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    Il martirio degli 800 cristiani uccisi dai Turchi in odio alla fede ad Otranto nel 1480 (1)

    di Barbara Marino/ 13/07/2007

    Finalmente, a 250 anni dalla beatificazione , è stato confermato il martirio di Antonio Primaldo e Compagni, avvenuto 500 anni fa sotto le scimitarre musulmane turche. In un futuro prossimo i martiri di Otranto potrebbero essere proclamati santi.

    La promulgazione del Decreto riguardante il martirio

    Venerdì 6 luglio 2007, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza privata il card. José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Nel corso dell’Udienza il papa ha autorizzato la Congregazione a promulgare dei Decreti tra i quali uno riguardante "il martirio dei beati Antonio Primaldo e Compagni Laici; uccisi in odio alla Fede il 13 agosto 1480 ad Otranto (Italia)".



    Il vicario generale della diocesi di Otranto, mons. Quintino Gianfreda ha spiegato: "L’atto di oggi è un formale riconoscimento del martirio degli Ottocento da parte della Santa Sede: solo il primo importante tassello del lungo percorso verso la canonizzazione. Il processo di proclamazione della santità avviene attraverso due momenti: la constatazione dell’avvenuto martirio e l’accertamento di un miracolo. Il Decreto di oggi riconosce formalmente che nelle vicende storiche del 1480, Antonio Primaldo e Compagni, vanno ritenuti a tutti gli effetti martiri per la fede". Quindi, nel gergo ecclesiale, quello che è stato promulgato è il "decreto super martirio". Martiri si, dunque, ma non ancora santi e probabilmente ci sarà ancora da attendere, anche se nessuno vuole sbilanciarsi su una previsione. La fase del processo diocesano si era conclusa già nel 1991 e solo dopo 16 anni, si è arrivato al riconoscimento del martirio da parte della Congregazione delle Cause dei Santi. In merito alla questione del martirio, sussiste la discussione sulla consistenza storica del dato: gli storici "laici" contestano che gli Otrantini del 1480 siano morti per una reale professione di fede, preferendo la tesi della "razzia", e, cioè, che i Turchi, interessati a puntare verso Roma, cuore della cristianità, una volta vinta la guerra ad Otranto e saccheggiata la città, si siano liberati dei superstiti, decapitandoli, sì come infedeli, ma solo perché non musulmani. Anche se il dibattito storico quindi è ancora in corso, la cosiddetta "Positio", ossia la raccolta di tutte le fonti storiche sull’avvenimento, sembra essere giunta ad una risposta definitiva. Comunque, oltre le questioni storiche ed ecclesiali, il dato certo è che dopo quasi 250 anni dalla loro beatificazione, i Martiri di Otranto continuano a non essere ancora canonizzati.




    Antonio Primaldo di Maria Antonietta Erriquez Fedele, olio su tela,
    cm. 290 x 320 cm, Cattedrale di Otranto - Museo Diocesano.



    Al termine del processo aperto nel 1539 e concluso nel 1771 la Chiesa aveva autorizzato il culto dei martiri Antonio Primaldo e i suoi ottocento concittadini uccisi "in odio alla fede" dai Turchi il 13 agosto 1480 ad Otranto. Con l’entrata in vigore delle nuove norme, in vista di una possibile canonizzazione, è stato effettuata una "ricognizione canonica" su richiesta della diocesi di Otranto e il processo rifatto con un’accurata e approfondita inchiesta storica condotta la Congregazione delle Cause dei Santi, che finalmente ha confermato in pieno il risultato della precedente. E in un futuro prossimo i martiri di Otranto potrebbero essere anche proclamati santi, se sarà riconosciuto un miracolo attribuibile alla loro intercessione.

    Si tratta di un episodio unico nella storia della Chiesa. Mentre l'indifferenza e i contrasti tra i principi e i re cristiani favoriscono l'avanzata turca, un'intera città affronta il martirio per non rinnegare la fede. Qual è l'attualità della lezione di Otranto? Cioè, che cosa ha da dire oggi a noi, a cinquecento anni da quella testimonianza, la risposta eroica di una popolazione vissuta per secoli nutrendosi di civiltà e di cultura cristiane?



