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    nodo in gola
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    Predefinito 1861 - 1871: 10 anni dimenticati dai libri di storia.

    Torno a parlare della questione meridionale e dei guasti che il Sud della penisola ha subito a causa di quell'unità d'Italia, che unità non fu - e non è - ma si trattò di una vera "annessione".
    Nel 1815, quando i Borboni rientrarono a Napoli, la popolazione del Reame era di 5.100.000 abitanti. Nel 1835 era cresciuta di 1.000.000 de nel 1846 toccò gli 8.500.000 abitanti, che diventarono 9.117.050 nel 1856 (ultimo censimento disponibile).
    I Borboni - a dispetto dell'immobilismo spagnolo - costruirono strade, formarono un esercito, svilupparono l'industria e il commercio, potenziarono la pesca e svilupparono il turismo. Prosperarono ricchezza e cultura e il Reame divenne uno degli Stati più ricchi al mondo.
    La ferrovia fece la sua apparizione nel 1839, con la tratta Napoli - Portici, poi estesa fino a Castellammare. Seguirono la Napoli - Capua, la Napoli - Nola estesa im seguito dapprima fino a Sarno e poi fino a Sansevero.
    Nel 1837 arriva il gas e il telegrafo nel 1852. Col benessere aumentarono i consumi e si svilupparono nuove aziende, si migliorarono le strade, le scuole, si debellò la delinquenza, si riformò la scuola rendendola obbligatoria affinché tutti sapessero leggere e scrivere. Le scuole religiose furono parificate alla pubblica e si visse un rinascimento culturale: architetti, ingegneri, pittori, scultori trovarono nel Reame ampio spazio. Si costruirono teatri (il San Carlo in soli 270 giorni!) e si svilupparono attività connesse alla cultura. Nascono così l'Officina dei Papiri, l'Orto Botanico, il Museo di Archeologia, l'Osservatorio di Astronomia, la Biblioteca Nazionale e l'Osservatorio Sismologico del Vesuvio.
    Anche lo sviluppo industriale ebbe una crescita senza limiti, raggiungendo primati che hanno del miracoloso. Pensate il settore metalmeccanico impiegava 1.600.000 persone e il resto della penisola 1.100.000. nascono opere di alta ingegneria come i primi ponti di ferro, sul Calore e sul Garigliano.
    Ampio sviluppo si ha nella cantieristica navale tanto che la flotta mercantile del Reame era seconda solo a quella inglese e quella militare era terza al mondo, dopo l'inglese e la francese. Si deve al Reame il Primo Codice Marittimo Internazionale.
    Il Reame era un immenso polo industriale! Anche il settore tessile trovò ampio sviluppo e a Pietrarsa nasce il più grande opificio della Penisola, con 8.000 addetti. E si deve al Reame l'istituzione della Pensione di fine rapporto, trattenendo il 2 percento dello stipendio mensile. La disoccupazione era prossima allo zero, infatti oltre al 1.600.000 addetti all'industria v''erano 3.500.000 addetti all'agricoltura, 1.000.000 alle attività marittime e circa 300.000 a quello che oggi è chiamato terziario.
    Ogni paese del Reame aveva la sua banca e si deve alla Banca delle Due Sicilie l'invenzione degli assegni. Sempre nel Reame nascono le prime Agenzie Viaggi che sviluppano un turismo di massa facendo conoscere al mondo intero Pompei ed Ercolano. In seguito i resti greci in Sicilia con la Valle dei Templi.
    Le paludi furono bonificate, nascono Accademie Militari come la Nunziatella, Accademie Culturali, Scuole di Arti e Mestieri e i Monti di Pegno. Le Università sono piene e licenziano - oltre a ingegneri e architetti - professori illuminati e medici. E proprio grazie ai medici - erano 9.000 in tutto il Reame - i Borboni sommano un altro traguard la più bassa mortalità infantile del mondo e la migliore gestione sanitaria sul territorio.
    I conti dello Stato erano in salute e non vi era deficit pubblico e alla Borsa di Parigi - la più grande al mondo a quei tempi - e alla Borsa di Londra, i Buoni del Tesoro del Reame erano quotati a 120, ovvero lo Stato delle Due Sicilie era considerato tra i più affidabili al mondo.
    Tralascio altri primati del Reame - chi è interessato può leggere i miei post o scrivermi privatamente - dico solo che tutto questo non lo troverete nei libri di storia.
    Sappiamo poi cosa è successo !
    E siamo nel 1861, il 13 di febbraio. Cade Gaeta, ultimo baluardo borbonico. Dopo 3 mesi di resistenza e 160.000 bombe, Gaeta cede e il Generale Cialdini entra in città con un ordine ben preciso di Cavour: distruggere Gaeta rea di avere rallentato i suoi progetti.
    Cavour sapeva bene che lo Stato Sabaudo era alla bancarotta e aveva bisogno delle ricchezze del Reame, come sapeva bene che la sifilide lo stava uccidendo ed egli, prima di morire, voleva vedere "l'unità d'Italia"! Ovvero appropriarsi delle casse borboniche e dare vita al suo progetto di ingegneria finanziaria che culminerà con la nascita del Banco di Sardegna che diventerà poi Bankitalia. (leggere il mio post).
    Nasce il 13 febbraio 1861 quella che oggi viene chiamata "questione meridionale".
    Il Reame viene saccheggiato per salvare il Piemonte e il tutto sotto l'occhio vigile degli Inglesi e della Massoneria che avevano deciso di distruggere il Regno delle Due Sicilie perché rappresentava un pericolo alla supremazia navale di Londra! Con la fine del Reame moriva anche un ideale unic quello di uno stato libero da ingerenze straniere!
    Comincia ora una vergogna che umilia la nostra dignità di cittadini! Da Londra, per ordine del Gran Maestro Venerabile della Massoneria Inglese, il Piemonte riceve l'ordine di iniziare una "pulizia etnica" verso il Meridione.
    In agosto i giornali danno ampia eco alla battaglia di Castelfidardo, che fu meno di una scaramuccia. Tacciono invece sulle stragi di innocenti che vengono commesse in nome dell'unità.
    Vengono trucidati giovani, preti, vecchi. Vengono violentate donne, sgozzati bambini e processi sommari fanno lavorare a pieno regime i plotoni di esecuzione.
    Dal 1861 al 1871 furono massacrati 1.000.000 di cittadini su 9.117.050! Oltre il 10 percento della popolazione! È come se oggi venissero massacrati 6.000.000 di italiani. Ma nessuno sapeva e nessuno doveva sapere!
    Qualche giornale straniero pubblicò la notizia e le cifre sono terribili! Dal settembre 1860 al settembre successivo vi furon
    1. 8.968 fucilati;
    2. 10.804 feriti;
    3. 6.112 prigionieri;
    4. 64 preti, 22 frati, 62 giovani e 63 donne uccise;
    5. 13.529 arrestati;
    6. 1.000 case distrutte;
    7. 6 paesi incendiati;
    8. 12 chiese saccheggiate;
    9. 1.428 comuni depredati.
    Dati sicuramente sottostimati ma erano i dati, diciamo così, ufficiali.
    Nasce in quel periodo il Movimento per la Resistenza cui seguirà il Movimento Rivoluzionrio Antipiemontese, che poi verrà indicato col nome di Brigantaggio.
    Dal 1861 al 1862 i Comandanti Sabaudi emanarono bandi che avrebbero fatto impallidire i comandanti nazisti. Oggi sarebbero bollati come criminali di guerra!
    Il Generale Salaroli - che definiva i contadini grande canaglia dell'ultimo ceto - così scriveva a Vittorio Emanuele:
    "I contadini devono essere tutti fucilati, senza far saper niente alle autorità . Imprigionarli non è conveniente perché una volta in galera, lo Stato deve provvedere al loro sostentamento".
    Il più feroce era proprio il Generale Cialdini che, dopo aver distrutto Gaeta, telegrafò al Governatore del Molise: : "Faccia pubblicare un bando che fucilo tutti i paesani che piglio armati e do quartiere solo alla truppa".
    Il Generale Fanti, in un bando, sanciva la competenza dei tribunali militari straordinari anche per cause civili. E il Generale Pinelli estese la pena di morte ".. a coloro che con parole od atti insultassero lo stemma dei Savoia, il ritratto del re o la bandiera nazionale".
    Il generale Della Rocca, altro campione di democrazia impartì l'ordine che "non si perdesse tempo a far prigionieri, dato che i governatori avevano fatto imprigionare troppi contadini".
    Il Colonnello Pietro Fumel si vantò di avere mandato alla fucilazione " briganti e non briganti" e sottoponeva a torture e sevizie i civili prigionieri.
    I Piemontesi in 10 anni distrussero il Meridione. Dopo averlo invaso senza motivo alcuno e senza una dichiarazione di guerra (si comportarono come Saddam Hussein con il Kuwait), lo saccheggiarono portando a Torino oro e denaro, massacrando senza pietà.
    Il 14 febbraio Francesco II lascia Gaeta e disse al Comandante Vincenzo Crisculo - uno dei pochi restatogli fedele: "Vincenzino, i napoletani non hanno voluto giudicarmi a ragion veduta; io però ho la coscienza di avere fatto sempre il mio dovere. Il Nord non lascerà ai meridionali neppure gli occhi per piangere".
    Mai parole furono così vere!
    In 10 anni i Piemontesi si portarono via tutto quello che c'era da portare via. Oltre a saccheggiare città. Paesi e chiese, smontarono i macchinari delle fabbriche per rimontarli al nord. Si appropriarono di quadri, sculture, gioielli arrivando al punto di saccheggiare anche le case dei contadini portando via le vere nuziali di quei poveracci! Fu un'azione che definire criminale è poco.
    Alienarono i beni della chiesa e quelli demaniali incassando circa 1.200.000.000 di lire dell'epoca.
    Le fabbriche smantellate causarono disoccupazione e gli operai raggiunsero le montagne per diventare partigiani e combattere l'aggressore.
    La feroce repressione ha inizio quando il Generale Ferdinando Pinelli, affrontato dai contadini ascolani nei pressi del fiume Tronto, fu colpito da una sassata. Incazzato come una stufa, emanò un bando che così diceva: "Ufficiali e soldati! La vostra marcia tra le rive del Tronto e quelle della Castellana è degna
    di encomio. S.E. il Ministro della Guerra se ne rallegra con voi. Selve, torrenti, balze nevose, rocce scoscese non valsero a trattenere il vostro slancio; il nemico, mirando le vostre penne sulle più alte vette dei monti ove si riteneva sicuro, le scambiò per quelle dell' aquila Savoiarda, che porta sulle ali il genio d'Italia: le vide, impallidì e si diede alla fuga.
    Ufficiali e soldati! Voi molto operaste, ma nulla è fatto quando qualche cosa rimane da fare. Un branco di quella progenie di ladroni ancora si annida tra i monti, correte a snidarli e siate inesorabili come il destino. Contro nemici tali la pietà è un delitto. Vili e genuflessi, quando vi vedono in numero, proditoriamente vi assalgono alle spalle, quando vi credono deboli, e massacrano i feriti.
    Indifferenti a ogni principio politico, avidi solo di preda e di rapina, or sono i prezzolati scherani del vicario, non di Cristo, ma di Satana, pronti a vendere ad altri il loro pugnale. Quando 1'oro carpito alla stupida crudeltà non basterà più a sbramare le loro voglie, noi li annienteremo; schiacceremo il vampiro, che con le sozze labbra succhia da secoli il sangue della madre nostra, purificheremo col ferro e col fuoco le regioni infestate dall' immonda sua bava, e da quelle ceneri sorgerà rigogliosa e forte la libertà anche per la provincia ascolana".
    È giunto il momento che i Savoia, i Cavour, i Bixio, i Garibaldi, i La Marmora e i Generali come Pinelli o Cialdini vengano processati e giudicati da un tribunale morale. Ma credo che sarà il tempo - galantuomo - che ristabilirà la verità.
    Il Conte di Saint-Jorioz Alessandro Bianco, piemontese, anch'egli sterminatore di innocenti, nelle sue memorie scrive: "...Il Piemonte si è avvalso di esuli ambiziosi, inetti, servili, incuranti delle sorti del proprio paese e preoccupati soltanto di rendersi graditi, con i loro atti di acquiescente servilismo a chi, da Torino, decide ora sulle sorti delle province napoletane. E accanto a questi uomini, adulatori e faziosi, il Piemonte ha posto negli uffici di maggiore responsabilità gli elementi peggiori del paese: figli dei più efferati borbonici, per fama spioni pagati dalla polizia, sono ora giudici di mandamento o Giudici circondariali, sotto prefetti o delegati di polizia; negli uffici sono ora soggetti diffamati e ovunque personale eterogeneo e marcio che ha il solo merito di essersi affrettato ad accettare il programma Italia e Vittorio Emanuele ed una sola qualità :quella di saper servire chi detiene il potere".
    Nel terribile decennio che stiamo trattando si assiste anche allo sfaldamento delle famiglie del sud. Motivo è il servizio di leva.
    Una legge di Ferdinando II, del 1834, esentava dal servizio militare i giovani sposati, i figli unici, i figli orfani di padre o di madre o di entrambi i genitori, i figli il cui stipendio era necessario per sostenere la famiglia, i seminaristi e chi si occupava, come diacono, della chiesa. E se una famiglia aveva due o più figli, ne dava solo uno all'esercito.
