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    Predefinito Intercettazioni: Prime Indiscrezioni

    Intercettazioni/ Fassino chiede aiuto a Consorte per incontrarsi con Abete. E D'Alema avverte il presidente di Unipol che il suo telefono era sotto controllo
    Lunedí 11.06.2007

    Iniziano i veleni. Le intercettazioni contengono materiale esplosivo. E Affari può iniziare a dare informazione, in tempo reale su quanto emerge dalla cancelleria del giudice Clementina Forleo. Cancelleria che è accessibile ai soli avvocati difensori del caso Unipol-Bnl.

    Secondo un legale, il 5 luglio 2005 Fassino avrebbe chiesto aiuto - in una chiamata intercettata - a Consorte. Il segretario dei Ds infatti deve incontrarsi con Luigi Abete, presidente di Bnl, ma non sa cosa dirgli e chiede quindi aiuto.

    Il 14 luglio 2005 è invece D'Alema il protagonista. Il presidente della Quercia è a un convegno su Amendola con Pierluigi Stefanini, vicepresidente di Unipol. In quell'occasione D'Alema avverte Consorte della necessità di parlargli personalmente perchè il numero uno di Unipol è intercettato e quindi deve stare attento "alle comunicazioni". Decidono quindi di vedersi a cena, e D'Alema dà istruzioni a Consorte di parlare con Nicola Latorre (braccio destro dell'ex premier). In una telefonata successiva, infatti, Latorre e Consorte si mettono d'accordo per una cena a tre.

    Tre giorni dopo, il 17 luglio, Fassino chiama Consorte. Il presidente di Unipol riferisce di avere il 51,8 per cento di Bnl e che nell'operazione ha coinvolto quattro cooperative che fanno capo a Stefanini.

  2. #2
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    Ma non è finita qui. Secondo altre fonti, Latorre avrebbe parlato più volte con Consorte. In una di queste conversazioni, è caustico su Fassino. Per Latorre, il segretario "non capisce un tubo". E Consorte, all'altro capo del telefono, concorda. In un'altra conversazione, tra Latorre e Consorte, del 7 luglio 2005, l'ex presidente di Unipol informa il dalemiano doc che è stata raggiunta quota 70 percento. D'Alema si inserisce e gli dice: "Vai, facci sognare". Il 18 luglio Latorre chiama Ricucci. Ricucci dice: "Ecco il compagno Ricucci all'appello. Ormai stamattina a Consorte gliel'ho detto, datemi una tessera, non ce la faccio più". Latorre: "Ormai sei diventato un pericoloso sovversivo rosso". Ricucci: "Ho preso da Unipol, io. Tutto a posto, abbiamo fatto tutte le operazioni con Unipol".

  3. #3
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    Il 5 luglio 2005 Fassino avrebbe chiesto aiuto - in una chiamata intercettata - a Consorte. Il segretario dei Ds infatti deve incontrarsi con Luigi Abete, presidente di Bnl, ma non sa cosa dirgli e chiede quindi aiuto. Ecco la conversazione:

    - Fassino: Gli... gli altri cosa fa? Perchè mi ha chiamato Abete.
    - Consorte: sì
    - Fassino: chiedendomi di vederci, non mi ha spiegato, cioè voglio parlarti, parlarti a voce, a voce, viene tra un pò.
    - Consorte: uhm.
    - Fassino: su quel fronte lì cosa succede?
    - Consorte: mah, guarda, su quel fronte lì... eh noi con.. però tu... ma questa... eh... non gliela devi dire a lui...
    - Fassino: ma io non gli dico niente, voglio sapere, voglio solo avere elementi utili per il colloquio.
    - Consorte: no, no, no. No, no. Ti sto infatti...
    - Fassino: sto abbottonatissimo.
    - Consorte: eh. No, ma ti dico anche quello che puoi dire e non dire, solo questo.
    - Fassino: ecco meglio così. Dimmi tu.
    - Consorte: noi, sostanzialmente con gli spagnoli un accordo l'abbiamo raggiunto.
    - Fassino: sì.
    - Consorte: anzi, non sostanzialmente ma di fatto proprio, concreto. Uhm! Naturalmente ci siamo riservati di sentire i nostri organi. La telefonata proseguirebbe su argomenti personali per poi riprendere:
    - Fassino: ma sarebbe un accordo che si configurerebbe come?
    - Consorte: l'accordo si configura che noi aderiamo alla loro ops...
    - Fassino: eh.
    - Consorte: loro ci danno il controllo di Bnl Vita.

