Stop di Bersani: no alle scorciatoie
Di Pietro: ricorreremo alla piazza
ROMA
«Sono soddisfatto per la collaborazione tra le istituzioni al fine di garantire a tutti il diritto di voto». Silvio Berlusconi si è congedato così - dopo una nuova, lunga, giornata di intenso lavoro - dai suoi ministri chiamati a Palazzo Chigi per esaminare e approvare il decreto "salvaliste". Una corsa contro il tempo dopo il ’pasticciò di Roma e Milano che ha costretto il governo a marciare a tappe forzate e dentro gli spazi strettissimi che il Quirinale aveva imposto come "conditio sine qua non" interventi legislativi non sarebbero stati nemmeno presi in considerazione. Una maratona anche diplomatica con continui e frequentissimi contatti tra palazzo Chigi e il colle più alto che alla fine, ha portato al varo del decreto «interpretativo» e, poco prima della mezzanotte, alla firma di Napolitano. E già oggi, dunque in tempo per poter essere utilizzato dai Tar, sarà pubblicato, come annunciato dal ministro dell’Interno in conferenza stampa, in Gazzetta Ufficiale.
Un epilogo, però, non del tutto scontato, se solo si pensa che solo ieri sera il colloquio del premier con Giorgio Napolitano si era concluso talmente male da richiedere questa mattina una telefonata di scuse del Cavaliere all’inquilino del Colle. In molti nel governo, infatti, ancora oggi riferivano di un Berlusconi «molto deciso», «determinato ad andare avanti» da solo. Ritrovata la vena diplomatica e ricucita la linea del dialogo con il Quirinale, non sono però mancati nuovi problemi attorno al testo. E ancora questa sera il consiglio dei ministri ha dovuto subire uno slittamento - dalle 18 alle 19,30 - per poi cominciare definitivamente solo dopo le 21. Secondo quanto riferito ci sarebbe stata l’insistenza di alcuni ministri per modificare parte del testo. Ma le limature venute dai contatti con il Colle sono state presentate come «intoccabili» dal ministro Maroni. Nessun assalto e nessuna modifica, dunque. E questo ha permesso a Maroni di scandire in conferenza stampa che il decreto «non porta alcuna modifica di norme di legge. Il governo - ha detto - si è limitato a dire qual è la interpretazione corretta da dare alle norme vigenti» in modo che «gli organi della giustizia amministrativa possano decidere serenamente se accettare o no i ricorsi».
Berlusconi, che si era visto bocciare ieri dal Quirinale un decreto sulla possibile riapertura dei termini di presentazione delle liste, per tutto il pomeriggio ha mantenuto un profilo basso ed è stato al lavoro con ministri, tenendo il punto però sul grave vulnus alla democrazia che la mancata presentazione delle liste in Lazio e Lombardia avrebbe aperto, facendo prevalere i "formalismi" sul diritto di voto attivo e passivo. «Speriamo di poter ritornare a dare il diritto di voto anche ai nostri elettori del Lazio e della Lombardia», ha affermato il premier a consiglio dei ministri in corso, intervenendo al telefono alla convention del Pdl organizzata a Bari in sostegno del candidato Rocco Palese. «Riteniamo che alcune norme non siano state applicate in modo corretto» ha spiegato al termine del cdm Maroni che ha portato come esempio quanto accaduto «alla presentazione delle liste a Roma: una circolare del ministero dell’Interno - ha ricordato - stabilisce che il Cancelliere non può rifiutarsi di ricevere liste e contrassegni, neppure se li ritenga irregolari o presentati tardivamente. Deve farlo e semmai rilevare che sono stati presentati fuori termine. A Roma ciò non è avvenuto».
La scelta di ricorrere al decreto interpretativo fa insorgere l’opposizione. Pier Luigi Bersani parla di «un trucco», ribadendo il no del Pd a «scorciatoie». Mentre Antonio Di Pietro invoca la piazza e annuncia una «chiamata alle armi democratica». Poi in serata alza ancora il tiro: l’intervento del governo è un «abuso di potere» che in un paese civile «andrebbe fermato con le forze armate». L’Udc con Pier Ferdinando Casini lancia un appello a far lavorare i magistrati che devono decidere sulle liste escluse. I centristi, di fronte a un gesto di distensione del governo si dicono però pronti a ragionare. Qualsiasi scelta, però, deve essere presa con «il consenso», sottolinea Rocco Buttiglione.
Liste, dal Cdm sì al dl interpretativo Arriva anche la firma di Napolitano - LASTAMPA.it