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  1. #251
    OLTRE LA MORTE
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  2. #252
    OLTRE LA MORTE
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    Mayer Amschel Rothschild

  3. #253
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  4. #254
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    La questione ebraica


    Karl Marx


    Saggio introduttivo di Renato Pallavidini: "Le origini del materialismo storico nella cultura tedesca del primo Ottocento"


    ED. NOCTUA -€ 14,00



    ...il testo, qui riproposto, si colloca all’interno di un gruppo di scritti, redatti fra il 1843 e il 1844, che sono da considerarsi decisivi per la maturazione del materialismo storico e del comunismo politico. Due termini, questi ultimi, che non solo sono da considerarsi interdipendenti, ma che costituiscono due momenti, due aspetti inscindibili di un identico movimento di pensiero, che porta Marx ad acquisire il punto di vista del materialismo storico, contestualmente al passaggio dalla democrazia radicale al comunismo e all’individuazione del proletariato come soggetto motore di una rivoluzione che lo realizzi concretamente.
    In ultima analisi il movimento di pensiero che porta Marx alla concezione materialistica della storia è articolato non in due, ma in tre aspetti interdipendenti, sfaccettature dello stesso prisma: sul piano teorico, il passaggio al materialismo storico, sul piano politico la presa di posizione a favore del comunismo e la scoperta del proletariato, quale unica forza reale in grado di intraprendere una concreta lotta rivoluzionaria sia contro l’ancién regime, sia contro la neonata società capitalista.
    Infine, questo movimento di pensiero va valutato nel quadro degli eventi contingenti del 1843, che determinano la crisi finale della sinistra hegeliana, e nel più ampio contesto culturale e politico della Germania degli anni ’30 e ’40, che vedono delinearsi, autonomamente, anche in altri autori, come Büchner, Heine, Weitling, tendenze di pensiero convergenti rispetto a quelle di Marx, che non mancheranno di influenzarlo.

  5. #255
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    LA CIVILTÀ CATTOLICA, ANNO 89 - VOL. IV 1° OTTOBRE 1938 QUADERNO 2119


    Beatus populus cuius Dominus

    Deus eius. (Psalm. 143. v. 15).

    La questione giudaica e "La Civiltà Cattolica"


    Di Ebrei, di questione ebraica, di pericolo e di " problema " giudaico è un gran parlare da tempo.

    In Italia, udiamo ripeterci da molte parti, ed è confermato anche dalla più autorevole voce della politica italiana, non si vuole imitare la Germania in genere, né l'acerbità nazistica in particolare contro gli oppositori, venuti dal giudaismo.

    Ma, anche fra noi, gravi provvedimenti furono decretati contro gli Ebrei, o sono già in corso, e la stampa quotidiana li commenta, com'è suo costume, e a suo modo li giustifica, ma con una vivacità di linguaggio e una così ardimentosa facilità di logica e di storia, di citazioni e di polemica che noi, senza forti riserve, non potremmo accettare. Eppure vi abbiamo trovato più volte, contro il solito, fatto con onore il nome del nostro periodico, allegatone frasi, proposizioni, o anche interi articoli, antichi di quasi mezzo secolo fa, sebbene alludessero a condizioni sociali, o polemiche dottrinali, assai diverse dalle presenti. Ma - cosa per noi non meno grave - si vollero mettere quegli scritti del nostro periodico, di quasi mezzo secolo fa, in recisa ed aperta opposizione al sentimento odierno degli altri cattolici, ed a quello perfino dell'autorità ecclesiastica, che è dire della Chiesa gerarchica e docente, di fronte alla quale deve cedere ogni autorità di maestro o scrittore privato.

    Su ciò abbiamo già aperto il nostro animo e chiarito il pensiero dei nostri predecessori ed il nostro nel precedente quaderno (1), sebbene i nostri intelligenti e fedeli lettori non ne avessero di bisogno. Essi avevano, infatti, col semplice riscontro dei passi allegati potuto verificare da sé ed accertare quanto dalle moderne citazioni dei giornali uscisse monco o travisato quel pensiero; anzi, in alcuni tratti, affatto incongruo e lesivo della giustizia e della carità. Ora l'una e l'altra assolutamente, noi, come i nostri predecessori, vogliamo usata e rivendicata anche verso gli Ebrei, sia pure con la certezza che non l'useranno essi con noi. Né certo l'hanno usata mai nelle passate persecuzioni, da essi o scatenate o promosse contro la Chiesa, in accordo sia con la massoneria, troppo da essi sostenuta, sia con altri partiti sovversivi ed anticristiani, dalla " grande " rivoluzione francese specialmente, fino ai nostri giorni.

    Ma ciò non c'indusse punto, né c'indurrà mai a voler ricambiare della stessa moneta, bensì ad impedirli semplicemente dal loro mal fare ed a premunire gli altri dalla loro strapotenza, e ciò per il bene comune, morale e religioso sopra tutto, e per la salvezza degli stessi Giudei.

    Gli uomini invece della politica, sopra accennati, per i loro fini o motivi d'interessi politici che non tocca a noi ora discutere cominciarono proprio sul loro primo trionfare, prima in Russia e poi in Germania, a rivoltarsi contro gli Ebrei, quando si accorsero di averli avversari, fautori malfidi o aperti oppositori dei nuovi metodi o "ideologie" di governo, prima che dei pretesi diritti o interessi di stirpe o di razza. Come è evidente, quella mossa antigiudaica, sia del comunismo internazionalista o bolscevismo russo, sia del socialismo nazionalista o nazismo germanico, non fu maturata da nessuna considerazione religiosa, se non anzi agevolata dall'odio o avversione generale di tali partiti contro ogni religione positiva, anche l'ebraica: odio dissimulato nel nazismo, ostentato nel bolscevismo. Non può quindi dar luogo a qualsiasi pur lontano richiamo contro la Chiesa o il Clero, nonché a quelle recriminazioni a cui usano abbandonarsi i vecchi persecutori, a loro volta divenuti perseguitati, e con essi i vecchi liberali, della massoneria specialmente, loro naturali alleati, com'è noto.



    * * *


    L'Italia non entra nella lizza se non dopo tre lustri e più di fascismo dominante e con più miti consigli, come sentiamo, non ostante i prodromi sopra accennati. Ci dichiara anzi il Regime fascista, uno dei giornali più accreditati o rappresentativi del partito, in un suo articolo del 30 agosto passato, col titolo Un tremendo atto di accusa: "Confessiamo che il Fascismo è molto inferiore, sia nei propositi, sia nell'esecuzione, al rigore della Civiltà Cattolica". E sopra aveva detto di accorgersi, dopo aver letto lo "studio vigoroso" del nostro periodico (dell'autunno 1890) che "gli Stati e le società moderne, e persino le più sane e coraggiose nazioni d'Europa, l'Italia e la Germania, hanno molto da imparare dai Padri della Compagnia di Gesù"; ed appunto, come conchiude, da questa, ch'egli chiama "leale e coraggiosa battaglia dei sapienti e irreprensibili Gesuiti".

    Grazie dell'elogio insolito, che troviamo ripetuto pure, in termini più o meno calorosi, da altri periodici e giornali quasi a gara, come vediamo anche dai molti ritagli che ce ne comunica alla giornata "L'eco della stampa". Ed a questo coro di lodi - tanto poco vi siamo avvezzi! - avremo noi il mal garbo o la scortesia ingrata di rispondere con la freddezza del riserbo, della correzione o della critica? Non intendiamo ciò; ma più di ogni lode o popolarità, in un argomento specialmente che tocca le ragioni della carità e della giustizia, ci preme di chiarire il pensiero nostro e quello dei nostri defunti colleghi e maestri; perché noi siamo certi che anch'essi troverebbero queste lodi più sgradite delle critiche, se dovessero palliare sotto la loro egida una qualsiasi offesa di carità e di giustizia contro il prossimo, fosse pure il prossimo in sé meno simpatico, quello degli Ebrei, specialmente se stretti in intima alleanza con la massoneria, come apparivano alla data degli articoli accennati, del 1890.