    La conversazione poco più sotto proseguirebbe:
    - Fassino: vi passano a voi le quote di Bnl Vita?
    - Consorte: sì.
    Dopo ancora qualche battuta, la telefonata andrebbe avanti
    così:
    - Consorte: sì, sì e soprattutto ci danno tutti gli assets, quindi otto miliardi di euro che Bnl Vita gestisce, cioè tutta l'azienda proprio, praticamente no? Poi ci danno un altro oggetto...
    - Fassino: ehm.
    - Consorte: che però non si può dire oggi.Ancora più avanti la telefonata proseguirebbe:
    - Consorte: e poi d'altra parte il vero problema è che noi non riusciamo a chiudere l'accordo con Caltagirone, questo è il problema vero.
    - Fassino: qual è il problema?
    - Consorte: fa richieste assurde.

  4. #4
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    Eh si! Qualcosa si scoprirà sulle anime candide del progresso socialcomunista.
    Ma bisogne mettere in conto che il soccorso rosso non troverà nulla di penalmente rilevante; e se lo dicono loro!....

  5. #5
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    Mah... Direi che un "rilievo" ci sta tutto.

  6. #6
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    Citazione Originariamente Scritto da FreeFlag Visualizza Messaggio
    Mah... Direi che un "rilievo" ci sta tutto.
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  7. #7
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    "Consorte facci sognare"
    di Dimitri Buffa


    Linguaggio calcistico, “Consorte facci sognare”, sarcasmo e insulti sugli avversari politici, precauzioni degne di esponenti della mala organizzata che si sentono sotto controllo. Manca solo la “ola” per lo sperato esito dell’operazione Unipol-Bnl, perché almeno quella al telefono non si può vedere. Anche se dalle indiscrezioni depositate ieri dal Gip milanese Clementina Forleo e immediatamente trapelate la si può agevolmente intuire. Dal punto di vista politico comunque la giornata di oggi vede sulla graticola soprattutto Massimo D’Alema con quell’intervento telefonico nella telefonata del 7 luglio 2005 tra Giovanni Consorte e Nicola Latorre. D’Alema prende la cornetta in mano e dice: “Consorte facci sognare”.

    Eccone il contenuto:

    Consorte (C): “Massimo noi ce la mettiamo tutta”.
    D'Alema (D): “facci sognare. Vai!”
    C: “anche perché se ce la facciamo abbiamo recuperato un pezzo di storia, Massimo. Perché la Bnl era nata come banca per il mondo cooperativo”.
    D: “e si chiama del Lavoro, quindi possiamo dimenticare?”
    C: “esatto. È da fare uno sforzo mostruoso ma vale la pena a un anno dalle elezioni”.
    D: “va bene, vai!"

    Poco prima il presidente di Unipol aveva spiegato, sia a La Torre sia a lo stesso D’alema, che Unipol poteva arrivare a prendere il 70% della Bnl. Le parole più compromettenti da un punto di vista giudiziario sono però quelle che intercorrono tra l’immobiliarista Stefano Ricucci e l’uomo forte di Massimo D’Alema, Nicola La Torre. La telefonata è del 18 luglio 2005, Stefano Ricucci parlando al telefono con Nicola Latorre dice ridendo: “Ormai, stamattina a Consorte gliel’ho detto, datemi una tessera perché io non ce la faccio più”. E Latorre: “Stefano”. Ricucci: “Eccolo il compagno Ricucci all’appello”. Dice Latorre a Ricucci: “Ormai sei diventato un pericoloso sovversivo. Rosso oltretutto”. Ricucci replica: “Ho preso da Unipol io tutto, tutto a posto, abbiamo fatto tutte le operazioni con Unipol”.

    Di quali operazioni parlava Ricucci? Non è inutile ricordare che in quel periodo Ricucci stava facendo la scalata alla Rcs-Corriere della Sera e che la vulgata dell’epoca voleva che fosse nell’interesse del Cavaliere Silvio Berlusconi. Questa telefonata però dipinge un lato bipartisan inedito di Ricucci e la cosa non farà molto piacere agli azionisti del quotidiano di via Solferino. Per non parlare dell’ipocrisia di chi a parole prese all’epoca le distanze da colui che veniva definito “un faccendiere” con cui in privato evidentemente coltivava interessi comuni.