    Il contesto storico

    Otranto, posta su una baia incantevole di fronte a un mare limpido e azzurro, è la città più orientale d'Italia. Un passato antichissimo e ricco di storia, che è necessario conoscere, perché contribuisce anch'esso a chiarire i motivi che spinsero, più di cinque secoli fa, la popolazione idruntina alla eroica resistenza contro l’invasore musulmano turco. Se infatti, da un lato, questa è il risultato di secoli di fede vissuti da tutta la Cristianità durante il Medioevo, d'altro lato è frutto anche del patrimonio di solide radici profondamente cristiane, accumulato per oltre un millennio da Otranto, con peculiarità sue proprie.




    Otranto.



    Nel 1480 Otranto venne conquistata dai Turchi sotto il comando del pascià Gedik Ahmed, inviato dal sultano Maometto II, molto abile e crudele, per estendere il regno dell’Islam in Italia ed in Europa. Avvertito dei preparativi turchi, il re di Napoli cercò di presidiare le coste pugliesi, tra cui Otranto. Ma il 28 luglio 1480 l'armata ottomana giunse a Otranto e iniziò quella che poi sarà definita la Battaglia di Otranto. La gravità della situazione impose di raccogliere dentro le mura uomini e viveri per resistere all'attacco: alla fine però i Turchi riuscirono ad aprirsi un varco nelle mura. Il pascià fece ai superstiti la proposta: "O rinnegare la fede in Gesù Cristo, o morire di morte atroce". Ed uno di essi, l’anziano cimatore di panni Antonio Primaldo Pezzulla, rispose: "Scegliamo piuttosto di morire per Cristo con qualsiasi genere di morte, anziché rinnegarlo". E poiché uno soltanto aveva risposto, il pascià fece interrogare gli altri su che cosa scegliessero. Ed essi subito gridarono in coro: "In nome di tutti ha risposto uno solo: siamo pronti a subire qualsiasi morte anziché abbandonare Cristo e la fede in Lui". Ottocento no! Furono tutti condannati a morte. Il primo ad essere decapitato sul Colle della Minerva fu proprio Antonio Primaldo. Durante quel massacro le cronache raccontano che un turco di nome Bersabei, si convertì nel vedere il modo in cui gli otrantini morivano per la loro fede e subì anche lui il martirio impalato dai suoi stessi compagni d'arme.

    Gli anni che seguono la metà del secolo XV, come già quelli immediatamente precedenti, non sono anni felici per la Cristianità, che appare dilaniata da lotte e rivalità intestine, da scontri tra fazioni, da incrinature all'interno della stessa Curia pontificia, in definitiva, da una crisi della civiltà cristiana, maturata per lunghi secoli che, prima ancora di essere politica, è di valori che si vanno spegnendo. La Cristianità non era soltanto l'appartenenza alla religione cristiana, né soltanto il territorio occupato dai battezzati, ma era la comunità, vivente, organicamente costituita, di tutti coloro che, dividendo le stesse certezze spirituali, vogliono che tutta la società umana si ordini secondo la loro fede. L'eroica resistenza opposta da Otranto ai turchi e dell’estrema testimonianza di fede offerta dagli otrantini nel martirio è un episodio che sembra tracciare storicamente i confini di quel lungo periodo correntemente definito Medioevo, quasi a indicare il termine iniziale e quello finale di un'epoca che "è stata la realizzazione, nelle condizioni inerenti ai tempi e ai luoghi, dell'unico vero ordine tra gli uomini, ossia della civiltà cristiana" (Plinio Correa de Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, Piacenza 1977).

