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    Predefinito Il Governo Prodi affonda nella Monnezza

    Economia, ambiente e conflitto di interessi: ecco tutte le “coglionate” del primo anno dell’esecutivo del Professore

    Il governo Prodi annega tra i rifiuti

    L’editorialista del Corriere della Sera, Pietro Ostellino, esprime un durissimo giudizio sulla legge ad personam per impedire a Berlusconi di fare politica

    di Gianluca Marchi da L'Opinione

    “Credo di aver espresso compiutamente il mio pensiero ne “Il Dubbio” pubblicato sabato scorso. Non resta molto da aggiungere se non un proverbio inglese che recita. “I gentiluomini parlano dei princìpi, la servitù delle persone”. Ecco l'Italia è il Paese dove tutti parlano delle persone, mentre tutto, al contrario, è fondato sui princìpi. Il conflitto d'interessi in Italia ruota tutto attorno a Silvio Berlusconi. E se non è Berlusconi, di conflitto d'interessi non se parla. Ma la vera questione è: se uno è ricco, in Italia, ha il diritto di fare politica, o no? Perché se la risposta è che se uno è ricco non deve anche fare politica allora si sappia che si viola un principio costituzionale”. Piero Ostellino, ex direttore del Corriere della Sera e oggi prestigioso editorialista del quotidiano di via Solferino, è uno dei pochi esponenti veramente liberale di questo strano Paese. Uomo naturalmente moderato, ma per le cose che dice, e per il modo con cui le dice, rischia di diventare una sorta di rivoluzionario. Un rivoluzionario liberale, appunto, in un Paese dove le venature sovietiche emergono sistematicamente

    Sentite l'ultima che ha combinato: ve la ricordiamo qui, se per caso ve la siete persa. Corriere della Sera del 19 maggio, pagina 42, la sua rubrica Il Dubbio sitola così: “Conflitto d'interessi? Non costringete nessuno a pianificare i sentimenti”. Fin qui ok. Leggiamo però insieme l'ultimo capoverso dell'articolo: “Il centrodestra – non del tutto a torto – accusa il centrosinistra di voler impedire a Berlusconi di tornare al governo qualora vincesse le prossime elezioni. Ma l'accusa mi pare riduttiva. Per parte mia, non accuserò, dunque, il centrosinistra di giocare sporco, sostenendo falsamente che negli Stati Uniti così vanno le cose in materia di conflitto di interessi pur di far fuori Berlusconi. Non gli farò neppure il torto di pensare che nel suo progetto di legge riaffiorino anacronistiche preclusioni – a quasi cento anni dalla Rivoluzione bolscevica e dopo tutte le tragedie che essa ha provocato – nei confronti del diritto di proprietà e della ricchezza. Né aggiungerò, in punto di diritto e di logica, che è incostituzionale e un abominio concettuale. Insomma, non ciroccerò, per confutarlo, a argomentazioni di teoria e di prassi politica. No. Dirò semplicemente che è una gran coglionata. Erga omnes”.

    Avete capito bene: il pacato Ostellino ha scritto sulle (un tempo) austere colonne del Corrierone, che il conflitto di interessi, così come lo va delineando la maggioranza di centrosinistra (che poi, con tutta probabilità, non ha i voti per farlo diventare legge), è una “gran coglionata”. Colpito e affondato.
    Argomenta Ostellino nell'esordio della sua rubrica: “Che ne direste di una legge che - per prevenire la produzione di materiali pornografici - imponesse a tutti i detentori di una videocamera di alta qualità di consegnarla ai carabinieri pena la perdita dei diritti civili? A questa tipologia appartiene il progetto di legge del centrosinistra in discussione in Parlamento sul conflitto di interessi”. Un progetto che, così com'è strutturato, impedisce l'assunzione di incarichi di governo a chi ha una fortuna economica superiore a una certa cifra (15 milioni di euro). Si tratta dunque di una sanzione a priori che penalizza la condizione sociale di un tal soggetto.

    In più le conseguenze si estendono anche a coloro che sono sposati con una donna che possiede una certa fortuna economica. Insomma, come scrive Ostellino, “che anche il rapporto affettivo fra due persone - l'Amore - potesse diventare una inibizione all'esercizio del diritto civile all'assunzione di incarichi di governo è un'idea che poteva saltare in testa solo alla mente malata di un <pianificatore di sentimenti>di tipo sovietico”. La gran coglionata, dunque. Ma quella sul conflitto di interessi non è l'unica: aggiungiamoci la gestione dell’emergenza rifiuti, l’Alitalia, il tesoretto. Insomma, una collezione di coglionate.

