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    Predefinito Notizie sulla nobiltà Russa d'antan

    ( non rammento dove e quando trovai questo scritto su internet ma è interessante)
    Joseph

    LA NOBILTA' DELLA RUSSIA IMPERIALE

    Vi fu un tempo della mia vita giovanile durante il quale io ebbi occasione di frequentare personaggi indimenticabili della vecchia Russia, anzi della "Santa Russia" come veniva da essi chiamata, e tali incontri costituiscono per me tuttora un ricordo struggente di quegli ultimi testimoni di un mondo scomparso, simbolicamente, nella profonda miniera di Ekaterinburg, dove furono gettati i corpi straziati dell'ultimo Zar e della sua famiglia, assassinati, come innumerevoli altri, dalla furia sanguinaria bolscevica.
    Agli inizi degli anni '50 del secolo appena terminato vivevo a Roma e fu il mondo dei cavalli ad avermi dato l'opportunità di conoscere alcuni cavalieri di eccezione, non tanto per le loro qualità nell'«arte dell'equitare», ormai forzatamente appannate per ragioni di età, quanto per il loro prestigioso passato accompagnato da un presente poverissimo, per gli stessi, di beni materiali, ma ricchissimo invece di loro dignità personale.
    Rivedo ancor oggi, idealmente, avanzarsi al trotto allungato, a Villa Borghese, un elegante, inconfondibile, cavaliere sulla sessantina, dall'assetto un po' antiquato, ma perfetto in sella su un bel purosangue sauro; rivedo altresì nella memoria il suo "lavoro" in campo ostacoli, con l'abilità equestre che solo una grande scuola poteva aver affinato ed infine rivedo pure lo stesso cavaliere arrestarsi inappuntabilmente, come da manuale, "sugli appiombi" della propria cavalcatura, "fare piede a terra" e rivolgersi con prorompente simpatia a noi giovani spettatori per un robusto "drink" che pareva far abbondantemente parte della sua dieta… Era il conte Alessio Orlov, antico capitano degli Ussari della Guardia di Sua Maestà l'Imperatore di Russia, decorato dell'Ordine Militare di San Giorgio con sciabola d'onore, per valore dimostrato sul campo di battaglia, nonché rappresentante di una stirpe la cui storia si confonde con quella della Russia imperiale.
    Diventammo presto amici e innumerevoli furono gli episodi della sua vita passata che Alessio Orlov (passammo presto al "tu" nonostante la mia assai più giovane età) mi raccontò con divertente «verve», episodi tutti più o meno centrati nell'elegante ambiente militare della Guardia Imperiale russa, a San Pietroburgo dove la Guardia stessa fu sempre, quasi esclusivamente, destinata.
    Alessio era, come già detto, di grande famiglia russa, del ramo comitale (l'altro ramo, primogenito, era decorato del titolo principesco) e fu lui ad avermi introdotto anche nel Circolo russo-imperiale di Roma in Via delle Colonnette dove l'ambiente, pur decoroso, non poteva però nascondere la povertà materiale dei soci e di tutto l'insieme. Tuttavia l'atmosfera generale era comunque di grande dignità, addirittura con l'osservanza di precedenze protocollari rigorose, secondo le antiche regole imperiali, mentre i pochi dipinti nonché oggetti vari facevano rivivere appieno le tradizioni di un mondo perduto che quasi risuscitò, prodigiosamente, una certa sera quando la stessa Granduchessa Xenia Alexandrovna, sorella superstite dell'ultimo Zar, fu accolta entusiasticamente dal Circolo in occasione di una visita a Roma dell'illustre ospite, solitamente residente in Francia.
    Conobbi attraverso i racconti di Alessio la "scapigliatura" dei giovani ufficiali della Guardia (tutti rigorosamente di antica nobiltà) negli anni immediatamente precedenti la prima guerra mondiale, le sanguinose battaglie di quest'ultima con le enormi perdite umane, l'altrettanto sanguinosa guerra civile della "Guardia Bianca" contro i bolscevichi, la ritirata finale in Crimea nel 1920 e l'esilio di tutto un esercito rimasto a lungo inquadrato anche all'estero, sempre fedele agli ideali dell'Impero.
    Lo stesso Alessio viveva in grandi ristrettezze guadagnandosi da vivere modestamente come consulente dei nostri "Servizi", ospitato da casa Colonna in una mansarda del principesco palazzo omonimo mentre più di un proprietario gli affidava il proprio cavallo da "lavorare"; in tutto il suo modo di essere egli dimostrava sempre una grande signorilità con cultura linguistica e generale veramente internazionale mentre particolarmente suggestivi erano i pochi ricordi materiali rimastigli come alcune lettere dello Zar Nicola II e della Zarina Alessandra, insieme a poche fotografie della brillante vita di un tempo.