    Nel 1450 viene celebrato a Roma l'Anno Santo: in contrapposizione ai disordini dell'assemblea di Basilea, all'orgoglio dei docenti universitari e all'avarizia dei politicanti, il popolo cristiano mostrò in occasione di quell'Anno Santo 1450 lo spettacolo di uno straordinario rinnovamento di fede e di pietà. Ma già prima si era sviluppata nella gente umile, in misura sempre maggiore, la pratica delle processioni e soprattutto del culto di Gesù Eucaristia. I pellegrinaggi si erano moltiplicati e i grandi santi che illuminano quegli anni sono, al tempo stesso, causa ed espressione di questa rinnovata religiosità popolare: san Vincenzo Ferreri e san Bernardino da Siena incantano le folle con la loro predicazione, i francescani e i domenicani percorrono senza sosta le strade d'Europa, santa Caterina da Siena scuote i principi e il Papa, san Francesco di Paola ammonisce l'Occidente a non abbandonare la difesa della fede, il beato Alain de la Roche predica e diffonde il santo Rosario, santa Giovanna d'Arco testimonia eroicamente lo spirito di un'epoca.



    Ma il pericolo maggiore per l'Europa proviene da Oriente. Alla fine del secolo XIII dal mosaico degli emirati islamici era emersa, e si era imposta, la tribù turca degli Ottomani, raccolta da Osman (Otman), la quale, nei primi anni del secolo XIV, inizia quell'espansione nell'Asia Minore che la porterà in breve tempo a elevarsi al rango di temibile potenza. Nel 1451 sale sul trono il giovane sultano Maometto II, di soli ventun anni, esile e pallido, dal naso curvo e dalla barba nera, il cui principale assillo è la conquista di Bisanzio. L'impresa sarà portata a termine il 29 maggio 1453, dopo un furioso assedio condotto da un esercito di 260 mila musulmani contro poco più di 5 mila difensori cristiani asserragliati nella capitale dell'impero. Nell’assedio perde la vita combattendo sugli spalti l'ultimo imperatore d'Oriente, Costantino XI Dragoses.

    In tutta la Cristianità, la caduta di Costantinopoli produsse un'immensa emozione. Sfuggito per miracolo alla catastrofe, il cardinale legato Isidoro tornò a Roma e raccontò i fatti orribili di cui era stato testimone. I suoi presagi circa l'avvenire del mondo cristiano erano neri: i Turchi, che niente più ormai poteva fermare, avrebbero continuato la loro avanzata verso l'Ovest: domani sarebbero comparsi in Italia. Le responsabilità dei principi e dei sovrani occidentali per la caduta di Costantinopoli erano notevoli. Già papa Urbano V (1362-70), di fronte al pericolo turco, quasi un secolo prima aveva chiamato la Cristianità alla crociata, ma inutilmente, e altrettanto vani furono gli appelli e le richieste di aiuto fatte dai vari imperatori di Bisanzio. Ad analogo risultato furono destinati, dopo la caduta di Costantinopoli, gli sforzi di papa Callisto III (1455-58), il quale vide la sua vocazione quasi esclusivamente nel salvare il mondo cristiano e la civiltà occidentale dall'inondazione dell'Islam, ma quel entusiasmo che una volta aveva armato tutto l'Occidente per la liberazione del Santo Sepolcro, sembrò spento negli stati d'Europa divisi da intestine discordie.

    Papa Pio II, successore di Callisto III, convoca nel 1459 a Mantova un congresso al quale invita tutti gli Stati cristiani e nel discorso inaugurale delinea lucidamente le loro colpe di fronte all'avanzata turca, ma benché sia decisa la guerra, questa non segue, tra l'inerzia generale, per l'opposizione di Venezia e per l'indifferenza della Francia e della Germania. A tale indolenza per le sorti della Cristianità contribuisce, e non poco, il diffondersi del paganesimo rinascimentale, e, mentre il signore di Rimini, Sigismondo Malatesta, trasforma la chiesa gotica riminese di San Francesco in un tempio pagano, adornandolo con le statue degli dei dell'Olimpo e con simboli certamente poco cristiani, l'individualismo e l'egoismo sfrenati, risultati ovvii della diffusione del "pensiero moderno", trasformano l'Italia in un terreno di scontro tra principi, duchi e fazioni. Ciò mentre i musulmani continuano a conquistare terre cristiane, occupando nel 1470 anche l'isola di Negroponte, che apparteneva a Venezia. Una nuova alleanza contro i Turchi, proposta da papa Paolo II (1464-71), viene fatta arenare dai milanesi e dai fiorentini, i quali pensano a tutt'altro, intenti come sono ad approfittare della situazione critica in cui versa la Serenissima, per ingrandirsi a sue spese.