    E non vi è chi ci fa dire, generalmente e senza niuna distinzione, ciò che invece nella nostra rivista fu negato esplicitamente? Ma particolarmente si suppone che siano della rivista stessa i suggerimenti e rimedi da altri autori proposti e da essa discussi e rigettati, come quello fra i più gravi, non solo di considerare gli Ebrei come stranieri, ma di "confiscarne i beni perché roba di malo acquisto": suggerimento che, dato così generalmente e senza nessuna distinzione sa troppo di ingiustizia o di vendetta, e perciò riesce troppo difforme dallo spirito cristiano e religioso.



    * * *


    Fortunatamente, gli articoli del nostro periodico, dell'ultimo trimestre del 1890 (2), che furono i più largamente sfruttati nella presente polemica, si possono riscontrare da chiunque voglia, in fonte. E diciamo in fonte, perché furono, è vero, ristampati a parte, ma non sempre correttamente, anche nella più recente edizione, da cui hanno attinto, crediamo noi, i giornalisti (3). In questa, per l'appunto, un gravissimo errore di stampa - certamente involontario, per l'omissione di una riga e lo spostamento di altre - rende inintelligibile il passo della confiscazione, di cui si parla. Si trova esso nel terzo articolo, che discute i "rimedi", dopo che nel primo si sono indagate le "cause" e nel secondo gli "effetti", della moderna invasione giudaica nell'Europa.

    Fra i "rimedi" o proposte di soluzione della vessata questione, sono riferite anzitutto dal nostro periodico, ma escluse, "alcune proposte di pubblicisti, non già mossi da maltalento di socialismo contro le ricchezze degli ebrei ma caldi di uno zelo per la religione e la patria, che per altro si desidererebbe meglio temperato da giustizia". La prima di tali proposte è appunto il rimedio che "sarebbe più radicale di tutti, ma non conforme allo spirito cristiano"; la confisca dei beni e il bando delle persone. Quindi l'autore dell'articolo riportava bensì le ragioni più forti allegate dai proponenti, e il voto espressone anche da un congresso di antisemiti - che "si applichino ai giudei le leggi che i giudei stessi hanno fatto approvare e sancire dai framassoni governanti dei paesi cattolici contro la Chiesa", cioè che "si dichiarino nazionali tutti, senza eccezione, i beni dei giudei" - ma senza punto approvarle, conchiudeva:

    "Non è mente nostra diffonderci in un esame critico di sì fatta proposta. Notiamo soltanto, che della sua esecuzione abbondano gli esempi nelle storie. Ma, per essere legittima, bisognerebbe, prima di tutto, che la confisca fosse decretata da chi esercita regolarmente nelle nazioni la pubblica autorità: ed in secondo luogo, che si effettuasse con certe norme di giustizia e di carità cristiana".

    "Non tutti gli ebrei - soggiungeva - sono ladri, arruffoni, bari, usurai, framassoni, farabutti e corruttori dei costumi. In ogni luogo se ne conta un numero, che non è complice delle furfanterie degli altri. Perché involgere questi innocenti nella pena dovuta a' rei?". Così egli col buon senso e la equità del cristiano e del religioso, che gli era propria. Né tace le ragioni che a queste oppongono "i sostenitori dell'eroico rimedio", come il dire che "nelle guerre più giuste e più sante perisce gran numero d'innocenti, che questa non è vendetta, ma legge di necessaria difesa ecc.". Ma egli non le approva senza riserva, e quanto al provvedimento generale di cui si parla, conchiude anzi che "la giustizia e la carità avrebbero in ogni caso buone ragioni da far valere contro la crudezza delle sue troppo draconiane disposizioni".



    * * *


    Similmente rigetta l'altro rimedio, che dovrebbe essere di necessario compimento al primo, del bando generale dell'ebreo come straniero dal nostro suolo, ammesso pure il fatto che "se esso vi sta o vi sta per toglierlo a noi cristiani o vi sta per congiurare ai danni della nostra fede"; giacché infine "si tratta di un nemico che mira a spropriarci della terra ed a privarci del cielo". Ma un siffatto rimedio, specialmente se si avesse da praticare in tutti i paesi civili, "non sarebbe generalmente possibile, anzi contrarierebbe i disegni di Dio", che vuole la conservazione di Israele, sebbene così disperso, come "un palpabile argomento della verità del Cristianesimo". E "ammesso pure che fosse ora praticabile, sarebbe difforme dal modo di vedere e di operare della Chiesa romana". Ed a quest'ultimo proposito l'autore aveva allegato già l'esempio dei papi e dei principi cattolici, e citato anche la testimonianza dei due ebrei convertiti, i fratelli Lémann: i quali notano come "i Papi hanno sempre permesso con benevolenza il soggiorno nella città loro; e questo popolo errabondo, pur avendo libertà di non andarvi, sempre vi andava e chiamava anzi per gratitudine Roma il paradiso degli ebrei". Se ciò avveniva, era perché quei giudei più assennati dei moderni riconoscevano che le leggi di separazione o " interdizione" loro poste, erano non meno a difesa loro propria che a tutela dei cristiani, impedendo ogni mutua offesa o violazione di diritto da una parte e dall'altra.

    Ora su questo ultimo punto insiste precisamente la nostra rivista nel 1890, e l'oppone alla condotta del liberalismo e massonismo allora dominanti, per trovare "il solo modo di accordare il soggiorno degli ebrei col diritto dei cristiani". E questo sarebbe, secondo essa, di "regolarlo con leggi tali che al tempo stesso impediscano agli ebrei di offendere il bene dei cristiani, ed ai cristiani di offendere quello degli ebrei": leggi quindi non odiose, ma giuste; di eccezione, non di persecuzione, anzi di mutuo vantaggio, come si disse.

    E' vero che ciò sembrerà violare quella piena "eguaglianza civile" che il liberalismo si fece vanto di concedere loro senza limitazione alcuna. E il nostro polemista lo riconosce, ma contro le ragioni dei vecchi liberali richiama il pensiero del de Pascal, uno degli scrittori antiliberali del secolo passato, che "volere un diritto comune fra condizioni sociali disparate, è come volere una misura eguale fra stature diverse. L'equo, il necessario è invece il rispetto eguale a tutti i diritti differenti", quali corrono, ad esempio, fra nazionali e stranieri. E fra questi ultimi vanno annoverati, a loro stessa confessione, gli ebrei, generalmente parlando; se è vero che "il cosmopolitismo della loro stirpe è dai giudei medesimi confessato".

    Il nostro antecessore del secolo passato crede adunque che la totale eguaglianza civile, data dal liberalismo agli ebrei, che li collegò quindi con la massoneria, non solo e loro indebita, non avendone essi diritto, ma "anzi è perniciosa non meno ad essi che ai cristiani". Egli era perciò di opinione che "presto o tardi, per amore o per forza, si avrà da rifare" ciò che si era disfatto, da cento anni in qua, negli antichi ordinamenti civili, per amore di novità, di pretesa libertà o falso progresso. "E forse - egli soggiungeva - gli ebrei medesimi saranno costretti di supplicare che si rifaccia". Ora la ragione di questa previsione sta appunto sotto i nostri occhi: perché proprio oggi "la strapotenza alla quale il diritto rivoluzionario li ha oggi sollevati, viene scavando loro sotto i piedi un abisso, pari nella profondità alla altezza in cui sono assorti".