    I Piemontesi cambiarono la legge: tutti i figli maschi dovevano prestare servizio di leva! Non sol il servizio veniva prestato al nord dove i giovani del sud venivano istruiti e mandati poi a sparare contro i fratelli nel sud!
    Quella piemontese era una crudeltà gratuita che portò molti giovani a darsi alla macchia ed ingrossare così quei gruppi partigiani che sfoceranno nel brigantaggio.
    Recita un proverbi dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.
    Ora state attenti, quello che segue è un articolo apparso sul "Globe", un quotidiano inglese, nel 1849, giornale vicino a Lord Palmestron, Ministro Britannico molto ascoltato da Sua Maestà la Regina Vittoria.
    Scriveva il Globe: ".. .E' da ritenere che gli accadimenti dell'anno scorso non siano stati che la prima scena di un dramma fecondo di risultati più vasti e più pacifici. L'edificio innalzato dal Congresso di Vienna era così arbitrario e artificioso che ciascun uomo di stato liberale vedeva chiaramente che non avrebbe sopportato il primo urto dell'Europa. L'intero sistema stabilito dal Congresso di Vienna stava dissolvendosi e Lord Palmerston ha agito saggiamente allorché ha rifiutato il proprio concorso a opporre una diga all'onda dilagante. Il piano che egli ha concepito è quello di una nuova configurazione dell'Europa attraverso la costituzione di un forte regno tedesco che possa costituire un muro di separazione fra Francia e Russia, la creazione di un regno polacco-magiaro destinato a completare l'opera contro il gigante del nord, infine un reame d'Italia superiore guidato dalla casa Savoia."!
    Era chiaro che l'Inghilterra stava ridisegnando l'Europa (lo ha sempre fatto anche in seguito! Chi ha ridisegnato i confini del medioriente? Sempre loro!) e lo faceva secondo la Profezia Comenius espressa in Lux in tenebris.
    COMENIUS: chi è interessato può leggere la nota del Professor Talenti alla fine del post.
    E torniamo a noi! Secondo la Profezia "Lux in tenebris" si doveva avere una Europa fatta di chiese nazionali, con scopi filantropici e che fossero tutte sullo stesso piano, disconoscendo di fatto il Papa che di fatto non aveva motivo d'essere.
    Questo progetto però cozzava con gli Asburgo cattolici, con la Russia anch'essa cattolica e col Reame.
    Quest'ultimo infatti fu il primo stato che aveva saputo integrare il dogma cattolico con il verbo del Vangelo; tradotto in pratica da leggi che non disdegnavano le novità della rivoluzione francese o quelle comuniste del Campanella e di Marx.
    E come s'è visto, nella Penisola italiana era il Piemonte preposto a tale funzione. D'altra parte i Savoia - legati mani e piedi alle consorterie massoniche inglesi - poco avevano da obiettare.
    E Londra mandò Lord Gladstone a Napoli e Lord Mintho nei vari stati italiani a preparare il terreno, ovvero quella che doveva essere una rivoluzione geo-politica.
    Rivoluzione che doveva essere guidata - ideologicamente - da Giuseppe Mazzini, capo della Carboneria Italiana, il cui scopo finale, secondo il suo fondatore genovese Antonio Maghella, era "..quello di Voltaire e della rivoluzione francese: il completo annientamento del cattolicesimo ed infine del cristianesimo".
    La pianificazione del progetto che riguardava il Piemonte ebbe buon fine, con enormi vantaggi per i Savoia!
    Il bottino finanziario sabaudo fu enorme e parte servì per pagare i mercenari che si unirono a Garibaldi e i suoi mille. Che mille non erano ma erano molti di più.
    Scrive Vittorio Gleijes storico e profondo conoscitore degli intrecci sabaudo-inglesi: "... il tesoro del Regno delle Due Sicilie rinsanguò le finanze del nuovo stato, mentre l'unificazione gravò sensibilmente la situazione dell'Italia meridionale, in quanto il Piemonte e la Toscana erano indebitate sino ai capelli ed il regno sardo era in pieno fallimento. L'ex Regno delle Due Sicilie, quindi, sanò il passivo di centinaia di milioni di lire del debito pubblico della nuova Italia e, per tutta ricompensa, il meridione, oppresso dal severissimo sistema fiscale savoiardo, fu declassato quasi a livello di colonia. Con l'unificazione, a Napoli, aumentarono le imposte e le tasse, mentre i piemontesi videro ridotti i loro imponibili e col denaro rubato al Sud poterono incrementare le loro industrie ed il loro commercio " .
    Ferdinando Ritter ha scritto che: "... il Regno delle Due Sicilie contribuì alla formazione dell' erario nazionale, dopo l'unificazione d'Italia, nella misura di ben 443 milioni di lire in oro, mentre il Piemonte, la Liguria e la Sardegna ne corrisposero 27, la Lombardia 8,1, il Veneto 12,7, il Ducato di Modena 0,4, Parma e Piacenza 1,2, la Romagna, le Marche e l'Umbria 55,3; la Toscana 84,2; Roma 35,3...".
    Edoardo Spagnuolo, nel n° 5 dei quaderni di Nazione Napoletana, così commenta la fine del sogno vissuto dalle popolazioni meridionali dopo l'annessione piemontese:
    " I grandi progetti ferroviari del Governo Borbonico avevano dunque un fine preciso. Le strade ferrate dovevano divenire un supporto fondamentale per l'economia meridionale ed essere di servizio allo sviluppo industriale che il Mezzogiorno d'Italia andava mirabilmente realizzando in quei tempi.
    Il governo unitario, dopo aver distrutto le fabbriche del Sud a proprio vantaggio, realizzò un sistema ferroviario obsoleto che, assieme alle vie marittime, servì non per trasportare merci per le manifatture e gli opifici del meridione ma per caricare masse di diseredati verso le grigie e nebbiose contrade del Nord o delle Americhe".
    Abbiamo visto all'inizio alcune cifre che ci hanno detto come i Savoia non avessero nessun rispetto per le popolazioni del Reame. Ripartiamo da lì.
    Quel milione di morti ci dice che vi fu una vera e propria persecuzione contro il popolo meridionale e ciò avvenne grazie alla cosiddetta Legge Pica, voluta dal Governo Minghetti e promulgata nell'agosto 1863.
    Questo il testo della Legge: Legge Pica: Art.1: Fino al 31 dicembre nelle province infestate dal brigantaggio, e che tali saranno dichiarate con decreto reale, i componenti comitiva, o banda armata composta almeno di tre persone, la quale vada scorrendo le pubbliche strade o le campagne per commettere crimini o delitti, ed i loro complici, saranno giudicati dai tribunali militari; Art.2: I colpevoli del reato di brigantaggio, i quali armata mano oppongono resistenza alla forza pubblica, saranno puniti con la fucilazione; Art.3: Sarà accordata a coloro che si sono già costituiti, o si costituiranno volontariamente nel termine di un mese dalla pubblicazione della presente legge, la diminuzione da uno a tre gradi di pena; Art.4: Il Governo avrà inoltre facoltà di assegnare, per un tempo non maggiore di un anno, un domicilio coatto agli oziosi, ai vagabondi, alle persone sospette, secondo la designazione del Codice Penale, nonché ai manutengoli e camorristi; Art.5: In aumento dell'articolo 95 del bilancio approvato per 1863 è aperto al Ministero dell'Interno il credito di un milione di lire per sopperire alle spese di repressione del brigantaggio. (Fonte: Atti parlamentari. Camera dei Deputati).
    Come ben si evince, si trattava di una vera e propria persecuzione che favorì il crescere del fenomeno del brigantaggio.
    Lo storico Lemkin che per primo ha dato una definizione di genocidio affermava che "… genocidio non significa necessariamente la distruzione immediata di una nazione…esso intende designare un piano coordinato di differenti azioni miranti a distruggere i fondamenti essenziali della vita dei gruppi nazionali. Obiettivi di un piano siffatto sarebbero la disintegrazione delle istituzioni politiche e sociali, della cultura, della lingua, dei sentimenti nazionali, della religione e della vita economica dei gruppi nazionali e la distruzione della sicurezza personale, della libertà, della salute, della dignità e persino delle vite degli individui…non a causa delle loro qualità individuali, ma in quanto membri del gruppo nazionale".
    Bisogna dire anche delle carceri dove furono rinchiusi i vinti meridionali. Il primo impatto parla di 1.700 ufficiali e 24.000 soldati fino alla fine del 1860. C'è da dire poi - ne abbiamo già parlato - che divenne obbligatoria la leva militare anche se - ad onor del vero - la prima chiamata fu volontaria e si presentarono solo un 20 mila a fronte degli 80.000 sperati. E anche questi 20.000 furono ospitati al nord.
    Ma proprio in quella chiamata volontaria stava il subdolo inganno! Infatti i restanti 60.000 furono considerati disertori e furono arrestati. Solo chi si unì ai briganti si salvò dall'arresto
    Tornando ai prigionieri, essi furono internati in carceri del nord e il Generale La Marmora, in un editto, ordinò che nessuno venisse liberato senza il consenso dell'esercito.
    I Savoia istituirono dei veri campi di concentramento e lì furono ammassati i prigionieri. Vediamoli allora questi campi:
    1. Fenestrelle,
    2. S. Maurizio Canavese,
    3. Alessandria,
    4. nel forte di S. Benigno in Genova,
    5. Milano,
    6. Bergamo,
    7. Forte di Priamar presso Savona,
    8. Parma,
    9. Modena,
    10. Bologna,
    11. Ascoli Piceno.
    C'è da dire che nei dieci anni di funzionamento dei lager molti prigionieri morirono di fame e sete.
    La fortezza più tristemente famosa era quella di Feenstrelle di Sestriere, già usata da Napoleone. Qui vennero internati gli ufficiali e sottufficiali che non tradirono i Borboni e quei civili che si rifiutarono di prestare servizio di leva. Non vi sto a dire come era organizzata Fenestrelle perché è argomento che tratterò in un altro post. Dico solo che era il lager più temuto!
    Il 22 agosto 1861 vi fu un tentativo di rivolta che però fallì e come risultato i prigionieri si ritrovarono le palle ai piedi del peso di 16 chili!
    Mal nutriti, picchiati, con le finestre senza imposte ma solo provviste di grate, il freddo uccideva quelli che erano larve umane. Anche i carcerieri avevano libertà di azione e potevano uccidere per qualsiasi motivo. Un prigioniero che inveì contro i Savoia fu ucciso a colpi di baionetta.
    Altro soprus ai prigionieri venivano confiscati tutti i beni familiari per cui le mogli e i figli si trovavano sulla strada e la loro casa svenduta ai sodali della Real Casa Sabauda.
    Ancora oggi, entrando a Fenestrelle, su un muro è ancora visibile l'iscrizione: "Ognuno vale non in quanto è ma in quanto produce".
    In seguito furono istituiti altri campi. Ecco dove:
    1. Gorgonia,
    2. Capraia,
    3. Giglio,
    4. all'Elba,
    5. Ponza,
    6. in Sardegna,
    7. nella Maremma.
    Importante: tutte le atrocità che si susseguirono per anni sono documentate negli Atti Parlamentari, nelle relazioni delle Commissioni d'Inchiesta sul Brigantaggio, nei vari carteggi parlamentari dell'epoca e negli Archivi di Stato dei capoluoghi dove si svolsero i fatti.
    Se avete dei dubbi andate a controllare perché sono pubblici! Naturalmente i libri di storia tacciono.
    Quella che segue è la risposta che La Marmora da a Cavour circa i prigionieri detenuti in Lombardia, di fatto confermando l'esistenza di campi in Lombardia!
    "…non ti devo lasciar ignorare che i prigionieri napoletani dimostrano un pessimo spirito. Su 1600 che si trovano a Milano non arriveranno a 100 quelli che acconsentono a prendere servizio. Sono tutti coperti di rogna e di verminia…e quel che è più dimostrano avversione a prendere da noi servizio. Jeri a taluni che con arroganza pretendevano aver il diritto di andare a casa perché non volevano prestare un nuovo giuramento, avendo giurato fedeltà a Francesco Secondo, gli rinfacciai altamente che per il loro Re erano scappati, e ora per la Patria comune, e per il Re eletto si rifiutavano a servire, che erano un branco di carogne…che avessimo trovato modo di metterli alla ragione".
    Ancora un documento tratto da Civiltà Cattolica:
    "Per vincere la resistenza dei prigionieri di guerra, già trasportati in Piemonte e Lombardia, si ebbe ricorso ad un espediente crudele e disumano, che fa fremere. Quei meschinelli, appena coperti da cenci di tela, rifiniti di fame perché tenuti a mezza razione con cattivo pane ed acqua ed una sozza broda, furono fatti scortare nelle gelide casematte di Fenestrelle e d'altri luoghi posti nei più aspri luoghi delle Alpi. Uomini nati e cresciuti in clima sì caldo e dolce, come quello delle Due Sicilie, eccoli gittati, peggio che non si fa coi negri schiavi, a spasimare di fame e di stento per le ghiacciaie".
    In un prossimo post vedremo nello specifico le varie prigioni.
    Fonti:
    - archivio di Stato di Torino;
    - archivio di Stato di Milano;
    - atti Parlamentari in Torino e Firenze;
    - archivi di Londra;
    - documentazione di Civiltà Cattolica;
    - archivio di Casa Borbone.
    §§§§§§§§§§§§§§§
    Per chi è interessato a Comenius!

