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  1. #1
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    Predefinito le critiche a dumezil

    le critiche portate da storici più o meno marxisti e più o meno politically correct per quanto riguarda sue eventuali simpatie naziste (che non ci sono mai state) non hanno proprio nessuna importanza. sono valide solo critiche che solo i linguisti di indoeuropeo possono portare, con argomenti ben precisi. allo stato delle ricostruzione per i nomi di divinità appartenenti alla protolingua, non c'è niente di solido che confermi le teorie di dumezil sul tripartitismo. la ricostruzione vale bene solo per per gli ariani (indiani e iranici), qualche cenno per i romani (flamini vs. brahmini), niente del tutto per celti, germani, balti e slavi. in ogni caso le sue teorie sono affascinanti ma aspettano ancora una dimostrazione. gli strati più antichi di indoeuropeo sembrano escludere tale teoria tripartita.

  2. #2
    Deimanax Ayugumsik Khagan
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    niente del tutto per celti, germani, balti e slavi
    Dumézil ha scritto in modo adeguato anche su questi popoli: basta leggerlo.
    Ha detto solo che i Greci erano "amanti ingrati", volendo dire sotto metafora che essi sfuggivano al suo schema tripartito: ma come Iolao venne in aiuto ad Ercole, così Bernard Sergent ha fatto con Dumézil: si veda il suo Les trois functions indo-européennes en Grèce ancienne. Molto istruttivo.

    Martinet

  3. #3
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    infatti questo è quello che dice lui.

  4. #4
    Mjollnir
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    Predefinito La Weltanschauung indoeuropea: un sistema specifico, non una struttura universale !

    IL TRIFUNZIONALISMO, UN SISTEMA SPECIFICO

    Tratto da: J.C. Riviere, Georges Dumezil e gli studi indoeuropei. Settimo Sigillo, Roma,


    La domanda che si può porre e che non ci si è astenuti dal porre a Georges Dumezil consiste nel chiedersi se la tripartizione funzionale non sia, in ultima analisi, l’elemento di ogni gruppo umano, di ogni società, anche arcaica e primitiva, e se non la si «scopra» tanto più facilmente per il fatto che si tratta di un fenomeno universale.
    A prima vista, infatti, ogni insieme di uomini prova la triplice necessità di essere comandato, di difendersi e di nutrirsi, così come ogni uomo deve individualmente soddisfare le triplici esigenze del suo «cuore», del suo «ventre» e del suo «spirito». Non è forse questa la natura delle cose ? «Una riflessione, anche elementare, sulla condizione umana e sugli impulsi della vita collettiva non deve forse pervenire, in ogni tempo ed in ogni luogo, a mettere in evidenza tre necessità: una religione che garantisca un'amministrazione, un diritto ed una morale stabili; una forza di protezione e di conquista; infine dei mezzi di produzione, di alimentazione ed in genere di godimento? E, quando l'uomo riflette sui pericoli che corre, sulle strade che si aprono alla sua azione, non viene forse ancora ricondotto ad una qualche varietà di questo schema?» (ITIE, p. 23).
    Dumezil ha risposto in parecchie occasioni a questa obiezione (Nouvelle Ecole», n. 10, p. 43; cfr.anche DIE, pp. 35-36; ITIE pg. 16-17 e 22-23; ME I, pg. 632).

    La sua risposta è di una chiarezza estrema:

    ”nel mondo antico, ne gli Egizi prima dei contatti che hanno avuto nel secondo millennio con i Popoli del mare o gli Asiatici, Urriti, ecc., vale a dire con dei popoli guidati essi pure da delle aristocrazie indoeuropee o segnati dall'influenza degli Indoeuropei; nei Mesopotamici prima della dominazione dei Cassiti, altro popolo a componente indoeuropea; ne in genere i Semiti, i Siberiani, i Cinesi, ne alcun popolo che non sia indoeuropeo o che non sia stato esposto ad un azione indoeuropea storicamente dimostrata e databile, ha posto una tale struttura come tutrice, come spina dorsale nella sua ideologia o nella sua vita sociale” (DIE, p. 35).

    Sviluppando il suo pensiero in un passo un pò lungo, ma che riteniamo essenziale, egli aggiunge:

    «si è cercato invano, nella pratica o nelle tradizioni delle società ugrofìnniche o siberiane, tra i Cinesi o gli Ebrei della Bibbia, in Fenicia o nella Mesopotamia sumeriana o semitica, ed in genere nelle vaste zone continentali attigue agli IndoEuropei o da loro penetrate, una replica indipendente ai concordanti schemi della tripartizione sociale: ciò che si osserva sono sia delle indifferenziate organizzazioni di nomadi, in cui ciascuno è tanto combattente quanto pastore; sia delle organizzazioni teocratiche di sedentari,in cui un re-sacerdote, un imperatore divino, trova il proprio contrappeso in una massa, frazionata all'infinito, ma omogenea nella sua umiltà; sia ancora delle società in cui lo stregone non è che uno specialista tra molti altri, cui non spetta precedenza alcuna, malgrado il timore ispirato dalla sua specialità: niente di tutto questo ricorda, da vicino o da lontano, la struttura delle tre classi funzionali gerarchizzate. Non vi sono eccezioni. Quando un popolo non indoeuropeo del mondo antico, in particolare del Vicino Oriente, sembra conformarsi a questa struttura, è per il fatto che l'ha acquisita sotto l'influenza di un nuovo venuto, di una di quelle pericolose bande indoeuropee che, nel secondo millennio (Luviti, Ittiti, Arya), si sono arditamente espanse in parecchie direzioni. E' il caso, ad esempio, dell'Egitto "ripartito in caste", in cui i Greci del V secolo credettero di ritrovare il prototipo, l'origine delle più antiche classi funzionali ateniesi. In realtà, questa struttura non si è formata sul Nilo che a contatto con gli IndoEuropei, i quali, arrivando in Asia minore ed in Siria a metà del secondo millennio avanti Cristo. rivelarono agli Egìzi anche l'uso del cavallo. E' soltanto a questa data che, per sopravvivere, il vecchio impero dei faraoni si riorganizza ed in particolare si dà ciò che non ha mai avuto, un esercito permanente, una classe militare; il più antico testo "multifunzionale" del tipo di quelli che Erodoto, il Timeo, Diodoro conosceranno, è l'iscrizione in cui Thaneni si vanta di aver fatto un ampio censimento per conto del suo signore, il faraone Thutmosi IV (...). Ora, Thutmosi IV (1415-1405) è proprio il primo faraone che abbia sposato una principessa aria di Mitanni, la figlia di un re dal nome caratteristico, Artatama.
    «Sembra che sia stata proprio la differenziazione di una classe di guerrieri, con il suo particolare statuto "morale", unita da una specie di morbida alleanza ad una classe ugualmente differenziata di sacerdoti, ad aver rappresentato l'elemento di originalità, di novità degli Indoeuropei, con l'aiuto del cavallo e del cocchio da guerra, la causa ed il mezzo della loro espansione: le iscrizioni geroglifiche e cuneiformi ci hanno tramandato il ricordo del terrore che causavano nelle vecchie civiltà questi specialisti della guerra, tanto arditi ed
    implacabili quanto, tremila anni più tardi nel Nuovo Mondo, i conquistadores poterono sembrarlo ai capi ed ai popoli degli imperi che annientarono. Le iscrizioni li definiscono con un nome, Marianni, che in effetti era utilizzato dagli Indoariani: i Marya, in cui Stig
    Wikander è riuscito a riconoscere, nel 1938, i membri di Mannerbünde dello stesso genere di quelli che Otto Höfler aveva appena finito di studiare tra i Germani» (ITIE, pp. 16-17).
    Abbiamo visto che il conservatorismo «ideologico» delle leggende narte degli Osseti era assolutamente impressionante, soprattutto se si considera che, secondo Erodoto, la società trifunzionale era già scomparsa presso gli antichi Sciti. Ora, si nota che queste stesse leggende sono state prese a prestito ed anche trasmesse da popoli non indoeuropei vicini agli Osseti come i Circassi, i Tartari, gli Abkhazi, gli Ingusceti, ecc… ma che costoro, lungi dal conservarle, così come hanno fatto gli Osseti, hanno fatto subire loro delle alterazioni radicali e significative. Tra i Circassi, tanto orientali che occidentali, (ME I, pp. 471-478), la struttura delle tre famiglie è completamente scomparsa: i Boratae non sono più dei «ricchi», i Narti sono tutti degli eroi combattenti. Tra i Tartari di Pjatigorsk (ibid., pp. 477-478), la famiglia dei Boratae è addirittura eliminata.
    Presso gli Abkhaze (jibid., p. 478), i Narti, che sono in numero di cento (tutti guerrieri), hanno la stessa madre, denominata Satanay. Stessa evoluzione tra i Ceceni e gli Ingusceti {ibid., pp. 478-484); alla tripartizione funzionale si è sostituita una bipartizione moralizzante, in cui una classe che rappresenta la ricchezza e la virtù si contrappone ad un'altra, formata da briganti senza scrupoli. Infine, tra i Cumucchi ed i popoli del Daghestan settentrionale {ibid., p.484), i Narti, più o meno assimilati a dei giganti malefici, formano un gruppo uniforme, senza alcuna divisione.
    È ciò che permise a Dumézil di scrivere in seguito: «un capitolo della terza parte di Mythe et epopèe I (pp. 457-484) è stato dedicato ad una di queste indagini, concernente il quadro più generale dei personaggi dell'epopea, la divisione in tre famiglie: netta e costante nelle narrazioni degli Osseti, essa è sfumata presso tutti i popoli di origine non indoeuropea che l'hanno presa a prestito e cede il posto sia ad un'unica famiglia (Abkhaze), sia ad una molteplicità indefinita di famiglie (Circassi), sia ad una riorganizzazione dualista (Circassi, Ingusceti)» (RSA, p. 146).
    La conclusione da trarre da queste constatazioni è chiara: dal momento in cui una tematica «ideologica» (culturale, mitica, religiosa, ecc.) passa da un insieme etno-culturale ad un altro, si trasforma sensibilmente. Mentre un popolo di origine indoeuroepa, gli Osseti, è riuscito a conservare per secoli (e addirittura per millenni) una narrazione corrispondente al tema delle tre funzioni, questa stessa narrazione, presa a prestito da dei popoli vicini, ma non indoeuropei, si è a poco a poco trasformata, al punto che l'elemento caratteristico e fondamentale ha finito per esseme del tutto eliminato.