  2. #2
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    Politica e disaffezione

    di Arturo Diaconale

    Sabato scorso Piero Ostellino ha definito “una coglionata” il disegno di legge del centro sinistra sul conflitto d'interessi. Il termine fotografa al meglio l'assurdità di una iniziativa che, oltre ad essere di taglio vetero-sovietico, non ha alcuna possibilità di essere approvata dal Parlamento. Ma costituisce anche una perfetta spiegazione della crescente disaffezione per la politica che in questi giorni viene denunciata in continuazione. Perché la gente si è stufata della politica e disprezza chi la pratica e ne usufruisce? Perché i politici inanellano coglionate su coglionate. Non in maniera inconsapevole, che magari sarebbe perdonata. Ma con la protervia di chi, pur sapendo benissimo di compiere sciocchezze, eccede negli errori contando sul fatto che i cittadini non hanno alcuna possibilità di reagire. Quante sono le coglionate in atto? Una enormità. Di queste ne abbiamo scelte alcune. La prima riguarda i 101 euro di aumento per gli statali che i sindacati pretendono e che il governo si prepara a concedere prima delle elezioni amministrative di domenica prossima. Nessuno contesta il diritto dei dipendenti pubblici di rivendicare stipendi adeguati anche se, negli ultimi anni, le loro retribuzioni hanno avuto un incremento superiore a quelle del settore privato. Ma con quale criterio il governo destina agli statali una fetta del “tesoretto” quando sono proprio i suoi più autorevoli rappresentanti a denunciare l'alto costo della politica, la necessità di tagliare lo stato sovrabbondante abolendo le provincie, il Senato, mettendo in mobilità i loro dipendenti ed introducendo il criterio del merito anche nel settore pubblico?

    L'aumento agli statali, dunque, è una autentica coglionata. Che fa il paio con quella in atto proprio in questi giorni che riguarda l'Alitalia. La Compagnia di bandiera è sempre più un buco nero per il denaro dei contribuenti. Avrebbe dovuto essere messa in liquidazione da tempo immemorabile e ricostruita dalle fondamenta con criteri privatistici. Invece viene tenuta in piedi con lo sputo, in attesa del tempo migliore per la solita privatizzazione a beneficio degli “amici”. Quanto incide la coglionata dell'Alitalia sulla sfiducia dell'opinione pubblica? Sicuramente tanto. Ma mai nella maniera devastante in cui incide l'“emergenza-spazzatura” a Napoli. Che deve essere affrontata con misure da stato d'assedio, per evitare disordini, epidemie, disastri. Come se si trattasse del risveglio del Vesuvio. E che invece costituisce la quarta e forse più grande coglionata della serie. Basta per spiegare la disaffezione della gente?

  3. #3
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    Una scelta che riflette contraddizioni irrisolte

    Il Professore costretto dagli equilibri di Dl e Ds ad aumentare i membri del comitato

    Con toni solenni, Romano Prodi sostiene che il Partito democratico è «la risposta alla crisi della politica». E ne fa un ritratto virtuoso: una forza aperta, ricca culturalmente, e nella quale nessuno può dirsi «più uguale» degli altri. Il problema è che il presidente del Consiglio veste con parole entusiasmanti il nuovo «Comitato politico» del Pd. La struttura doveva essere di 30 persone, ma per motivi di equilibri interni è salita a 45. Qualcuno, sarcasticamente, la bolla come un «gruppo di vecchi saggi».
    E il ministro Arturo Parisi va oltre: «Sono vecchi che debbono dar prova della loro saggezza». La sensazione, dunque, è che la soluzione sia il frutto di scelte laboriose e insieme frettolose, dovute a qualche rifiuto più o meno eccellente. A colpire non è solo la prevalenza di facce che rischiano di confermare l’autoreferenzialità della classe politica; né la scarsa presenza di donne o una certa casualità nella scelta dei simboli della «società civile».
    È il numero pletorico in sé a contraddire gli impegni sulla diminuzione dei parlamentari e dei costi della politica che il centrosinistra ha preso. La saga del «cantiere aperto», che si chiuderà il 14 ottobre con la nascita del Pd, oltre che dal premier viene alimentata dai Ds e dalla Margherita. La loro è una scommessa difficile, ma obbligata. Per questo, sorprende la virulenza di un ulivista doc come Parisi contro «questo comitato fatto da vecchi: sia chi lo è davvero, sia i cinquantenni avanzati che si propongono come giovani... ».
    L’età media dei quarantacinque membri è di 57 anni. Supera quella dei deputati, e sfiora l’anzianità dei senatori. Ma a sentire Parisi, la cosa peggiore non sarebbe la gerontocrazia, ma quei giovani «che si offrono alla cooptazione». È una sferzata per Prodi e gli alleati, protesi a trovare un equilibrio fra la nuova struttura, i Ds e la Margherita. In teoria, il comitato dovrebbe limitarsi a fissare le regole con le quali si arriverà alla fondazione del Pd, il 14 ottobre.
    Ma c’è chi tende a considerarlo qualcosa di più: un centro di elaborazione politica, o magari uno stimolo per il governo Prodi. Il sindaco di Roma, Walter Veltroni, ha proposto che si riunisca dopo le amministrative del 28 e 29 maggio. E qualche prodiano ha subito rizzato le orecchie, nel timore che una sconfitta dia fiato alle critiche. Veltroni ribadisce: il test non ha valore nazionale. Ma sono segnali di una dinamica che porta inesorabilmente verso il Pd in una situazione di confusione che rende difficili anche le scelte più unanimi.
    La composizione del comitato, la sua funzione, le proteste degli esclusi: è come se si scaricassero lì tutte le frustrazioni che il centrosinistra non è riuscito a curare in un anno. Il rischio di apparire non come «risposta alla crisi della politica», ma come specchio del malessere, è palpabile: soprattutto se non spunteranno presto una nuova classe dirigente e un leader.

