Lucro e cristianesimo sono conciliabili?
Dite la vostra.
I CIELLINI PROPRIO NON LI CAPISCO
Eppure Gesù aveva parlato chiaro al giovane ricco che chiedeva consiglio per accedere al regno dei cieli e conseguire la vita eterna:
“- Per essere perfetto vai a vendere tutto quello che hai, e i soldi che ricavi dalli ai poveri. Allora avrai un tesoro in cielo. Poi vieni e seguimi. -
Ma dopo aver ascoltato queste parole il giovane ricco se andò con la faccia molto triste.
Allora Gesù disse ai suoi discepoli:
- Vi assicuro che è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco per la porta che conduce al regno dei cieli. -“ Matteo 19,21
Una critica radicale della ricchezza che il cattolicesimo ufficiale
degli ultimi cinquecento anni pare aver obliato o taciuto.
Fino al medioevo infatti la dottrina cristiana combatte il fiorente commercio, si oppone al libero mercato, ed afferma come principio universale “il primato dell’uomo sulle sue astrazioni”- economia compresa.
Di quel fervore anticapitalista nel cristianesimo e nel cattolicesimo dominanti non è rimasto nulla.
Al contrario, il movimento civico-politico di punta del cattolicesimo italiano: l’enorme potenza economica che è Comunione e Liberazione, percorre la strada opposta: ha accomodato la religione nell’alveo del capitalismo arrembante e totalitario, ha accolto il libero mercato come nuovo Dio al fianco di quello ufficiale, e negli ultimi anni ha sposato il Berlusconismo e la sua aberrante mistica del denaro, la cui riflessione si risolve nell’assioma utilitarista per cui “tutto è economia”, chiara antitesi del pensiero cristiano, che come dottrina umanista al centro dovrebbe figurare sempre e solo l’Uomo.
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