    Altro personaggio russo di quell'ambiente equestre romano era l'anziano barone baltico Paolo von Zidroevsky che ricordo come partisse quasi ogni giorno, di primissimo mattino, dalle scuderie della Società Ippica della Farnesina (vicino all'attuale Ministero degli Esteri), con una «charrette» tirata dal suo robusto «poney» "Dudù", dietro la quale trottava "sotto mano" l'altro suo destriero, "Sciampagne", una vecchia cavallona di razza prussiana Trakennen che costituivano nell'insieme la modesta struttura del barone, per l'istruzione a cavallo di bambini ed adulti a Villa Borghese.
    Von Zidroevsky era anche esso un ex ufficiale dei Lancieri della Guardia di Sua Maestà Imperiale (ne trovai traccia negli antichi Annuari durante la mia permanenza in Russia) e, sia pur infagottato in un vecchio pastrano militare grigioverde con un semplice berretto da palafreniere in testa, dette sempre prova della sua naturale signorilità, ma la elevatezza del suo animo si espresse specialmente quando decise di mantenere comunque in scuderia come «pensionata» la vecchia cavalla "Sciampagne", ormai azzoppatasi per sempre a causa dell'età, con gravissimo aggravio per le proprie povere finanze: così erano fatti quei superstiti di un ceto che illustrò per tanto tempo la Russia Imperiale, dai quali ho voluto iniziare sentimentalmente prima di dilungarmi sotto il profilo tecnico sulla storia dello stesso ceto, a cominciare da un grande della letteratura europea.
    Lo scrittore russo Fedor Mikhailovich Dostojevsky, antico ufficiale del Genio dell'esercito imperiale, figlio di un cavaliere degli Ordini di San Vladimiro e di Sant'Anna trucidato dai propri contadini in una delle frequenti "jacqueries" del tempo, era nobile di antica razza quale discendente da un bojaro del XVI secolo proprietario del villaggio di Dostojevo da cui venne appunto il cognome della famiglia.
    Particolarmente sofferto dovette quindi essere stato per lui questo suo brano terribilmente profetico, scritto già nel 1877, sulla nobiltà russa: "Quei sibariti, quei luculli che divorano i bei resti delle loro fortune nei locali alla moda parigini non prevedono certo che i loro figli, i piccoli angioletti di oggi con i loro vestitini all'inglese, si vedranno ridotti a mendicare attraverso l'Europa oppure a lavorare come semplici operai in Francia od in Germania …".
    Ma se la profezia del nobile Dostojevky ha avuto purtroppo una tragica conferma per la generalità dell'antica classe dirigente dell'Impero Russo, quest'ultima non poteva invece assolutamente identificarsi, nel suo complesso, con quella frangia minoritaria anche se appariscente che si dedicava, specie negli ultimi tempi dello Stato zarista, a quella vita dissipata tanto fustigata dal grande autore de "I fratelli Karamazov" e di molti altri capolavori.
    In realtà quella classe, in quanto tale, era tutt'altro che oziosa, salvo sempre evidentemente le non infrequenti eccezioni individuali, tanto che la propria dedizione al servizio dello zar e quindi dello Stato costituiva per essa un vero e proprio obbligo pubblico sancito inizialmente per legge dallo stesso Pietro il Grande con il suo famoso Ukaze del 24 gennaio 1722, istitutivo di quello che venne chiamato il sistema della "Tavola dei Ranghi".
    Trattavasi cioè di un quadro generale delle carriere statali con l'elencazione dei vari gradi nelle singole amministrazioni (cioè le Forze Armate, tra cui "in primis" la Guardia Imperiale, il Servizio Civile, il Servizio di Corte ed in seguito anche l'Università degli Studi ed il Clero) comparando i gradi stessi tra loro ai fini della collocazione nella gerarchia dello Stato mediante la divisione in 14 livelli di importanza.
    Pur non facendosi alcun riguardo in tale Tavola alla nascita degli individui appartenenti alle varie carriere in quanto solo il grado gerarchico faceva testo a tutti gli effetti, incluse le precedenze, l'Ukaze di Pietro il Grande stabiliva anche contestualmente quelli che resteranno fino all'ultimo i principii fondamentali per la nobiltà russa e cioè: ogni individuo nobile era tenuto, salvo comprovate eccezioni ammesse, a prestare il proprio servizio in una delle carriere statali previste dalla "Tavola dei Ranghi" ma preferibilmente nelle Forze Armate che furono sempre privilegiate, specie la Guardia (in questa ultima, ad esempio, i gradi degli ufficiali equivalevano al grado superiore degli ufficiali dei Corpi di Linea); ogni famiglia nobile rimasta assente dal servizio allo Stato per due generazioni consecutive perdeva la propria nobiltà venendo iscritta addirittura nelle liste dei "contadini di condizione libera esenti da imposta" (ricordiamoci che a quell'epoca esisteva in Russia la servitù della gleba durata fino al 1861) …; l'accesso al servizio statale era paritetico per nobili e non nobili, iniziante per tutti indistintamente dall'ultimo grado della "Tavola dei Ranghi" senza privilegi di sorta per alcuno.