    «Alcuni anni fa», scrive Dumézil, «un critico inglese in vena di scherzare aveva voluto dimostrare che nella Bibbia si possono trovare tante scene trifunzionali quante si voglia: questa caricatura non ha deposto a suo favore» (ME I, p. 632). Questo critico era J. Brough, celebre indianista, professore all'università di Londra. Il suo articolo s'intitolava The Tripartite Ideology of the Indo-Europeans. An Experiment Method. Georges Dumézil, nella sua risposta L'ideologie tripartie des IndoEuropéens et la Bibbie, in «Kratylos», vol. IV, 1959, pp. 97-118), non ha avuto alcuna difficoltà a mettere in evidenza i suoi errori ed a privarlo delle sue illusioni.
    E' così che Jahvé, nelle sue qualificazioni tradizionali, non viene mai caratterizzato in un modo che evochi la trifunzionalità (art.cit., pp. 99-100). D'altra parte, contrariamente a quanto J. Brough aveva affermato, le dodici tribù d'Israele non hanno alcun rapporto con le caste indiane, le classi dei Celti o le famiglie nartiche.
    «Quando Giacobbe, nel capitolo 49 del Genesi, parla dei suoi figli, eponimi delle dodici tribù d'Israele, le sue preoccupazioni sono (molto) diverse». I primi tre di questi figli sono maledetti per delle ragioni diverse. «Gli altri nove sono definiti alcuni dal destino storico della loro tribù, altri dai caratteri economici e geografici del loro futuro habitat, altri tramite quella che sarà in seguito la loro reputazione, altri ancora facendo riferimento all'etimologia del loro nome» (ibid., pp. 100-102).
    Di conseguenza, non appariva mai la benché minima distinzione funzionale.
    J. Brough aveva anche voluto accostare il libro dei Giudici, con i quattordici nomi che vi compaiono, alle gesta dei Pàndava (nel Mahàbhàrata). In particolare, aveva messo in relazione gli ultimi Giudici, Elia-Samuele, gli ultimi re, Saul-David, con le coppie Mitra-Varuna ed Indra-Vàyu. Dumézil ha dimostrato che nessun paragone strutturale poteva essere fatto in un modo valido in questo senso (ibid., pp. 102-104). Quanto a Salomone, nel quale Brough vedeva «una buona replica dei personaggi indo-europei che riuniscono in sé le tre funzioni», il suo regno si contraddistingue invece per la mancanza di vittorie e di qualsiasi tipo di gloria militare. «I doni che Dio concede a Salomone formano semplicemente la lista dei beni e dei vantaggi principali di cui un re
    grande e pacifico può godere» (ibid., pp. 105-108) (1).
    Infine, J. Brough aveva creduto di raccogliere un rilevante numero di «formule trifunzionali». Sfortunatamente, le suddette formule derivano sempre sia da accostamenti arbitrari tra testi estremamente lontani gli uni dagli altri, sia da veri e propri controsensi e da forzature del testo biblico. Brough citava così delle triadi basantisi su un'opposizione tra Jahvé e gli uomini. Ora, nell'universo indoeuropeo, le triadi devono essere (ed effettivamente sono) omogenee: tre dei, tre esseri umani, tre azioni, tre oggetti, tre «peccati», ecc…
    Parimenti, a proposito dei flagelli evocati nella Bibbia, J. Brough,
    per consolidare le sue ipotesi, non aveva esitato a prenderne in considerazione l'origine, laddove solo la natura ha una sua specifica importanza: affermava, ad esempio, che la peste è un flagello «della prima funzione» poiché viene mandata da Jahvé, mentre un'epidemia che colpisca i corpi è, tra gli Indoeuropei, sempre della terza funzione (art. cit., pp. 111-116).
    Quest'importante estrapolazione ci induce a ricordare le regole rigorose (ed ispirate al buon senso) che Georges Dumezil molto giustamente ha enunciato:
    1. perché si abbia il diritto di riconoscere un'intenzione di classificazione trifunzionale, occorre che i tre termini siano omogenei, nella sintassi e più ancora nel pensiero (tre doni o qualità di un Dio, tre preghiere degli uomini, ecc.);
    2. bisogna scartare qualsiasi esegesi che, per una o, a maggior ragione, per due
      funzioni, si fondi su un'interpretazione sollecitata da termini equivoci od imprecisi» (Les trois fonctions dans le Rig-Véda et les dieux indiens de Mitani, in «Bulletin de l'Académie royale de Belgique»,vol. XLVII.pp. 280-281.