    Ma le sorprese potrebbero non essere finite: in quelle 73 telefonate che i legali di 84 persone stanno visionando con modalità anomale, sotto il controllo di ufficiali di polizia giudiziaria e senza la possibilità di estrarne copia, sembra ci sia veramente di tutto. Ieri un anonimo finanziare parlando con le agenzie accennava anche al gergo scurrile, anche se penalmente irrilevante, che alcuni uomini del centro sinistra userebbero in privato quando parlano dei propri colleghi dell’opposizione. Gergo definito eufemisticamente “imbarazzante”. Poi ci sono le cautele sul telefono, evidentemente poco seguite, ma in compenso suggerite con un linguaggio che fa credere che ci sia stato molto da tenere nascosto sull’affaire Unipol. Ad esempio c’è la telefonata breve tra D’Alema e lo stesso Consorte del 14 luglio di due anni fa: “Dobbiamo vederci personalmente, stai attento alle comunicazioni”.

    Il 14 luglio del 2005 D'Alema è a un convegno su Amendola in compagnia di Stefanini della Lega delle cooperative e appunto avverte Consorte della necessità di vedersi di persona. D'Alema dice a Consorte di mettersi d'accordo con Nicola Latorre. Nella telefonata successiva viene raggiunto l'accordo tra Consorte e Latorre di vedersi a cena la domenica seguente a casa di Latorre. E anche Fassino era ben cosciente di ciò che bolliva in pentola, almeno da ciò che si può dedurre dalla telefonata tra lui e Consorte del 17 luglio 2005. “Abbiamo il 51,8% di Bnl – dice Consorte - e nell'operazione ho coinvolto 4 banche cooperative che fanno capo a Stefanini”. Qualche giorno prima, il 5 luglio, e sempre per telefono, Fassino stesso aveva chiesto istruzioni allo stesso Consorte in vista di un incontro che doveva avere con Luigi Abete, presidente della Bnl.

    Ecco il brano del colloquio così come tratto dalla perizia:

    Fassino (F): Gli... gli altri cosa fa? Perchè mi ha chiamato Abete.
    Consorte (C): sì
    F: chiedendomi di vederci, non mi ha spiegato, cioè voglio parlarti, parlarti a voce, a voce, viene tra un pò.
    C: uhm.
    F: su quel fronte lì cosa succede?
    C: mah, guarda, su quel fronte lì... eh noi con.. però tu... ma questa... eh... non gliela devi dire a lui...
    F: ma io non gli dico niente, voglio sapere, voglio solo avere elementi utili per il colloquio.
    C: no, no, no. No, no. Ti sto infatti...
    F: sto abbottonatissimo.
    C: eh. No, ma ti dico anche quello che puoi dire e non dire, solo questo.
    F: ecco meglio così. Dimmi tu.
    C: noi, sostanzialmente con gli spagnoli un accordo l'abbiamo raggiunto.
    F: sì.
    C: anzi, non sostanzialmente ma di fatto proprio, concreto. Uhm! Naturalmente ci siamo riservati di sentire i nostri organi.

    La telefonata proseguirebbe su argomenti personali per poi riprendere:

    Fassino: Ma sarebbe un accordo che si configurerebbe come?
    Consorte: l'accordo si configura che noi aderiamo alla loro ops...
    F: eh.
    C: loro ci danno il controllo di Bnl Vita.

    La conversazione poco più sotto proseguirebbe:

    Fassino: vi passano a voi le quote di Bnl Vita?
    Consorte: sì.

    Dopo ancora qualche battuta, la telefonata andrebbe avanti così:

    Consorte: Sì, sì e soprattutto ci danno tutti gli assets, quindi otto miliardi di euro che Bnl Vita gestisce, cioè tutta l'azienda proprio, praticamente no? Poi ci danno un altro oggetto...
    Fassino: ehm.
    C: che però non si può dire oggi.

    Ancora più avanti la telefonata proseguirebbe così:

    Consorte: e poi d'altra parte il vero problema è che noi non riusciamo a chiudere l'accordo con Caltagirone, questo è il problema vero.
    Fassino: qual è il problema?
    C: fa richieste assurde.