    Solo i nobili oltre al diritto, avevano però anche l'obbligo di "servire" ed anzi, nella fase iniziale del nuovo sistema, i nobili aspiranti alla carriera militare dovevano addirittura iniziare da soldati semplici della Guardia Imperiale; per contro veniva attribuita la nobiltà ereditaria al raggiungimento di determinati gradi nelle varie carriere, a seconda di come queste venivano considerate dal Sovrano. Così ad esempio per il Servizio militare si accedeva già subito alla nobiltà ereditaria con il grado di Sottotenente (14° livello, ultimo cioè nella "Tavola dei Ranghi") mentre per il Servizio Civile occorreva attendere l'8° livello ed accontentarsi nel frattempo della nobiltà personale … Lo zar si riservava sempre naturalmente il potere di creare nuovi nobili e di elargire titoli nobiliari autonomamente da questo nuovo sistema: Pietro il Grande, può considerarsi il
    fondatore della nobiltà russa moderna e la storia precedente della più antica nobiltà può infatti essere tralasciata in questa sede perché irrilevante con il nuovo assetto durato fino alla Rivoluzione del 1917.
    Dall'epoca di Pietro la nobiltà si apre veramente a tutti, con la nobilitazione tramite la "Tavola dei Ranghi", tanto che dal primo censimento del 1737 in cui risultavano circa 250.000 individui nobili inclusi le donne, si passa a quello del 1812 con 800.000 individui mentre nel 1912, poco prima del crollo, i nobili erano addirittura arrivati alla cifra di 1.900.000 per entrambi i sessi, equivalenti a circa 100.000 famiglie nobili: la percentuale sulla popolazione totale russa (circa 165 milioni nel 1912) rimase tuttavia pressoché stabile, intorno all'1% dal principio del XIX secolo alla fine dell'Impero.
    Si può quindi sottoscrivere la definizione data da un valido studioso russo nel 1875, proprio nel periodo quindi del già citato scritto profetico di Dostojevsky: "La nobiltà russa ha caratteristiche speciali, uniche per certi aspetti e non presenti altrove in Europa. Due cose la distinguono specialmente: anzitutto il fatto che essa non è mai stato altro che uno strumento del potere Sovrano, inteso esclusivamente come una unione di uomini dediti al pubblico servizio e poi che l'accesso alla nobiltà stessa è stato sempre aperto con un rinnovo incessante dal basso …".
    Anche se la nobiltà creatasi attraverso la "Tavola dei Ranghi" ebbe comprensibilmente il maggior impatto numerico è chiaro comunque che accanto ad essa continuava ad esistere l'antica nobiltà preesistente alle riforme di Pietro, alla quale veniva ad aggiungersi la nuova nobiltà creata autonomamente dagli zar al di fuori della "Tavola dei Ranghi": tutti però dovevano sottostare, ed è bene sottolinearlo ancora, all'obbligo del servizio (da ultimo si trattò ormai solo di un dovere morale-sociale e non più strettamente giuridico, ma fu sempre sentitissimo).
    Tale situazione generale era rispecchiata anche dal successivo ordinamento integrativo sulla nobiltà istituito da Caterina II il 21 aprile 1785, pure esso durato fino al 1917, secondo cui ogni Governatorato dell'Impero doveva tenere aggiornati i registri nobiliari, per famiglie ed individui, della propria regione, divisi in sei parti: nella I venivano scritte le famiglie ed i propri componenti nobilitate con Lettere Patenti del Sovrano al di fuori della "Tavola dei Ranghi", nella II parte venivano iscritte le famiglie nobilitate grazie al Servizio Militare della "Tavola" stessa, nella III parte quelle nobilitate per Servizio Civile o per essere state insignite delle classi nobilitanti dei vari Ordini cavallereschi imperiali (quelli cioè di Sant'Andrea, di Santa Caterina per sole dame, di Sant'Alessandro Nevsky, che fu addirittura riesumato dallo Stato Sovietico, dell'Aquila Bianca, di Sant'Anna, di San Stanislao, di San Vladimiro e soprattutto quello di San Giorgio, solo per militari, ineguagliato quanto a prestigio di valore e di gloria).
    Continuando diremo che nella IV parte di ciascun Registro nobiliare dei Governatori venivano iscritte le famiglie di origine straniera alla Russia propriamente detta e quindi anche quelle polacche, baltiche, georgiane e mongole. Nella V parte venivano iscritte le famiglie fregiate di titolo nobiliare indipendentemente dall'origine della loro nobiltà mentre infine nella VI parte venivano iscritte le famiglie di antica nobiltà, anteriore cioè al 1685.
    Fatalmente sotto il profilo sociale erano quasi sempre le famiglie fregiate di titolo ad avere il maggior risalto anche perché quei titoli erano oggettivamente o di antica origine oppure, per i più recenti, erano la indubbia conseguenza del favore sovrano per meriti speciali acquisiti nei confronti dello zar, il tutto accompagnato in genere da ingenti patrimoni raramente riscontrabili tra le famiglie della massa nobiliare non titolata.
