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    Predefinito Quel Fabbro Ferraio Che Insegnò Il Marxismo Al Figlio Benito

    QUEL FABBRO FERRAIO CHE INSEGNÒ
    IL MARXISMO AL FIGLIO BENITO

    <SPAN style="FONT-SIZE: 12pt; FONT-FAMILY: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: 'Times New Roman'; mso-ansi-language: IT; mso-fareast-language: IT; mso-bidi-language: AR-SA">
    "Tra le varie figure minori del socialismo romagnolo quella di Alessandro Mussolini è tra le più interessanti."<SPAN style="FONT-SIZE: 10pt; COLOR: black; FONT-FAMILY: Arial"><FONT color=#000000>, così, Renzo De Felice, nel primo capitolo della sua monumentale biografia su Benito Mussolini, descrive il "padre del Duce", il fabbro ferraio con la passione per la politica. Molti biografi, in primis il Megaro, hanno ricordato l'influenza esercitata da Alessandro Mussolini sul figlio Benito e come, proprio i libri e le riviste custodite in casa da Alessandro, siano state il primo materiale formativo di cui il giovanissimo Benito Mussolini fruì per iniziare la sua crescita culturale da autodidatta del marxismo e delle diverse ideologie anarco-socialiste "sfumature" del pensiero di Marx e dei suoi discepoli più fedeli.
    La tendenza della storiografia accademica coeva e degli storici in genere a sottovalutare o, meglio, ignorare l'influenza esercitata da Alessandro Mussolini sul socialismo romagnolo degli albori (dal 1876 sino alla fine del secolo XIX), forse va ricondotta al fatto che l'attività politica del fabbro di Dovia rimase circoscritta all'ambiente regionale senza nessuna pretesa di crescita politica o di scalata verso i quadri nazionali del Partito Socialista Italiano.
    Però, se ci si sofferma con più attenzione e con maggior spirito critico sulla figura storica di Alessandro Mussolini, emergono dati interessantissimi sull'attività socialista in Romagna, e su come la lotta politica in quella regione rappresentasse l'anticamera per il raggiungimento di traguardi ben più importanti.

    Alessandro svolgeva la sua attività politica dopo il lavoro, radunandosi con i suoi compagni e parlando per ore di socialismo, internazionalismo, rivoluzione.Nonostante la pessima situazione economica e la difficoltà quotidiana nell'andare avanti e mantenere la sua famiglia ("relegata" in una piccola casa di Dovia con solo due stanze, di cui una adibita a cucina, nella quale Benito e il fratello Arnaldo vissero a lungo), il suo attaccamento agli ideali socialisti di stampo internazionalista non scemarono mai, portandolo ben presto a stringer nuovi e importanti rapporti con figure storiche del socialismo romagnolo come Andrea Costa e Amilcare Cipriani (quando il 29 luglio 1883 nacque Benito il suo primogenito, proprio in nome della stima e della amicizia che lo legava ai due amici, aggiunse al nome Benito, in onore dello storico rivoluzionario messicano Benito Juarez, anche quelli di Andrea e Amilcare).
    Non si può comprendere appieno la figura del fabbro di Dovia se prima non si ricostruisce brevemente il quadro politico nel quale operava e che, a partire dal gennaio 1871 sino al dicembre 1873, segnò in maniera indelebile l'attività politica dei socialisti romagnoli, spingendoli verso le posizioni anarchiche di Bakunin. Il socialismo italiano, nei primissimi anni dell'Ottocento, non poté che riconoscere il declino inevitabile delle componenti "socialisteggianti" del risorgimento e, lo stesso Garibaldi, nonostante il suo appoggio alla causa socialista, non riuscì a riconoscersi in una Internazionale di cui non seguiva e non condivideva appieno l'ideologia politica.

    Morto anche Giuseppe Mazzini e con lui gli ultimi anatemi contro il socialismo, anche in Italia si aprirono le porte per il confronto-scontro tra le fazioni fedeli a Marx e quelle pro-Bakunin. Quest'ultimo, trovò validi appoggi proprio in Romagna, a testimonianza dell'atavica facilità di questa terra verso le istanze insurrezionali. Il congresso delle sezioni romagnole che si tenne a Bologna dal 17 al 19 marzo 1872, sancì il definitivo distacco dal marxismo ortodosso dei socialisti italiani e la nuova, convinta adesione alle "proposte" di Bakunin, ritenute meno rigide e meno dottrinarie rispetto alle idee di Bakunin, il quale auspicava l'abolizione della rigida organizzazione marxista e puntava decisamente alla potenza distruttrice della rivoluzione e all'ottenere la distruzione dell'apparato statale per sostituirlo con delle federazioni totalmente autonome di comuni e associazione composte esclusivamente da operai. Tutto questo fermento sfociò nella conferenza di Rimini che, il 4 agosto 1872, sancì la nascita ex novo della Federazione italiana dell'Associazione internazionale degli operai.
    Cosa accadde dopo la conferenza di Rimini? Immediatamente dopo le organizzazioni socialiste, in via embrionale, costituirono un vero partito, combattivo e fermo nelle nuove posizioni ideologiche nate dalla sconfitta del marxismo ammessa dagli stessi Marx ed Engels subito dopo il congresso dell'Aja del settembre 1872 che sancì definitivamente la secessione fra le due correnti principali del pensiero socialista.