    Nel 1471 viene eletto il cardinale Francesco della Rovere, che prende il nome di papa Sisto IV. Il suo pontificato, certamente uno dei più agitati della storia della Chiesa, fu segnato dall'omicidio del duca di Milano, Galeazzo Sforza e dai rapporti sempre più tesi con i Medici di Firenze, che culminano in un'alleanza in funzione antiromana stipulata nel 1474 tra Milano, Venezia e Firenze, e nella sanguinosa Congiura dei Pazzi: nel 1478 l'arcivescovo di Pisa, Francesco Salviati, il nipote di papa Sisto IV Girolamo Riario e altri congiurati attentano alla vita di Lorenzo de' Medici, il quale però rimane soltanto ferito. Ma l'episodio, per il favore dimostrato dal pontefice, verso i congiurati, provoca una vera e propria guerra tra gli Stati italiani, guerra che vede schierate da un lato le forze papali, insieme a quelle di Ferrante d'Aragona, re di Napoli, dall'altro Firenze, aiutata da Milano, Venezia e dalla Francia.

    Osserva Ludovico Pastor nella sua Storia dei Papi dalla fine del Medio Evo (Desclée, Roma 1911), che "una delle arti politiche delle dinastie orientali fu in ogni tempo quella di trarre profitto dai dissensi intimi delle potenze occidentali. Mai forse sotto questo aspetto le cose furono in condizione più favorevole per la potenza del sultano come nell'ultimo terzo del secolo XV: mezza Europa era infestata da guerre e dall'anno 1478 anche Roma, che fino a quel tempo era stata sempre la prima a propugnare la causa della Cristianità, trovavasi coinvolta in una deplorevole lotta, in forza della quale papa Sisto IV per qualche tempo ebbe troppo a trascurare la sollecitudine universale per i bisogni della Cristianità".


    Qual è la storia della vicenda terribile dei martiri di Otranto? L’Otranto cristiana aveva raggiunto il suo momento significativo di splendore nei secoli X-XV. Varie espressioni lo attestano: la costruzione della Cattedrale nel 1088 con il mosaico pavimentale del 1165; il fiorente monastero italo-greco di San Nicola di Casole; la vivace scuola Talmudica; una scuola pittorica molto rinomata nelle maestranze. Tutto questo splendore venne interrotto, quasi per incanto, nel luglio del 1480 ad opera del pascià Gedik Akmet, inviato da Maometto II per nuove conquiste ed estendere il dominio dell’Islam in Italia ed anche in tutta l'Europa. Nel giugno 1480 Maometto II toglie l'assedio a Rodi, difesa strenuamente dai suoi cavalieri, e punta decisamente la sua flotta verso l'Adriatico, senza più timore di ostacoli.




    Otranto.



    Verso l’eccidio del 14 agosto 1480

    28 luglio 1480. Il pascià Gedik Ahmed, uno dei più formidabili fra i generali ottomani, da poco elevato alla carica di "sançak bey" di Valona in Albania (cioè governatore del sangiaccato - parte di una provincia - di Valona) il 28 luglio 1480 sferrò per ordine di Maometto II un grande attacco all'Italia. Il sultano Maometto II prese a pretesto presunti diritti da parte dei Turchi all'eredità dei principi di Taranto. La verità è che il sultano pare ambisse a conquistare Roma e l'Italia, come pure a distruggere il potere del re di Napoli, colpevole di avere aiutato gli insorti Albanesi.

