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Discussione: Due domande a Visco

  1. #61
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    Predefinito Tutti telefonavano a Consorte

    Sedetevi comodi, domattina lo psicodramma dei ds entra nel vivo.
    A Milano gli avvocati leggeranno e trascriveranno le telefonate dell’affaire Bnl. Tra le altre, le chiacchierate del luglio 2005 tra Gianni Consorte di Unipol e i vertici della Quercia nei giorni caldi della scalata delle coop rosse a Bnl. Chi si aspetta che Massimo D’Alema, Piero Fassino, il tesoriere Ugo Sposetti siano lì a tessere trame illegali per far cadere Bnl nella rete della finanza rossa, si sbaglia. Non c’è rilevanza penale per la nomenklatura del partito di governo. Ma non è questo che allarma i ds.
    Il motivo di tanta ansia, ben misurata dalle reazioni istintive all’inchiesta dell’attento Paolo Colonnello sulla Stampa solo qualche giorno fa, ha cause più recenti.
    Cause che si riversano in un contenitore che si chiama Partito democratico. Che nasce claudicante, zoppo.
    A chi ha già sentito attentamente tutte le conversazioni, parliamo soprattutto di investigatori, è balzato all’occhio la faida interna che all’epoca montava tra gli interlocutori di Consorte, tutti d’osservanza diessina.
    Parlando con l’ingegnere di Chieti tra loro si smarcavano, lo pregavano magari di non farsi sfuggire niente con Fassino ’o spilungone, di stare attento che il compagno Tizio è una testa di c... mentre il compagno Caio manco parla bene e flirta con chi non deve.
    Assente quindi la lettura penale delle conversazioni, ma che secondo la procura offre una cornice politica che inquadra le relazioni di Consorte, tanto da chiedere l’utilizzazione alle Camere.
    Lo psicodramma si nutre quindi di diversi affluenti.
    Il primo: le telefonate creeranno fratture all’interno del Pd, alimentando uno scontro che indebolisce fortemente i ds.
    Secondo: si riapriranno ferite malcucite specie con gli amici della Margherita. Chissà infatti che dirà Arturo Parisi che annunciava «il ritorno della questione morale». Acuirà fratture scomposte come quelle con Luca Cordero di Montezemolo, bistrattato da Piero Fassino. E si rivitalizzeranno, soprattutto per le parole del segretario, i malumori tra ds e Banca Mps. Del resto Fassino ragiona con Consorte da segretario politico che vive con passione un’operazione amica («Allora siamo padroni di una banca?», «Allora prima portiamo a casa tutto»).
    Per questo rilascia interviste a sostegno, improvvisa strategie comunicative con l’ingegnere, si lamenta degli articoli del Sole24Ore.
    D’Alema assume un profilo diverso. Il primo a chiamarlo in causa era stato addirittura, in un libro, Marco Travaglio. Nell’autunno scorso disse che nelle conversazioni tra Massimo e Gianni, il leader avrebbe avvertito Consorte che questi aveva il telefono sotto controllo. D’Alema non smentì.
    E tutti s’aspettano ora di leggere i testi delle telefonate. Staremo a vedere.
    Di sicuro tra Massimo e Gianni corre un rapporto più profondo che tra Fassino e Consorte. Tanto da spingere D’Alema a chiedere che la cordata Unipol rilevi, come anticipato qualche settimana fa dal Giornale, la quota in Bnl del parlamentare udc Vito Bonsignore.
    Cortesie da Transatlantico, si dirà.
    Una sorpresa saranno invece le conversazioni con il tesoriere Ugo Sposetti, incline a esprimere dure pagelle sui compagni di partito, e quelle con il senatore Nicola Latorre, che subito dopo l’uscita delle prime intercettazioni giurava che mai nella sua vita aveva passato il suo cellulare all’amico D’Alema.
    Insomma, i motivi di questo psicodramma, che da domani lascia i contorni Telecom-Brasile per diventare tutto nostrano, sono molti, troppi per cadere in una situazione politica «sfrangiata», per usare un aggettivo caro a Clemente Mastella, come quella di oggi. Con il risultato dei ballottaggi che si insinua in un calendario perverso, con alle spalle le polemiche sulle pressioni esercitate da Vincenzo Visco sui vertici della Guardia di Finanza.
    Ce n’è abbastanza per uno psicodramma in piena regola.
    Del resto la proprietà, essere padroni di qualcosa, figurarsi di una banca, è cosa indigesta per la sinistra. Soprattutto se quell’operazione finì alla deriva sotto il fuoco peggiore, ovvero quello amico.
    Infine, l’ultima incognita che non viene dalle intercettazioni ma dal suo principale interlocutore. Ovvero Gianni Consorte.
    Ha ripreso a lavorare. Gira tra Milano, Bologna e Roma. Si duole delle ingiustizie patite.
    A tutti assicura che la storia non è finita. Raccolte le prove, racconterà i retroscena della guerra su Bnl.
    Con inevitabile coda di polemiche in pura salsa Pd.
    A iniziare da quelle con il Bbva difeso da Guido Rossi.
    A proposito dell’ex presidente di Telecom, da segnarsi in agenda il prossimo scandalo.
    Bolle in pentola, già c’è stata qualche avvisaglia. Avrà ripercussioni su destra e sinistra.
    Sedetevi comodi, si chiama proprio così: Telecom.

    gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it

  2. #62
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    Predefinito Lo ha suggerito il...

    ...vice-ministro Visco al suo ministro TPS di "svicolare poco signorilmente dalla cacca appiccicatosa" nella quale si sono seduti e accusare Prodi di essere stato Lui l'ideatore di "spedire" il gen. Speciale alla Corte dei Conti.
    Aggiungendo simpaticamente e con il suo sorrisetto superiore di altissimo tecnico delle finanze che sulla idea del premier è "lecito aver dubbi"?

    saluti

  3. #63
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    Predefinito Il generale dai.....

    .....pm

    Una raffica di conferme per oltre due ore e mezza di deposizione: davanti al procuratore capo Giovanni Ferrara e al sostituto procuratore Angelantonio Racanelli, l’ex comandante della Guardia di finanza Roberto Speciale ha ripetuto di aver subito pesanti ingerenze da parte del vice ministro Vincenzo Visco nel luglio del 2006 pur di spostare l’intera catena gerarchica della Gdf in Lombardia.
    Sono accuse durissime quelle che verbalizza Speciale al punto che ora Ferrara e Racanelli dovranno valutare se iscrivere Visco nel registro degli indagati ipotizzando i reati di abuso d’ufficio e minacce.
    Una mossa che potrebbe essere addirittura inevitabile visto che le accuse di Speciale di per sé equivalgono a una denuncia.
    Che trova sponda testimoniale nei racconti riportati dai due ufficiali che assistettero alla telefonata più pesante con il viceministro.
    Racanelli si sta ora consultando con il procuratore Ferrara, co-titolare del fascicolo.
    E già lunedì decideranno insieme i prossimi passi.
    L’iscrizione di Visco appare la strada più probabile, a tutela stessa del vice ministro.
    Oppure da piazzale Clodio si potrebbe decidere per altre due ipotesi: la contestuale iscrizione sì di Visco ma anche di Speciale per calunnia.
    Una strada investigativa che permetterebbe di indagare su entrambi a 360 gradi.
    O, ancora, l’archiviazione del procedimento non ravvisando estremi di reato nelle deposizioni, una decina in tutto, fin qui raccolte.
    Intanto al comando generale della Gdf preparano la cerimonia per l’insediamento del nuovo comandante Cosimo D’Arrigo.
    Nomina che aveva provocato più di un malumore ai piani alti della Difesa. Insomma, quasi a litigare per scegliere il nuovo comandante generale della Guardia di Finanza.
    L’unico che ci sarebbe rimasto davvero male è infatti Rolando Mosca Moschini, fine tessitore e consigliere militare del Quirinale. Sia l’inaspettato braccio di ferro tra Visco e Speciale, sia le accuse mosse da quest’ultimo di ingerenze e ventilate minacce, hanno infatti indirettamente indebolito la candidatura del ternano Gianni Botondi, segretario generale della Difesa, vista di buon grado da Mosca Moschini.
    Botondi doveva spuntarla sul generale Mauro Del Vecchio, appoggiato dai diessini di Massimo D’Alema.
    I giochi erano quasi fatti. Solo che all’ultimo, come spesso accade in politica, qualcuno forte del pasticcio si è messo di traverso. E così da una parte il ministro della Difesa Arturo Parisi, dall’altra Giuseppe Cucchi, segretario del Cesis, il coordinamento dei servizi segreti, e da tempo amico personale di Romano Prodi, hanno portato il generale Cosimo D’Arrigo al primo piano di viale XXI aprile, ovvero nella stanza dei bottoni della Guardia di Finanza.
    Tanto che proprio Prodi ne aveva parlato con Cucchi in una leggera colazione di lavoro a tre, dietro piazza Barberini subito dopo la pubblicazione a fine maggio su Il Giornale della deposizione di Speciale.