    Fino a Pietro il Grande l'unico titolo esistente in Russia era quello di principe e le famiglie che ne erano insignite discendevano quasi tutte da Rurik, il sovrano fondatore della prima dinastia russa intorno all'800 dopo Cristo (citiamo a caso, tra la quarantina di casate ancora esistenti gli Obolensky, i Bariatinsky, i Dolgorouky) oppure discendevano da Gedimin primo re di Lituania morto nel 1341 (da cui ad esempio i Golitzine, i Troubetzkoy, eccetera) oltre ai principi georgiani come i Tchavchavadze, gli Eristov, i Bagration, assimilati solo più tardi all'impero: tutte famiglie queste che godevano del titolo principesco "ab immemorabili" essendo di ascendenza quasi sovrana.
    Fu proprio Pietro il Grande, occidentalizzante anche in questo, ad iniziare la prassi dei conferimenti di nuovi titoli nobiliari, con relativa creazione «ex novo» di stemmi prima inesistenti in Russia, aggiungendo al titolo di principe anche i titoli di conte e di barone (l'unico titolo di duca ed i soli quattro titoli di marchese della nobiltà russa erano di origine straniera) con trasmissibilità a tutti i discendenti, maschi e femmine.
    Anche in questo contesto appare chiara la imparzialità del favore Sovrano volta solo a riconoscere gli effettivi servizi eccezionali ottenuti: così accanto al bojaro di antica schiatta Boris Petrovich Cheremetev, maresciallo di Russia, eroe della battaglia di Poltava che ricevette nel 1706 il primo titolo di conte dell'Impero Russo, vediamo il nuovo venuto Alessandro Danilovitch Menchicov, ex pasticciere divenuto valletto di camera di Pietro il Grande e quindi suo grande favorito, per le indubbie qualità che in mancanza di raffinatezza aristocratica lo portarono tuttavia alla carica di feldmaresciallo (fu in effetti un ottimo capo militare), creato principe.
    Altra grande famiglia "nuova" fu quella, già citata in precedenza, dei principi e conti Orlov fondata da Giovanni Orlov, soldato del corpo scelto degli streliti, condannato a morte per ribellione insieme a migliaia di suoi compagni, graziato e poi prediletto da Pietro il Grande che restò colpito dal suo intrepido coraggio, assistendo alle esecuzioni in massa come era suo barbaro costume. Infatti il giovane soldato chiamato a sua volta alla mannaia e trovato il passo impedito dalla testa mozzata di un compagno che lo aveva preceduto nel supplizio, le diede spavaldamente un calcio apostrofandola forte: "fatti in là, devo farmi strada anch'io"! Ben a ragione ebbe da allora il soprannome di "Orel", cioè l'Aquila, da cui il cognome Orlov.
    Alla fine dell'Impero, nel 1917, le famiglie fregiate di titolo erano circa 800, delle quali 250 principesche (ormai solo 1/6 tra loro discendevano da Rurik o da Gedemin mentre tutte le altre erano di origine polacca, georgiana, mongola oppure di nuova estrazione); le famiglie comitali erano in numero di 300, quelle baronali di 250, mentre come già detto vi erano solo quattro famiglie marchionali ed una unica ducale. La ricchezza delle famiglie titolate era in generale notevole, basata specialmente su estese proprietà terriere che erano però molto spesso ipotecate per far fronte al dispendiosissimo tenore di vita (nel 1916 ben il 56% di tali proprietà erano gravate da ipoteche).
    Innumerevoli volte le famiglie della nobiltà russa espressero figure di grandissimo rilievo in ogni campo: così iniziando ad esempio dal principe Odoievsky (autore del Codice di Diritto del 1649), si può passare alla singolare figura del principe Kropotkin che fu uno dei più famosi capi anarchici del XIX secolo e quindi ai moltissimi capi militari quali i famosi Suvorov e Koutouzov. Tra i geni letterari e poetici rammenteremo oltre al già citato Dostoievsky, Gogol, Puschkine ed il meno conosciuto all'estero, nobile Boratisnky, anche esso grande poeta, Lermontov, Leone Tolstoi, Turgenev, Gontscharov; tra i musicisti Rimsky-Korsakov, Tchaikowsky, Glinka, Moussorgsky e poi il principe scultore Troubetzkoy, fino agli ultimi tempi prima della Rivoluzione (guidata, quest'ultima, dal nobile Vladimir Ilijc Ulianov, il famigerato Lenin …) con il chimico Mendeleiev, il coreografo Diaghilev, i musicisti Rahmaninov e Skriabine, il biologo Timiriasev, lo scrittore Alessio Tolstoi, cugino di Leone, divenuto poi Accademico delle Scienze Sovietico ed ai tempi nostri Nabokov il noto autore di "Lolita" … tutta una serie illustre di personalità che già da sole giustificano il rinnovato interesse degli studiosi sulla nobiltà russa cui esse appartennero, tra i quali Patrick da Gmeline ai cui scritti sono dovute tante notizie.
    Ma le più avvincenti di queste le appresi, per quanto riguarda specialmente le vicende umane, dalla viva voce di altri personaggi, simili a quelli ricordati all'inizio, da me incontrati durante una mia indimenticabile residenza professionale in Russia negli ultimissimi tempi dell' "Impero del male" ovvero sovietico, ma questa è un'altra esperienza la cui rievocazione risparmio ai cari consoci di VIVANT, almeno per ora …