    Massimo Franco

  4. #4
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    Governo in ansia tra inchieste giudiziarie e test elettorale

    Scritto da Laura Cesaretti

    (Velino) - "Ci vuole una soluzione rapida", dicono dalle parti di Arturo Parisi, a proposito del caso Visco. In un senso o nell'altro, naturalmente: se ha mentito il generale Roberto Speciale (e gli altri alti ufficiali della Finanza che oggi il Giornale cita a sostegno della tesi del comandante) se ne vada, ma se ha mentito il viceministro la "soluzione" e' una sola: dimissioni. Con un dubbio, pero', che nella Margherita ripetono in molti: "Bisogna vedere se Prodi avra' la forza di imporlo ai Ds, non e' facile". In casa Ds si respira un'aria pesante, un clima da accerchiamento. "Siamo al centro del mirino, e' chiaro - spiega un dirigente fassiniano - abbiamo dimostrato di essere il partito egemone anche dentro al Pd, altro che scioglimento, e per questo cercano di indebolirci". Ma la convinzione e' che Prodi non puo' smarcarsi dall'abbraccio dei suoi maggiori alleati: "Siamo i principali sostenitori del Partito democratico e del governo, sa che senza di noi salta tutto".
    Ma nell'entourage del segretario della Quercia non si nasconde neppure una certa irritazione nei confronti di Massimo D'Alema che con quella famosa intervista al Corriere della Sera ha finito per "fare il gioco di chi sta manovrando contro di noi e contro Palazzo Chigi", e insomma "e' caduto nella trappola" che gli ha cucinato il principale giornale italiano. Per non parlare di quelle improvvide dichiarazioni del braccio destro dalemiano, Nicola La Torre, che sulla Stampa di ieri faceva sapere che "non faremo la fine di Craxi".

    È in questo clima febbrile, che sta agitando l'intera maggioranza, che ieri e' stato varato il comitato promotore del Partito democratico. Doveva essere un'occasione di rilancio, ma si e' subito trasformata in un boomerang: i 30 membri annunciati con gran fanfara nei giorni scorsi sono rapidamente lievitati a 45, i giornali di oggi sono pieni delle critiche e dei malumori degli esclusi, il sindaco di Torino Sergio Chiamparino e' spietato: "Hanno fatto fuori tutto il Nord, faro' una mia lista con Bresso e Illy". Arturo Parisi usa il sarcasmo contro "vecchi" e "cooptati". E Walter Veltroni, che nel comitato e' entrato, ha messo in allarme tutti durante la riunione di ieri: spiegando che l'organismo deve cominciare subito a occuparsi di "contenuti", che "deve avere una funzione politica" e che e' bene che si riunisca quanto prima, "gia' la prossima settimana".
    All'indomani quindi di un voto amministrativo che sta sempre piu' mettendo in ansia l'Unione, perche' "se si trasforma in un test politico e sul governo, sputeremo tutti sangue", prevede cupo il rutelliano Ermete Realacci. Il timore e' che tra test elettorale e inchieste giudiziarie la crisi latente conosca nei prossimi giorni un'accelerazione incontrollabile, e che il sindaco di Roma si stia posizionando per trovarsi esattamente al centro della scena quando questo accadra'.

