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yurj
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Inchiesta del Secolo XIX
Videopoker, 100 miliardi finiti alla Mafia
ROMA - Un tesoro da quasi cento miliardi di euro che lo Stato non ha mai riscosso, nel mega business dei videopoker e dei giochi. Una cifra che farebbe impallidire il tanto citato «tesoretto» (che dovrebbe aggirarsi attorno ai 10-12 miliardi) e che equivale a tre robuste Finanziarie. Un tesoro che poteva essere incassato dallo Stato se solo fossero state applicate le regole in vigore. La rivelazione arriva dalle pagine del Secolo XIX. In un’inchiesta del quotidiano ligure, firmata da Marco Menduni e Ferruccio Sansa, si parla di una relazione messa a punto da una supercommissione di esperti, guidata dal sottosegretario all’Economia, Alfiero Grandi, e dal generale della Finanza, Castore Palmerini. Una relazione imbarazzante finita sul tavolo del viceministro Vincenzo Visco.
MAFIA - L’aspetto più allarmante della vicenda, secondo quanto scrive il Secolo XIX, è che parte di questa immensa quantità di denaro è finita nelle tasche della criminalità organizzata. Il Gruppo antifrodi tecnologiche (Gat) della Guardia di Finanza indica anche i beneficiari di tanta manna: Cosa Nostra e soprattutto la cosca di Nitto Santapaola. Sullo scandalo indagano ora Fiamme Gialle, procura della Corte dei Conti a Roma e diverse procure in tutta Italia (Venezia, Bologna e Roma). Il meccanismo è quello classico della truffa dei videopoker, che dovrebbero essere collegati in rete agli uffici della Sogei (la Società generale di informatica che si occupa di controlli sul pagamento delle imposte), per evitare evasioni. Invece le macchinette venivano appositamente scollegate per impedire controlli. L’inchiesta si riferisce soprattutto agli anni 2004 e 2005. Ma la situazione, oggi, non è cambiata granché: «È da segnalare a tutt’oggi - scrive la Commissione - il permanere di una percentuale di apparecchiature che dovrebbero essere in rete e che invece non vengono rilevate». L’inchiesta, e soprattutto i risultati quasi incredibili nelle dimensioni del fenomeno, passano sotto silenzio. Scrive il Secolo XIX: «... alla fine la tradizionale conferenza stampa non si fa. Bloccata “per ordini superiori” all’ultimo istante». Uno dei commissari ha rivelato al quotidiano: «Pensavamo che questa relazione fosse un’autentica scossa. Invece se n’è parlato pochissimo e la parte relativa alla criminalità organizzata è praticamente scomparsa».
LE CIFRE – Secondo i dati ufficiali dei Monopoli, nel solo 2006, il volume d’affari (ovvero la raccolta delle giocate dei videopoker) è pari a 15,4 miliardi di euro, tale da originare un gettito fiscale di poco più di 2 miliardi con circa 200mila apparecchi attivati. In realtà «l’effettiva raccolta di gioco sarebbe di molto superiore. Secondo stime della Finanza (in sostanziale accordo con le testimonianze di vari operatori del settore), la predetta raccolta di gioco ammonterebbe a 43,5 miliardi di euro». Come dire: tre volte tanto la somma ufficiale. La stime è fondata sulla convinzione che i due terzi delle macchinette non siano collegate alla rete di controllo, come assicurano gli investigatori del Gat guidato dal colonnello Umberto Rapetto. La relazione spiega poi tutti i particolari del difficile lavoro di ricostruzione svolto dagli investigatori e i collegamenti con altri filoni d’inchiesta (come quello intrapreso dalla procura di Potenza su videopoker e casinò che ha portato all’arresto di Vittorio Emanuele di Savoia). E mette in luce le carenze della catena di controllo, l’impunità di cui godevano alcune concessionarie nonché le responsabilità dei Monopoli. Con casi paradossali, come le macchinette stipati a migliaia nei depositi siciliani dei territori controllati dalla mafia e dalla cosca di Nitto Santapaola.
CENTO MILIARDI - La situazione, però, malgrado le inchieste non si è sbloccata di molto. Almeno fino alla consegna della relazione della Commissione al viceministro Vincenzo Visco. Gli uomini del Gat, scrive il Secolo XIX, hanno provato a calcolare l’ammontare delle sanzioni non riscosse e delle imposte non pagate. «Ne è venuta fuori una cifra talmente enorme – si legge - che gli stessi finanzieri all’inizio stentavano a crederci: 98 miliardi di euro». Una tesoro sottratto alle casse dello Stato e finito nelle tasche delle concessionarie meno oneste e della criminalità organizzata.
31 maggio 2007
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