    Ma sopra ogni altra cosa, vi è il troppo giusto motivo di ben considerare se non sia troppo vero e confermato dall'esperienza di mezzo secolo quanto egli denunciava fin dal 1890: che "la uguaglianza, largita agli ebrei dalla setta anticristiana, ovunque si è usurpato il governo dei popoli, ha partorito l'effetto di collegare l'ebraismo col massonismo nella persecuzione alla Chiesa Cattolica e di innalzare la razza giudaica sopra i cristiani, nella potenza occulta e nella opulenza manifesta".

    Eppure né per il presente, né per tutto il cinquantennio passato, non è venuto proprio né da parte della Chiesa, né da reggitori o governi cattolici, ossia da quelli che più erano danneggiati dall'ebraismo, nessuna mossa violenta, di rappresaglia o di lotta contro gli ebrei, non ostante la loro strapotenza. E' venuta per ultimo proprio dalla Germania, protestantica e nazista, come prima dalla Russia zarista e poi dalla comunistica e internazionalistica, che pure agli ebrei era per gran parte debitrice della sua rivoluzione, come è noto e fu anche dimostrato su queste pagine (4).



    * * *


    Da questi rapidi cenni ognuno vede quanto lo scrittore del nostro periodico, sebbene tanto vivacemente commosso dalla persecuzione religiosa - che allora infieriva in Italia ed era attribuita in massima parte, sia pure con qualche esagerazione, alla strettissima alleanza della massoneria col giudaismo anticristiano - fosse tuttavia sollecito di non proporre, contro i mali da lui deplorati, nessun "rimedio" od opposizione che non riuscisse pienamente consona alle supreme ragioni della giustizia e della carità. Si fa quindi troppo evidente che il suo pensiero non fu bene inteso, anzi fu interamente svisato da chi lo ebbe a rappresentare come un programma di vendetta o di rappresaglia, se non anzi di guerra senza quartiere, quale sarebbe certamente suggerita dalle considerazioni meramente umane e interessate della politica. Esso era invece un caldo e ben motivato richiamo alla vigilanza e alla difesa. efficace ma pacifica, contro un pericolo e disordine civile, non meno che religioso e morale, della società moderna, minacciata dal giudaismo.

    Non negheremo però che la forma o lo stile, più che la sostanza del pensiero, possa, dopo quasi cinquant'anni, apparire di qualche acerbità, ora che la lotta, sia della massoneria come del giudaismo sembrerà a molti mitigata; nella forma almeno, se non nella sostanza. Ma checché sia di ciò, il difetto dello stile e della forma non attenua la forza del ragionamento, né il valore quindi delle conclusioni nella loro sostanza.



    * * *


    Quella severità di linguaggio oscurò tuttavia agli occhi di qualche studioso il concetto dominante di quegli antichi articoli, per quello che concerne il vecchio liberalismo e lo spirito della rivoluzione. Così il ch. Roberto Mazzetti ne riconosce bensì "la nobiltà dell'intenzione e la serietà indiscutibile e la larghezza d'orizzonte nell'indagine e la impressionante molteplicità di dati storici e la pregnanza delle idee antigiudaiche"; ma trova poi "da notare che non è affatto accettabile il concetto dominante circa il valore della rivoluzione, così detta francese, circa il significato della civiltà democratica e liberale del secolo XIX e, quindi, circa il Risorgimento italiano". E posto ciò, egli avrebbe ragione di non ammettere, come "storicamente valido il coprire di quella che era una momentanea degenerazione dello spirito del Risorgimento tutto il Risorgimento stesso"; ed oltre a questo, di trovare illogico che la questione ebraica fosse posta nella seconda metà del secolo XIX "col medesimo spirito con cui si sarebbe posta nel secolo XVIII e prima ancora" (5), supponendo "l'origine giudaica della rivoluzione del 1789 e della civiltà democratica e liberale del secolo XIX".

    Ora appunto a cotesta "degenerazione" dello spirito del risorgimento mirano i colpi del nostro vivace polemista del 1890, sebbene l'impeto della polemica non gli abbia sempre richiamato alla penna tutte le fredde ed opportune distinzioni. Del resto, è ben certo che egli non dava né poteva dare tutta la colpa dei disordini sociali da lui deplorati al giudaismo ed alla massoneria con esso collegato, né perciò voleva ferire, proprio senza distinzione, tutto il Risorgimento, tutta la civiltà democratica ecc.

    Nella interpretazione del Mazzetti noi troviamo quindi un grosso abbaglio; al quale, non neghiamo, può aver data ansa il linguaggio generico dell'articolo, che nel calore della polemica non poteva scendere a tutte le precisioni desiderabili: non è cioè tutto il complesso moto del Risorgimento che egli ha dinnanzi ed impugna; è l'indirizzo anticattolico che vi si era immischiato; è il connubio del liberalismo con la massoneria; è insomma quella "degenerazione" appunto che il Mazzetti stesso riconosce e deplora. Ma questi la suppone "momentanea"; laddove tale non fu, certamente, né così ristretta come a lui sembra. Quanto generale anzi e radicata fosse tale "degenerazione" tra i liberali del Risorgimento - anche se non collegati con la massoneria così esplicitamente, come credeva il nostro confratello di cinquant'anni fa - risulta dallo stesso "studio introduttivo", che il Mazzetti premette alla sua raccolta di testimonianze sulla questione ebraica, e più ancora dai passi citati appresso, di un R. Lambruschini, di Massimo D'Azeglio, di G. B. Giorgini, di C. Cattaneo, di V. Gioberti, tutti buoni rappresentanti del liberalismo e perciò difensori del giudaismo, sebbene in diverse gradazioni e per motivi diversi.

    In un siffatto consenso a difesa dei giudei, che si accompagnava non di rado ad uno strano accordo di persecuzione, di vessazione e disprezzo della Chiesa, del Clero, degli Ordini religiosi, allora spogliati e dispersi senza pietà, non si poteva vedere, su quell'ultimo scorcio del secolo XIX, quanto ora vi scorge il Mazzetti: che "il Risorgimento italiano, specie nel suo fiore fu filosemita non perché fosse una diabolica instaurazione di nuovo paganesimo, non perché fosse una settaria negazione del cristianesimo, ma perché intimamente religioso e fervido di ricchezza di vita morale, sognò e volle un mondo di spiriti religiosamente liberi, in cui più non fosse distinzione antiumana fra Barbaro e Greco, Ebreo e Romano" ecc.

    Un siffatto ideale di unità e concordia che sarebbe fondamentalmente cristiano, se bene inteso e schiettamente applicato - non era di tutti, e quantunque riaffermato con sincerità e con forza nel liberalismo mitigato del d'Azeglio, del Giorgini, del Manzoni segnatamente, non era poi applicato nei riguardi del clero e del laicato cattolico dall'altra scuola o "corrente" del liberalismo anticlericale, sempre così gretto ed accanito nella sua opposizione alla Chiesa che accreditava purtroppo l'opinione corrente di un connubio con la massoneria incredula ed il giudaismo anticristiano. Diamo pure che vi sia stato su ciò della esagerazione e dell'abbaglio anche dall'altra parte, per la facile propensione a generalizzare; ma era ben il caso di dire, a scusa di chi esagerava nell'attribuire troppa importanza all'ingerenza massonica ed ebraica, che un tale abbaglio non mancava di fondamento; avverandosi l'effato filosofico, che interdum falsa sunt probabiliora veris.