    Gustavo di Gropello

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    Predefinito Rif: Notizie sulla nobiltà Russa d'antan

    Complimenti Joseph, bella pagina di cultura che la gente ormai ha dimenticato, pe colpa di una dittatura bolscevica durata oltre 70 anni, sai quanti giovani credono che Russia sia sempre stata comunista? Quasi tutti, ormai non leggono più le scuole non insegnano, hai fatto bene a postare questa interessantissima pagina di storia, forse qualcuno s'incuriosisce e va a documentarsi, sarebbe splendido.
    Io ho sempre letto, di tutto cose impegnative e cose fatue, pensa che ero in grado di leggere a 4 anni,la gente che mi sentiva leggere rimaneva stupota, certo no capivo niente di quello che leggevo, ma la passione di leggere mi è rimasta, come mi è rimasta la curiosità per la storia.
    Ada

  3. #3
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    Predefinito Rif: Notizie sulla nobiltà Russa d'antan

    --scusami se ti riscontro tardivamente,ma non riesco a stare dietro a ciò che scrivo ,semplicemente perchè sono un po' disordinato e un po' pigro nel mio ordine delle cose.
    Naturalmente sono sorpreso di avere ricevuto un riscontroensavo proprio che sarei stato sullo zero.
    E devo confessarti che molti dei miei inviti stanno lì, coraggiosamente a sfidare la kultura che passa oltre perchè è ,o superbamente ignorante ,o semplicemente è di livello ordinario della nostra Società.
    Sì,la storia russa è una mia passione che si ricollega a quella precedente che l'ha influenzata e orientata,quella bizantina,e quella precedente ancora fino ad Erodoto.
    Insomma credo di essere fuori tempo.
    Oggi chi mi sta d'intorno pensa al suo presente arido senza passato e futuro e mi si stringe il cuore.
    Riguardo alla Letteratura ritengo poi che quella russa,sia stata ,prima della rivoluzione di Lenin ,e sia l'università degli spiriti liberi ,indipendentemente dalla Nazione di appartenenza.
    Ultimo libro letto dei russi: F. Dostoevski,-l'Adolescente che consiglierei a chi ami indagare l'aspetto psicologico dei personaggi.
    Ma primo libro ,dello stesso autore,insuperabile a mio avviso,è stato - Delitto e Castigo-che ho letto più volte trovandovi sempre nuove chiavi di lettura e motivi di riflessione ma che lessi per la prima volta tanti anni fa nelle ore di ozio a militare quando i giovani ancora vi andavano per imparare ad ubbidire e imparare regole di rispetto per il prossimo e l'Autorità che oggi viene irrisa per colpa propria avendo messo all'incanto la propria autorevolezza.
    Cordialità.

  4. #4
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    Predefinito Rif: Notizie sulla nobiltà Russa d'antan

    ( Anche questa è Storia)

