Nel No Bush Day i movimenti non vogliono Rifondazione tra i piedi
Roma. Salvatore Cannavò, il senatore comunista
dell’“appoggio esterno” al governo
Prodi, più che la Pantera di Linguaglossa
sembra una pecora smarrita di Solicchiata.
Zampetta timido da
una riunione caciarona dei no global a
un’assemblea di Rifondazione dicendo
amorevolmente a tutti che in fondo “siamo
compagni, non litighiamo, prendiamocela
solo con Bush”. Un “volemose bene” accolto
però dagli sberleffi degli estremisti, che
lo additano come “uno di destra”, e dagli
sguardi traversi dei compagni di partito che
“quello è un trotzkista”.( ) La mediazione non
è riuscita. Nel vortice delle dichiarazioni e
delle aporie che caratterizzano la lunga vigilia
dei due “No Bush Day”, il suo avvilimento
è la cifra della fine delle mediazioni.
Non ne ha avuto la forza neanche Haidi
Giuliani, la senatrice di Rifondazione madre
del “martire” di Genova. E già si era capito
quando martedì, Piero Bernocchi (Cobas),
polemizzava con Folco Giannini, uno
dei sodali di Franco Turigliatto (ex Prc), dicendogli:
“In qualsiasi paese dove va Bush
il movimento ‘no war’ manifesta contro il
guerrafondaio numero uno, ma anche contro
i governi alleati”. La verità è che i movimenti
gongolano perché si sono goduti l’umiliazione
di Giovanni Russo Spena, il presidente
dei senatori di Rifondazione, che li
ha pregati di unirsi alla marcia dei partiti:
“Rifiutiamo insieme la logica identica della
guerra americana e del terrorismo islamico”.
Lo hanno liquidato in scioltezza, con
due pernacchie secche e assassine. Marco
Ferrando, l’ex professore trotzkista di Finale
Ligure, gli ha detto chiaro e tondo che
“siamo incompatibili” e che la posizione di
Rifondazione, “che vorrebbe contestare l’America
ma non il governo italiano è insostenibile,
contraddittoria e ridicola”. D’altro
canto le contraddizioni e i funambolismi intorno
al nobushismo non mancano da nessuna
delle due parti. Sembra piuttosto vigere
la regola scientifica del “casino totale”,
della confusione, dell’aporia come regola di
vita. E un becero conservatore, che pur sa
che tout se tien nel calderone antiamerikano,
si trova completamente spaesato. Perché
i Cobas scacciano i “comunisti per la resistenza”
dal coordinamento del “No Bush
Day” sulla base della differenza – incomprensibile
ai profani – “tra una cultura di
autonomia operaia e quella stalinista”; il
Partito comunista dei lavoratori ingaggia
una polemica col compagno prete don Vitaliano
Della Sala, che parla di una “pacifica
invasione” della zona rossa, mentre intanto
il prefetto di Roma non fa che ripetere:
“Non c’è proprio nessuna zona rossa”; Casarini
parla di “innalzamento della tensione”
e incappa nella celia del suo amico Ferrando:
“Mitologia dei Disobbedienti”. E mentre
il senatore verde Mauro Bulgarelli – che come
Padre Pio deve avere il dono dell’ubiquità
– annuncia l’adesione “a entrambe le
manifestazioni”, Giovanni Russo Spena, che
ha votato a favore della politica estera, riesce
a dire che “il nemico è Bush”, ma anche
“l’aumento delle spese militari” di Prodi.
Se questo non bastasse, ad aumentare la
confusione c’è la chiosa puntuale del verde
Paolo Cento – sembra lo spensierato amico
del bar, ma di professione fa il sottosegretario
– che ieri ha scoperto di essere lui stesso
l’origine di tutti i guai: “La causa dei nostri
dissidi è il governo”. Per fortuna resta il
massimalismo, un lanternino che aiuta nella
lettura dei fatti. E i fatti sono che, messa
la parola fine alle trattative, i movimenti
dell’estrema sinistra passano alla fase organizzativa.
Ieri, infatti, una riunione al vertice
tra i rappresentanti di tutti i movimenti
pacifisti ha stabilito alcuni aspetti essenziali.
E’ stato confermato il percorso, da piazza
Esedra a piazza Navona, e si è arrivati a un
fragile accordo sulla necessità di “non dare
alla polizia l’occasione per una aggressione
premeditata come a Genova”. E’ stato deciso
il noleggio di alcuni pullman, lo faranno
gli umanisti, e l’okkupazione proletaria di
molti treni, compito che spetta di diritto ai
Disobbedienti. E così, mentre in Germania
la polizia addestra i cani all’“indizio olfattivo”
per riconoscere i no global, loro pensano
a un servizio d’ordine per la manifestazione
“di massa e popolare” contro l’America.
Ma non un servizio d’ordine del genere
classico, “non lo faremmo mai per controllare
i nostri, semmai per proteggerci dalla
furia fascista dei celerini bushisti”.( ) (sm)