    * * *


    Il simile possiamo dire sul punto dell'origine giudaica della rivoluzione del 1789; la quale non è affermata negli articoli menzionati, in modo esclusivo, ma semplicemente concomitante; per quanto cioè nel complesso moto rivoluzionario, che doveva trasformare la società civile, ebbe una sua parte, e tra le più nefaste e scristianeggiatrici, l'ingerenza dei Giudei e dei loro amici. Ma. con questa concorse pure in gran maniera quella giansenistica, regalistica e incredula dei parlamentari, dei "filosofi" e di altri partiti avversi alla Chiesa ed al Papa; e per tutte queste molteplici e violente spinte rivoluzionarie gli stessi ben pensanti e il clero medesimo andò travolto e lasciò prendere alla fiumana irrompente della rivoluzione quel corso rovinoso che minacciò di finire, con gli orrori del "Terrore", nell'abisso delle barbarie.

    Posta la tanta molteplicità e varietà di cause che concorsero a quello straordinario cataclisma sociale uno degli avvenimenti più complessi della storia umana, come anche recenti studi hanno dimostrato - riconosciamo che sarebbe davvero "semplicistico" assegnargli per unica e precipua causa l'ingerenza giudaica, sia pure rafforzata dalla massoneria, com'era opinione del vecchio Barruel. In ciò conveniamo col Mazzetti come anche gli concediamo che sarebbe del pari semplicistico il "voler sostenere la origine e la funzione esclusivamente capitalistica, secondo lo spirito del materialismo storico, del gran moto rinnovatore del liberalismo moderno". Ma da lui dissentiamo nell'attribuire cotale "semplicismo" antistorico al nostro collega; giacché questi non intendeva allora di involgere tutto l'intero "moto rinnovatore"; bensì mirava, come dicemmo, alle sue degenerazioni da quella primitiva ispirazione, di origine fondamentalmente cristiana, verso una giusta e ben compresa libertà e fratellanza di individui e di popoli. Questa fu bensì, o apparve ai più, "l'anima di verità" dell'errore e il nobile impulso iniziale che attrasse molti alla professione e proclamazione dei famosi principi del 1789; ma purtroppo degenerò così presto in un moto anticristiano, violento e sovvertitore dell'ordine sociale, che anche le origini prime e la iniziale ispirazione apparvero a molti prettamente anticristiane.

    Nella deviazione del moto, pertanto, più che nella sua iniziale ispirazione e direzione, si troverà avverato ciò che osserva il Mazzetti, e non si oppone al nostro pensiero: che "in questo moto (del liberalismo), gli ebrei hanno portato un valido contributo in Italia come in Europa in genere; ma essi furono un ruscello, un piccolo affluente, non il maestoso e gonfio fiume della storia moderna" (pag. 118). Il ruscello cioè e l'affluente - diremo noi nel senso ben inteso degli articoli del 1890 - intorbidò il maestoso fiume non solo, ma lo disarginò talora e lo sospinse alle devastazioni, religiose e morali, sotto il manto della libertà e del progresso. Si ebbero così magni passus extra viam; e di essi poterono bensì profittare gli Israeliti che il liberalismo davvero "liberò politicamente e umanamente", ma non del pari le classi medie, né molto meno le altre "classi e categorie popolari", se parliamo col Mazzetti di verace e "integrale umanamento", di un moto cioè o avviamento della "futura storia d'Italia verso il regno di un romano e cristiano umanesimo integrale in cui è l'anima più vera della vita italiana", come parrebbe al benevolo nostro critico. Per il malo fermento della massoneria e del giudaismo, infiltratosi fino dalle origini, il liberalismo parve favorire troppo spesso l'apostasia delle nazioni dalla vita dello spirito, da Dio e dalla sua Chiesa. E la sua vantata "liberazione" a che cosa riuscì nella pratica? A sguinzagliare le classi medie e le inferiori, la borghesia ed il proletariato, verso una mentita libertà, che era licenza sfrenata e riusciva infine ad una sorte di schiavitù, anche economica e morale. A ciò alludeva la risentita frase del nostro, che "tutto il dolce del liberalismo finiva con attirarle ( le nazioni) fra le strette della vorace piovra del giudaismo".



    La frase saprà di "semplicismo", e sia pure. Ma il certo è che il liberalismo così traviato, come il giudaismo ed il massonismo da esso protetto, venne a punirsi da sé, nei medesimi effetti tristissimi della sua "degenerazione" o deviazione, partecipe della pena, come fu complice della colpa, del suo protetto, il giudaismo. E di quello possiamo dire ciò che di quest'ultimo scriveva il nostro collega nel 1890, ben presago di quanto si è poi venuto maturando e che possiamo riscontrare più al vivo in questi ultimi tempi: "sente già rumoreggiare da lontano la tempesta di quella rivoluzione sociale che esso ha in gran parte generato e pare debba essere l'esterminatrice sua e dei rinnegati che seco hanno stretto alleanza".

    Le parole sono forti, ma più duro ancora è l'esito che fin d'allora esse preanunciavano e che al presente tutti possono già vedere verificato in diversi paesi, mentre in altri si va purtroppo avverando.

    Conchiudiamo tuttavia, per debito di verità e di lealtà, che ciò non è avvenuto e non avviene per colpa unica, e neppure forse la più grave, degli ebrei; avviene altresì per colpa della complicità o dell'inerzia di tanti cristiani e cattolici sviati; e le colpe di costoro non è giustizia addossare sugli ebrei per infierire ai loro danni.



    * * *


    L'ordine delle considerazioni in cui ci siamo tenuti finora, ci esime dall'entrare nell'esame e nella discussione dei tanti altri particolari aspetti della questione giudaica; tanto più che di non pochi si è già trattato, più o meno ampiamente, nel nostro periodico (6).

    Di altri punti che riguardano particolarmente il lato politico, economico, finanziario e simili, come il "capitalismo ebraico" in particolare, il "mito giudaico" e le prime reazioni oppostevi dalla coscienza italiana, con le accuse e le difese degli ebrei, secondo la tradizione liberale e laica, si troverà pure una larga esposizione nello "studio introduttivo" del Mazzetti all'opera sopra citata (7). Egli appunto passa in un'erudita rassegna, anche se non del tutto adeguata per "un secolo di cultura italiana" fino allo scoppio della guerra mondiale, le varie opinioni, discussioni e proposte che si dibatterono in Italia; o piuttosto gli "atteggiamenti con cui i nostri pensatori esaminarono quella questione": atteggiamenti che egli ordina giustamente "secondo tre fondamentali correnti: una cattolica tradizionale; una cattolica liberale; una laica su basi economiche e giuridiche".

    Notiamo solo, tra le varie riserve che l'indirizzo liberale dell'autore ci suggerisce, come tutte e tre queste correnti vadano talora miste e confuse, per le diversità dei rigagnoli, diciamo così, che vi confluiscono. Diversa e non poco manchevole è la precisione di dottrina e spesso anche diverse le deficienze di ortodossia, dal giansenismo al cattolicesimo liberale, rappresentato, ad esempio, dall'abate Raffaele Lambruschini, la cui concezione umanistica non pare a noi così "intimamente religiosa, e in concreto, cattolica", ma piuttosto laica, e di un laicismo che fraintende e svisa il cattolicesimo genuino. Esso e ben lontano perciò dal concetto del Manzoni, del Tommaseo, del Rosmini, e vicino invece a quello del Gioberti, tanto tenero verso gli ebrei, come verso "i buoni e generosi Valdesi", quanto acerbo ed intollerante verso i cattolici da lui dissenzienti, designati col nomignolo di gesuiti, per lui il più odioso e calunniato.