    L'armata turca del pascià Gedik Ahmed in realtà aveva intenzione di approdare a Brindisi, il cui porto era più ampio e più comodo. Da Brindisi poi, secondo i piani del sultano Maometto II, avrebbe dovuto risalire l'Italia fino a Roma, sede del Papato, principale e naturale nemico dell'Islam. Il sultano, dopo avere espugnato Bisanzio ventisette anni prima, sognava di coronare la sua opera trasformando san Pietro in una stalla per i suoi cavalli. Grazie alla cinica neutralità di Venezia, l'attraversamento del Canale di Otranto fu tranquillo. Tuttavia, un forte vento contrario costringe la flotta turca, partita da Valona con 90 galee, 15 maone, 48 galeotte e 18 mila soldati a bordo, a toccare terra 50 miglia più a Sud e a sbarcare a qualche chilometro da Otranto, vicino a Roca. I capitani del presidio di Otranto, appresa la notizia, inviano subito una missiva al re di Napoli Ferrante di Aragona, chiedendo un suo sollecito aiuto: in città vi era, infatti, solo una guarnigione di 450 uomini (il re di Napoli aveva inviato soltanto 50 cavalieri capeggiati dal barone Francesco Zurlo e 400 fanti guidati dai baroni Giovanni Tarantino e Antonio Delli Falconi). Tuttavia il dispiegamento di queste forze era del tutto irrisorio, ben poco per contrastare migliaia di turchi. Il re di Napoli, prontamente informato dei preparativi turchi, aveva cercato di riunire un esercito per presidiare le coste pugliesi, tra cui Otranto, ma anche se i soccorsi fossero stati già pronti, non sarebbero giunti in tempo per la difesa e per venire in soccorso alla Città.

    29 luglio 1480. La mattina di venerdì 29 luglio 1480 dagli spalti delle mura di Otranto si scorge all'orizzonte, sempre più visibile, la terribile armata musulmana. Ai primi momenti dello sbarco vi furono isolate scaramucce fra le forze nemiche che sbarcavano e l’esercito otrantino escito dalla città per affrontare i Turchi nei pressi dei laghi Alimini (distanti circa 35 km da Lecce). E poiché gli invasori non sapevano muoversi in quanto poco pratici del luogo, furono costretti, dopo la perdita di un discreto numero di uomini, a ritirarsi sulle imbarcazioni. Ma ben presto i soldati, intimiditi dal continuo accrescersi della potenza del nemico, si rifugiarono nella città murata insieme al popolo, che viveva fuori dalle mura. La città è posta in stato d'assedio, tra l'inerzia dei principi e dei re cristiani. La guarnigione insieme a tutti gli abitanti abbandona il borgo in mano ai turchi e si ritirano nella cittadella, cioè nel Castello d'Otranto per resistere all'attacco. Intanto i Turchi, del tutto indisturbati, cingono d'assedio il castello, nel quale si erano rifugiati tutti gli abitanti del borgo; il pascià, dopo aver assestato il campo, invia a Otranto un interprete, proponendo una resa a condizioni vantaggiose: se non resisteranno all’Islam, uomini e donne saranno lasciati liberi e potranno rimanere senza alcun danno in città, ovvero andare dove ritengano più opportuno. La risposta al legato musulmano viene data da uno dei maggiorenti della città, l’anziano Ladislao De Marco: "Se il pascià vuole Otranto, venga a prenderla con le armi, perché dietro le mura ci sono i petti dei cittadini". La maggior parte dei soldati della guarnigione, intanto, vinta dalla paura, durante la notte si cala con le funi dalle mura della Città e se la dà a gambe: a difendere Otranto rimangono solo i suoi abitanti.

    11 agosto 1480. La cittadella, sprovvista di cannoni e le cui mura vengono continuamente colpite dalla formidabile artiglieria ottomana, che rovescia per giorni sulla città centinaia di grosse palle di pietra. Otranto resistette per quindici giorni ai vari assalti dei Turchi, che tentarono anche la scalata delle mura della città eroicamente difese dai cittadini e da un manipolo di soldati. Dopo due settimane di disperata resistenza, nella vana attesa di soccorsi da parte del re e di suo figlio don Alfonso duca di Calabria (da cui dipendeva la Città), viene espugnata dai Turchi. All'alba dell’11 agosto, le truppe ottomane concentrarono il loro fuoco contro uno dei punti più deboli delle mura. Non fanno fatica ad aprirsi una breccia e, da lì, irrompono in Città.