    Russi in Italia
    italianoрусский
    Chiesa russa di Roma
    Michail Talalay


    La chiesa russa di Roma è la più antica tra le chiese russe in Italia. Su proposta del Collegio degli Affari Esteri, il 6 ottobre 1803 l'Imperatore Alessandro I firma il decreto per la creazione della "chiesa greco-russa" presso la missione diplomatica russa di Roma, ma le guerre napoleoniche rinviano il progetto della chiesa, che viene allestito solo venti anni dopo la firma del decreto imperiale, nel 1823. La chiesa, ad un solo altare, intitolata a San Nicola Taumaturgo, ha la sua collocazione nello stesso edificio dell'ambasciata, in Corso 518. Per tutto il secolo la chiesa " migra" da un palazzo all'altro: nel 1828 a Palazzo Odescalchi in Piazza Santissimi Apostoli, dal 1836 al 1845 a Palazzo Doria Pamphili in Piazza Navona, dal 1845 a Palazzo Giustiniani vicino al Pantheon, dal 1901 a Palazzo Menotti in Piazza Cavour, dal 1932 nella sede attuale.
    Come tutte le chiese all'estero, anche quella di Roma è ascritta all'eparchia di San Pietroburgo, ma per molti aspetti, soprattutto quello materiale, dipende dal Ministero degli Affari Esteri ed è denominata "dell'ambasciata". Ne sono stati rettori sacerdoti scelti tra monaci che avevano la dignità di archimandrita.
    All'archimandrita Kliment, approdato a Roma nel 1898, appartiene l‘iniziativa della costruzione di una chiesa russa nella «capitale del cattolicesimo romano»; fin dall'inizio del proprio rettorato l'archimandrita insiste sulla «necessità che ci sia una chiesa ortodossa corrispondente alla dignità dell'Ortodossia ed alla grandezza della Patria». Già nel 1898 si dà inizio alla raccolta dei mezzi, che nel 1900 è ufficialmente permessa dall'Imperatore Nicola II, che contribuisce con "l'obolo dello zar", nella misura di diecimila rubli. Per la questua l'archimandrita Kliment si reca perfino a Mosca, dove riceve denaro dai granduchi Sergej Aleksandrovič e Michail Nikolaevič, dagli industriali moscoviti e dagli industriali dell'oro della Siberia: in totale sono raccolte 265.000 lire italiane. Il conte L. A. Bobrinskij (morto nel 1915) promette di donare per la costruzione della chiesa il proprio palazzo con giardino nel centro di Roma, Villa Malta.
    Purtroppo il nuovo rettore designato nel 1902, l'archimandrita Vladimir (Vsevolod Putjata), segue una diversa linea di comportamento: mette in dubbio il valore della proprietà del conte Bobrinskij (Villa Malta passa così agli eredi di Bobrinskij e in seguito ai padri gesuiti) e propone di individuare un altro spazio per la chiesa; nonostante ciò l‘opera va avanti e nel 1906 è formato il Comitato di fabbriceria, del quale entrano a far parte i diplomatici russi in Italia, i membri della Colonia russa e l'archimandrita Vladimir.
    Dal 1914 al 1916 regge la chiesa l'archimandrita Filipp, il quale riforma la composizione del Comitato di fabbriceria, guidato ora dal principe S. S. Abamelek Lazarev, che impone un altro architetto, Vincenzo Moraldi. A nome dell'ambasciata russa viene acquistata un'area sulla riva del Tevere, vicino al Ponte Margherita (Lungo Tevere Arnaldo da Brescia). La morte nel 1916 di Abamelek Lazarev e le vicende russe pongono fine alla costruzione della chiesa: nel 1924 l'ambasciata sovietica s‘impossessa dell'appezzamento di terreno, che è in seguito venduto.
    Un nuovo periodo della storia della chiesa russa è collegato con la designazione a Roma nel 1916 dell'archimandrita Simeon (Sergej Grigor'evič Narbekov), che qui visse per quasi mezzo secolo (morto nel 1969, riposa al cimitero del Testaccio). Nella primavera del 1921 egli fonda la parrocchia di Roma ed organizza il Consiglio parrocchiale, del quale entrano a far parte cento membri effettivi, con a capo l'ex console generale G. P. Zabello. In questo modo la chiesa privata presso l'ambasciata russa (poi sovietica) diviene indipendente. Un ulteriore passo decisivo è il riconoscimento della parrocchia come Ente Morale, con decreto reale del 14 novembre 1929 e il suo trasferimento nel palazzo di M. A. Černyševa (Palazzo Czernycheff). La principessa Cernyševa (morta nel 1919) aveva fatto lascito alla chiesa russa del proprio palazzo in Via Palestro già nel 1897, ma per complicazioni di ordine giuridico la parrocchia entra in possesso dell'eredità solo nel 1931. Il 10 aprile 1932 la chiesa viene consacrata e vi sono collocate le decorazioni, portate da Palazzo Menotti.
    Intanto il progetto di costruzione di una nuova chiesa viene seguito dall'architetto principe V. A. Volkonskij e dall'ingegner F. Poggi; per il suo allestimento sono di grande aiuto la principessa S. N. Barjatinskaja (in memoria del proprio defunto marito V. V. Barjatinskij), la principessa S. V. Gagarina (in memoria dei propri genitori defunti) ed anche la regina d'Italia Elena di Savoia (di Montenegro).
    Nel periodo postrivoluzionario la comunità russa è molto aiutata dalla principessa M. P. Abamelek Lazarev, nata Demidova, che viveva tra Pratolino e la villa di Roma del defunto marito (Villa Abamelek Lazarev, oggi residenza dell'ambasciatore russo). La principessa provvedeva al sostentamento del parroco e di alcuni parrocchiani: nel 1921 ella riceve per questo il titolo onorifico di "patrona della chiesa". Un aiuto materiale viene prestato anche dalle ambasciate serba e bulgara.
    La Seconda Guerra Mondiale porta in Italia moltissimi ex-deportati; la vita della chiesa è ravvivata anche dalla presenza degli ortodossi presenti tra le truppe degli Alleati. Negli anni ‘50 e ‘60 la parrocchia di Roma dà la propria assistenza anche al campo profughi di Latina. Oggi la comunità è tornata sotto la giurisdizione della Chiesa Russa (Patriarcato di Mosca).