    La fallacia, nel resto, dell'argomentazione liberale per la abolizione delle antiche leggi che regolavano la vita della nazione giudaica in mezzo ai popoli cristiani, è riconosciuta dallo stesso Mazzetti, che ben vi ravvisa pure qualche ingenuità. E tale è, ad es., l'insistere che fanno nell'attribuire i vizi degli ebrei all'effetto naturale delle leggi stesse, e vederne il rimedio invece nel sempre più "legarli alla vita moderna" mercé la piena eguaglianza dei diritti, senza nessuna tutela dei diritti dello stesso popolo cristiano. Ciò era un lasciar loro del tutto libero il campo, e questo a loro stesso danno, come ragionava il nostro periodico. Del quale infine il Mazzetti medesimo loda "l'opera coordinatrice ed ispiratrice", onde "la cultura italiana impostava, in tutta la ricchezza delle sue direzioni, e svolgeva, con indiscutibile serietà di preparazione scientifica, la questione ebraica". Ma appunto perché tale quell'opera del nostro periodico, non poteva dipartirsi, anche nella vivacità spiegabile della polemica, e dallo studio sincero della verità e dall'equilibrio doveroso della giustizia e della carità cristiana, che noi abbiamo dimostrato.

    E. Rosa S. I.





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    NOTE

    ( l) Cfr. Civ. Catt. 1938, III, pp. 560-561.

    (2) Cfr. Civ. Catt., Serie XIV, vol. 8°, pp. 5 , 385 , 641. . (Della questione giudaica in Europa).

    (3) Cfr. La questione ebraica in, un secolo di cultura italiana. Con uno studio introduttivo di Roberto MAZZETTI (Modena, Soc. Tip. Modenese 1938), pp. 326-387.

    (4) Cfr. Civ. Catt. 1922, vol. IV, p. 11 (La rivoluzione mondiale e gli ebrei).

    (5) La questione ebraica, pp. 118-119

    (6) Cfr. Civ. Catt. 1934, vol. IV, pp. 126 segg.; 276 segg. (La questione giudaica e l'antisemitismo nazionalsocialista), 1937, vol. II, pag. 418 segg,., 497 segg.; vol. III, pag. 27 segg. e 1938, vol. II, p. 77. (La questione giudaica e il Sionismo; le conversioni e l'apostolato cattolico).

    (7) La questione giudaica (Modena 1938), pp. 7-119.

  6. #256
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    GIOVANNI PREZIOSI - UNA VOCE CONTRO L'IDRA GIUDAICA


    di Dagoberto Bellucci


    Nel Nome di Dio,
    la nota introduttivo-bibliografica su Giovanni Preziosi , il più lucido e tenace avversario che il Genio italico abbia espresso in opposizione al Giudaismo, crediamo rappresenti una doverosa testimonianza e insieme un impegno di milizia.
    La figura di Preziosi è effettivamente troppo importante e , allo stesso modo, semioscurata dalla letteratura bibliografica intellettualistico italiota, per non trovare ampio spazio sul nostro mensile che - vogliamo augurarci - possa continuare l'opera di questo temerario e cosciente, attento studioso e ricercatore del problema invero fondamentale dell'umanità: la questione ebraica.
    Questione di Razza e di Religione; questione che indiscutibilmente investe tutti i piani operativi delle società moderne: economici e politici, religiosi e dottrinari, culturali e psicologici.
    L'ebraismo ha plasmato a propria immagine e somiglianza le società cristiane, si che neanche di cristiane' attualmente si dovrebbe parlare.

    E Giudei sono molti che pure si dichiarano seguaci dei Cristo o - peggio , dal nostro punto di vista islamico - del Nobile Profeta Muhammad (la pace su di Loro).

    Giudaica è l'essenza dei Moderno perché giudaizzate sono le istituzioni e gli individui che le compongono; ebraicizzate sono le mentalità e i modus operandi e modus vivendi di individui giudaizzanti ...Costoro hanno metabolizzato I'ebraicità , interiorizzando il materialismo d'Israele e radicando le proprie subumanità all'interno di società impregnate dall'impronta ebraica.
    Scriveva a ragione un secolo e mezzo or sono il giudeo Karl (Mordechai) Marx che i cristiani sono diventati più ebrei degli ebrei... il trionfo di Israele nell'Occidente `laico' e `scristianizzato' è un dato fattuale incontrovertibile. Dicevamo ...Giovanni Preziosi...un nome misconosciuto anche tra coloro i quali, per anni, hanno militato nell'estrema destra neo-fascista ...
    Non ricordiamo di averne mai sentito parlare ai tempi della nostra militanza all'interno del Msi-Dn ... il nome di Preziosi era, è , rimane a tutt'oggi, tabù per i sedicenti rivoluzionari servi della Sinagoga e dei Sistema.
    Maurizio Lattanzìo nel suo articolo d'esordio sul mensile "Avanguardia" , estate 1991 impose all'attenzione dei neofascisti l'esemplare percorso di milizia del `combattente antimondialista' Giovanni Preziosi...
    ...uno dei molti °incipit' di Lattanzio che non hanno trovato alcuna risposta nell'immondezzaio neofascista ...

    Giovanni Preziosi è stato , per oltre trent'anni, il più coerente e deciso studioso della questione giudaica nel nostro paese.
    AI suo lavoro di storico e ricercatore `inviso alle moltitudini' si devono i principali testi di milizia e di combattimento editi durante il Ventennio Fascista. II mensile "La Vita Italiana" ha rappresentato la voce , troppo spesso inascoltata o sottovalutata dai vertici del Fascismo, imperiosa della Latinità e della Romanità che lanciava il grido d'allarme contro il pericolo ebraico nel ns. paese, mettendo in guardia l'Italia Fascista , e lo stesso Mussolini, contro i suoi più temibili avversari: i Giudei.
    Per trent'anni Preziosi ha scritto - praticamente in solitudine - di Giudaismo e di Giudei rilevando lucidamente le connessioni internazionali con il Bolscevismo e la Plutocrazia, con l'Alta Finanza Giudaica e l'Internazionale Comunista; tutti strumenti dell'Internazionale Ebraica.
    Preziosi sarà tra i pochi che , tra l'altro, rileveranno l'incongruenza dell'applicazione delle leggi razziali `arti-ebraiche' del 1938 , inadeguate a risolvere il problema ebraico e sostanzialmente affrontate dai vertici del fascismo in maniera superficiale e dagli opportunisti dell'ultima ora in modo caricaturale e parodistico.
    "ln linea di principio - scriveva Maurizio Lattanzio dodici (...dicasi 'dodici' ...mica ieri...) anni or sono - Preziosi non può essere definito antisemita, in quanto il termine `semita' designa anche la razza araba, contro la cui identità religiosa e culturale egli non ha mai espresso giudizi di valore negativi. Né è possibile definire Preziosi semplicemente un antisionista, poiché le posizioni politiche antisioniste `inquadrano' solo parzialmente l'obbiettivo ebraico. II sionismo è infatti la `cristallizzazione' politico-organizzativa che delinea i profili istituzionali dell'ebraismo internazionale." (1)
    E citando un articolo di Preziosi continuava: "La razza è la legge. Questa, intesa come una forza formatrice dall'interno - e, in un certo senso, perfino dall'alto - nell'ebreo fa tutt'uno con quella. La Legge non è nella sola Bibbia. E' un grosso errore pensare che l'ebraismo finisca con l'Antico Testamento, questo fa tutt'uno con il Talmud che, come il nome lo dice, viene come un
    'compi mento111(2)

    Nato a Torella dei Lombardi, in provincia di Avellino, nel 1881, Giovanni Preziosi prenderà i voti sacerdotali e quindi collaborerà - con articoli e analisi - a riviste e giornali sui quali si occuperà soprattutto della questione meridionale.