    NOTE

    1. In Mito ed epopea I, pp. 591-595, si trova un'esauriente analisi del sogno di Salomone. Segnalando l'accostamento fatto da Geo Widengren tra la scelta di Salomone ed il giudizio di Paride, Dumézil precisa che «le influenze indoeuropee, pressoché inesistenti nella vita del popolo e nella religione d'Israele, dovevano essere più forti nell'ideologia reale, così come lo sono state nella letteratura epica del Vicino Oriente» (ibid., p. 595)

  5. #5
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    In proposito mi sembrano interessanti quest'articolo di Stefano Vaj: Alle radici dell'Europa http://www.uomo-libero.com/index.php...3Fid%3D46&hash=

    e questo di Giorgio Locchi: Radici indoeuropee e "terzo uomo" http://www.uomo-libero.com/index.php...Fid%3D379&hash=

  6. #6
    Mjollnir
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    Citazione Originariamente Scritto da Apostata_tv83 Visualizza Messaggio
    Per carità, lungi da me la contrapposizione (ma ben presente la distinzione), perché mai un'opinione diversa è cancro?
    Non ho parlato di una mera opinione, ma della

    "deleteria contrapposizione Latini-Germani, Roma-barbari"

    che è un vero e proprio leit-motiv proprio di certi ambienti culturali e politici, e che in sostanza nasconde un assunto etnocentrico.

    quelle celtiche e germaniche che, oltretutto, non si rifanno alla struttura mitologica indoeuropea.
    Falsissimo, Dumezil ha scritto abbondantemente su queste popolazioni. Fra l'altro soleva ripetere anche che Latini e Germani erano una vera e propria miniera dal punto di vista comparatistico, soprattutto rispetto ai Greci. Però, come ammonisce spesso Martinet, bisogna almeno studiarlo, non parlare per sentito dire.
    La triade germanica è poi la più chiara dal punto di vista trifunzionale, ed è attestata dall'età augustea fino ad Adamo di Brema.


    Ne hanno la parvenza perché filtrate dall'interpretatio romana
    Penso che tu non abbia ancora letto le discussioni più importanti del forum.
    Avevamo già evidenziato anche che semmai è la interpretatio romana a costituire una devianza rispetto alla tripartizione indoeuropea.
    Ad es. Tyr c'entra ben poco con Marte, Thor con Giove etc.. le discussioni su questi argomenti abbondano in questo forum, ma se quantomeno non li si legge, si tratta di parole al vento.


    Infatti, nelle tradizioni celtiche e germaniche non risulta ricostruibile la tripartizione europea
    Falsissimo.


    delle divinità che sono, più probabilmente, eroi divinizzati.
    Le divinità sono eroi divinizzati ??? Penso di non aver capito bene...


    ma la teoria ottocentesca si rivela così molto instabile ed incompleta.
    Si parla dell' Airyanem Vaejo, la dimora degli Arya, nell'Avesta, che certamente non è una teoria ottocentesca...



    Sicuramente, tutti gli uomini hanno un'origine comune, per certo a livello spirituale (dato che in tutta l'umanità si ripropongono determinati modelli)
    Anche questo è privo di fondamento...


    Tutto dipende dalla percezione dell'autore (che ha i suoi scopi personali nello scrivere) inserito in un contesto storico/geografico/sociale/politico ben preciso.
    Questo può valere in generale per tutti, anche per il mondo classico, allora.
    Potremmo demitizzare per es. l'Eneide, l'origine troiana di Roma e il conferimento dell'imperium.
    Il problema è che se cominciamo a demitizzare, non possiamo fermarci ai testi che non ci piacciono, ma dobbiamo farlo con tutti. Perchè la demitizzazione è indifferente ai contenuti, è un atteggiamento di fronte al Mito in sé.