    COMENIUS
    Una parentesi per capire Comenius. Chiedo aiuto al Professor Carlo Talenti.
    Komenský, Jan Amos (o Comenius, Comenio). Educatore e pedagogista ceco (Nivnice, Moravia. 1592-Amsterdam 1670).
    Vita e opere.
    Compiuti gli studi sotto la protezione della comunità religiosa Unione dei fratelli boemi, nel 1613 discusse la tesi di dottorato, nel 1616 fu nominato sacerdote e nel 1618 si sposò. La battaglia della Montagna Bianca, del 1620, segnò la fine dell'indipendenza boema e diede avvio ad una dura repressione contro l'Unione in cui K. perse la moglie e i figli, e vide distrutti tutti i suoi libri e manoscritti. Dopo la proclamazione del cattolicesimo a religione ufficiale della Boemia, nel 1628, i fratelli dell'Unione si trasferirono a Leszno, in Polonia. Tale città rimase un punto di riferimento per tutta l'attività pastorale, educativa e pedagogica di K. fino al 1656, anno in cui, in seguito alla guerra polacco-svedese, la città venne devastata dai nobili polacchi cattolici. In questo periodo K. pubblicò alcune delle sue opere più importanti: nel 1628 la Didactica Magna (La grande didattica), nel 1631 e poi nel 1633 la Iauna linguarum reserata (La porta delle lingue dischiusa) nel 1637 e poi nel 1641 la Pansophiae prodromus (L'introduzione alla pansofia), nel 1643 Pansophiae diatyposis (Il disegno della pansofia). Sostenitore, come più tardi Leibniz, di un riavvicinamento delle varie confessioni cristiane, K. prese parte alla conferenza ecumenica di Torún (1644-45). Dal 1650 al 1654 visse in Ungheria a Sárospatak, presso il principe Rákócki. Qui scrisse la Schola pansophica (La scuola pansofica) nel 1652, la Eruditio scolastica (La erudizione scolastica) sempre nel 1652, e più tardi, negli anni 1653-54, l'Orbis sensualium pictus (Il mondo delle cose sensibili figurato). Negli anni 1656-57 lavorò intensamente ad una delle sue opere più impegnative, la De rerum humanarum emendatione consultatio catholica (Esame universale sul perfezionamento della condizione umana), una riforma universale in sede educativa, religiosa e politica che aveva cominciato a progettare fin dal 1641 e che rimarrà incompiuta e in gran parte inedita fino al 1996.
    II pensiero.
    L'opera di K. si appella ad un cristianesimo ecumenico ripensato e rivissuto nell'ambito del neoplatonismo. La sua visione è a volte alimentata dalle sue convinzioni millenaristiche e dalla sua fede ingenua nelle profezie, ma si concreta in un programma di educazione universale e permanente per tutti gli uomini. Da questo programma nasce l'esigenza di una nuova didattica per tutti gli insegnamenti, a cominciare da quello delle lingue. K. si appella a tre fonti di verità, la Bibbia, la natura e l'uomo, che implicano tre strumenti di ricerca: la fede, i sensi e la ragione. Tutto il processo educativo mira a ricondurre l'uomo a Dio, mettendo a frutto la grazia meritata da Cristo per redimere l'umanità dal peccato. La ragione mediante l'analisi, i sensi mediante la sintesi, sono al servizio della fede; e compito di ogni uomo è di sviluppare la conoscenza del mondo divino che è presente in lui. Da ciò deriva che tutti gli uomini, senza distinzione alcuna, devono essere educati; occorre dunque inventare un'"arte universale di insegnare tutto a tutti". Obiettivi di questa "grande didattica" son cercare e trovare il metodo che consenta ai docenti di insegnare di meno e ai discenti di imparare di più; evitare le chiacchiere, la noia e i lavori inutili; accrescere il divertimento di imparare, ottenere un maggior profitto e disporre di maggior tempo libero. Il tutto subordinato ai fini supremi della pace della tolleranza religiosa e del progresso scientifico.
    La nuova didattica.
    L'universalità dell'educazione riguarda ad un tempo tutto il genere umano e tutto il sapere e il saper fare umani. Affinché questi due universi giungano progressivamente a coincidere occorre, secondo K., una radicale riforma delle istituzioni scolastiche che è compito dei pubblici poteri programmare e realizzare. Il processo educativo investe l'uomo tutta la vita, perciò la scuola deve essere differenziata secondo i periodi tipici dello svilupp infanzia, fanciullezza, adolescenza, gioventù. Ogni periodo comprende sei anni, e il processo di maturazione raggiunge la sua pienezza a 24 anni. I quattro tipi di scuola son 1) la scuola materna (da 0 a 6 anni), che mira ad esercitare i sensi esterni; 2) la scuola elementare in lingua materna (da 6 a 12 anni), che mira ad esercitare i sensi interni, cioè l'immaginazione e la memoria, con i loro organi esecutivi la mano e la lingua; 3) la scuola latina o ginnasio (da 12 a 18 anni), che mira a formare l'intelligenza e il giudizio mediante le arti del trivio (grammatica, dialettica e retorica) e del quadrivio (aritmetica, geometria, musica, astronomia) e mediante le scienze naturali e quelle storico-geografiche; 4) l'accademia (dai 18 ai 24 anni), che mira alla formazione superiore della volontà, insegnando a conservare in armonia il corpo, la mente, il possesso dei beni esterni e la fede in Dio, mediante la medicina, la filosofia, la giurisprudenza e la teologia. La riforma universale dell'educazione e dell'istituzione scolastica investe due altri compiti: 1) la riorganizzazione del sapere; 2) il rinnovamento radicale dei metodi di insegnamento. K. precisa minuziosamente le procedure del metodo pansofico. È contrario in genere alle punizioni corporali, alle astrazioni intempestive e gratuite, al verbalismo, alla precipitazione, all'isolamento e alla contemplazione inutile del sapere, e alle forme di apprendimento prive di motivazione. A livello di didattica generale mira ad una razionalizzazione dei processi di insegnamento-apprendimento che consenta ad un solo insegnante di reggere alcune centinaia di ragazzi. Alla costruzione di nuovi manuali scolastici K. dà un contributo fondamentale con l'opera Orbis sensualium pictus, che diventerà un modello per i successivi sillabari e libri "figurati", cioè impostati sul rapporto "figura-nomenclatura-descrizione". Per l'alfabetizzazione sostiene la stretta connessione delle abilità della lettura con quelle della scrittura e la necessità di far scaturire entrambe da precedenti abilità grafico-visive. Un'attenzione tutta particolare dedica infine all'insegnamento-apprendimento delle lingue, sul quale torna ripetutamente in opere specialistiche come la Ianua linguarum, sviluppando due fondamentali orientamenti metodologici: 1) la lingua, orale o scritta, materna o straniera, deve essere appresa e perfezionata come strumento di istruzione e di comunicazione e non come pratica fine a se stessa; 2) di conseguenza qualsiasi lingua deve essere appresa in funzione delle "cose" che si vogliono conoscere e comunicare. Nel complesso la pedagogia di K. rimane disputata tra realismo e utopia: da una parte il suo appello all'esperienza sensibile non giunge a collegarsi alla più matura coscienza epistemolgica del suo tempo, dall'altra la sua tensione escatologica non gli impedisce di anticipare precise istanze educative che matureranno con l'affermarsi della borghesia.

