Il viceministro all'Economia rimette le deleghe sulla Guardia di Finanza: «Contro di me una campagna mediatica. Il comandante Speciale
viene rimosso e promosso. Prodi: «Vincenzo ha la mia stima». Prc: indebolita la lotta all'evasione fiscale. Di Pietro ritira l'odg al Senato.

Il partito di evasori e 007
ottiene mezza testa di Visco

Un passo indietro, una promozione e il governo è salvo. Vincenzo Visco, rimette la naturale competenza sulla Guardia di Finanza, e il suo principale accusatore, il comandante generale della GdF, Roberto Speciale, accetta un incarico prestigioso alla Corte dei Conti. Dopo giorni di fibrillazione, Prodi trova la quadra col beau geste di Visco, che con una lettera allo stesso premier accusa «una scientifica campagna di disinformazione» quando la «situazione al vertice della Guardia di Finanza era insostenibile», e il titolare dell'Economia, Padoa-Schioppa subentra temporaneamente nelle deleghe e rinnova «fiducia e grandissimo rispetto» a quel «galantuomo» del suo ex-vice.
Tutto bene? Mica tanto. Il governo risolve una grana, ma si indebolisce mentre rischia di dar ragione a tutti i suoi nemici: dal centrodestra per finire con il partito dell'anti-Stato e i soliti apparati che condizionano le istituzioni (nei servizi e, per ironia del tema, nelle Fiamme gialle).
L'uomo dei 30 miliardi dalla lotta all'evasione in cinque anni resiste ma è più debole. Si preparano tanti tappi di champagne ma è incomprensibile che alcuni siano nel governo. Dall'interno del ministero, il sottosegretario Alfiero Grandi (Sd) spiega: «Visco coincide con la lotta all'evasione e all'elusione, uno dei più importanti punti dell'azione del governo, senza la quale faremo fatica a mantenere i risultati previsiti in Finanziaria. Invece...». Invece, c'è il rischio che l'attacco a Visco via dossier sporchi sia quello all'evasione. La scalata al recupero del 25% del Pil che sfugge ai conti non fa tempo a partire che già cade in un agguato. Ed è abbastanza incredibile - un classico "caso italiano" - che il cuore dello scontro sia stato tra il ministro e i vertici dela "sua" polizia. D'altronde la politica è più debole della Guardia di Finanza, e il clima è questo: «Una mozione di sfiducia al Senato sarebbe stato un rischio incalcolabile. Qualsiasi ministro, su qualsiasi questione, al voto segreto dovrebbe temere un'imboscata». La voce è anonima, ma molto autorevole e il "caso" Visco diventa quello del governo che sceglie di pagare l'ostilità a Prodi, alla crisi del Pd, al voto del Nord con il classico "capro espiatorio". Eppure la storia vera, avrebbe meritato proprio dall'Unione un contrattacco poderoso, perché tre cose sono stra-chiare in questa complicata vicenda di palazzi. Primo: la mano che ha acceso e incendiato l'affaire è quella degli eredi di Niccolò Pollari nella GdF e i dossier ad orologeria puzzano di servizi lontano un miglio. Secondo: i principali beneficiari del ridimensionamento del vice-ministro delle Finanze è il partito degli evasori, ben sostenuto da categorie professionali, industriali e loro mezzi di stampa. Terzo: la debolezza politica del governo - interna alla coalizione e nei numeri del Senato - mette a rischio l'unica cosa certa che contiene la Finanziaria dei 35 miliardi e delle infinite discussioni: la lotta all'evasione e all'elusione fiscale, la costruzione di un pacchetto di interventi che ci permetterebbero finalmente di sapere chi sono davvero gli evasori in Italia e di colpirli, per un gettito stimato nei cinque anni di legislatura pari a 30-40 miliardi di euro......

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