...ed ha ragione.


NON LEGGE LA LETTERA SULLA RESISTENZA, “PRIMA LE RIFORME”


Si comincia a disobbedire a Sarkozy in
Francia. In nome del sarkozismo, però.
E’ il caso di un insegnante di una scuola
media delle banlieue, uno di quei famigerati
“territoires perdus de la République”,
che ha reso pubblica la sua insubordinazione
con una lettera aperta al presidente.
Non è un gesto di protesta o di ribellione,
come quello di certi sociologi dell’immigrazione
che non vogliono sentir parlare di
identità nazionale. Non abbiamo a che fare
con un seguace di Bové o Besancenot, e
neanche con un attivista del Ps, il cui zoccolo
duro è rappresentato proprio dagli insegnanti.
Non si tratta neppure di obiezione
di coscienza: questo insegnante, che si
chiama Michel Ségal, non è né un “insoumis”
né un dissidente. E’ solo un professore
che non ha rinunciato a intendere l’insegnamento
come trasmissione del sapere,
e che resiste al pedagogismo che sta demolendo
la scuola francese, puntando tutto
sulla volontà riformatrice di colui che
vuole una scuola in cui gli alunni si alzino
in piedi quando entra in classe l’insegnante.
Anche lui, come Alain Finkielkraut e
come Sarkozy, è convinto che solo ripristinando
i princípi di merito, di autorità, di
rispetto, si potrà salvare la scuola laica, e
con essa la coesione nazionale.
Il giorno stesso del suo ingresso all’Eliseo,
il nuovo presidente aveva subito voluto
rendere omaggio alla memoria di trentacinque
giovani partigiani trucidati dalla
Gestapo pochi giorni prima della liberazione
di Parigi. Aveva voluto che venisse
letta la lettera d’addio che un altro giovanissimo
martire della Resistenza, il diciassettenne
militante comunista Guy Môquet
scrisse ai suoi genitori poche ore prima
dell’estremo sacrificio. “Voglio che questa
lettera venga letta in tutti i licei di Francia
all’inizio di ogni anno scolastico”, aveva
detto in quell’occasione Nicolas Sarkozy.
“Voglio che i nostri figli capiscano l’orrore
della guerra e a quali abissi di barbarie la
guerra può portare”.
Ma proprio l’insegnante sarkozista non
potrà seguirlo. “No, monsieur le président,
io non leggerò questa lettera, perché i
miei alunni sono degli immaturi cronici, e
per di più ignorano gli eventi ai quali essa
si riferisce. Non la leggerò perché provo
vergogna della maturità di un adolescente
di più di sessant’anni fa di fronte all’infantilizzazione
operata dalla nostra scuola.
Non la leggerò, perché la nostra scuola
ha deliberatamente distrutto l’autorità,
senza la quale è impossibile un’attenta lettura
e un attento ascolto. Non la leggerò
perché da una trentina d’anni a questa
parte la scuola rifiuta di trasmettere qualunque
modello, insegnando agli alunni il
disprezzo del patrimonio culturale e la diffidenza
verso il passato. Non la leggerò fintanto
che non saranno state avviate le
riforme strutturali; fintanto, cioè, che la
scuola non accetterà finalmente di adempiere
alla sua sola missione, che è istruire”.

Il disertore di Boris Vian che notificava
al presidente della Repubblica il proprio
rifiuto di presentarsi in caserma lascia
cosí il testimone, a distanza di cinquant’anni,
a un insegnante dell’école républicaine:
anche lui ha deciso di autodenunciarsi,
ma non per disertare la guerra
dichiarata dal presidente, al contrario; lui
già da un pezzo la sta combattendo in prima
linea questa guerra contro gli ideologi
della scuola egualitarista, ma proprio sapendo
quant’è alto il rischio di perderla si
appella a Sarkozy perché non si illuda di
farcela prendendo scorciatoie o ricorrendo
a gesti dimostrativi, eludendo l’enorme
lavoro di restauro pedagogico e civile che
occorre alla scuola per salvare se stessa e
la République.
Enrico Rufi