Roma. La settimana infernale del governo Prodi sembrerebbe concludersi meno peggio del previsto e forse persino meglio di com’era cominciata, tra primo turno delle elezioni amministrative, vicenda Visco-Speciale e manifestazioni contro Bush di sinistra radicale e movimenti antagonisti.
La conclusione, come previsto, coincide con i risultati dei ballottaggi e con quelli delle intercettazioni del caso Antonveneta. Meno peggio del previsto, se non per altro, perché il governo Prodi è ancora in piedi, nonostante la micidiale sequenza di colpi incassati in questi giorni, innanzi tutto dai suoi alleati.
E da buona parte dei suoi elettori.
Per Palazzo Chigi il secondo turno del voto amministrativo è un mezzo pareggio che vale più di mille vittorie, o se si preferisce una sconfitta su cui Romano Prodi avrebbe messo la firma, dopo la disfatta del primo turno.
Il risultato allontana i timori della “spallata” berlusconiana e attenua la sindrome da stato d’assedio. Vincere alla provincia di Genova, come a Pistoia e Piacenza, in altri tempi sarebbe stato semplicemente scontato. Ma con l’aria che tira e dopo il colpo subito al primo turno, lì si giocavano in gran parte le residue speranze di vita del governo.
La vittoria del centrodestra a Parma e Lucca non è sufficiente a provocare una nuova crisi.
E nemmeno il contenuto delle intercettazioni – almeno a giudicare dalle prime reazioni, nella maggioranza e nell’opposizione – non sembra recare traccia di quel clima da Italia del ’92 tante volte evocato in questi giorni.
Dalle prime “indiscrezioni” – riportate ieri da tutte le agenzie – Massimo D’Alema direbbe a Giovanni Consorte: “Facci sognare” (a proposito della scalata Unipol a Bnl) e di “fare attenzione alle comunicazioni”; Piero Fassino gli chiederebbe informazioni in vista di un incontro con Luigi Abete (presidente di Bnl); Nicola Latorre gli spiegherebbe:
“Fassino non capisce nulla”.
Dopo le minacciose dichiarazioni del gip Clementina Forleo riportate giorni fa dalla stampa, e dopo il conseguente intervento dei presidenti delle Camere che richiamavano la magistratura alla riservatezza e al rispetto della legge in materia di intercettazioni, l’istantanea diffusione delle conversazioni ha suscitato proteste da tutte le forze politiche.
Alle otto di sera, Roberto Castelli, Stefania Craxi e Francesco Storace erano gli unici ad avere attaccato i Ds sul contenuto delle intercettazioni, diffuse via agenzia già all’ora di pranzo. Dall’altra parte, tra i primi a reagire c’è naturalmente Guido Calvi, parlamentare e avvocato dei Ds, che in una nota dichiara:
“Come non era difficile prevedere, ed era stato da noi previsto, a Milano il tribunale si è trasformato in una sorta di circo mediatico illegale nel quale il nostro sistema di garanzie è stato travolto da una farsa indecorosa”.
Ma almeno per capire clima e delicati equilibri nella maggioranza, la dichiarazione più significativa è senza dubbio quella di Arturo Parisi, che ai tempi della scalata Unipol non aveva esitato a parlare di “questione morale a sinistra”.
A domanda dei giornalisti, il ministro della Difesa risponde: “Commentare questi fatti sarebbe come avvalorare quanto già sta accadendo in merito al mancato rispetto del segreto istruttorio”.
Persino Antonio Di Pietro, rispetto a toni e contenuti delle sue ultime interviste, sceglie parole assai più rassicuranti:
“Intervenire strumentalmente, su un’indiscrezione che non ha alcuna rilevanza penale è semplicemente usare la calunnia quale mezzo fine a se stesso”.
Parole misurate e ispirate al massimo fair play arrivano anche dall’opposizione. Fabrizio Cicchitto (Forza Italia) vede l’aprirsi di “una partita assai pericolosa, inquietante e dagli sbocchi imprevedibili”, ma ricorda pure che ai tempi di Mani pulite il Pds “non parlò di circo mediatico illegale”.
Sulla stessa linea An, con Altero Matteoli e Gianni Alemanno, che parla di “polverone”, e l’Udc, con Francesco Pionati, che definisce una vergogna l’uso politico delle intercettazioni.
In attesa dei giornali di oggi, e visto anche l’atteggiamento dell’opposizione, il centrosinistra appare dunque sufficientemente unito per reggere l’urto. Ma le mine inesplose della settimana infernale sono ancora molte.
Sulla vicenda Speciale, ieri la Corte dei conti ha chiesto al Tesoro di fornire chiarimenti sulla nomina del suo successore. E dopo il fallito sit-in contro Bush, le parole del segretario di Rifondazione a Repubblica certo non promettono nulla di buono. “La prossima volta saremo con i movimenti – dice Franco Giordano – anche se la piattaforma non dovesse convincerci”.
Una dichiarazione di resa, osservavano ieri molti allibiti alleati, tanto più preoccupante all’indomani del fallimento della stessa manifestazione no global, con appena dodicimila persone.
E’ l’ombra di una disperata rincorsa alla radicalizzazione, senza più argini a sinistra, che potrebbe minacciare non solo il governo Prodi, ma la stessa possibilità di una coalizione di centrosinistra, che suscita nell’Unione cupe “premonizioni francesi.
Il Foglio del 12 giugno
saluti