    Fonti e bibliografia
    Archivio della chiesa russa di Roma (libri d'archivio, verbali delle assemblee, corrispondenza, ecc.).
    Fondi sinodali dell'Archivio Russo Storico di Stato.
    Rev. A. P. Mal'cev, Le chiese ortodosse e le istituzioni russe all'estero, Berlino, 1906 (in russo).
    «Le chiese ortodosse russe in Europa occidentale», «Bollettino dell'eparchia di Tula», N°N° 35-37, 1907 (in russo).


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    Citazione Originariamente Scritto da joseph Visualizza Messaggio
    --scusami se ti riscontro tardivamente,ma non riesco a stare dietro a ciò che scrivo ,semplicemente perchè sono un po' disordinato e un po' pigro nel mio ordine delle cose.
    Naturalmente sono sorpreso di avere ricevuto un riscontroensavo proprio che sarei stato sullo zero.
    E devo confessarti che molti dei miei inviti stanno lì, coraggiosamente a sfidare la kultura che passa oltre perchè è ,o superbamente ignorante ,o semplicemente è di livello ordinario della nostra Società.
    Sì,la storia russa è una mia passione che si ricollega a quella precedente che l'ha influenzata e orientata,quella bizantina,e quella precedente ancora fino ad Erodoto.
    Insomma credo di essere fuori tempo.
    Oggi chi mi sta d'intorno pensa al suo presente arido senza passato e futuro e mi si stringe il cuore.
    Riguardo alla Letteratura ritengo poi che quella russa,sia stata ,prima della rivoluzione di Lenin ,e sia l'università degli spiriti liberi ,indipendentemente dalla Nazione di appartenenza.
    Ultimo libro letto dei russi: F. Dostoevski,-l'Adolescente che consiglierei a chi ami indagare l'aspetto psicologico dei personaggi.
    Ma primo libro ,dello stesso autore,insuperabile a mio avviso,è stato - Delitto e Castigo-che ho letto più volte trovandovi sempre nuove chiavi di lettura e motivi di riflessione ma che lessi per la prima volta tanti anni fa nelle ore di ozio a militare quando i giovani ancora vi andavano per imparare ad ubbidire e imparare regole di rispetto per il prossimo e l'Autorità che oggi viene irrisa per colpa propria avendo messo all'incanto la propria autorevolezza.
    Cordialità.
    Joseph, pensa che io lessi delitto e castigo a 15 anni, logicamente ci capii poco, come lessi L'idiota, sempre a quel'età, la letterat russa mi ha sempre affascinato, poi logicamente li ho riletti ad un'età più adulta, e mi si è aperto un mondo.
    No non sei un uomo fuori tempo tempo, sei un uomo che ama sapere, sei curioso, e solo la cultura ti dà ti insegna a vivere, infatti il mondo di oggi è senza sentimenti, senza ideali, senza rispetto, senza la cultura l'uomo torna indietro, infatti vedi in che mondo viviamo, in un mondo che diventa sempre più bestiale.
    Scrivi amico mio , io ci sarò , non conta molto , ma io ti leggerò, sono curiosa e la letteratura mi piace, e u sei bravissimo.
    Ciao caro Joseph
    Ada

  6. #6
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    Predefinito Rif: La Storia è anche la storia minima,la Nostra e dell'Anima

    Colgo l'occasione per tediarti su un aspetto di noi stessi.
    La domanda che qui vedi sotto non può essere fatta a tutti perchè la Natura,nella sua saggezza,non volle e non desidera che l'intelligenza sia democratica: per dispiegarsi dev'essere nobile e aristocratica e conseguire le conquiste dell'intelletto.