    Carlo Talenti

    Fonte
    Ultima modifica di H.I.M.; 05-03-10 alle 18:23




  2. #2
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    Predefinito Rif: 1861 - 1871: 10 anni dimenticati dai libri di storia.

    la propaganda neoborbonica anche qua...
    nooooooooooooooooo
    La verità produce effetti anche quando non può essere pronunciata.

    L. von Mises

    SILENDO LIBERTATEM SERVO

  3. #3
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    Predefinito Rif: 1861 - 1871: 10 anni dimenticati dai libri di storia.

    Anni fa all'esame di storia del risorgimento (recensione di un libro a piacere sull'argomento e esposizione in classe) sfornai questa recensione del libro di Salvi.

    L’Italia non esiste
    Autore: Sergio Salvi
    Editore: Leonardo Facco
    Recensione: Renato Nannini

    Come introduzione alla recensione che seguirà, è necessario rendere chiaro il principale cardine attorno al quale ruota l’intero significato del libro “L’Italia non esiste”. Essenzialmente mi riferisco ai concetti di “stato” e “nazione”.

    LO STATO, da che mondo è mondo, è un’organizzazione che pretende di possedere il monopolio dell’utilizzo legale (ma non per questo legittimo) della forza, su un territorio da lui stesso determinato. Un’organizzazione che pretende inoltre di vivere legalmente (ma non per questo legittimamente) sulle spalle della popolazione a lui soggetta e che esso denomina, nel caso delle democrazie, come “cittadini”. Un’organizzazione che nasce e cresce tramite la guerra e che proprio in essa riesce a trovare la sua principale linfa vitale. Volendo continuare, un’organizzazione che non ha la scelta di essere “buona” o “cattiva”, in quanto possiede un dna e caratteristiche intrinseche forgiate dal crimine, cresciute nello stesso e pertanto residenti al polo opposto del concetto di “legittimo” (qualsiasi azione che non vada ad aggredire la persona o la proprietà altrui).

    “NAZIONE” post XVIII sec.
    - Filone francese, teoria elettiva della nazione: cittadini a cui spetta l’esercizio della sovranità
    - Filone tedesco, teoria naturale della nazione: individui con origini comuni e stessa lingua che si estende su di un territorio precipuo
    In Italia vi è un’assimilazione della “teoria naturale”.
    1851, Pasquale S. Mancini – Nazione: una società naturale d’uomini, da unità di territorio, d’origine, di costumi e di lingua conformata a una comunanza di vita e di coscienza sociale. Una società che doveva essere vivificata dalla coscienza della nazionalità.
    Quindi: 1- popolazione; 2- territorio; 3- origini comuni; 4- lingua; 5- senso di appartenenza, quindi, elemento volontaristico (senza il quale vengono logicamente meno i primi 4 punti).
    In ultima analisi la “nazionalità” è essenzialmente un’emozione, una sensazione psicologica individuale e soggettiva: un sentimento che fa parte, singolarmente, solo e soltanto della propria coscienza.