    La Finanza in poco tempo ha visto così cambiare l’intera gerarchia di comando. D’Arrigo si insedia lunedì. E troverà nei più vicini interlocutori, alti ufficiali appena nominati. Dal 6 giugno il comandante in Seconda Sergio Favaro ha lasciato ad Angelo Ferraro, che proviene, prima dell’ispettorato dei reparti d’istruzione, dal comando interregionale del nord Italia a Milano. La casella occupata da Ferraro era quindi esattamente sopra l’intera catena di comando che Vincenzo Visco voleva rimuovere nel luglio 2006. Sopra il comandante regionale Mario Forchetti e, a scendere, del comandante del nucleo Rosario Lorusso, Virgilio Pomponi e Vincenzo Tomei. I quattro erano da trasferire, lui invece non finì nelle mire del vice ministro. Ferraro è schivo, riservatissimo, gran cerimoniere, alle spalle conta esperienze a Genova, Milano e come sottocapo al comando generale.
    Attento agli equilibri, Ferraro è perfetto per rappresentare il Corpo.
    Ha iniziato con equilibrio esordendo gli ufficiali alla mancata cerimonia d’investitura di D’Arrigo e ha indossato la divisa nuova nel salone delle feste per la conclusione del corso superiore di polizia Tributaria alla caserma di Ostia. Andrà in pensione la prossima estate. Qualche porta più in là D’Arrigo trova il divisionario Paolo Poletti, da marzo capo di Stato maggiore, dopo esser stato sottocapo e capo delle Fiamme Gialle del Lazio. Ufficiale di attente relazioni, come quelle con leader politici del calibro di D’Alema, già presidente del Cocer, Poletti vanta la direzione di delicate indagini, come quella sul crac Cirio con le perquisizioni in Capitalia. Amante della chitarra, presenza fissa ai mondani compleanni (21 settembre) dell’immobiliarista Andrea Meschini, è amico di vip come Alex Britti.
    Il 31 maggio scorso ha ricevuto la croce costantiniana, durante una santa messa solenne nella basilica di San Giorgio al Velabro a Roma, presieduta dal cardinale Michele Giordano, Balì cavaliere di gran croce di Giustizia.

    gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it

    saluti

  4. #64
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    Predefinito Consiglio dei ministri