    Dunque, nobile Ada,

    Cos’è l’Anima?

    qualcuno potrebbe saperlo ma molti pensatori filosofi , fin dall'antichità, ne hanno dato un'interpretazione( Platone -nel Fedone-),per non parlare delle religioni.
    Cosa se ne può pensare?
    Intanto ,considera il nostro linguaggio quando esclamiamo:è un essere animato!(ipotizziamo che esista un'energia che anima);
    è un corpo inanimato!( ipotizziamo che sia privo di quell'energia che lo aveva animato ).
    Ecco che ora sappiamo che esiste l'anima che non è un’energia meccanica come sosterrebbe un positivista sviluppatasi per reazione chimica).
    L'energia meccanica , come si sa dalla fisica, o è una trasformazione di un'altra forma di energia ,e quindi deriva da una causa ( una forza) o non è.
    Si aggiunge inoltre nella Scienza moderna che nulla si crea,nulla si distrugge ma tutto si trasforma.
    La scienza moderna con questo principio/postulato si è preclusa la possibilità di procedere nello studio di altre forme di energia?
    Se ciò che si afferma è vero, che forma di energia sarà mai quella che ci anima e ci caratterizza come individui?

    La reazione chimica ha bisogno di elementi che la rendano possibile e nel corpo umano questi elementi ci sono tutti nel momento del trapasso , un attimo prima e un attimo dopo.
    Cosa viene a mancare dunque che non consenta al corpo di essere ancora animato? I materialisti diranno: un catalizzatore!
    Non oserebbero mai nemmeno pensare che possa essere l'Anima,
    retaggio di una forma di superstizione religiosa.
    Qui la Religione proprio non ha dominio.
    La religione è opera degli uomini , l'anima invece la precede e non ci appartiene ma ci dà la vita che non avevamo chiesto né sapevamo che esistesse ma lei entrando in noi ci ha sussurrato :eccomi qua e rispettami!
    Perché viviamo allora?
    Questa è una domanda a cui nessuno scienziato saprebbe mai soddisfare mentre un pensatore , non ancora filosofo , potrebbe suggerirci delle ipotesi,delle possibilità.
    (Nel libro il deserto dei Tartari di Buzzati c'è un gioiello letterario :la fuga del tempo- in cui l'autore sogna ,nei panni del giovane tenente Drogo in una ridotta della fortezza Bastiani, una lunga strada deserta che sfocia al termine in una distesa liquida di color piombo.Naturalmente si tratta di un'allegoria del nostro esistere in cui possiamo trovarvi delle analogie.Ma è la nostra Anima che parla).
    Infine,
    da quanto hai scritto traggo alcune intuizioni sulla tua anima sensibile e stimo che vorresti sentire in audio ,dalla voce di un bravissimo attore, il pezzo in questione ; dovresti però fornirmi un indirizzo e mail a cui appoggiare il files relativo, unito a quello del commento sonoro ,che è una perla del grande Morriconi.
    Cordialità.
    by Joseph F

  7. #7
    Me ne frego
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    Predefinito Rif: Notizie sulla nobiltà Russa d'antan

    Ciao Joseph, grazie per le belissime parole, che mi hai scritto, è vero sono una persona molto sensibile ed molto facile farmi del male, anche se sembra il contrario, mi sono dovuta costruire una corazza, che mi fa sembrare più dura e strafottente,, per non permettere agli altri di ferirmi, ma è solo una corazza , dentro ci sono sempre io, con la mia sensibilità e con la mia fragilità.
    Sarei felicissima di poter ascoltare da un attore i pezi di cui parlavi, ma ho il computer che deve essere messo a posto, perchè mi è saltato l'audio, fra pochi giorni, un nostro amico tecnico, verrà a rimetterlo a posto, appena il lavoro sarà fatto, ti darò il mio indirizzo, così potrò ascoltare i pezzi che mi manderai,
    Ti ringrazio a presto Joseph, posso chiamarti mio caro amico?
    Spero di si.
    Ada
    p.s continua a scrivere è bellissimo leggerti

  8. #8
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    Predefinito Rif: Notizie sulla nobiltà Russa d'antan

    Ciao Joseph, grazie per le bellissime parole, che mi hai scritto, è vero sono una persona molto sensibile ed molto facile farmi del male, anche se sembra il contrario, mi sono dovuta costruire una corazza, che mi fa sembrare più dura e strafottente,, per non permettere agli altri di ferirmi, ma è solo una corazza , dentro ci sono sempre io, con la mia sensibilità e con la mia fragilità.
    Sarei felicissima di poter ascoltare da un attore i pezzi di cui parlavi, ma ho il computer che deve essere messo a posto, perchè mi è saltato l'audio, fra pochi giorni, un nostro amico tecnico, verrà a rimetterlo a posto, appena il lavoro sarà fatto, ti darò il mio indirizzo, così potrò ascoltare i pezzi che mi manderai,
    Ti ringrazio a presto Joseph, posso chiamarti mio caro amico?
    Spero di si.
    Ada
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