Il territorio compreso nei confini dell'entità denominata Irak contiene tanti e tali reperti riguardanti non solo e non tanto l'Islam (arrrivato per ultimo) ma la storia stessa della civiltà occidentale (intesa come le origini vicinorientali che plasmarono buona parte della cultura greca formando il lascito che ci è giunto tramite la civiltà classica e medievale),
da costituire probabilmente il forziere più importante per gli studi archeologici, filologici, e storici dei prossimi secoli.
Fino a ieri, forse.
Oggi, una infame guerra scatenata per interessi infami (conquistare il petrolio, e fare il vuoto attorno ad uno stato ultranazionalista ed etnico),
sta cancellando piano piano tutto,
privandoci della possibilità di conoscere le nostre stesse origini, come nell'Afghanistan dei talebani.

Leggo su Repubblica di ieri (gio. 14 giugno, p. 25)
una sconcertante spaginata sulla sparizione dell'Irak antico.
Alcuni estratti, da trafiletti contornanti l'articolo:

"Siti archeologici - Fuori della capitale saccheggiati almeno 10 mila siti impareggiabili per la storia della civiltà occidentale"

"Babilonia - Trasformata in base militare Usa la città di Nabucodonosor: spianati dai tank viali millenari e tavolette cuneiformi"

"Samarra - Nel 2005 il celebre minareto a spirale, dettto il Malwiya, è decapitato dall'artiglieria. Nel 2006 due bombe al santuario"

"Bagdad - Trafugati dal Museo metà dei capolavori; distrutta dalle bombe l'università Moustansiryia del XIII secolo"

"Ur - La città di Abramo, tra le più antiche al mondo, è crivellata dai colpi di granate. Oggi vi sorge una base militare Usa"

"Falluja - La 'città delle 100 moschee' ha subito bombardamenti intensivi; tutte le moschee lese secondo la Croce Rossa"