    Nervi tesi nella sala del Consiglio dei ministri visto che buona parte della seduta viene impiegata per discutere sulla battuta sfuggita l’altroieri a Silvio Berlusconi.
    Durante l’assemblea della Confartigianato, rivolto a un’imprenditrice che gli chiedeva come fare per vederlo tornare premier, aveva risposto scherzando
    «Signora cara non c’è modo, ci vorrebbe un regicidio».
    E la parola regicidio ha tenuto banco sul tavolo del governo, dove tutti i ministri hanno avuto parole di «dura condanna», dando mandato a Enrico Letta di comunicare alla stampa che il governo chiede che Silvio Berlusconi smentisca quella frase, considerata «grave e inaccettabile».
    Aggiungendo un «bisogna abbassare i toni».
    La presa di posizione dell’esecutivo è stata immediatamente criticata da Paolo Bonaiuti, portavoce del Cavaliere: «Se Prodi si allarma davvero, significa che si sente realmente re. Questo mi sembra curioso e grave».
    E il leader Udc Pier Ferdinando Casini: «Consiglio all’Unione di riservare l’indignazione per cose più serie».
    Il tono della polemica è stato tenuto subito alto in Consiglio dei ministri dal vicepremier Francesco Rutelli che ha invitato tutti a «reagire e dare una risposta politica agli attacchi della Cdl».
    Messa insieme la frase di Berlusconi, l’aggressione subita in Irpinia dal commissario straordinario per l’emergenza, Guido Bertolaso, e il blitz della Lega alla Camera che ha occupato i banchi dell’esecutivo per protesta contro Prodi, il Cdm si è lanciato in un processo all’opposizione.
    «La frase di Berlusconi e l’atteggiamento della Lega - è l’accusa del ministro Paolo Ferrero di Rifondazione Comunista - sono tipiche modalità fascistoidi che questa destra esprime. Sono dichiarazioni inquietanti». Tutti d’accordo nella condanna della frase di Silvio Berlusconi, dal ministro Mussi ad Antonio Di Pietro.
    Anche se il titolare delle Infrastrutture ha definito quella battuta una «frase scontata e fuori luogo. Una polemica da bar di periferia».
    Mentre il ministro dell’Università ha affermato che non si può stare fermi e che «bisogna reagire».
    E il ministro dell’Ambiente, Pecoraro Scanio ha definito la battuta di regicidio «un incitamento all’odio in modo spudorato».
    Più moderato il commento di Amato, responsabile del Viminale, che si è limitato ad affermare che «regicidio è un’espressione forte».
    Si distingue il commento di Roberto Villetti (Rnp), che invita gli alleati a preoccuparsi più «dello sfondamento mediatico che ottengono la Lega che occupa i banchi dell’aula dando vita a un golpe virtuale e Berlusconi che evoca il regicidio per togliere di mezzo Prodi».
    Mentre Nello Formisano, capogruppo dell’Italia dei valori al Senato, invita tutti «al senso della misura, virtù sempre più rara da trovare nei politici».
    Nel centrodestra Gianfranco Rotondi, segretario della Democrazia cristiana, cerca di ridimensionare l’intera vicenda definendo quella di Berlusconi «una battuta» e sostiene che la richiesta di smentita del governo è sbagliata:
    «Se la politica rinuncia all’invettiva la democrazia perde sapore».
    Che le battute di Silvio Berlusconi servano a ricompattare la maggioranza e il governo ne sono convinti quasi tutti gli esponenti del Polo.
    Anche Maurizio Ronconi dell’Udc che pur definendo quelli di Berlusconi
    «comportamenti smodati e battute infelici», sostiene che «servono ad unire una maggioranza divisa su tutto il resto».
    Così la pensa anche Jole Santelli, di Forza Italia che ironizza sul fatto che «il Consiglio dei ministri finalmente abbia deciso all’unanimità. Anche se su una battuta del leader dell’opposizione».
    Non smentisce il suo carattere il senatore di An Francesco Storace che ironizza pesantemente:
    «Se riuniscono il Consiglio dei ministri per una cosa del genere possono pure chiedere a Berlusconi di smentire il regicidio, ma nessuno potrà negare che restano coglioni».
    Mentre Roberto Calderoli della Lega ironizza sul fatto che la nostra Costituzione disconosce i nobili e quindi non può esserci un regicidio «a meno che il Cdm non abbia surrettiziamente nominato un re travicello nella figura del professor Prodi».