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    -mantide.,
    Sei in errore,c'è anche il presidente della repubblica,in minuscolo lui e lei,che dopo un anno al potere senza responsabilità grida al deserto. Anche lui è napoletano come il sindaco di Napoli e il governatore della Campania ma tutti e tre incapaci a fare ma bravissimi a dire cosa bisogna fare.
    Intanto a Napoli i napoletani si godono le puzzette della solidarietà ed altro!

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    Spazzatura e paralisi

    Il vulcano contro i colpevoli

    di Arturo Diaconale

    Forza Vesuvio è una forzatura metaforica. Con cui si auspica che il tappo del vulcano dormiente esploda ed invece di indirizzarsi sulla popolazione inerme vada a colpire solo ed esclusivamente quei dirigenti politici che hanno la responsabilità primaria dello stato d'emergenza in cui versa Napoli e gran parte della Campania. Ma nella identificazione di questi dirigenti e di queste responsabilità bisogna essere chiari. Non convince affatto, ad esempio, il discorso della colpa collettiva ripartita in egual misura tra Antonio Bassolino e Antonio Rastrelli, centro sinistra e centro destra, camorra e magistratura, comuni ribelli e ambientalisti, Alfonso Pecoraro Scanio e Rifondazione. Il principio del “tutti colpevoli, nessun colpevole” è fasullo. E serve solo ad alimentare la tesi assolutoria della classe politica secondo cui la colpa vera è dei napoletani e della loro genetica incapacità di passare da sudditi passivi di classi dirigente perennemente incapaci e corrotte a cittadini di una democrazia avanzata. La verità, invece, è che esiste una precisa graduatoria di responsabilità. E che in cima alla lista non c'è tanto il centro sinistra che da oltre dieci anni governa una regione ed il suo capoluogo divenuto nel frattempo una megalopoli. C'è, soprattutto, il sistema di governo adottato da questa coalizione. Un sistema che è invasivo come quello emiliano, clientelare come tutti quelli meridionali e tragicamente paralizzato dalle proprie contraddizioni come quello nazionale.

    In cima alla lista dei responsabili, allora, ci sono Bassolino, Rosa Russo Iervolino ma anche Piero Fassino, Romano Prodi e lo stesso Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Non perché costoro rappresentino la formula del centro sinistra. Ma perché hanno consentito e continuano a consentire ai Verdi di Pecoraro Scanio, ai comunisti di Franco Giordano ed a tutti i gruppi e gruppetti dell'ultrasinistra di impedire la modernizzazione del paese. In Val d'Aosta come nello stretto di Messina, per la Tav come il il Ponte tra Sicilia e Calabria, in Toscana come nel Lazio, per l'autostrada tirrenica come per la riconversione della centrale di Civitavecchia. E, naturalmente, a Napoli e nella Campania per le discariche e gli inceneritori. Forza Vesuvio, allora, affinché “l'emergenza spazzatura” diventi il caso destinato a bruciare definitivamente un metodo di governo che produce solo paralisi e degrado.

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    Un update per Giorgio Bocca

    da A Conservative Mind

    Niente, non riescono a esorcizzarlo in alcun modo. E' il loro incubo personale. Li insegue persino quando al governo ci sono loro. E riesce a convincerli di essere sempre lui quello che comanda (in questo, per onestà, occorre dire che il governo di sinistra lo aiuta moltissimo). Editoriale odierno di Repubblica, a firma nientemeno che di Giorgio Bocca. Testuale:

    Di fatti antipolitici grandi e piccoli ce ne sorbiamo uno al giorno e ce li serve caldi caldi quel grande maestro dell'antipolitica che è Silvio Berlusconi, ultimo il trionfo del Milan Football Club ad Atene, il capo del governo, l'uomo che ha reinventato la destra italiana, che per molti italiani è il nostro piccolo De Gaulle che corre felice con figli e nipoti su un campo da gioco sollevando una coppa (...). Come non essere antipolitici se la politica è questa?

    Ora, sarebbe il caso che qualcuno a Repubblica prendesse Giorgio Bocca sottobraccio e, con la massima delicatezza possibile, ma anche in termini molto chiari, gli spiegasse che 1) Silvio Berlusconi da oltre un anno non è più il capo del governo, è il leader dell'opposizione; 2) il capo del governo è tale Romano Prodi, leader (forse) del sedicente partito democratico; 3) quindi, se la gente in questo periodo è incavolata con la politica, qualche piccola responsabilità, più che Berlusconi, magari ce l'ha chi da un anno guida il governo, cioè Prodi e i suoi ministri e i leader della maggioranza. Nessuno dei nomi di costoro, guarda caso, appare nell'articolo di Bocca. Sì, urge un serio update.

 

 

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