    A contrastarli accorrono i capitani baroni Francesco Zurlo con il figlio e Gianantonio Delli Falconi, con altri armati rimasti in Città e i cittadini che erano scesi per strada armati dalla testa ai piedi con gli attrezzi del proprio mestiere. La popolazione, molto religiosa, nei combattimenti, persuadeva il nemico urlando di voler morire in onore della fede di Cristo. Il terreno fu ceduto palmo a palmo, ma il nemico è preponderante: cadono tutti eroicamente con la sciabola in pugno. Nulla può arrestare più l'avanzata dell'orda. Per le strade di Otranto, gli infedeli massacrano chiunque capiti loro a tiro, senza distinzione: "I Cittadini resistendo ritiravansi strada per strada combattendo, talché le strade erano tutte piene d'homini morti così de' Turchi come de' Cristiani et il sangue scorreva per le strade come fusse fiume, di modo che correndo i Turchi per la città perseguitando quelli che resistevano e quelli che si ritiravano e fuggivano la furia non trovavano da camminare se non sopra li corpi d'homini morti". Si consuma un terribile massacro: secondo alcuni fonti i morti furono 12 mila e gli schiavi 5 mila, ma è dubbio che la città avesse tanti abitanti (la popolazione, secondo una stima più attendibile, contava 6 mila anime, costituite in prevalenza da pescatori, agricoltori e piccoli commercianti).

    Uomini, donne e bambini cercano rifugio nella cattedrale di Otranto, il cuore religioso e civile della popolazione, davanti alla quale ci fu una estrema battaglia. Ma i Turchi riuscirono a travolgere la resistenza che era allo stremo delle forze ed entrarono nella cattedrale, dove avvenne una delle carneficine più terribili. La sua porta è difesa strenuamente come ultimo baluardo. Ma presto è vinta anche quest'estrema valorosa resistenza e dopo aver abbattuta la porta, gli invasori dilagarono nel tempio dove tutto il clero e i molti civili ivi rifugiatisi vennero sterminati. Successivamente, la chiesa in segno di ulteriore spregio fu ridotta a stalla per i cavalli. Particolarmente tragico fu il destino del comandante della guarnigione, il conte Francesco Largo: venne letteralmente segato vivo.

    Durante la notte precedente quello sventurato giorno, l'arcivescovo Stefano Pendinelli insieme ai sacerdoti, frati e religiose aveva confortato tutto il popolo, prostrato e tremante, con la Santa Eucaristia. I Turchi, raggiunto l'arcivescovo che sedeva sul suo trono vestito con abiti pontificali e con in mano la croce, lo interrogarono su chi fosse; ed egli intrepidamente rispose: "Sono il rettore di questo popolo e indegnamente preposto alle pecore del gregge di Cristo". E dicendogli uno di loro: "Smetti di nominare Cristo, Maometto è quello che ora regna, non Cristo", egli rispose indirizzandosi a tutti: "O miseri ed infelici, perché vi ingannate invano? Poiché Maometto, vostro legislatore, per la sua empietà soffre nell'inferno con Lucifero e gli altri demoni le meritate pene eterne; ed anche voi, se non vi convertite a Cristo e non ubbidite ai suoi comandamenti, sarete nello stesso modo cruciati con lui, in eterno". Gli invasori, dopo avergli invano intimato di non nominare più Gesù, lo decapitano con un solo colpo di scimitarra.

    13 agosto 1480. Compiuto il saccheggio, il 13 agosto il pascià Gedik Ahmed chiede che gli sia presentata la lista dei superstiti fatti schiavi, escludendo le donne e i ragazzi al di sotto dei 15 anni. Sono circa ottocento.