  8. #8
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    Fateci sognare

  9. #9
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    Le intercettazioni che riguardano l'attuale ministro degli Esteri
    D'Alema a Consorte su Bnl: «Facci sognare»
    L'ex manager Unipol: «Ce la mettiamo tutta, ne vale la pena a un anno dalle elezioni»

    Il Corriere della Sera

    MILANO - «Facci sognare! Vai!». È quel che avrebbe detto l'attuale ministro degli Esteri Massimo D'Alema all'ex presidente di Unipol, Giovanni Consorte, in una telefonata intercettata sull'utenza di Consorte alle 23,18 del 7 luglio 2005. Il colloquio è tra Consorte e Latorre, ma a un certo punto il telefono viene passato a D'Alema che, rivolgendosi a Consorte a proposito della scalata Bnl, secondo quanto è trapelato direbbe:
    D'Alema: «Va bene. Vai avanti vai!».
    Consorte: «Massimo noi ce la mettiamo tutta».
    D'Alema: «Facci sognare. Vai!».
    Consorte: «Anche perché se ce la facciamo abbiamo recuperato un pezzo di storia, Massimo. Perché la Bnl era nata come banca per il mondo cooperativo».
    D'Alema: «E si chiama del Lavoro, quindi possiamo dimenticare?»
    Consorte: «Esatto. È da fare uno sforzo mostruoso, ma vale la pena a un anno dalle elezioni».
    D'Alema: «Va bene, vai!».

    SECONDA INTERCETTAZIONE - In una seconda intercettazione effettuata il 14 luglio 2005, Massimo D'Alema, che si trovava a un convegno con Stefanini, avrebbe avvertito Consorte della necessità di parlargli personalmente e che Consorte stesso doveva, genericamente, fare attenzione alle comunicazioni. I due avrebbero così deciso di vedersi a cena e per questo D'Alema avrebbe invitato Consorte a prendere contatti per una cena da organizzare, la domenica successiva, a casa di Latorre.

    «POI VI RISPETTERANNO» - «Ho fatto un po' di chiacchierate, anche milanesi... Insomma, alla fine se ce la fate poi vi rispetteranno». Massimo D'Alema rassicura così, il 4 luglio 2005, Pierluigi Stefanini, presidente di Holmo, la holding della cooperative che controlla Unipol, in merito alle reazioni degli ambienti finanziari, anche di Milano, che non vedevano di buon occhio la scalata alla Bnl. La conversazione tra D'Alema e Stefanini avviene sul telefono dell'allora numero uno di via Stalingrado, Giovanni Consorte. Quel giorno l'attuale ministro degli esteri alle 9.46 aveva chiamato Consorte per comunicargli che l'europarlamentare dell'Udc Vito Bonsignore era andato a trovarlo in quanto avrebbe voluto una contropartita politica per rimanere nel contropatto dell'istituto romano che riuniva i cosiddetti «immobiliaristi» tra cui Stefano Ricucci. Contropatto che poi aveva ceduto la sua quota del 27,49% di Bnl per 2,2 miliardi alla Unipol.
    D'Alema: «Eh, Gianni, andiamo al sodo, se vi serve resta».
    E Consorte avrebbe ammesso: serve. A un certo punto Consorte avrebbe passato il suo cellulare a Stefanini:
    D'Alema: «Ringrazia i nostri amici (...). Fate bene i conti, non sbagliate i conti».
    Il dialogo poi proseguirebbe con una rassicurazione di D'Alema: «Comunque ho fatto un pò di chiacchierate anche milanesi...insomma alla fine, se ce la fate poi vi rispetteranno».

    11 giugno 2007

  10. #10
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    Compagno intercettato

    “La giustizia è uguale per tutti”, nelle aule di giustizia si trova scritto dove i giudici non possono leggerlo ed esserne distratti. In anni non lontani, difatti, una volta giunti in possesso d'intercettazioni dalle quali emerge che un indagato, per ipotesi di reato connesse al contenuto della conversazione, è invitato da un suo “referente politico” a non parlare per telefono, ad incontrarsi di persona dovendosi diffidare delle comunicazioni, sarebbe scattata immediatamente la richiesta d'arresto per evitare l'ulteriore inquinamento delle prove.



