Diritto al lavoro o libertà dal lavoro salariato?

Nella storia dell'umanità niente è stato più insensato dell'odierno culto del lavoro: abbiamo finalmente a disposizione i mezzi per essere liberi dalla necessità e invece questi mezzi ci dominano, ci abbrutiscono di lavoro, ci offrono una produttività così alta che la stragrande maggioranza della popolazione è "in esubero" rispetto alle esigenze della produzione. E non lavora affatto.

Chiunque non sia intossicato dall'ideologia capitalistica capisce benissimo che la liberazione di lavoro umano operata dalle macchine, dalla scienza e dall'organizzazione potrebbe essere un vantaggio per tutta l'umanità, la quale non sarebbe certo schifata se potesse dedicarsi ad attività vitali o anche semplicemente belle e divertenti invece di essere schiavizzata dalla necessità di accumulare sempre più Capitale.

Sembra immensamente lontano il tempo in cui gli operai scendevano in piazza organizzando manifestazioni contro il lavoro, quando cioè pretendevano una forte riduzione dell'orario e un salario decente per i disoccupati; quando avevano il coraggio di sfidare l'avversario sul suo terreno, quello preparato dallo sviluppo generale della produttività. Lo sviluppo sociale e produttivo ci libera dal lavoro, e quindi la nostra parola d'ordine umana e non capitalista dovrebbe essere ancora la stessa: "La liberazione dal tempo di lavoro è tempo di vita guadagnato. Se il capitalismo sfrutta sempre di più un numero sempre minore di lavoratori, gettando gli altri nella disoccupazione, ebbene, liberiamoci del capitalismo".

Governanti, capitalisti e sindacalisti di ogni specie hanno un bel gridare a gran voce che il lavoro è sacro, che è un diritto sancito dalla Costituzione, che nobilita l'uomo. Quando il lavoro viene eliminato dal moderno sistema di produzione esso non è né sacro né maledetto, è semplicemente superfluo. Di fronte all'operaio che si chiude nel capannone fatiscente, o che si ammazza per dodici ore al giorno con salario tagliato per salvare la "sua" fabbrica dalla concorrenza, c'è un mondo di milioni di persone che non lavorano più.

Gli industriali vogliono che si lasci libera azione al mercato affinché riduca il prezzo della forza lavoro; i sindacati la vogliono a basso prezzo e a disponibilità illimitata per l'azione di decreti governativi concordati con le cosiddette parti sociali. Firmano senza battere ciglio decreti sullo sfruttamento intensivo ed estensivo del lavoro. Si sa, le esigenze dei mercati debbono essere soddisfatte.

Parlano e agiscono così solo a causa della tronfia sicurezza offerta loro da una classe proletaria che, pur se provvisoriamente corrotta con false sicurezze e ideologie del nulla, conserva intatto il suo potenziale di lotta.

Eccoli perciò organizzare processioni e innalzare preghiere al dio lavoro, facendosi preti di una religione che lo stesso capitalismo si incarica di distruggere nei fatti.

(Da n+1, rivista sul "movimento reale che abolisce lo stato di cose presente".)