    Il Giornale di ieri

    Che siano “coglioni” è pacifico, ma pure coglioni senza vergogna quando per invitare l’opposizione ad abbassare i toni strillano come ubriachi impazziti.
    Quando il governo si riunisce i presenti intascano un gettone di presenza?

    saluti

  5. #65
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    Predefinito

    Guardia di Finanza
    Il viceministro Visco poteva risparmiarsi quella presenza inopportuna

    Ci è parsa una presenza inopportuna, con un vago sapore provocatorio, quella del viceministro Visco alla cerimonia di insediamento del nuovo comandante generale della Guardia di Finanza. A che titolo egli era presente? Il governo ha ritirato le deleghe sulla Guardia di Finanza al viceministro dell'Economia e, fino a quando tali deleghe non gli saranno restituite, se mai lo saranno, sarebbe opportuno che il viceministro Visco si riservasse maggiore discrezione nei confronti della Guardia di Finanza, sopratutto per ciò che concerne le manifestazioni ufficiali. Anche perché la credibilità del viceministro è in caduta libera, se financo Claudio Rinaldi sull'"Espresso" è convinto che "(Visco) nel volersi impicciare delle questioni interne alla Gdf, non fosse affatto corretto".



    ( Generale di Corpo d'Armata Cosimo D'Arrigo )

    E ci dispiace molto muovere questo rilievo ad un ministro che discende da una famiglia azionista con la quale noi abbiamo un legame storico profondo, ma l'assenza di sensibilità è stata tale da parte del viceministro che non possiamo tacere a riguardo. E forse sarebbe il caso che il ministro dell'Economia richiamasse per una volta il suo vice all'ordine. Scriviamo questo anche per la ragione che il nuovo comandante generale ha voluto esprimere "profonda stima" al suo predecessore, cioè al comandante Speciale che, cacciato dal governo, non era presente alla cerimonia. Il generale Speciale merita in ogni occasione le ragioni della nostra solidarietà per il suo comportamento esemplare, per il rifiuto di ricorrere al Tar - come pure sarebbe stato suo diritto - e perfino per non presentarsi a una Cerimonia ufficiale del Corpo che ha servito con dedizione ed onore fino all'ultimo.

    Sinceramente ancora non abbiamo compreso come il governo possa aver rivolto le accuse che ha rivolto al generale Speciale, per poi proporlo alla Corte dei Conti, e ora saremmo curiosi di capire come il governo si orienterà con un comandante che ha riconosciuto i meriti dell'alto operato di Speciale e gli ha espresso pubblicamente "profonda stima". Il caso della Guardia di Finanza resta dunque delicatissimo, considerando l'inchiesta sul generale Poletti, che ha sollevato le proteste del Cocer, per il quale si è trattato dell'"ennesima mortificazione". Per recuperare la serenità perduta dell'Arma, il governo dovrebbe mostrare maggiore prudenza. I suoi esponenti, che sono entrati in conflitto con l'Arma - e che oltretutto ancora hanno un contenzioso con la stessa - meglio farebbero a tenersene distanti.

    Roma, 19 giugno 2007

    tratto da http://www.pri.it

  6. #66
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    Predefinito

    Procura Roma sentira' Visco
    Nell'inchiesta su presunte pressioni a generale Speciale
    (ANSA)-ROMA,19 GIU- La procura di Roma sarebbe orientata a sentire il viceministro Visco, nell'inchiesta sulle presunte pressioni fatte al generale Speciale. Non e' ancora stato deciso in che veste avverra' la convocazione di Visco, che appare comunque scontata alla fine delle audizioni fatte dal procuratore Giovanni Ferrara e dal sostituto Angelantonio Racanelli. L'ultima audizione e' stata proprio quelle del generale Speciale convocato a piazzale Clodio la scorsa settimana.

 

 
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