    14 agosto 1480. Il giorno successivo, si consumò il secondo atto della tragedia: 800 otrantini che si sono rifiutati di abiurare alla fede cattolica vengono decapitati. Il pascià Gedik Ahmet radunò gli ottocento e chiese loro, attraverso un prete nativo di Calabria, di nome Giovanni, apostata della fede, di abiurare la loro fede cristiana e abbracciare quella islamica, o morire di morte atroce. Antonio Primaldo, un anziano cimatore di panni, a nome di tutti, rispose: "Crediamo tutti in Gesù Cristo, figlio di Dio, ed essere pronti a morire mille volte per lui". E voltatosi ai compagni disse queste parole: "Fratelli miei, sino oggi abbiamo combattuto per defensione della Patria e per salvar la vita e per li Signori nostri temporali, ora è tempo che combattiamo per salvar l'anime nostre per il nostro Signore, quale essendo morto per noi in Croce conviene che noi moriamo per esso, stando saldi e costanti nella Fede e con questa morte temporale guadagneremo la vita eterna e la corona del martirio". E poiché uno soltanto aveva risposto, il pascià fece interrogare gli altri su che cosa intendessero fare. E questi, dandosi l’un l’altro coraggio, subito gridarono in coro: "In nome di tutti ha risposto uno solo: siamo pronti a subire qualsiasi morte anziché abbandonare Cristo e la fede in Lui". Ottocento volte "no"! Vengono tutti condannati a morte e trascinati sul Colle della Minerva. Girava intorno a loro un turco con alla mano una tabella vergata in carattere arabo. L'apostata interprete la presentava a ciascuno e ne faceva la spiegazione, dicendo: "Chi vuol credere a questa avrà salva la vita; altrimenti sarà ucciso". Ratificarono tutti la professione di fede cristiana. Quindi, la carneficina ebbe inizio sul Colle della Minerva proprio da Antonio Primaldo, decapitato per primo. L'orrendo massacro lascia il colle della Minerva rosso di sangue, coperto quasi interamente dai corpi degli Ottecento. È il 14 agosto, vigilia dell'Assunzione di Maria Santissima. Tra i vari eventi prodigiosi che raccontano le cronache, c’è il fatto che nonostante la decapitazione, il tronco di Primaldo sarebbe rimasto fermo in piedi, al suo posto. Un fenomeno che provocò la conversione di uno dei carnefici, un tale Berlabei, condannato poi all'impalazione.

    Da queste terribili stragi la Città di Taranto non si riprenderà mai più, diventando una località marginale rispetto a Lecce.




    Riferir poche cose viste con i miei occhi. Espugnata Otranto, città della Provincia di Calabria, detta anche Japigia o Salentina, i Turchi, appena v'entrarono irruppero con grande violenza nella Chiesa cattedrale e uccisero numerosi tra i sacerdoti che stavano celebrando il sacrificio eucaristico. E giunti vicino all'Arcivescovo (Stefano Pendinelli) che era sulla sua cattedra episcopale vestito dei paramenti pontificali e con in mano la croce (...), uno di loro, impugnata la scimitarra, gli staccò la testa con un solo colpo. E così decapitato sulla propria cattedra, diventò martire di Cristo, nell'anno del Signore 1480, il giorno 11 di agosto. Al terzo giorno, il comandante dell'esercito, che i Turchi chiamano "Pascià", ordinò che tutti i cristiani di sesso maschile, qualunque et essi avessero al di sopra dei quindici anni, fossero portati al suo cospetto, in una località chiamata "Campo di Minerva", distante circa un miglio dalla città, dove egli era ancora attendato. Ed essendo stata condotta dinanzi a lui una moltitudine quasi innumerevole di cristiani, fece rivolgere loro (dall'interprete) la domanda per quale delle due scelte essi volessero optare: o rinnegare la fede in Gesù Cristo, o morire di morte atroce. Ed uno di essi, che gli era più vicino, rispose: "Scegliamo piuttosto di morire per Cristo con qualsiasi genere di morte, anziché rinnegarlo". E poiché uno soltanto aveva risposto, il Pascià fece interrogare gli altri su che cosa scegliessero. Ed essi subito gridarono in coro: "In nome di tutti ha risposto uno solo: siamo pronti a subire qualsiasi morte anziché abbandonare Cristo e la fede in Lui". E si sentì un mormorio tra di loro per lo spazio di circa un'ora, mentre si esortavano a vicenda e dicevano: "Moriamo per Gesù Cristo, tutti; moriamo volentieri, per non rinnegare la sua santa fede". Allora il Pascià, stravolto dall'ira, comandò che tutti, sotto i suoi occhi, fossero passati a fil di spada (Dai "Commenti sull'Apocalisse" di Pietro Colonna detto il Galatino, Presbitero - Cod. Vat. Lat. 5567, foll. 147-148).