    Il parlamentare, dal canto suo, avrebbe ricevuto un avviso di garanzia. Se qualcuno avesse protestato (ed io lo avrei fatto), se si fosse detto che quello era un modo incivile di condurre le indagini, sarebbe intervenuto il capo della procura milanese, argomentando che la “pericolosità sociale” viene meno qualora si recidano i legami fra il singolo indagato ed il mondo politico e criminale che lo circonda e protegge, il che può ottenersi solo quando l'arrestato si decida a rendere confessione dei reati da lui commessi e ad indicare, con circostanziata precisione, il ruolo di ciascun complice. Taluno avrebbe protestato (io lo avrei fatto ed ancora lo faccio), ma la sinistra politica sarebbe insorta dicendo: la giustizia vada avanti, nessuno attenti all'autonomia dei magistrati.
    All'onorevole La Torre sfugge il nesso fra le sue conversazioni telefoniche, quelle del suo capo corrente, Massimo D'Alema, e la questione morale. Eccolo: essi usarono esattamente lo stesso strumento per azzerare un mondo politico democratico che aveva molte responsabilità, ma che aveva resistito, anche con finanziamenti irregolari, alla potente macchina propagandistica comunista, alimentata con soldi grondanti sangue. Il nesso sta nel fatto che essi hanno agito assai peggio di quel che oggi lamentano di subire, e se ancora hanno dei dubbi su quali furono le alleanze inquietanti di allora, guardino nel proprio governo, e ci troveranno Antonio Di Pietro, guardino nel loro gruppo parlamentare, e ci troveranno Gerardo D'Ambrosio, guardino nel loro gruppo europeo, e ci troveranno Elena Paciotti. Violante no, quello ce l'hanno sempre avuto.
    Tralascio le conversazione del povero Fassino, cui nessuno diceva niente ed era costretto a cercarsi in proprio direttive degli scalatori (i furbetti del quartierino, a Ricucci diano almeno i diritti d'autore) dovendo incontrare il presidente degli scalati, dando così un'idea davvero dignitosa ed indipendente della politica. E metto le mani avanti rispetto agli altri carichi di palta che finiranno presto nel ventilatore, affrontando due questioni politiche. La prima riguarda il garantismo, ovvero il rispetto del diritto e delle regole. Noi sappiamo cos'è, quindi siamo pronti, adesso, subito, a difendere la presunzione d'innocenza di ciascuno dei coinvolti. Tutti. Ma fra questi vi sono personaggi politici di primissimo piano che approfittarono bassamente di un giustizialismo forsennato e fascistoide, ed oggi si trovano al potere perché fu eliminata per quella via una classe politica che essi non riuscivano a battere elettoralmente, cioè per via democratica. Ecco, costoro sappiano che se ne devono andare. Non perché intercettati e magari anche indagati (tanto non lo è, uguale per tutti), ma perché la loro immoralità di allora ne rende illegittima la posizione di oggi. Non se ne andranno, naturalmente, così contribuendo a dare l'idea che la politica sia la miserrima arte del rimanere dove ci si trova, anche se s'è smarrita ogni forza e possibilità d'essere utili altro che a se stessi.
    Noi non ci abbasseremo mai ad usare oggi le loro armi di allora, ma le loro mani si lordarono quando approfittarono dell'orda giudiziaria per cercare di far dimenticare d'essere gli sconfitti dalla storia. E quando leggo le dichiarazioni dell'avvocato e parlamentare Calvi, il quale sostiene: «come non era difficile prevedere, ed era stato da noi previsto, a Milano il Tribunale si è trasformato in una sorta di circo mediatico illegale nel quale il nostro sistema di garanzie è stato travolto da una farsa indecorosa», cerco incuriosito la data, e scopro con divertito raccapriccio che sono di oggi.
    La seconda questione riguarda gli strateghi della “convenienza”. Nel mondo politico ce ne sono molti che sussurrano: non si deve alzare la voce, non si devono creare difficoltà a D'Alema, perché il mandante è Prodi, o, secondo altri, Veltroni. Gattini ciechi, a parte il fatto che se pensate la politica si faccia tutta dentro una certa sinistra potete anche chiudere bottega, ma da quale scuola venite per non accorgervi che l'Italia sta stramazzando e non può sorbirsi un altro decennio fondato sulla melma e la bugia? Ci sono cose che si ha il dovere di dire non perché sono convenienti, ma giuste, non perché utili, ma vere. L'Italia del diritto deve essere rifondata, il che presuppone una certa dirittura morale ed intellettuale della politica. Passi per il necessario cinismo della tattica, ma oltre un certo limite scatta la sindrome di Stoccolma, o la pirlaggine allo stato puro.

    Davide Giacalone
    www.davidegiacalone.it

    pubblicato da Libero

    tratto da http://www.nuvolarossa.org/modules/n...p?storyid=3972

 

 
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