    Nel 1912-13 tornerà allo stato laicale fondando nel '13 "La Vita Italiana all'Estero" - rivista mensile di emigrazione, politica estera e coloniale - che assumerà poi il nome "La Vita Italiana" due anni più tardi per mantenerlo per un trentennio.
    Durante la prima Guerra d'aggressione Giudaica all'Europa del 1418 Preziosi sarà attivo polemista contro le manovre della plutocrazia giudaica tedesca attaccando violentemente le manovre della Banca Commerciale e del suo presidente , il giudeo Giuseppe Toeplitz.
    Nel suo volume più noto "La Germania alla conquista dell'Italia" del 1916 Preziosi metterà in luce le ramificazioni della Banca Commerciali con l'ebraismo di marca tedesca accusando la Germania di operare di concerto con la Finanza Ebraica Mondiale.
    Uno storico ebreo quale Renzo De Felice - al quale si deve l'operazione dì storicizzazione e snaturalizzazione dei fascismo nel dopoguerra (ovvero la `castrazione ideologica' anti-capitalista e anti-plutocratica delle valenze rivoluzionarie dei Fascismo ) - ha scritto: "..Di un antisemitismo nazionalista più preciso e aggressivo si può parlare solo con il dopoguerra. Prima di allora non ve n'è traccia neppure negli scritti di Giovanni Preziosi e nella sua `La vita italiana'. Come vedremo oltre, prima del 1919-20 la polemica nazionalista contro l'ebraismo non assume politicamente toni apertamente antisemiti e si limita quasi esclusivamente a combattere il sionismo. ... Nella stessa `La vita italiana' gli spunti antisemiti sono in questi anni ancora rarissimi e di tipo tradizionale e - in ogni caso - non sono di Preziosi (...) ma dì Maffeo Pantaleoní. Questi, in una nota lettera dell'agosto 1920, più volte pubblicata da Preziosi, fece merito al direttore della rivista di avergli, con il suo articolo sull'internazionale ebraica apparso nel fascicolo di quel mese de "La vita italiana" , aperto gli occhi sulla `congiura mondiale' ebraica; in realtà, i primi attacchi agli ebrei sulla rivista di Preziosi portano la firma di Pantaleoni (si veda, per esempio, nel numero dei dicembre 1916 la nota `Le due mozioni alla Camera, quella degli 'arrivisti' e quella dei barbaro giudaici') e in essi se manca l'aspetto `mondiale' della congiura è per altro ben chiaro il suo aspetto 'italiano'." (3)

    Dopo aver fondato con l'economista Maffeo Pantaleoni , nel dicembre 1917, il "Fascio parlamentare di difesa nazionale", e dopo una breve permanenza nei ranghi nazionalisti; Giovanni Preziosi aderirà dal 1 " Maggio 1920 al Movimento Fascista.

    L'ebrea Pichetto, l'unica ad aver dedicato un saggio a quello cine - evidentemente - ha rilevato essere "uno dei pochi coerenti antisemiti del XX' secolo (...) Indubbiamente infatti egli per oltre trent'anni studiò l'ebraismo italiano" (4)
    Giovanni Preziosi si qualificherà come il principale studioso della questione ebraica della cui rettitudine e analisi si avvarranno , un decennio più tardi, alti esponenti del Governo Nazional-Socialista tedesco.
    Nel 1922 comparirà pertanto un articolo su `La Vita Italiana' a firma `un bavarese' che - lo stesso Preziosi e i suoi collaboratori anni dopo - riveleranno essere stato scritto dal futuro Fuhrer dei Terzo Reich , Adolf Hitler, all'epoca - precedente il (putsch' di Monaco , Capo dell'N.S.D.A.P.
    Nel febbraio 1921 , primo in Italia, Preziosi pubblica "1 Protocolli dei Savi Anziani di Sion" , il piano ebraico di dominio mondiale, riproducendo l'orìgínaie russo del pope Sergej Nilus del 1902.
    In piena sintonia con un emergente filosofo nonché pittore dadaista e studioso delle dottrine tradizionali, Julius Evola, lungi dalla polemica e dall'inevitabile strascico critico-alibistico esercitati dalla lobby giudaica in Italia; Preziosi sottolineerà dei documento in questione la conformità e l'attendibilità alla luce del Talmud e della letteratura giudaica.
    Preziosi affermerà la sua posizione anti-giudaica e anti-ebraica nella identifìcazione deI nemico in quanto nemico di razza: Gli Ebrei formano una razza - al di là e al di sopra di qualsivoglia distinzione religiosa, culturale, politica e ideologica - alla cui coesione interiore agiscono fattori di natura essenzialmente biologica, psicologica, attitudinale.
    E' il sangue che fa l'ebreo..."Noi - scriverà fin dal 1921 - non combattiamo contro la razza ebraica in quanto non è la nostra razza (...) combattiamo bensì gli ebrei in quanto si manifestino nemici delle altre e più specificamente della nostra razza." (5)
    Così come, venticinque anni prima, un giornalista britannico Wickham Stead poteva scrivere "Nessuna persona sia scrittore o uomo politico o diplomatico, può dirsi matura finchè non abbia affrontato a fondo il problema ebraico" ; allo stesso modo Preziosi ravviserà nell'Ebraismo il nemico dei Fascismo e dell'Italia Fascista.
    Inascoltato critico della legislazione `razziale' dei '38; avversario di un razzismo `di maniera' che i vari Interlandi e Almirante, Oriani e De Heekelingen, si affretteranno a propagandare da riviste quali La Difesa della Razza" , "Il Tevere" , "Quadrivio" e molte altre che seguirono le nuove direttive dei Gran Consiglio dei Fascismo in materia razziale.

    La qualcosa fece annotare nel proprio diario, in data 13.09.38 a un vecchio gerarca della prim'ora, il massone De Bono, che "la stampa... è più dei solito servilmente schifosa".

    Preziosi e con lui Evola si opporranno alla metodologia con le quali verranno varate le Leggi Razziali dei 38: una serie di provvedimenti giudicati inefficaci, tardivi, approssimativi e spesso iniqui.
    Ma una serie di pubblicazioni minori, nel periodo in questione, andava montando un sentimento razzista nel paese; concorreranno all'operazione le pubblicazioni locali tra cui: "Vent'anni" di Torino, "L'Eco di Bergamo", `°La Vedetta d'Italia" di Fiume, "San marco" di Zara, "11 Polesine Fascista" di Rovigo, "La Scure" di Piacenza, "il popolo di Romagna" di Forlì, "La Libertà" di Sassari, "Fronte Unico" di Roma ecc... coinvolgendo - in un crescendo - i quotidiani nazionali, dal Resto dei Carlino alla Stampa.
    Ristampati i "Protocolli" nel 1938 e, per i titoli della Arnoldo Mondadori, nel 1944 in terza edizione , l'opera di Preziosi si concretizzerà negli anni della seconda guerra d'aggressione giudaica contro l'Europa (1939-1945) continuando le pubblicazioni de `La Vita italiana' e editando due raccolte "Come il Giudaismo ha preparato la Guerra" per la Tumminelli edizioni di Roma, e "Giudaismo - Bolscevismo - Plutocrazia - Massoneria" per le edizioni 'Hohenstaufen' e partecipando, con Evola, Alberto Luchini, Massimo Scaligero e Piero Pellicano, al volume "Gli Ebrei hanno voluto la Guerra" dal quale riportiamo:

    "Chi ha letto °1 Protocolli dei Savii Anziani di Sion' , il libro più odiato dagli ebrei, dai filo-ebrei, dai bolscevichi, dai massoni e dai plutocrati , sa come è perche è stata scatenata questa guerra ebraica che dovrebbe portare Israele al dominio del mondo.