    I miti sono veri, i racconti sono sinceri, ma non rappresentano necessariamente una realtà fisica e geografica, etnica e cromosomica.
    In una situazione "primordiale" sì, perchè c'è la corrispondenza tra i piani dell'essere. Così sopra così sotto. É con la caduta nel divenire storico che questa corrispondenza viene meno.
    Il Polo fisico, originariamente, coincide per definizione con quello metafisico.
    É nel dipanarsi della storia, che il Polo o Centro riflette sé stesso in Centri secondari come sue immagini. Tali sono gli omphaloi, i centri sacri delle varie civiltà storiche.
    Gli Iperborei che "non cacciano", non indica un elemento letterario, quanto una condizione di completa pienezza della vita spirituale e l'assenza di preoccupazioni materiali.
    Penso che tu abbia totalmente frainteso l'approccio al mito Polare e soprattutto che tu non abbia fatto tesoro dell'indicazione metodologica di Del Ponte:

    "Il lettore dovrà dunque considerare questa non alla stregua di una opera letteraria qualsiasi, ma di giuda utile e preziosa, una introduzione o "iniziazione" ad un mondo di arcani da riscoprire sub specie aeternitatis"


    Rappresentano la cultura, i miti fondanti, i riti di passaggio, il confronto con il diverso, le speranze ed i desideri della civiltà che ce li ha lasciati in eredità. Almeno è così se studi lettere antiche... le interpretazioni variano secondo il percorso personale.
    La Sapienza veicolata dal Mito e dal Simbolo nulla c'entra con speranze e desideri, individuali e collettivi che siano, ma esprime allusivamente il Vero, nella misura in cui è possibile farlo.
    Affermare questo è già porsi sul terreno del razionalismo, della demitizzazione, della secolarizzazione, della "analisi filologica" dei testi etc...

    Cioé proprio l'atteggiamento opposto a quello che indicavo io parlando di pietas.

  7. #7
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    Citazione Originariamente Scritto da Apostata_tv83 Visualizza Messaggio
    1. Che la contrapposizione sia deleteria è, appunto, un'opinione. Che la contrapposizione non finisca in un conflitto è auspicabile.

    2. Germani e romani non mi paiono molto vicini a livello comparatistico: proprio per la sua superficialità l'associazione Wodan/Mercurio è priva di fondamento ad esempio. Wodan è sì divinità psicopompa e sapienziale (anche se l'associazione Hermes/Mercurio alla sapienza nasce probabilmente in epoca ellenistica), ma a differenza di Mercurio è a capo del pantheon), ma anche guerriera, come Mercurio non è. Wodan è inoltre divinità del furore guerriero, della possessione, dei vaticinii, ruolo poco adatto a Mercurio. Tyr è la divinità che presiede ai giuramenti ed all'assemblea degli uomini, cosa che lo lega più a giove che al collerico Marte, che condivide molti più caratteri tipici di Thor che viene però interpretato come Giove a causa della sua relazione con il tuono. Insomma, i piani interpretativi si sfasano e portano a non far coincidere le divinità mediterranee e quelle nordiche tra loro. E poi, il povero Dumezil doveva essere almeno un po' gentile con il regime che dominava l'Europa all'epoca.

    3. Il fatto che non aderisca all'opinione non vuol dire che non abbia letto. In questo mese sto studiando religioni del mondo classico, sono sotto esame e la tripartizione indoeuropea è materia d'esame... chi conosce la religione sa bene che è comunque un modello approssimativo che passa attraverso secoli di trasformazioni, reinterpretazioni ed adattamenti. E' certo che il sistema mediterraneo ha poco a che fare con quello celtico e germanico. L'unica vera coincidenza sta nei nomi dei giorni della settimana (ammetto di non sapere se siano stati introdotti prima o dopo la conquista romana, ma basandosi sulle fasi lunari e sulla corrispondenza con i sette astri mobili visibili ad occhio nudo è facile creare un collegamento).

    4. Il sistema germanico è parecchio diverso da quello romano. Non ci sono tre divinità veramente preminenti (a parte Wodan)... chi vuoi mettere per la guerra? Thor? Tyr? Per l'area produttiva? Freyr? Per la sacralità sicuramente Wodan, ma anche Tyr è garante dei giuramenti sacri... problemaccio... non che la tripartizione sia facilmente applicabile ad altri modelli. L'unica seria soluzione che vedo anche nell'ambito greco è: Zeus/Cielo, Poseidone/Mare, Ade/Sottosuolo e Era/Nascita, Estia/Comunità, Demetra/raccolto.

    5. Hanno supposto che divinità celtiche e germaniche non siano stati veramente divinità ma eroi culturali reinterpretati dai romani come divnità in relazione alle loro aree di influenza.

