollerate dalla popolazione…» (Luigi-Alberto Sanchi)

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Caro Luigi,

qualunque discorso sopra la Chiesa cattolica, sebbene di stampo squisitamente laico, non potrà mai essere un discorso esclusivamente politico: in gioco vi sono fattori di maggiore rilievo come la cultura e la natura antropologica della nazione italiana e della futura confederazione europea. Leggo con interesse il tuo forte pamphlet, “Italia senza papa”, ben scritto e “necessario” come ogni posizione netta e socraticamente violenta. Ancor più necessario, mi azzardo a pensare, per la cultura cattolica stessa, che non per le schiere radicali cui idealmente ti rivolgi. È secondo me lo scritto di un eretico umanista che ribellandosi contro lo strapotere dei Guelfi neri andrà, nonostante la sua utopia anticlericale, in soccorso dei “bianchi”. Chiamo “Guelfi bianchi” gli eredi di quelle tradizioni che attraversarono e mossero la Dc di Aldo Moro e di Enrico Mattei, il Pci di Enrico Berlinguer e il Vaticano del Concilio II che tentò di ribellarsi al suo stesso potere, dalla mafia di Marcinkus e del Banco Ambrosiano all’ala eversiva del feudalesimo nero. Un giorno si capirà come il tanto criticato papa polacco sia stato ben più machiavellico che connivente: si pensi solo all’allontanamento di Marcinkus e alla scomunica di Lefebvre.

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