    I Protocolli sono `apocrifi' , affermano gli ebrei, i filo-ebrei, i bolscevichi, ì massoni e i plutocrati. Ebbene: in questa affermazione sta appunto la prova che °1 Protocolli' sono veri; "perché - come dice Hitler nel Mein Kampf - è un fatto che i Protocolli scoprono con orrenda sicurezza la natura e l'attività dei popolo ebraico e ne svelano gli scopi finali. Chi esamina gli avvenimenti degli ultimi cento anni alla luce di questo libro capirà perché questo libro dal giudaismo è tanto combattuto e qualificato `apocrifo..."
    ..Nella rivista `La Vita Italiana' , che dirigo da trenta anni, vi è una documentazione indistruttibile, che dimostra come in Italia - pur tra la generale incomprensione - non si è avuto bisogno di attendere le rivelazioni dei libri diplomatici sull'attività dei vari Bullit, o dei protocolli segreti dei Grande Oriente di Francia, per annunziare insistentemente che: a) i coniugi Roosevelt erano massoni e di origine e di sentimenti ebraici; b) che Franklin Delano Roosevelt fu portato l'8 novembre 1932 alla presidenza degli Stati Uniti dalle forze dell'internazionale Ebraica per preparare la guerra ebraica; c) che il giudaismo degli Stati Uniti ha preparato, ha scatenato , e sta facendo sempre più sviluppare, questa guerra per il dominio di Israele. (...) Fu con l'avvento di Hitler al potere, il 30 Gennaio 1933, che il Kahal - l'alto sinedrio ebraico mondiale residente negli Stati Uniti - decise di non tardare più oltre la guerra ebraica per evitare che le forze antiebraiche si consolidassero. A prepararla , non poteva essere che l'uomo dell'ebraismo portato per questo scopo al potere della Nazione, dove sono concentrate le maggiori forze della potenza ebraica: Franklin Delano Roosevelt. 11 primo annunzio della guerra ebraica in atto, fu dato dall'ebreo più combattivo dei mondo: Wladimiro Jabotinsky; il quale il 1 ° Giugno 1934, nella rivista ebraica `Natcha Retch' , scrisse , e tutti i giornali ebraici riprodussero: "La lotta contro la Germania viene condotta da mesi da tutte le comunità ebraiche, da tutte le Conferenze e Congressi, da tutte le Associazioni commerciali e dagli ebrei di tutto il mondo. C'è motivo di credere che la nostra partecipazione a questa lotta sarà di utilità generale. Poiché noi scateneremo la lotta di tutto il mondo contro la Germania tanto spiritualmente quanto fisicamente. L'ambizione di essa è di ridiventare una grande nazione, di riacquistare i suoi territori e le sue colonie perdute (...'cazzata ebraica' considerando come Hitler ritenesse chiuso il capitolo coloniale nella storia germanica e un'avventura comunque negativa ndr...) . Ma i nostri interessi impongono la distruzione definitiva della Germania. II popolo tedesco nel suo insieme e negli individui che lo compongono è un pericolo per noi. La Germania è stata sempre retta- salvo nel periodo in cui era sotto l'influenza ebraica - da elementi che si dimostrarono ostili al popolo ebreo. Non possiamo perciò assolutamente permettere che essa diventi potente sotto l'attuale Governo." Durante il tradimento perpetrato da elementi massoni e filo-giudei nella seduta del Gran Consiglio dei Fascismo dei 25 Luglio 1943 Preziosi sarà in Germania dove resterà , fino alla metà di settembre , come uno dei pochi , fidati, consiglieri dei vertici nazional-socialisti assieme a Julius Evola. II 15 marzo 1944, tardivamente, verrà posto alla direzione dell'Ispettorato Generale per la Razza dal Governo della Repubblica Sociale Italiana.
    Alla caduta dei Fascismo, Giovanni Preziosi decise di non sopravvivere, gettandosi dal balcone con la moglie il 26 Aprile 1945 per sfuggire all'inevitabile vendetta che i Giudei di tutto il mondo avrebbero scatenato contro la sua Impersonale e Radicata Condotta di Milizia.
    II Movimento Fascista - nel quale l'elemento ebraico pure giocò un certo ruolo di rilievo - era stato costituito da Mussolini per sostenere una RivoIuzione insieme anti-capitalista e anti-comunista ma sostanzialmente nazionale e socialista; premesso ciò - e considerando le pressioni al quale l'Italia Fascista verrà sottoposta dall'Alta Finanza Giudaica Internazionale - conviene riportare questo brano estratto da un articolo a firma Benito Mussolini apparso su "Il Popolo d'Italia" dei 4 Giugno 1919 e intitolato "1 Complici":
    "Se Pietrogrado non cade, se Denikin segna il passo, gli è che così vogliono> i grandi banchieri ebraici Londra e di New York, legata da vincerli di razza cogli ebrei che a Mosca corno. a Budapest, si prendono una rivincita contro la razza ariana, che li ha condannati ,alla dispersione per tanti secoli. In Russia l'80 per cento dei dirigenti dei Socviets scena ebrei, a Budapest su 22 cornrnissari del popolo, ben l7 sono ebrei. Il bolscevismo non sarebbe, per avventura, la venderti dell'ebraismo contro il cristianesimo L'argomento si presta alla meditazione. F:' possibile che il bolscevismo affoghi nel sangue di un pogrom di proporzioni catastrofiche. La Finanza mondiale è in mano agli ebrei. (:tu possiede le casseforti dei popoli, dirige la loro politica. Dietro ,ai fantocci di Parigi, sono t Rcrthschíld, i Warnberg gli Schyff i Cìuggenahcim, i quali hanno lo stesso sangue dei dominatori di Pietrogrado e di Budapest. La razza non tradisce la razza. ..L] bolscevismo ì• difeso dalla plutocrazia internazionale. Questa è la verità sostanziale. La plutocrazia internazionale dominata e controllata dagli ebrei ha un interesse a che tutta la vita nassa acceleri sino al parossismo il suor processo di disintegrazione molecolare. Una Russia paralizzata, disorganizzata affamata, sarà domani il campo dove la borghesIa, sì la borghesia, ce signori proletari, celebrerà la sua spettacolare cuccagna...
    Noi delineeremo le coordinate dell'anti-Giudaismo e dell'anti-ebraismo che - unitamente alle analisi della situazione politica internazionale, di quella nazionale e dei meccanismi dei Sistema Mondialista - affiancando le provocazioni-analisi politico ideologiche dell'amico Maurizio Lattanzio trasporteremo - quale vettore anti-sistemico - sul mensile "ISLAM ITALIA" lungo le coordinate dei progetto politico-rivoluzionario `Eurasia-Islam' mirante l'abbattimento dei Sistema Giudaico-Mondialista e dei Giudei in quanto razza dannata, sub-umana,. Tellurica, infernale.
    NOTE -
    1 - Maurizio Lattanzio - "Un combattente antimondialista: Giovanni Preziosi" articolo da "Avanguardia" - Estate 1991
    2 - Giovanni Preziosi - "Dieci punti fondamentali dei problema ebraico", `l Protocolli', Roma 1938;
    3 - Renzo De Felice - "Storia degli Ebrei italiani sotto il fascismo" ediz. "Einaudi" - Torino 1993;
    4 - Maria Teresa Pichetto - "Alle radici dell'odio. Preziosi e Benigni antisemiti" ediz. 'Franco Angeli' , Milano 1983;

    5 - Giovanni Preziosi - "La Vita Italiana" , XVII, 1921, Aprile ;

  7. #257
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    IL FASCISMO E IL PROBLEMA DELLA RAZZA