  2. #2
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    'Na botta d'attualità insomma...


  3. #3
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  4. #4
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    l'hai letto, o parli solo sentirti - senza riuscirci - meno deficiente ?
    .

    A fool and his money can throw one hell of a party.

  5. #5
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    L'articolo proposto non fa che riproporre un concetto storico ormai vecchio ed ampiamente provato.
    Vale a dire che l'espansione dell'Islam nella storia è sempre stato correlato alle divisioni e alle rivalità fra gli stati d'Europa.
    Dalla primaria invasione del medio oriente e nord Africa (5° e 6° secolo) , diretta conseguenza delle lotte fra i nuovi stati sorti dopo le invasioni barbariche e l'Impero Bizantino e la Chiesa (vedi guerre Gotiche , campagna di Narsete per lo sterminio dei Vandali del Nord Africa ecc)...
    fino agli episodi citati , nei quali l'espansione dei Turchi è legata alle lotte fra gli stati europei.....
    Il paradigma può essere riproposto ai nostri giorni.
    L'Islam è attualmente in fortissima espansione , anche in Europa.
    Dove , con la prima , ma soprattutto la seconda guerra mondiale , si è consumata la più sanguinosa e devastante rivalità fra gli stati stessi.....

  6. #6
    a.k.a. tolomeo
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    L'articolo proposto non fa che riproporre un concetto storico ormai vecchio ed ampiamente provato.
    Vale a dire che l'espansione dell'Islam nella storia è sempre stato correlato alle divisioni e alle rivalità fra gli stati d'Europa.
    Dalla primaria invasione del medio oriente e nord Africa (5° e 6° secolo) , diretta conseguenza delle lotte fra i nuovi stati sorti dopo le invasioni barbariche e l'Impero Bizantino e la Chiesa (vedi guerre Gotiche , campagna di Narsete per lo sterminio dei Vandali del Nord Africa ecc)...
    fino agli episodi citati , nei quali l'espansione dei Turchi è legata alle lotte fra gli stati europei.....
    Il paradigma può essere riproposto ai nostri giorni.
    L'Islam è attualmente in fortissima espansione , anche in Europa.
    Dove , con la prima , ma soprattutto la seconda guerra mondiale , si è consumata la più sanguinosa e devastante rivalità fra gli stati stessi.....
    è tutto vero.
    ma anche adessoi in tempo di pace,c'è una rivalità ideologica e una caduta d'identità che frantuma l'unità dell'Occidente.
    .

    A fool and his money can throw one hell of a party.

  7. #7
    Burning Chrome
    Ospite

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    Citazione Originariamente Scritto da tolomeo Visualizza Messaggio
    l'hai letto, o parli solo sentirti - senza riuscirci - meno deficiente ?
    Dopo aver scorreggiato, apri la finestra e cambia l'aria.


  8. #8
    MazingaZ
    Ospite

    Predefinito

    Citazione Originariamente Scritto da Burning Chrome Visualizza Messaggio
    'Na botta d'attualità insomma...

    Lo è, in maniera davvero drammatica.

  9. #9
    Burning Chrome
    Ospite

    Predefinito

    Citazione Originariamente Scritto da MazingaZ Visualizza Messaggio
    Lo è, in maniera davvero drammatica.
    E' drammatico vedere come chi non riesce più ad attacarsi neanche al ca... è costretto a rivangare la Storia di centinaia di secoli fa.

    Che tristezza, e che pochezza di argomenti.

  10. #10
    a.k.a. tolomeo
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    Citazione Originariamente Scritto da Burning Chrome Visualizza Messaggio
    Dopo aver scorreggiato, apri la finestra e cambia l'aria.

    è evidente che non riesci a vedere oltre il tuo naso, quindi insulti.
    9 parole e una faccina, non ci vuole molto.
    dovresti cercare di procurarti una vita da vero uomo oltre una miserabile tastiera, 9 parole e una faccina.
    .

    A fool and his money can throw one hell of a party.

 

 
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