    È evidente a questo punto quanto i due concetti di “stato” e “nazione” siano totalmente indipendenti tra loro e questo in quanto poggiano su caratteristiche sia pratiche che teoriche totalmente diverse e si concretizzano su piani che niente hanno a che vedere tra loro.
    Non a caso molto spesso si ha un’organizzazione statale con al suo interno molte nazionalità diverse, oppure, addirittura, molte e indipendenti organizzazioni statali contenenti persone che si considerano della stessa nazionalità.

    Salvi quindi affronta ognuno dei punti riguardanti la “nazionalità”, verificando che nessuno di essi sussiste nel caso “italiano”. Da qui quindi il titolo del libro “L’Italia non esiste”.

    1- POPOLAZIONE:
    Dal III millennio a.C. agli autoctoni si sovrapposero popoli dell’europa centrale:
    - protolatini: siculi, itali, entri, latini etc..
    - italici: oschi e umbri
    - paleoveneti
    - celti
    - etruschi
    - greci

    Con la “romanizzazione” (assimilazione di costumi, leggi, lingua, etc.) tale mosaico viene meno, ma prima che il processo si concludesse, con il crollo dell’impero, si ha un fenomeno di “deromanizzazione” ad opera degli invasori e di conseguenza lo sviluppo di un nuovo mosaico non molto meno complesso del precedente.

    2- TERRITORIO:
    All’Italia-stato nel corso degli anni si è cercato di dare come supporto indubitabile, un’Italia partorita dalla natura: la cosiddetta “penisola”.
    Secondo la geografia fisica però, non esiste affatto una regione naturale etichettabile come “Italia”.
    L’Italia da un punto di vista geografico non è altro che l’unione di cinque regioni naturali:
    - Padania
    - Appenninia
    - Sicilia
    - Sardegna
    - Corsica

    Da questo punto di vista, l’Italia può esistere soltanto “contro natura”.

    3- ORIGINI COMUNI:
    Il termine “Italia” è stato coniato dai greci che si stabilirono nella penisola a partire dall’VIII sec a.C. Inizialmente stava ad indicare soltanto l’odierna Calabria meridionale e successivamente tale termine inglobò territori sempre più verso nord.
    - III sec. a.C.: i romani dopo essersi impossessati del termine in questione, fanno giungere il limite settentrionale fino a metà dell’attuale Toscana.
    - I sec. a.C.: la pianura padana viene inserita nell’“italia” romana (Alpi, Sicilia, Sardegna e Corsica non sono incluse)
    NB: L’Italia è per i romani soltanto un concetto geografico e non etnico (non a caso è divisa in 11 regioni a denominazione di origine etnica: Liguria, Etruria, Umbria, Lucania etc. Questo a dimostrazione delle diversità di base di quest’entità).
    - V-X sec.: crolla l’Impero romano d’Occidente e si susseguono barbari, bizantini, longobardi e gli arabi in Sicilia. Il termine “italia” si smarrisce anche quale connotazione meramente geografica.
    - XII-XIII sec.: nasce il Regno di Sicilia (così si consolidano le già grandi diversità economiche, culturali e sociali tra il sud e il resto), lo Stato della Chiesa e quella miriade di formazioni politiche quali i comuni, le signorie etc.
    - XIV-XVIII sec.: arrivano i francesi, gli spagnoli e gli austriaci.
    - XIX-XX sec.: Con il Congresso di Vienna i vincitori ripristinarono in parte la situazione pre-napoleonica dividendo l’Italia in 11 stati (gran parte dei quali sotto “tutela” straniera). Successivamente si avrà la nascita del Regno d’Italia.

    Ha senso, di fronte a tutto ciò , parlare di origini o storia comune del cosiddetto “popolo italiano”? E ha senso far coincidere il “Sorgimento” dell’Italia con l’Impero Romano, quando i Romani stessi non consideravano Italia, quell’Italia che poi si vuol far credere come tale tramite il Risorgimento? Come può quindi, risorgere, ciò che non è mai esistito?

    4- LINGUA:
    Così come l’identificazione delle regioni naturali è demandata alla geografia fisica, l’identificazione delle lingue è compito della scienza linguistica.
    Attualmente la maggior parte degli stati possiede una lingua ufficiale, lingua che in genere è codificata nell’ortografia, nel lessico, nella grammatica e nella sintassi. In genere, sbagliando, si tende però a chiamare lingua, soltanto quelle lingue codificate e considerate ufficiali, mentre tutto il resto viene liquidato come “dialetto”. Tali lingue ufficiali però, in genere, non sono altro che il frutto di un dialetto o di più dialetti con dati caratteri comuni.
    La situazione linguistica di un secolo e mezzo fa nell’Italia-regione è raggruppabile in tre sistemi:
    - lingue estranee alla romanizzazione: tedesco, sloveno e greco
    - lingue derivate dalla romanizzazione ma non peculiari della regione: francese e occitano
    - lingue derivate dalla romanizzazione e peculiari della regione:
    a- toscano
    b- dialetti che pur discostandosi dal toscano vanno a comporre un sistema dialettale più vasto comprendente anche il toscano (è stato però appurato che i dialetti di questo sistema non condividono alcun tratto distintivo comune)
    c- sardo

    La lingua italiana quindi, tanto sbandierata quale carattere distintivo della “nazione italiana”, appare, secondo la scienza linguistica, una nozione totalmente priva di fondamento.
    Se mai a creare una nazionalità bastasse la lingua, dovremo in tal caso iniziare a parlare di una Padania-nazione, di una Toscana-nazione, di un Mezzogiorno-nazione, di un Friuli-nazione e di una Sardegna-nazione, poiché questo, attualmente, è lo schema che va per la maggiore.
    Secondo Tullio De Mauro, nel 1861, su una popolazione di circa 22.000.000 di abitanti, la lingua italiana era conosciuta soltanto da circa 600.000 persone, di cui 400.000 erano toscani e l’analfabetismo non giustificava certo tutto ciò, poiché l’italiano era abitualmente utilizzato da meno del 10% dei non analfabeti.

    5- SENSO DI APPARTENENZA:
    Per quanto riguarda lo sviluppo di questo punto, l’autore è andato occupandosi di ciò che da un punto di vista strettamente democratico, ha legalizzato (ma non per questo legittimato) la nascita del Regno d’Italia e cioè i Plebisciti.

    - 1859, la Lombardia viene annessa senza alcun plebiscito: 11 anni prima, dopo l’insurrezione milanese e il successivo arrivo delle truppe sarde in città, essendo l’ipotesi prevalente quella di una “confederazione di stati italiani”, il governo provvisorio di Milano rifiutò l’annessione immediata e propose un referendum in cui si proponeva una “fusione” tra i due stati (scioglimento delle camere piemontesi, elezioni a suffragio universale per l’elezione di un’assemblea costituente e governo misto residente a Milano per gestire tali elezioni). Quando però nel 1859 le truppe sarde tornarono nuovamente in città, la Lombardia venne semplicemente annessa senza alcun plebiscito e il Regno di Sardegna vi estese il proprio ordinamento amministrativo e le proprie leggi. Scrisse Carlo Cattaneo <<il Piemonte era inferiore in diritto penale alla Toscana, in diritto civile a Parma e in ordinamenti comunali alla Lombardia>>
    - Contemporaneamente, l’élite salita al potere in Toscana e nell’attuale Emilia-Romagna, reclamò l’annessione immediata e Torino a riguardo decise di indire dei plebisciti. I risultati furono totalmente drogati: in Toscana vi furono 366.000 voti favorevoli contro 19.000 contrari. Filippo Culetti (un agente segreto del Regno di Sardegna), fu inviato con 80 carabinieri in borghese in Toscana e Emilia e nel libro “La verità intorno agli uomini e alle cose del regno d’Italia” scrive <<constatato come soltanto un piccolo numero di elettori si presentò, noi, nel momento della chiusura delle urne, vi gettammo i polizzini (naturalmente in senso piemontese) di quelli che s’erano astenuti>> e poi <<in alcuni collegi, l’immissione nelle urne dei polizzini degli astenuti, si fece con tanta trascuratezza, che lo spoglio dello scrutinio diede un maggior numero di votanti, di quello che lo fossero gli elettori iscritti>>. Contemporaneamente, il “barone di ferro” Bettino Ricasoli impartiva le seguenti disposizioni <<gli imprenditori agricoli, a capo dei loro amministrati, il più influente proprietario rurale a capo degli uomini della sua parrocchia, il cittadino più autorevole a capo degli abitanti di una strada, ordineranno e condurranno gli elettori alle urne della nazione>> e in questa occasione nacquero le celebri parole sempre di Ricasoli <<chi non vota, non pota!>>.
    - Nel 1860, con la conquista del Regno delle due Sicilie, delle Marche e dell’Umbria, l’esperienza dei “plebisciti-falsa” si ripete nuovamente. Cesare Cantù, da Napoli, ci racconta <<il plebiscito giungeva fino al ridicolo, poiché oltre a chiamare tutti a votare sopra un soggetto dove la più parte erano incompetenti, senza tampoco accertare l’identità delle persone e fin votando i soldati, si deponevano in urne distinte i “sì” e i “no”, lo che rendeva manifesto il voto; e fischi e colpi e coltellate a chi lo desse contrario. Un villano gridò: “Viva Francesco II” e fu ucciso all’istante”.
    - Il 17 marzo 1861, il parlamento di Torino proclamò Vittorio Emanuele II, primo Re d’Italia “per grazie di Dio e volontà della Nazione” (!!!)
    - Nel 1866, con la terza guerra d’indipendenza e l’annessione del Veneto, i “Sì” a tal plebiscito furono il 99,99% e nel 1870, con l’annessione di Roma, i “Sì” furono il 98,90%
    - Infine quando nel 1919-20 si ebbè l’annessione del Trentino, lo stato italiano si guardò bene dal concedere nuovi plebisciti (che pure vennero chiesti), poiché in tal caso, data l’alta presenza di tedeschi e slavi, il risultato sarebbe stato alquanto pericoloso.