    6.
    Airyanmen Vaeja, Airyena-Vaegah, Airyana-Vaeja (Avestan) Airyam-Veg (Pahlavi) "The Aryans (the noble ones) are said in the Avesta to have had their original home in the far land of Airyana Vaeja (the cradle land of the Aryans), the first among the lands created by Mazda. It was at the center of the earth and in its very center stood the mountain Harabareza. This corresponds with the Hindu descriptions of the Land of the Gods with Mount Meru at its center" (Taraporewala, The Religion of Zarathushtra). The Aryans divided the universe into seven regions or keshvars: 1) Arzah or Arzahe; 2) Shabah, Sava-Cavahe; 3) Fradadafsh, Fradadhfsha; 4) Vidadafsh, Vidadahfshu; 5) Vorubarst, Vourubaresti; 6) Vorugarst, Vourujaresti, Vouruzaresti; and 7) Khvanuras, Ganiratha, Hvaniratha. The seventh land is situated in the middle of the other six. According to the introduction of Abu-Mansouri's Shah-Nameh (the older Shah-Nameh), the seventh land, which the kings named Iran-Shahr (Airya-Vaeja) is also in the middle of the other six.

    Ricordiamo che questa terra viene descritta per la prima volta in epoca sassanide (dal 205 d.C.) che però mi risulta indicante l'altopiano indo-iranico o, al massimo, l'area caucasica.

    7. Beh, in questo caso mi limito all'opinione. Certo, ci sono persone un po' più povere di spirito e lascio volentieri a loro il Regno dei Cieli.

    8. L'evemerizzazione dei miti può essere utile nella ricerca storica, per discernere le cose legate al "quaggiù". Da qui a svuotare il mito del suo valore religioso/cultuale ecc. lungi da me! Proprio perché il mito contiene l'anima di un popolo, non il suo d.n.a.

    9. E quando avviene la storicizzazione? Scusa, ma tendo un po' alla teoria dell'eternità della materia ed alla semplice trasformazione del mondo. Gli iperborei che non cacciano rimangono per me una semplice indicazione di "alterità culturale" e non un dato di fatto. Non credo personalmente a civilità che non hanno bisogno di nutrimento nel divenire storico. Se parliamo di civiltà che simboleggiano condizioni spirituali la questione cambia.

    10. Eccoci ad un punto nodale: il mito cambia a seconda delle condizioni ambientali, caratteristiche territoriali e relazioni sociali necessarie. Il mito rappresenta situazioni-modello, rivela verità sociali che non vanno oltre la comunità che le ha generate nel contesto in cui si è sviluppata. Lo dimostra lo spezzettamento del cristianesimo dopo la sua diffusione in Europa: Latini/Cattolici, Germani/Protestanti, Angli/Anglicani, Slavi/Ortodossi ecc. il mito è una codificazione della realtà morale/spirituale di una società, così la religione essoterica. Se passiamo invece ai misteri o alla filosofia, ci portiamo sul piano della verità metafisica che può usare il mito per descrivere verità inesprimibili altrimenti.
    Sull'indoeuropeistica, mi sa che hai le idee un po' confuse...
    Innanzitutto, Romani, Germani e antichi Indiani, dal punto di vista comparativo hanno moltissimi punti in comune. La questione dell'interpretazio è abbastanza secondaria, poichè fu proposta da alcuni autori latini in base ad una conoscenza approssimativa dei culti e degli attributi delle divinità germaniche.
    Gli studi di Dumézil prescindono da essa.
    La tripartizione è stata dimostrata attraverso molte prove, sia derivanti da testi (come ad esempio i Veda), che da ritrovamenti archeologici, che dallo studio delle lingue antiche, che dallo studio dei miti più antichi, ecc...
    Tuttavia sostenere che questa tripartizione sia esistita, a partire da tempi molto antichi, non vuol dire che si sia mantenuta immutata nel corso dei secoli: presso molti popoli, alcune funzioni hanno finito per prevalere su altre (particolarmente quella aristocratico-guerriera o quella regale-"sacrale" su quella regale-"politica") provocando mutamenti negli attributi delle divinità e nel ruolo che esse avevano, che possono generare confusioni. Ad esempio, la coppia Wotan-Tyr che è legata alla funzione regale-ordinatrice nel suo dupplice aspetto sacrale e politico, è perfettamente parallela a quella Mithra-Varuna nelle parti più antiche dei Veda, tuttavia, in epoca successiva è Indra (divinità legata alla funzione guerriera) ad assumere attributi regali, in parallelo con il prevalere della classe aristocratica su quella regale, cosa che non accadde presso i germani.