    MANIFESTO REDATTO DA DIECI SCIENZIATI ITALIANI E PUBBLICATO
    SUL QUOTIDIANO "IL GIORNALE D'ITALIA" DEL 14 LUGLIO 1938


    I

    Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi. Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti.
    II

    Esistono grandi razze e piccole razze. Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali è una verità evidente.
    III

    Il concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso quindi è basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non è solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli è diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti, che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia, infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze.
    IV

    La popolazione dell'Italia attuale è nella maggioranza di origine ariana e la sua civiltà ariana. Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L'origine degli Italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell'Europa.
    V

    È una leggenda l'apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici. Dopo l'invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l'Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa: i quarantaquattro milioni d'Italiani di oggi rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie che abitano l'Italia da almeno un millennio.
    VI

    Esiste ormai una pura "razza italiana". Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico-linguistico di popolo e di nazione ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l'Italia. Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione italiana.
    VII

    È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l'opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l'indirizzo ariano-nordico. Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra-europee, questo vuol dire elevare l'italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità.
    VIII

    È necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d'Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall'altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l'origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili.
    IX

    Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l'occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all'infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l'unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.
    X

    I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli Italiani non devono essere alterati in nessun modo. L'unione è ammissibile solo nell'ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un ceppo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall'incrocio con qualsiasi razza extra-europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.


    I DIECI SCIENZIATI FIRMATARI

    On. Sabato VISCO
    Direttore dell'Istituto di Fisiologia Generale dell'Università di Roma e Direttore dell'Istituto Nazionale di Biologia presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche


    Dott. Lino BUSINCO
    Assistente di Patologia Generale all'Università di Roma


    Prof. Lidio CIPRIANI
    Incaricato di Antropologia all'Università di Firenze


    Prof. Arturo DONAGGIO
    Direttore della Clinica Neuropsichiatrica dell'Università di Bologna e Presidente della Società Italiana di Psichiatria


    Dott. Leone FRANZI
    Assistente nella Clinica Pediatrica all'Università di Milano


    Prof. Guido LANDRA
    Assistente di Antropologia all'Università di Roma


    Sen. Luigi PENDE
    Direttore dell'Istituto di Patologia Speciale Medica dell'Università di Roma


    Dott. Marcello RICCI
    Assistente di Zoologia all'Università di Roma


    Prof. Franco SAVORGNAN
    Ordinario di Demografia all'Università di Roma e Presidente dell'Istituto Centrale di Statistica


    Prof. Edoardo ZAVATTARI
    Direttore dell'Istituto di Zoologia dell'Università di Roma.


    ELENCO DELLE PERSONALITA' CHE ADERIRONO AL MANIFESTO

    ACERBO GiacomoCOCCHIARA GiuseppeLANZA Ugo PINI Giorgio ACITO AlfredoCOGNI GiulioLANZARA GiuseppePOLI AthosALESSANDRI PinoCOLIZZI GioacchinoLA VIA LorenzoPOMILIO MarcoALESSI RinoCOLLALTINO CollaltoLELJ MassimoPODALIRI GuidoALFIERI DinoCONSOLI FrancescoLEMMI RobertoPREZIOSI GiovanniALMIRANTE GiorgioCOPPOLA FrancescoLEONI EnzoPUCCIONI UbertoAMICUCCI ErmannoCORSO RaffaeleLE PERA AntonioRAVA MaurizioANDALÒ Ugo GiorgioCOSSIO CarloLESSONA AlessandroRAVASIO CarloANDREUCCI GiuseppeCOSTAMAGNA CarloLIVI LivioREA LeoANGELINI FrancoCOTONE OberdanLODOLINI Armando RELLINI UgoANTONUCCI AntonioCUCCO AlfredoLOLLI MarioRENDE DomenicoAPOLLONI LivioCUTELLI MarioLORENZINI PaoloRICCI MarcelloAPPELIUS MarioDAQUANNO ErnestoLUCHINI AlbertoROGNONI GastoneARCHIDIACONO NicolaDe BAGNI MarioLUCIDI GiuseppeROMANINI AlfredoARFELLI FeliceDE BLASI VitoLUPI GinoROMANO RaffaelloAZZARITI Avv. GaetanoDEDEL FrancescoMACRÌ FilippoROSSO GustavoBACCAGLINI AlessandroDE DOMINICIS AdolfoMAGANI MicheleRUCCIONE MarioBACCIGALUPPI MarioDE FRANCISCI PietroMAGGIORE GiuseppeRUFFILLI W. ErminioBADOGLIO PietroDELLE DONNE Michele MANCA Antonio RUSSO GiuseppeBACCIOLI VincenzoDELL'ISOLA GiuseppeMARCHITTO NicolaSABATINI ArturoBUFFARINI GUIDI GuidoDE ROSA GabrieleMARINI MarcoSALVI GiunioBALBO EmilioDE ROSA EnnioMARRO GiovanniSANGIORGI GiorgioBALLARATI Giancarlo
    DE RUGGIERO StefanoMARZOTTO AntonioSANTARELLI EnzoBANCHER Dante CesareDE SETA EnricoMORANA DomenicoSARRI CorradoBANISSONI FerruccioDE VITA Pier LorenzoMARTINOLI EttoreSAVARINO Santi BARBARA MameliDI CAPORIACCO Lodovico
    MASINI Carlo AlbertoSAVELLI GiovanniBARDUZZI CarloDI DONNO AlfredoMASSA Mario SAVORGNAN FrancescoBARGELLINI PieroDI GIORGIO GuidoMASTROJANNI AlbertoSCALIGERO MassimoBAZZI CarloDI MARZIO CornelioMASTROJANNI GabrieleSCARDAONI FrancescoBELLINO UgobertoDOMENICI CarloMATARRESE FortunatoSCARPELLI FurioBENIGNI UmbertoDONAGGIO ArturoMAZZEI VincenzoSCUDELLARI GiorgioBEONIO BROCCHIERI VittorioDONADIO NicolaMAZZONI GinoSEMIZZI RenatoBERGAMASCHI CarloELEFANTE Fernando
    MEREGAZZI RenzoSEMPRINI GiovanniBERNUCCI Giorgio LuigiELLERO PietroMEZZASOMA FernandoSERGI prof. SergioBIAGI BrunoEVOLA JuliusMILANESI GuidoSPAMPANATO BrunoBIAMONTI EttoreFABIANO GiuseppeMISCIATELLI Piero SGABELLONI MassimoBIANCOROSSO RodolfoFABBRI Vittorio EmanueleMISSIROLI MarioSOFFICI ArdengoBIANCINI BrunoFANFANI AmintoreMITRANO SANI GinoSOLMI ArrigoBIASUTTI RenatoFARINACCI RobertoMODICA AldoSORLINI FerruccioBIOLETTO Angelo MarcoFERRI Carlo EmilioMOLINARI RiccardoSOTTOCHIESA GinoBIONDOLILLO FrancescoFESTA CAMPANILEMOLINO WalterSPARDINI GiacomoBOCCA GiorgioFICAI GiuseppeMONTECCHI MarioSTARACE AchilleBOCCASILE GinoFIORETTI ArnaldoMORMINO GiuseppeTACCHI VENTURI PietroBORGHESE GiacomoFLAVIO QuintoMURRI RomoloTALLARICO GiuseppeBORRETTI MarioFLESCH GisleroMUSSOLINI Benito TASSINARI RenatoBORSANI CarloFONTANELLI LuigiNAJ SAVINA LuigiTEDESCO Z. VittorioBOTTAI GiuseppeFORMOSA RaffaeleNATOLI RomualdoTIRELLI MarioBOTTAZZI FilippoFORTEGUERRI GiuseppeNERI ItaloTOPPI GioveBLASI GuglielmoFRANZI Leone
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