    Appare quindi evidente quanto tali plebisciti furono predeterminati nei loro esiti e pertanto incompatibili con il libero esercizio della democrazia referendaria. Voto pubblico, registri elettorali maltenuti o addirittura inesistenti, mancanza di ogni controllo di identità dei votanti e aggiunta di voti inesistenti: così fu fatta, “democraticamente”, ma senza l’appoggio degli “italiani”, l’Italia.


    Quindi, volendo tirare un po’ di somme, per quanto riguarda il processo di unificazione politica dell’Italia, c’è da dire che termini come “risorgimento italiano” o “nazionalità italiana” sono da considerarsi totalmente fuori luogo, in quanto non ha mai avuto luogo un “sorgimento italiano”, non esiste un “territorio naturale italiano”, non esiste una effettiva “popolazione italiana dalle origini comuni”, non esiste una originaria “lingua italiana” e soprattutto, non è mai esistito un “comune senso di appartenenza” da parte dei cosiddetti “italiani”.

    Il mito del risorgimento italiano, da un punto di vista strettamente politico, non è stato altro che una semplice guerra di conquista, in certi casi dai tratti molto fortunati, portata avanti da una casa regnate che non proveniva nemmeno dalla penisola, ma bensì dalla Savoia francese, terra indubbiamente straniera.

    Da un punto di vista culturale invece, il risorgimento italiano è stato un fenomeno illusorio, ma ben confezionato da una piccola e molto zelante élites politica-culturale, che per svariate ragioni sentiva il bisogno di dare alla luce una “nazionalità italiana”. Ciò con il tempo, ha dato origine a forse uno dei più vasti esperimenti sociologici di questo mondo e cioè la creazione artificiale e coercitiva di una nazionalità, quella italiana. Si spiega bene a questo punto il detto “fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani” e in ciò, se stessimo parlando di “ratti da laboratorio”, non vi sarebbe nemmeno niente di male, purtroppo invece stiamo parlando di esseri umani, milioni di persone in carne ed ossa e possessori di “libero arbitrio”, che sono state manipolate e indottrinate senza sosta da quella organizzazione criminale denominata come “stato italiano”. Personalmente non vedo come si possa dimenticare o tralasciare il fatto che i così detti “italiani”, si considerano come tali solo in virtù del fatto di provenire da un grande esperimento in stile “ratti da laboratorio”. Ritengo pertanto che qualunque così detto “italiano”, in possesso della propria razionalità e del proprio libero arbitrio e consapevole dei suddetti fatti, abbia quantomeno l’obbligo morale verso se stesso e verso i propri avi di sottrarsi quanto possibile all’etichetta di “italiano”.

    A questo punto, per concludere, siamo obbligati a farci la fatidica domanda: tentare di forgiare dal niente una nazionalità, perché? Perché tutto ciò? Con quale fine?
    Perché il “Re” (il potere statale) è consapevole di essere “nudo” (illegittimo). Il trucco sta nel fare in modo che nessuno se ne accorga, altrimenti, svelato il trucco, la magia non è più magia e al “popolino” potrebbero saltare in mente strane idee talvolta sovversive (dal punto di vista statale) o meglio più che legittime (da un punto di vista oggettivo), come per esempio smettere di pagare le tasse.
    Al popolo basterebbe veramente poco per scrollarsi dalla gobba il “Re nudo”, essenzialmente gli basterebbe ignorarlo totalmente ed esso decadrebbe quasi automaticamente.
    Tenere docile il “popolino” ed avere una certa accondiscendenza diventa così uno dei principali obbiettivi della struttura statale e a riguardo due sono i principali mezzi della bestia: creare unità all’interno e paura verso un qualche nemico esterno (a riguardo i migliori esempi su cui rimandare non possono che essere la “Guerra Fredda” e il colpo di stato dell’11 settembre 2001 con successive guerre anti-finto-terrorismo). Per quanto riguarda il primo punto, niente di meglio che un sentimento nazionale diffuso che vada più o meno a coincidere con i confini territoriali della struttura statale. Così la macchina statale si mette in moto nella costruzione di quella enorme “religione di stato” volta a creare unione tra i cittadini e contemporaneamente rispetto nei confronti del “Re nudo”. Inizia l’indottrinamento, o meglio l’esperimento stile ratti da laboratorio, ed ecco che i produttori statali della religione di stato invadono ogni angolo della vita pubblica con fanfare, inni cantati fino alla morte, cerimonie, bandiere a ogni angolo di strada, lezioni scolastiche di educazione civica, celebrazioni delle più stupide ricorrenze e chi più ne ha più ne metta. In certi casi meglio abbondare che rischiare…
    E un bel giorno, toscani, siciliani e veneziani si svegliarono tutti “italiani” (quasi tutti!).

    Ma ancora, perché tutto ciò? Perché lo stato pretende di incrementare i propri confini? Perché pretende di possedere sempre più potere? Perché pretende di avere un sempre maggiore controllo delle persone a lui assoggettate?
    Credo che non esista più corretta e illuminante risposta del libro “1984”, il capolavoro di G. Orwell: “Desiderio infinito di potere fine a se stesso”.
    Questa è la natura dello stato!

  4. #4
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    Predefinito Rif: 1861 - 1871: 10 anni dimenticati dai libri di storia.

    ps. commento del prof. <<analisi fredda ma corretta>> 30/30

  5. #5
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    Predefinito Rif: 1861 - 1871: 10 anni dimenticati dai libri di storia.

    Citazione Originariamente Scritto da -Duca- Visualizza Messaggio
    la propaganda neoborbonica anche qua...
    nooooooooooooooooo
    Non è questione di propaganda neoborbonica. E' questione che i savoia hanno messo fine a una serie di entità territoriali preesistenti nella penisola italiana, con l'uso della forza invasiva e violenta. E non solo il regno delle due sicilie, ma anche il lombardo veneto, il gran ducato di toscana e lo stato pontificio. Uno schifo franco-barbaro. Uno schifo. Un macello vergognoso. Altro che Mussolini.

  6. #6
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    Predefinito Rif: 1861 - 1871: 10 anni dimenticati dai libri di storia.

    Citazione Originariamente Scritto da JohnPollock Visualizza Messaggio
    Non è questione di propaganda neoborbonica. E' questione che i savoia hanno messo fine a una serie di entità territoriali preesistenti nella penisola italiana, con l'uso della forza invasiva e violenta. E non solo il regno delle due sicilie, ma anche il lombardo veneto, il gran ducato di toscana e lo stato pontificio. Uno schifo franco-barbaro. Uno schifo. Un macello vergognoso. Altro che Mussolini.
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  7. #7
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    Predefinito Rif: 1861 - 1871: 10 anni dimenticati dai libri di storia.

    Sul thread in origine, un paio di precisazioni finali ad un'analisi sostanzialmente corretta ma "di parte", nel senso che non prende in considerazione tutto il processo ma solo lo stadio finale, per quanto riguarda il Regno delle due Sicilie.
    Lo scardinamento è reso possibile dai cosiddetti liberali "esuli" in Piemonte ed impiega anni di "corrosione" per essere messo in atto, sia a livello di bassa manovalanza (1000 burattini non possono nulla se non vi sono precedenti accordi in loco) sia a livello di dirigenza, esercito e "politici"; per la serie "C'è gente che per vendersi pagherebbe". Di più: Quando questi esuli saranno politicamente in esubero verranno creati posti di lavoro per sistemarli (vedi ad esempio La Stampa di Torino, non a caso detta "la bugiarda" dalla popolazione locale, per inciso, ampiamente sfruttata dalla stessa famiglia di pezzi di letame che poi penserà in grande. Levate la guerriglia con i massacri relativi e vedrete che i piemontesi, per il resto, hanno assaggiato la "medicina" per primi).
    Si fa riferimento alla grande ricchezza del regno ed alla spoliazione avvenuta in seguito a quell'eroico atto di unificazione che uno dei discendenti di quei traditori ci tiene tanto a festeggiare l'anno prossimo. Ci si dimentica però che uno, ben più ingente, è avvenuto nel '59 verso un Regno lombardo veneto che non era certo da meno (e qui, l'unico che avrebbe ragione di festeggiare l'anno che verrà potrebbe essere un ipotetico regno di Prussia). I numeri (vado a memoria) per il '58 / '59 parlano di un bilancio in rosso per la Sicilia (-3 milioni di lire), un attivo per la parte continentale del Regno (+9 milioni di lire) quindi un +6 milioni a favore del Regno delle due Sicilie a fronte di un Regno lombardo veneto che vantava un +26 o +29 milioni, non ricordo con certezza.
    Situazione simile per le strade ferrate, poco meno di 1000 Km, sempre prima della seconda guerra d'indipendenza (di sto c***o).
    Sarà un caso che hanno prima guardato ad est ?
    Stessa situazione per l'emigrazione: Fu il Veneto a pagare di più con una vera e propria diaspora. L'unica cosa che salvò la Lombardia dalla stessa sorte fu il fatto di aver introdotto un sistema di coltivazione, la mezzadrìa e in minor misura la terzadrìa, che impedì lo svuotamento sistematico e l'impoverimento delle campagne in quanto costringeva il fittavolo a comportarsi da imprenditore. Dove questo non fu possibile, si partiva col piroscafo, bestemmiando all'itaglia, caro il "mio" rappresentante - mai eletto - dalla firma facile... :giagia:
    Se vedòm!

