La prima zuffa risale all'Assemblea Costituente
Poi dalla legge truffa alla crisi degli anni '90
Dai monarchici ai deputati ultrà
Tutte le risse in Parlamento
E nel 1998 l'Aula si trasforma in bar dello sport dopo un Inter-Juve
L'aula di Montecitorio
ROMA -La gazzarra innescata oggi dai deputati leghisti è solo l'ultima di una lunga serie: gli annali del Parlamento registrano decine di risse, liti e bagarre. Alcuni episodi, a distanza di tempo, sono divertenti. Altri ben più drammatici. Come quando, in piena Tangentopoli (era il 1993), il deputato leghista Luca Leoni Orsenigo mostra un grosso cappio nell'aula mentre i deputati missini agitano le manette. E' in corso un dibattito sulla questione morale e finisce come in una curva riottosa: urla, offese, spintoni. Un clima per certi versi simile a quello di oggi.
La prima lite furibonda tra deputati precede anche la Repubblica: avviene nell'assemblea costituente tra il monachico Covelli e i comunisti Moscatelli e Moranino. Oggetto del contendere: l'ultimo articolo della Costituzione, secondo il quale la forma repubblicana non è modificabile. Partono insulti e anche tre bottoni della giacca del monachico Benedettini. Il presidente dell'assemblea Terracini, nella confusione generale si lascia andare a un "santa miseria". Addirittura. Era il 3 dicembre 1947.
Poi arriva il periodo delle zuffe tra bianchi e rossi. Nel giugno del 1948 il comunista Gullo se la prende con gli elettori della Dc. E va giù pesante: "beghine", "suore sepolte vive", "paralitici". Tomba, dello scudo crociato, risponde per le rime: chi vota comunista è "pregiudicato". "Sgualdrina" se di sesso femminile. Stavolta partono cazzotti veri: i comunisti Amendola, Laconi e Audisio mandano Tomba in infermeria. I rossi "lasciano sul campo" Turnatori e Barontini, medicati col Lysoform.
Nel marzo 1953 si scrive un altro capitolo della contrapposizione tra Dc e Pci. Stavolta sulla legge elettorale proposta da De Gasperi. Quella passata alla storia come "legge truffa". La sinistra fa ostracismo e rovescia le urne. A un certo punto, verso il presidente Meuccio Ruini, vola la tavoletta di un seggio con tanto di calamaio. Ruini, trascinato fuori dall'aula a braccia, sbraita: "La legge è approvata, la seduta è tolta, viva l'Italia".
Nel periodo del "compromesso storico" tra democristiani e comunisti, le zuffe diminuiscono. Bisogna fare un salto fino agli anni Ottanta, quando i deputati radicali "ravvivano" l'aula nei modi più disparati. Nel 1981 il deputato Ciccomessere monta sul banco del governo e punta alla presidente Nilde Iotti. Il sottosegretario liberale Costa, cavallerescamente, si frappone e la difende.
Gli anni Novanta, quelli della crisi politica e di Tangentopoli, abbondano di risse, insulti e "corpi contundenti volanti", come riporta il verbale di una seduta del 26 luglio 1990. Bersaglio: il missino Pozzo. Si discuteva, piuttosto focosamente, di P2 e servizi segreti.
Il 29 aprile 1993, ancora i leghisti scatenano una gazzarra. La Camera nega l'autorizzazione a procedere contro Bettino Craxi. I deputati del Carroccio, assieme ai missini, si scagliano contro i Dc e i socialisti: "Ladri, venduti, buffoni". Lancio di fascicoli in aula, contraerea di giornali. I socialisti esultano: "Ripristinata la legalità".
Assai meno nobile è la causa che scatena la baruffa del 29 aprile 1998. Niente pugni, ma di insulti ne volano in abbondanza. Il motivo? La partita fra Juventus e Inter decisiva per lo scudetto, quando i nerazzurri si lamentarono per un rigore non dato. Gramazio di An se la prende con Veltroni, non in quanto deputato di sinistra, ma in quanto juventino: "Quante Fiat hanno guadagnato gli arbitri?" chiede Gramazio. Leghisti e altri esponenti di An si limitano a un meno impegnativo "arbitri ladri". Il leghista Rizzi vorrebbe ripetere la partita con arbitri stranieri. Landolfi di An provoca: "Magari della Padania?". Tutto questo in diretta televisiva.
(14 giugno 2007)
da www.repubblica.it