    Inoltre si continua a parlare di popoli e sistema mediterranei, dimenticando che Latini, Dori, molto probabilmente Micenei e gran parte degli antichi popoli italici erano indoeuropei (e questo è ormai dato per certo dalla stragrande maggioranza degli studiosi), quindi di origine non mediterranea, il termine popoli mediterranei, si dovrebbe applicare a rigore ai Minoici o ai Liguri, di cui però sono rimaste pochissime tracce.
    Solo questa considerazione dovrebbe bastare a smontare la presunta contrapposizione mediterranei-"iperborei"
    Tra l'altro l'ipotesi che hai portato precedentemente sull'origine lidya degli etruschi, oggi è considerata obsoleta e non supportata da dati scientifici, il fatto poi che il loro alfabeto avrebbe originato le rune : essi avevano un alfabeto derivante da quello greco, che a sua volta derivava dal fenicio e così i germani, quando iniziarono scrivere le rune, usarono un alfabeto derivante da quello greco-latino.
    La mitologia greca, ad uno studio approfondito e corretto (lasciando perdere le varie teorie psicologiche) descrive, in molti episodi, l'affermazione di una cultura "iperborea" su di un substrato precedente (mediterraneo ?)

    Anche quello che dici del mito mi sembra derivare da una visione superficiale, i miti nella sostanza non cambiano, può cambiare la forma in cui vengono esposti, per adattarsi al mutamento delle condizioni di vita di un popolo, di questo esistono mumerosissime prove, ad esempio il mito cosmogonico germanico, messo per iscritto solo in epoca cristiana, è sorprendentemente coincidente con quello vedico, scirtto più di 2500 anni fa. Alcuni miti greci, alcune leggende germaniche, celtiche e indiane hanno un substrato comune. Le stesse leggende cristiane, legate a santi o reliquie, in molti casi, sono la rielaborazione di antichi miti gentili.
    A mio parere i miti sono sì patrimonio di una comunità, ma attraversano il tempo e lo spazio perchè rappresentano la trasmissione di verità trascendenti anche fondanti la comunità stessa poichè la tengono sempre legata alla propria Origine.

  8. #8
    Deimanax Ayugumsik Khagan
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    E poi, il povero Dumezil doveva essere almeno un po' gentile con il regime che dominava l'Europa all'epoca
    Eccola là, la solita, vieta accusa di filonazismo rivolta al Dumézil, spalleggiata dai vari Grottanelli, Momigliano e Ginzburg...

  9. #9
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    Momigliano, Ginzburg... mi chiedo perché mai dei non indoeuropei debbano ingerire in queste questioni.

  10. #10
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    Citazione Originariamente Scritto da Apostata_tv83 Visualizza Messaggio
    1. L'indoeuropeistica si fonda su una visione temporanea e limitata: sullo scambio linguistico. Non è obbligatorio che ci sia una continuità genetica per usare lingue simili e neppure una conquista. Non metto mondo mediterraneo e mondo nordico in compartimenti stagni, ma neppure fantastico su purezza della razza, degenerazione genetica e quant'altro: l'avere la pelle scura per africani ed indiani non è indice di necessaria parentela, ma un semplice stratagemma biologico per il bisogno di sopravvivere ad un ambiente particolarmente caldo e "solare". Mi pare sia molto più solare l'equatore dei territori nordici (infatti si adorava il sole in virtù della sua scarsa presenza) e se ci si vuole spingere addirittura al polo nord a caccia di proto-civiltà, beh, allora riprendo in mano i libri di Peter Kolosimo (che ho letto sino ai 15 anni) e sogno astronavi sulla preistoria.

    2. La tripartizione è una struttura approssimativa non sufficiente a valutare le caratteristiche culturali. Ci siamo semplicemente messi in testa una funzione regale/sacrale, una militare ed un produttiva supponendo che ci fosse realmente una simile divisione comune a un supposto popolo indoeuropeo. Wotan/Tyr e Varuna/Mithra sono e rimangono due divinità ben distinte che coincidono in alcuni punti: Varuna è divinità del cielo meteorico (a differenza di Wotan) ed è spesso fuso con Mithra al punto da essere un'unica entità sotto taluni aspetti e sono entrambe divinità solari (Wodan è divinità notturna e presiede all'invasamento e come Febo Apollo e le Muse alla poesia, Tyr invece presiede ai giuramenti ed all'assemblea degli uomini/guerrieri e presiede alla guerra ordinata e controllata e viene più spesso associato ad Indra). A questo punto, potrei tranquillamente inventarmi una quarta categoria indoeuropea della fertilità e ficcarci Afrodite/Demetra/Giunone e Chascha Koillur/Mama Allpa/Mama Zara degli inca e dire che sono idoeuropei perché più o meno coincidono con le divinità arcaiche e visto che "mama" vuol dire "madre", per assonanza sono anche indoeuropei.

