Di Gabriele Adinolfi Parliamoci chiaro: le elezioni amministrative sono particolarmente ostiche per le liste a connotazione ideale. Di solito in queste tornate elettorali la gente vota per un consigliere che conosce bene e la soddisfa, o sceglie per clientela. I partiti ideologici prendono molti più
consensi alle politiche e soprattutto alle europee che non alle comunali o alle provinciali.Quindi non c’era da attendersi granché dagli scrutini della destra estrema e, tenendo conto di questo, non è forse ancora il caso di cantare il de profundis per i suoi risultati. Leopardi e zanzare Ci si dirà che ci sono stati anche esiti lusinghieri che poi sono i soli ad essere messi in vetrina dalle singoleformazioni. La Fiamma a Todi, Forza Nuova a Santangelo hanno fatto miracoli. A Tradate la Fiamma, o meglio il suo candidato ultracentenario che aveva fatto la Marcia su Roma, la Repubblica Sociale e fino a 96 anni correva la maratona,
ha ottenuto un risultato brillante. Qua e là Fiamma, Forza Nuova e Azione Sociale hanno raggiunto buoni picchi anche se tra tutte e tre in Italia avranno eletto quaranta consiglieri cui va aggiunto un sindaco fiammista in una cittadina piccola se non erro; in fin dei conti una manciata di consolazione. Eppure le cose sono anche andate bene a macchie di leopardo; anzi, visto e considerato quanto rado sia stato l’affiorare di tali macchie, più giusto sarebbe dire a punture di zanzara. Ci sono certamente dati confortanti anche in questo voto; chi vi leggerà una progressione locale, chi la capitalizzazione di un voto militante. Dicono che chi s’accontenta gode, ma non vorrei che a farlo godere siano più che altro illusioni e fantasmi. La condanna della statistica Il Messaggero di mercoledì 30 maggio riportava il
consuntivo nazionale dei comuni con oltre 15.000 abitanti. Facevano capolino Azione Sociale con il suo 0,14% e la
Fiamma con lo 0,17%. Forza Nuova non era nominata, si trovava smarrita tra i pulviscoli nella voce complessiva “altri”. Se nel computo generale FN fosse molto al di sotto delle due liste similar-rivali non è dato sapere; a volte si resta “altri” perché si è stati
considerati così sin dalla vigilia. Può anche darsi che FN alla fin fine non sia andata lontanissimo dalle due liste concorrenti delle quali, casomai, va detto che hanno ottenuto un complessivo statistico più degno a farle confondere anch’esse in un generico “altri” che non a
mantenere il diritto ad una citazione propria. Ma questa più che una consolazione per Forza Nuova è un’ulteriore
mortificazione per tutti. 0,1% dunque? La statistica come è noto si ricava mettendo
insieme tutti i risultati: quelli buoni, quelli pessimi e
anche lo zero dei collegi dai quali si è risultati assenti
perché non si è riuscito a presentarsi. Si prende la
somma dei voti raccolti, la si divide per le schede
scrutinate e il risultato che ne esce è impietoso. Le
assenze in più collegi riducono così drasticamente il
consuntivo. Degli 0,4 o 0,5 di effettiva media nazionale
raccolta nei collegi dove si è mantenuta la presenza si
tramutano poi in 0,1 calcolando anche le assenze che,
però, politicamente pesano tantissimo.
Per consolarsi si può ricorrere alla battuta di De
Crescenzo che ci spiega che se uno ha il culo nel forno e la
testa nel frigorifero ha il corpo a temperatura ambiente. Si
può, ma c’è poco da stare allegri: è il consuntivo
statistico che alla fine lascia in tutti quell’immagine, di
forza o di debolezza, per la quale si fidelizzano o si fan
fuggire per il futuro gli elettori. E l’impressione generale
che ha lasciato la destra estrema non è di certo di forza. Neanche in Libano
Certo, nei comuni piccoli le cose sono andate nettamente
meglio. Ma l’immagine generale continua a rasentare il
ridicolo anche lì. Il fatto che spesso e volentieri si
siano presentate due liste simili quando non tre a
competere tra loro senza che alcuna spiegazione plausibile
della divisione fosse offerta, non solo suona stonato ma
provoca il ridicolo. Il 1 maggio ero in Francia per la
sfilata di Le Pen; dei camerati transalpini attentissimi
alla situazione italiana mi confessavano di essersi persi,
non capendo più chi stesse con chi, chi comandasse quella
lista o quel partito e quali fossero le differenze tra gli
uni e gli altri. Ho provato a spiegarglielo sinteticamente;
mi hanno replicato “state peggio che in Libano!” È
vero. E lo pensano anche gli elettori che, giustamente, non
si sentono particolarmente attratti dal votare per liste
piccole e rissose. Tant’è che una gran parte dei voti sono
andati a far eleggere localmente camerati seri nelle liste
di AN o nelle liste civiche. Il che non è un male, anzi
è un bene se si ragiona in termini di occupazione degli
spazi e di sistema di forze. Ma se si ragiona in quei
termini che, essendo organici, rifiutano la logica dell’aut
aut e prediligono quella dell’et et, il progressivo scemare
dell’estrema, per quanto questa lo meriti per come è
inconsistente nel suo proporsi, non è auspicabile per
nessuno. Convincere però gli elettori a votare per questo
o quel simboletto tricolore in lizza con gli altri solo per
gli “strilli del maiale” non è però agevole. Né
lo è l’altalenare inesplicato tra CdL e fuori CdL come è
accaduto un po’ a tutti in queste amministrative con scelte
di schieramento locale contraddette nella provincia vicina.