    Quindi, tra il 1871 e il 1873, si assistette alla nascita di una dell'Internazionale anarchica che, proprio in Romagna, con uomini come Andrea Costa e, per l'appunto, lo stesso Alessandro Mussolini interpretò il socialismo in maniera diversa, aggressiva, meno vincolata a schemi partitici e ideologici ma "più viva" e autonoma. Però, come vedremo più avanti, non evitò in Andrea Costa nuove prese di posizione che, negli anni e sotto l'influenza della sua amante e confidente socialista Anna Kuliscioff (1857-1925), lo portarono ad un allontanamento ideologico dall'amico Alessandro e, soprattutto, a ripudiare la violenza come "mezzo per far politica".
    Tornando ad Alessandro Mussolini, la calda estate del 1874, quella dei moti in Romagna, sancì il suo esordio ufficiale nel panorama politico locale e, due anni più tardi, nel 1876, partecipò attivamente al congresso di Bologna dove si radunarono tutte le sezioni e le federazioni socialiste dell'Emilia-Romagna. Alessandro partecipò all'assise politica in rappresentanza dei compagni di Meldola e Predappio e, proprio in questa importante occasione, ribadì le sue convinzioni politiche che, in sostanza, erano le stesse (almeno in questa fase storica) di Andrea Costa e Amilcare Cipriani.
    La sua frenetica attività politica (vista con preoccupazione dalla moglie Rosa Maltoni, maestra elementare e, spesso, diga verso le estemporanee e accese prese di posizione del marito) lo portò, in breve tempo, all'attenzione delle forze di polizia che iniziarono a "tenerlo d'occhio" arrivando ad «ammonirlo», vigilandolo così in ogni suo spostamento o incontro giudicati sospetti per la comunità e la pubblica sicurezza.

    L'attivismo che in questa fase contraddistinse Alessandro Mussolini toccò l'acme nel 1882 quando, grazie al suo impegno elettorale, l'amico Andrea Costa venne eletto alla Camera dei deputati. Il lavoro svolto da Alessandro fu determinante; riuscì a convogliare su Costa un migliaio di voti che, alla fine, si rivelarono decisivi per la sua storica elezione. Alessandro Mussolini, nel preparare il terreno politico per Andrea Costa permettendogli così la scalata verso il seggio parlamentare, non mutò la sua adesione alle istanze più autentiche e rivoluzionarie che avevano permesso e successivamente contraddistinto la nascita della federazione anarchica romagnola.
    Ormai, sin dal 1879, l'anno della storica lettera di Andrea Costa (titolata "Ai miei amici di Romagna" dove il leader romagnolo, in maniera autocritica e decisa, riconobbe la necessità per il socialismo italiano di ricorrere agli strumenti istituzionali per arrivare ad ottenere il fine ultimo della lotta comune: l'abbattimento dello Stato capitalista) Mussolini, nonostante continuasse ad appoggiare localmente l'amico e compagno, aveva compreso che, almeno a livello ideologico, le loro strade stavano divergendo inesorabilmente. Partecipò a quella che gli storici definirono "la svolta" di Andrea Costa ma, ribadì all'amico di tante battaglie politiche, i suoi ideali e soprattutto le sue convinzioni nella validità dei metodi di lotta "anarchici".

    A tal proposito è emblematico il congresso operaio romagnolo del 1884 dove, Mussolini, fu il portavoce ufficiale della corrente anarchica che si opponeva al riformismo della "svolta". Andrea Costa, solo dopo un lungo braccio di ferro con l'amico rivoluzionario, riuscì a fargli fare macchina indietro e a farlo desistere dall'andare avanti nella sua opposizione interna.
    Dopo quest'episodio, l'attività del fabbro di Dovia proseguì fra alti e bassi, sino al 1889 quando riuscì a strappare il comune agli odiati clericali grazie all'accordo con la sinistra liberale. Grazie a 107 voti su 115 convalidati la vittoria fu schiacciante e permise allo stesso Mussolini di diventare consigliere e poi assessore.
    Questo fu certamente il periodo più importante della sua attività politica e, almeno sino al 1902, il suo impegno non venne mai meno, nonostante i problemi economici non fossero scemati. Alessandro Mussolini, quindi, pur restando, nell'alveo del socialismo regionale partecipò attivamente ad importanti fase storiche del movimento e contribuì con il suo lavoro sia all'elezione del Costa sia, seppur in maniera ancora embrionale, alla formazione ideologica di Benito, suo figlio e futuro capo del Fascismo. Il socialismo di Alessandro fu un misto tra ideale, protesta sociale e "norma di vita" che, nella sua concezione, potevano trionfare e realizzarsi solo attraverso "l'azione violenta" del proletariato, autentico e unico protagonista positivo dell'evoluzione storica.

    Nonostante avesse accettato alleanze con una parte dei liberali di Predappio, il suo fine ultimo restò sempre il raggiungimento dell'anarchia attraverso l'utilizzo del socialismo. Concezioni queste che, in sostanza, riuscì a trasmettere anche al figlio Benito, portandolo, in particolare, ad un odio quasi viscerale per i clericali. L'avversione per il clero di Alessandro e, successivamente, anche di Benito Mussolini, non fu mai mitigata neanche dalla cattolicissima Rosa Maltoni, la quale, in compenso, riuscì a passare la sua fede al secondogenito Arnaldo. Questi, durante gli "anni del consenso" e, in particolar modo, durante le trattative con la Santa Sede per risolvere la spinosa "questione romana", svolse un ruolo fondamentale per avvicinare sempre di più il fratello maggiore e capo del Fascismo verso la Chiesa Cattolica. Molti scritti di Benito Mussolini, anche durante il Ventennio, confermarono l'importanza del fabbro internazionalista di Dovia sulla formazione ideologica del suo primogenito.

  2. #2
    Cane sciolto
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    Mussolini prese molto dal padre, soprattutto a livello caratteriale. A livello politico per fortuna seppe evolversi...

 

 

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