    3. Non parlo di contrapposizione, ma di distinzione tra popoli mediterranei ed indoeuropei. Possiamo veramente parlare di "puro indoeuropeo" o "puro mediterraneo"? Qui voglio arrivare, basta con queste questioni razziali che tanto siamo tutti quanti imbastarditi con un popolo del sud o del nord. Abbiamo certo origini indoeuropee, ma anche mediterranee, africane, alcuni orientali, altri pre-indoeuropei. Non è che la matrice culturale indoeuropea sia "superiore" o "più originale". Quello che noi possiamo chiamare oggi la nostra cultura è un insieme di conoscenze, pratiche, idee ecc. provenienti da ogni dove e adattate il più possibile al contesto reale nel quale viviamo. Non nego influenze, mescolamenti ecc., la citazione della Lidia e dell'alfabeto era proprio per sottolineare il fatto che se dobbiamo basarci su citazioni di testi antichi e cosmogonici per giudicare la realtà effettuale, stiamo freschi! Non ho dubbi che ci sia stato qualcosa di simile ad una o più culture indoeuropee che si sono incontrare sul Mediterraneo, ma le fantasie sugli arii biondi col cavallo bianco ecc. mi fanno anche un po' ridere, da studente di lettere antiche che ci sta 12 ore al giorno tra di storia greca, linguistica, storia romana, filologia, storia delle religioni del mondo antico, europeismo, confronti culturali, archeologia (la disciplina nazisfascista per eccellenza che dimostra tutto e niente (una perla d'ambra ad Al-Mina in Siria! I balitici arii erano arrivati fino a qui?! Viva la gloriosa luce ariana che si spande sul mondo, alla faccia dei commerci cretesi/micenei(venetici)), antropologia ecc.

    4. Che ci siano delle ricorrenze nei miti, lo ammetto in virtù di una condivisa spiritualità universale tipica di tutti gli esseri umani (ma non perché ci sono i biondi arii che hanno dato origine ad ogni cultura del mondo), ma ci sono comunque evidenti segni di adattamento ambientale nei miti. La verità si coglie anche attraverso il mito, per carità, ma anche elaborandolo, trasformandolo ecc.
    L'idea che l'indoeuropeistica si basi esclusivamente su dati linguistici e che ciò non implichi un dato etnico è assurda, una lingua non è un'entità a sé stante, bensì l'espressione di una poolazione e di una cultura, se esistono comunanze linguistiche, ci devono essere anche contatti tra popolazioni (origini comuni, conquiste, mescolamenti etnici, ecc...), una lingua ed una cultura non compaiono dal nulla. Se non sbaglio in un post precedente hai scritto che se si bada alla linguistica, i neri d'America sarebbero germani, essi parlano una lingua anglosassone, perchè venuti in contatto con popolazioni europee che la parlavano prima di loro non perchè la lingua si sia materializzata dal nulla, il che conferma quanto sostengo.
    Il fatto dell'adattamento può essere vero per spiegare alcuni caratteri legati al fenotipo, (per esempio non mi risulta che gli eschimesi siano tutti biondi e con gli occhi azzurri come gli svedesi, pur vivendo più a nord!), l'origine genetica di un popolo però è tutt'altro e le affinità genetiche tra i popoli indoeuropei sono ormai dimostrate.
    Basarsi esclusivamente sui caratteri del fenotipo non ha rivelanza.

    La descrizione che dai delle divinità germaniche, indiane e greco-romane è un po' approssimativa, però per non andare OT, rimanderei ad altre discussioni, la questione. Resta il fatto che l'ostilità verso l'idea della tripartizione, proviene prevalentemente proprio da ambienti che contestano la specificità indoeuropea (per motivi poco scientifici!) in nome di una presunta similitudine tra tutti i popoli antichi, cosa che è ormai smentita.

    Già l'idea dell'archeologia come scienza nazifascista ... essa si basa su dati concreti e reali per fornire ipotesi scientifiche che sono valide finchè non vengono smentite, al contrario di molte teorie basate su presupposti piuttosto fumosi ed interpretazioni forzate ed "ideologiche" di miti, leggende e dati antropologici...
    Certo che gl'indoeuropei portarono una cultura originale, come originale è ogni cultura che sia prodotto specifico di una data comunità.
    E' anche del tutto plausibile che siano esistiti popoli preindoeuropei (chiamarli mediterranei è alquanto riduttivo) e che la loro cultura si sia integrata con quella dei nuovi venuti fornendo elementi che furono integrati, altri che si persero, tuttavia, non si può non ammettere che i popoli del sud Europa (italici e greci) come quelli dell'India vedica avessero una cultura di stampo indoeuropeo, quindi affine a quella di germani e celti, per cui la contrapposizione tra "mediterranei" e "nordici" è del tutto inventata.

    La presunta "condivisa spiritualità universale" è tutta da dimostrare: la cosa certa è che, come ho detto, i miti sono patrimonio di una comunità e tramandano le sue Verità e la sua visione del mondo. Le variazioni che vi si possono trovare riguardano generalmente aspetti secondari, o sovrapposizioni dovute a varie cause (contatti con altri popoli, mutamenti politico religiosi, ecc..) avvenuti in epoche successive, resta però il fattoche i miti più antichi mantengono moltissimi elementi di arcaicità.

 

 
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