E va detto che la scelta isolata è stata più apprezzata
di quella allineata. Si pensi al buon risultato della Fiamma
a Como, sopra l’1,2 e anche allo 0,4 di Forza Nuova alle
provinciali di Genova che, tenuto conto di tutto, è più
che apprezzabile.
Propongo desistenze organiche
Il ridicolo e il senso d’inconsistenza, quantomeno
nell’immagine comune, prevalgono su tutti i risultati
positivi che sono stati centrati. Per uscirne si dovrebbe
cambiare tutto; e lo ripeto da anni. Ma, nell’attesa
(utopica) di farlo, tenendo conto che alle aministrative non
c’è lo stesso obbligo delle politiche o delle europee di
presentarsi per forza per non perdere il diritto a
ripresentarsi in futuro, le diverse schegge nazionali
potrebbero iniziare a ragionare alla tedesca preparando
subito - e non fra sette mesi che sarebbe troppo tardi per
qualsiasi accordo - le liste per le numerose amministrative
del 2008. Si può disegnare un sistema di desistenze
organiche. Che può funzionare così: dove, tenuto conto
delle consultazioni più recenti, due o più formazioni
sono affiancate, si presentano tutte insieme con una lista
unica. Dove invece un partito sopravanza gli altri questi,
tutti, rinunciano a candidarsi ma, in cambio, il partito che
resta in lizza garantisce candidature dignitose a
rappresentanti locali delle altre formazioni. Questo può
garantire sia un’immagine di serietà per l’elettorato,
stimolandolo anche a votare, e per la base sia la
sopravvivenza dei singoli clan non costretti a fondersi. Non
è tantissimo ma è molto meglio che niente.
Cosa osta?
Cosa impedisce che questo accada? Sostanzialmente due cose:
una cattiva cultura politica fatta di rassismo da Basso
Congo che fa sì che a decidere spartizioni e conflitti
siano sempre dei singoli individui difficilmente aperti
alle innovazioni e uno stato vegetativo di sonnambulismo
ipnotico. Ci hanno condizionati tutti, tutti ragioniamo
quotidianamente in termini di rivalità, antogonismi
dualistici e televoto e tutti ci adagiamo in logiche di
autoghettizzazione. Sicché anche le competizioni
politiche, oltre ad offrire il solido (il rimborso
elettorale) sembrano essere vissute come battaglia interna;
l’importante per ogni piccolo partito è di fare meglio o
di non fare troppo peggio dei suoi rivali diretti. Un
continuo derby dei disperati che si tramuta in una specie di
continuo spareggio per gli ultimi posti. Per la destra
estrema le elezioni sono diventate dei play out e come tali
sono vissute con accanimento. Bisognerebbe però che
qualcuno spiegasse che da tempo siamo finiti nell’ultima
serie e che dalla III categoria dilettanti non è possibile
neppure retrocedere! A che pro accanirsi tanto per arrivare
penultimi?
Pietre che rotolano
Bisognerebbe fermarsi un attimo: magari tre mesi di
nessun’attività per avviare una riflessione seria. Non per
niente, almeno per decondizionare la mente e prendere misure
decise; perché se si continua così non si farà che
calare sempre più, anno dopo anno.
Il motivo è chiaro: quando non si è padroni delle
proprie azioni ma si è vissuti da esse, quando, come
diceva Gurdjeff, siamo noi ad essere mangiati dalla bistecca
che crediamo di mangiare, quando cioè non siamo soggetti
ma oggetti del nostro vivere, non ci possiamo rialzare, anzi
continuiamo a scendere inesorabilmente. Il problema è che
anche in caduta si ha la sensazione di progredire perché
il moto è imperioso: ma quando si rotola per una china
come fanno le pietre, quando si è Rolling Stones, non
restano molte prospettive. Si può solo cantare “Paint it
black” ma il nero, in tal caso, ha solo il colore
disperato del nulla. Del nulla.
Gabriele Adinolfi
(www.gabrieleadinolfi.it)