  8. #8
    nodo in gola
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    Predefinito Rif: 1861 - 1871: 10 anni dimenticati dai libri di storia.

    Citazione Originariamente Scritto da Gatto rognoso Visualizza Messaggio
    Sul thread in origine, un paio di precisazioni finali ad un'analisi sostanzialmente corretta ma "di parte", nel senso che non prende in considerazione tutto il processo ma solo lo stadio finale, per quanto riguarda il Regno delle due Sicilie.
    Lo scardinamento è reso possibile dai cosiddetti liberali "esuli" in Piemonte ed impiega anni di "corrosione" per essere messo in atto, sia a livello di bassa manovalanza (1000 burattini non possono nulla se non vi sono precedenti accordi in loco) sia a livello di dirigenza, esercito e "politici"; per la serie "C'è gente che per vendersi pagherebbe". Di più: Quando questi esuli saranno politicamente in esubero verranno creati posti di lavoro per sistemarli (vedi ad esempio La Stampa di Torino, non a caso detta "la bugiarda" dalla popolazione locale, per inciso, ampiamente sfruttata dalla stessa famiglia di pezzi di letame che poi penserà in grande. Levate la guerriglia con i massacri relativi e vedrete che i piemontesi, per il resto, hanno assaggiato la "medicina" per primi).
    Si fa riferimento alla grande ricchezza del regno ed alla spoliazione avvenuta in seguito a quell'eroico atto di unificazione che uno dei discendenti di quei traditori ci tiene tanto a festeggiare l'anno prossimo. Ci si dimentica però che uno, ben più ingente, è avvenuto nel '59 verso un Regno lombardo veneto che non era certo da meno (e qui, l'unico che avrebbe ragione di festeggiare l'anno che verrà potrebbe essere un ipotetico regno di Prussia). I numeri (vado a memoria) per il '58 / '59 parlano di un bilancio in rosso per la Sicilia (-3 milioni di lire), un attivo per la parte continentale del Regno (+9 milioni di lire) quindi un +6 milioni a favore del Regno delle due Sicilie a fronte di un Regno lombardo veneto che vantava un +26 o +29 milioni, non ricordo con certezza.
    Situazione simile per le strade ferrate, poco meno di 1000 Km, sempre prima della seconda guerra d'indipendenza (di sto c***o).
    Sarà un caso che hanno prima guardato ad est ?
    Stessa situazione per l'emigrazione: Fu il Veneto a pagare di più con una vera e propria diaspora. L'unica cosa che salvò la Lombardia dalla stessa sorte fu il fatto di aver introdotto un sistema di coltivazione, la mezzadrìa e in minor misura la terzadrìa, che impedì lo svuotamento sistematico e l'impoverimento delle campagne in quanto costringeva il fittavolo a comportarsi da imprenditore. Dove questo non fu possibile, si partiva col piroscafo, bestemmiando all'itaglia, caro il "mio" rappresentante - mai eletto - dalla firma facile... :giagia:
    Grazie Gatto per le precisazioni. Che l'articolo sia di parte, mi pare ovvio e se volessimo ben vedere, da un punto di vista libertario, per certi versi sarebbe anche inaccettabile. Ha però un pregio, ovvero quello di identificare con chiarezza i responsabili di un massacro, senza scaricare colpe su intere popolazioni che, loro malgrado si sono adeguate, ognuna a suo modo, agli esiti delle tiranniche e predatorie decisioni politiche che originarono quel massacro. Insomma, c'è qualche omissione e qualche imprecisione, ma il senso dell'articolo non è del tenore di quelli che ogni tanto provengono da entrambi i pulpiti indipendentisti e che si potrebbero riassumere in "tutta colpa dei terroni/polentoni" e giù di bislacche teorizzazioni razziali/culturali/religiose/sociologiche. A mio modo di vedere le due parti sono state messe volutamente in contrapposizione dall'apparato statale, a tutto giovamento dello stesso. Per una volta che un articolo sembra volersi sottrarre a questa logica, mi pareva opportuno dargli il benvenuto, specie in vista del vero tam-tam propagandistico che tra qualche mese inizierà a sfondarci i... timpani.




  9. #9
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    Predefinito Rif: 1861 - 1871: 10 anni dimenticati dai libri di storia.

    Infatti sono d'accordo e l'articolo in sè è ottimo; puntualizzare il tutto in senso anti statalista sul forum libertario la vedo inoltre come la ciliegina sulla torta

    Il fatto è che la trafila me la sono fatta tutta, già dalla nascita della prima POL; quindi mi ricordo benissimo i tempi in cui a parlare di certe cose sotto determinate longitudini ci si prendeva del leghista ignorante e morta là.
    La seconda fase è stata quella dell'accettazione del fatto storico e, di conseguenza, della presa d'atto che un indipendentismo meridionale fosse possibile (parlo ovviamente della massa. che abbia una storia ormai secolare lo so benissimo)
    Terza fase: Infiltrazione e distruzione. Non è necessario denigrare il fenomeno indipendentista in sè. Basta far leva su questo in funzione "statalista" per mantenere la consueta antitesi "noi contro loro" e continuare a tirare avanti come si è sempre fatto... esempi nella vita reale non ne mancano, ovunque si guardi. Per quanto concerne la storia, basta utilizzare e strumentalizzare ciò che già c'è....
    Naturale quindi mettere dei paletti prima che il discorso deragli a favore dei soliti noti con le consuete sparate.
    Ultima modifica di Gatto rognoso; 07-03-10 alle 19:44
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  10. #10
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    Predefinito Rif: 1861 - 1871: 10 anni dimenticati dai libri di storia.

    Quarte giornate dei Diritti linguistici: quest'anno si discute dell'insegnamento delle lingue locali


    Quarte giornate dei Diritti linguistici20-23 maggio 2010 - Teramo - Giulianova - Villa Badessa

    Quarte Giornate dei Diritti Linguistici
    L'insegnamento delle lingue locali: istituzioni, metodi, ideologie

    ----
    Eventi organizzati dall'Associazione LEM-Italia, in collaborazione con
    Associazione Culturale Villa Badessa
    Dipartimento di Teorie e Politiche dello Sviluppo Sociale dell'Università di Teramo
    Con il patrocinio del Ministero dell'Interno e il sostegno del Consiglio d'Europa





    Giovedì 20 maggio

    Ore 9 - Sala delle lauree - Facoltà di Giurisprudenza

    9:00 - 10:00 Registrazione dei partecipanti
    10:00 - 10:45 Saluto delle Autorità e Apertura del Convegno

    Rita Tranquilli Leali
    Rettore dell'Università di Teramo

    Alexey Kozhemyakov
    Direttore del Segretariato della Carta Europea delle Lingue Regionali o Minoritarie, Consiglio d'Europa, Strasburgo

    Ahmed Boukous
    Rettore dell'Institut Royal de Culture Amazighe, Rabat

    Henri Giordan
    Direttore del portale LEM (Lingue d'Europa e del Mediterraneo)

    Joseph G. Turi
    Presidente dell'Académie Internationale de Droit Linguistique, Montréal

    Ajsela Spahija, Laura Xhaxhiu
    Albanian Forum for the Alliance of Civilizations, Tirana

    Tullio Telmon
    Presidente della Società di Linguistica Italiana

    Valter Catarra
    Presidente della Provincia di Teramo

    Maurizio Brucchi
    Sindaco di Teramo

    Francesco Mastromauro
    Sindaco di Giulianova

    Alberto Secamiglio
    Sindaco di Rosciano

    Michele Capasso
    Presidente della Fondazione Mediterraneo, Napoli

    Gianluca Sadun Bordoni
    Direttore della rete universitaria euromediterranea Medadrion

    Francesco Benigno
    Preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione, Università di Teramo

    Floriana Cursi
    Preside della Facoltà di Giurisprudenza, Università di Teramo

    Paolo Savarese
    Delegato del Rettore alla formazione continua, Università di Teramo

    Everardo Minardi
    Direttore del Dipartimento di Teorie e Politiche dello Sviluppo Sociale, Università di Teramo

    Romano Orrù
    Direttore del Dipartimento di studi giuridici comparati, Università di Teramo

    Bernardo Cardinale
    Coordinatore del Dottorato di ricerca in Analisi delle Politiche di Promozione del Territorio

    Giancarlo Ranalli
    Presidente Associazione Culturale Villa Badessa

    Introduce: Giovanni Agresti, Presidente dell'Associazione LEM-Italia


    10:45 - 11.15 Conferenza d'apertura 1
    Alexey KOZHEMYAKOV, Direttore del Segretariato della
    Carta europea delle lingue regionali o minoritarie (Consiglio d'Europa), Strasburgo

    11:15 - 11:45 Conferenza d'apertura 2
    Henri GIORDAN, Direttore del Progetto LEM
    Langues régionales ou minoritaires : une stratégie de la reconnaissance

    11:45 - 12:15 Dibattito

    12:15 - 120 Pausa

    120 - 130 1ª Sessione, Idéologies
    Presidente di Seduta: Henri Giordan
    Jean Léo LÉONARD, Université de Paris III
    Ecole en langue minoritaire et contre-histoire

    Marco TAMBURELLI, UCL, London
    From diglossia to bilingualism: maintaining Italy's linguistic heritage

    130 - 14:45 Rinfresco

    14:45 - 16:45 2ª Sessione, Entre Orient et Occident
    Presidente di Seduta: Alexey Kozhemyakov

    Gvantsa TCHANTURIA & Tsiuri AKHVLEDIANI,
    Université d'Etat de Tbilissi
    Le multilinguisme en Géorgie

    Massimo RIPANI, Disvastigo, Lingue e Cultura
    I ciuvasci fra oriente e occidente

    Vartan OZINIAN, ProEducatio, Parigi
    La langue arménienne occidentale entre désirs et réalité

    Anna BERLIŃSKA, Università di Bialystok
    Normalisation de la langue polonaise et les parlers locaux

    Stevka SMITRAN, Università di Teramo
    Civiltà balcanica e il mito di fondazione

    16:45 - 17:00 Pausa

    17:00 - 180 3ª Sessione, La langue occitane
    Presidente di Seduta: Jean Léo Léonard

    Marie-Jeanne VERNY, ETOILL, Université Paul Valéry Montpellier
    L'enseignement de l'occitan en 2009 - état des lieux

    Yan LESPOUX, ETOILL, Université Paul Valéry Montpellier
    Occitan : l'enseignement bilingue pour sauver la langue ?

    Corinne LHERITIER, Ecole bilingue Calandreta
    Enseignement bilingue en immersion : choix pédagogiques
    Venerdì 21 maggio
    Torna all'inizio

    Ore 9 - Sala delle lauree - Facoltà di Giurisprudenza

    9:00 - 90 Registrazione dei partecipanti

    90 - 100 Conferenza 3
    Ahmed BOUKOUS, Recteur de l'Institut Royal de Culture Amazighe, Rabat
    Problématique des droits culturels et linguistiques : cas de l'amazighe (berbère) en Afrique du Nord

    100 - 110 4ª Sessione, La langue berbère
    Presidente di Seduta: Ahmed Boukous

    Aïcha BOUHJAR, Institut Royal de Culture Amazighe
    Pour un aménagement linguistique de l'amazighe respectueux de la diversité géolectale

    Gaouaou MANAA, Université de Batna, Algérie
    La construction d'une identité retrouvée : langue, écriture et culture dans le domaine berbère

    110 - 11:45 Pausa

    11:45 - 13:15 5ª Sessione, Enseignement et territoire
    Presidente di Seduta: Joseph G. Turi

    Sandra LUCIETTO, Università di Bolzano
    Un progetto per lo sviluppo del plurilinguismo individuale in un'area multilingue: il caso di S. Giacomo di Laives (BZ)

    Sabrina RASOM, Liceo Scientifico di Pozza di Fassa
    Contenuti e formalità: l'insegnamento del ladino

    Gwendal CHEVALIER, Université Jean Moulin, Lyon3
    Langues parlées de la région du Lazio (Province de Rome): enquêtes dialectologique et sociolinguistique

    Olimpia RASOM, Università di Bolzano
    CLIL: a chance for promoting minority languages?

    13:15 - 140 Rinfresco

    140 - 15:15
    Conferenza 4
    Joseph G. TURI, AIDL, Montréal
    Objectifs et activités de l'Académie Internationale de Droit Linguistique

    15:15 - 17:00 6ª Sessione, Enseignement et territoire
    Presidente di Seduta: Michele De Gioia

    Fernand DE VARENNES, Murdoch University, Perth
    L'avenir de l'enseignement des langues locales : les obstacles juridiques et idéologiques

    Ksenija DJORDJEVIĆ, Université de Montpellier III
    Enseignement des langues locales et territoire : le serbe en Roumanie et le roumain en Serbie

    Eugène GHERARDI & Pascal OTTAVI, Université de Corse, Corte
    Comprendre et accompagner le développement de l'enseignement bilingue en Corse

    Prisque BARBIER, Université de Montpellier III, Montpellier
    Quelle pédagogie pour l'enseignement des langues locales à Saint Martin ?

    17:00 - 17:15 Pausa

    17:15-18:00 Sessione speciale
    Presidente di seduta: Giovanni Agresti

    Michele CAPASSO, Henri GIORDAN, Alexey KOZHEMYAKOV
    Presentazione delle prospettive di sviluppo del portale Lingue d'Europa e del Mediterraneo (LEM) come progetto prioritario
    della Fondazione Mediterraneo

    190 Aperitivo (Hotel Europa, Giulianova)

    20:15 Festival delle letterature minoritarie: spettacolo "Villa Badessa. Arte del Viaggio, Arte dell'Incontro", Teatro Kursaal,
    Giulianova Lido

    210 Cena sociale (Hotel Europa, Giulianova)
    Sabato 22 maggio
    Torna all'inizio

    Ore 8.45 Rosciano (PE) - Villa Badessa (PE)

    8:45 Partenza in pullman dei convegnisti dall'Hotel Europa di Giulianova

    100 Arrivo a Rosciano. Sistemazione nelle strutture residenziali
    Visita del progetto pilota di Borgo San Benedetto a Villa Oliveti

    12:00 Ricevimento in Comune: incontro con le autorità locali

    12:45-14:00 Rinfresco

    14:00 - 14:45
    Conferenza 5, Sala Polifunzionale del Comune di Rosciano

    Tullio TELMON, Università di Torino
    Intercomprensione. Una ricerca di ambito romanzo

    14:45 - 160
    7ª Sessione,
    Sala Polifunzionale del Comune di Rosciano
    Expériences didactiques
    Presidente di Seduta: Tullio Telmon

    Thérèse CARON, Traductrice, Québec
    L'apprentissage précoce de l'anglais dès le primaire: compte rendu d'expériences et de projets

    Stefania CAVAGNOLI, Università degli Studi di Macerata
    Fare scuola con e in tre lingue: un'esperienza bolzanina

    Pausa

    Michel MERMET, Université de Haute Bretagne, Rennes 2
    Elaboration du lexique précoce en breton chez l'élève bilingue

    Elisabeth WIPPEL, Università Federico II, Napoli
    Le Scuole Randaccio: riflessioni sull'insegnamento della Lingua e Cultura Sarda

    160
    Visita della Chiesa di San Nicola a Rosciano. Partenza per Villa Badessa

    170
    Arrivo a Villa Badessa. Visita del paese, del Museo etnografico e delle installazioni / esposizioni del 2° Festival delle letterature minoritarie d'Europa e del Mediterraneo

    20:45
    Proiezione in piazza del documentario
    Il rito greco-bizantino nella chiesa cattolica di Villa Badessa realizzato da Domenico Di Virgilio

    21:15
    Cena sociale (Agriturismo Fior di Pesco)
    Durante la cena esibizione del gruppo musicale italoalbanese "Adria"
    Domenica 23 maggio
    Torna all'inizio

    Ore 9.00 - Villa Badessa (PE)

    9:00 - 110
    Chiesa di Villa Badessa: visita delle icone bizantine, a cura di Padre Mircea Coros. Funzione religiosa secondo il rito cattolico bizantino

    110 - 12:00
    Conferenza 6, Centro storico di Villa Badessa
    Ajsela SPAHIJA - Laura XHAXHIU, Albanian Forum for the Alliance of Civilization, Tirana
    Albanian emigration to Italy - challenges of integration

    12:00 - 13:00, Centro storico di Villa Badessa
    Sessione speciale
    Presidente di seduta: Giovanni AGRESTI

    Tavola rotonda sulla proposta di legge regionale sulle minoranze linguistiche d'Abruzzo

    13:00-130
    Francesco STOPPA, Centro di Antropologia Territoriale degli Abruzzi
    Tessere la memoria e le relazioni. Illustrazione del progetto di ricostituzione dell'abito tradizionale badessano

    Giovanni AGRESTI, Associazione LEM-Italia
    Chiusura del convegno e annuncio delle Quinte Giornate dei Diritti Linguistici

    130 - 150
    Pranzo tipico in piazza, a cura dell'Ass. Culturale Villa Badessa
    Durante il pranzo: canti e balli della tradizione abuzzese e arbëresh

    Pomeriggio
    Visita della Cantina Speranza di Rosciano

    Tardo Pomeriggio
    Assemblea dell'associazione LEM-ITALIA

    19:00-200 Centro storico di Villa Badessa: Concerto degli "Adria"
    Federalismo e/è Identità

 

 
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