Come se i problemi della sinistra si risolvessero cambiando premier....
Roma, 179
PD: VELTRONI A COLLOQUIO CON PRODI A PALAZZO CHIGI
Leggendo la Stampa di oggi ho scoperto di non essere l'unico a sospettare che l'investitura di D'alema a Veltroni nascondesse una polpetta avvelenata.
21/6/2007 Walter pensaci bene
LUCIA ANNUNZIATA La vita delle persone non ci appartiene - per cui è difficile dare consigli a chi si trova davanti a una svolta importante del suo destino. Ma di fronte ai dilemmi privati che diventano pubblici allora forse non è indiscreto avventurarsi in qualche consiglio. In questo caso si tratta di un affettuoso ma netto: «Walter pensaci bene». Il che non è detto a dispetto dello straordinario numero di inviti arrivati ieri al sindaco di Roma a candidarsi alla guida del Partito Democratico; casomai, a causa di.
C’è infatti un che di sorprendente e per certi versi poco trasparente in questa improvvisa rincorsa a fare complimenti e a giurare lealtà a un personaggio politico come Veltroni che ha inquietato i sogni di quasi tutti i capi del centro-sinistra. Che la maggior parte delle mosse politiche, e delle lacerazioni cui abbiamo assistito negli ultimi anni in questa area politica avessero la propria origine nel desiderio di esorcizzare la presenza (e forza) del sindaco Veltroni, non è un segreto di Stato. È così poco un segreto che lo stesso «uomo del destino» - in queste ore di fronte alle sue scelte - fa sapere di temere che i grandi consensi nascondano una trappola.
Tuttavia il consiglio non ha nulla a che fare né con complotti, né con trappole: è piuttosto una cautela che nasce dalla necessità di capire fino in fondo cosa abbia provocato l’improvviso cambiamento di umori. Cambiamento così repentino da poter esser considerato una vera e propria svolta: poche settimane fa, Fassino chiedeva per sé il posto di guida del Pd, D’Alema faceva sapere che sarebbe sceso in campo, Rutelli preparava la sua battaglia e, soprattutto, Prodi ostacolava in tutti i modi l’idea di un segretario «forte» che facesse ombra al suo governo. Il metodo preferito di elezione del futuro segretario era di conseguenza la scelta in assemblea costituente. Stando alla testimonianza su web di una delle partecipanti al comitato dei 45, leader debole e leader forte è stato il tormentone della prima riunione dei saggi. Pochi giorni dopo, lunedì 18, è stato ribaltato: elezione diretta e luce verde a Walter Veltroni, con il ritiro di tutti gli altri, da D’Alema, a Fassino e, soprattutto, a Prodi.
Una brusca inversione di rotta, appunto, di fronte alla quale, proprio per il suo impatto, non riusciamo a glissare: cosa l’ha provocata? Cosa ha spinto uomini così ambiziosi a mettere improvvisamente da parte le aspirazioni di anni? Nella risposta a queste domande c’è in queste ore, per gli elettori dell’Ulivo, oltre che per Veltroni, la chiave per comprendere la natura delle cose, per capire, nello specifico, se il cambiamento è un’operazione di maturità piuttosto che di fuga, di scelta piuttosto che di obbligo. Insomma se siamo di fronte a un momento di costruzione, o a una raccolta di cocci.
Naturalmente non staremmo qui a sprecar parole se non si avesse il timore che si tratti di cocci. L’unico vero avvenimento intercorso infatti fra le due riunioni del comitato dei 45 è la pubblicazione delle intercettazioni. E non solo quelle con Consorte, in cui si sentivano parlare D’Alema e Fassino, ma l’intera ondata di verbali e documenti, e aperture d’inchieste che hanno continuato a macinare la nostra vita pubblica. I verbali di Ricucci, quelli del governatore Fazio, le nuove inchieste aperte sul contropatto della Bnl. Una montagna di carte in cui sono stati fatti quasi tutti i nomi più rilevanti della Repubblica, in aggiunta a quelli dei leader Ds: Bersani, Prodi, Rovati, Costamagna, Casini, Letta, Berlusconi, e banchieri e imprenditori vari. Tutti hanno negato e si sono rifugiati dietro la perfetta liceità delle mosse fatte, o le hanno addirittura negate. Il cerino, come spesso succede, è rimasto in mano a chi ha l’accento peggiore: Ricucci.
Eppure - anche a voler prendere per buono, come sempre si deve prima delle prove di colpevolezza - il terremoto inchieste deve aver scavato da qualche parte un limite profondo con il periodo precedente. Il comitato dei saggi non ne ha mai discusso, scegliendo le regole del futuro partito in un aureo isolamento (così ci dicono le testimonianze interne), ma si può davvero immaginare che non siano state nella mente di tutti i riuniti? Quale elemento più potente delle tensioni intorno ai leader del centro-sinistra per spingere a decisioni drastiche? Non è azzardato, dunque, dire che le intercettazioni hanno costituito la dinamite che ha finalmente fatto esplodere quella rete di reciproche interdizioni che da anni paralizzavano la sinistra. Del resto è stato proprio D’Alema, il più attaccato, ad ammetterlo, affermando in un solo fiato il suo diritto a occuparsi delle questioni economiche del Paese e il suo ritirarsi dalle ambizioni di segretario e premier eletto a furor di popolo. Meglio essere chiari: questo ritiro è l’equivalente di vere e proprie dimissioni. Segno per altro che, dopotutto, all’uomo non sono venute meno le sue sensibilità politiche.
Ma se D’Alema ha ammesso errori (non colpe) è azzardato sostenere che il mettere in campo Veltroni, il ritirarsi degli altri, ha un identico significato? Insomma, Fassino, Prodi e tutti gli altri, dando la luce verde al sindaco romano, alla fine stanno in qualche modo prendendo atto della gravità della crisi che li ha investiti. È così? È questo il significato di tanto onorevole farsi da parte? Perché di questo si tratta: finché questo governo dura un ruolo l’avranno, ma non comparabile al potente riconoscimento di segretario-premier. È così? Tutto ciò è frutto di una forte crisi?
Rilevante avere una risposta. Perché se riconoscimento di una crisi c’è, il modo migliore per uscirne non è un giro di valzer di titoli. Ma una seria e pubblica discussione. In assenza della quale, il futuro leader non rischia complotti, ma il peso di una eredità ingestibile. «Pensaci, e bene, Walter» .
Pd, Veltroni consulta Prodi
candidatura ad un passo dal sì
"Deciderò presto". Fassino e D'Alema: tutti i Ds con lui
di GIANLUCA LUZI
Il sindaco Walter Veltroni nel 1996 è stato vice premier di Prodi
ROMA - Fassino spera che dica sì e gli assicura l'appoggio di tutta la Quercia. D'Alema lo definisce "un punto di riferimento forte". L'Ulivo lo invoca sperando che i sondaggi di popolarità si traducano in una iniezione rivitalizzante per il centrosinistra. Tutto è pronto per la candidatura di Walter Veltroni alle primarie del Partito democratico, manca solo la risposta definitiva del sindaco di Roma che - lo dice lui stesso - non si farà attendere a lungo.
Il pressing su Veltroni è forte e la decisione è imminente: ieri ha avuto un colloquio di tre quarti d'ora a tutto campo con Prodi sul Pd e quindi si è recato nella sede dei Ds dove ha parlato per un'ora con il segretario. All'incontro ha partecipato all'inizio anche il vicepremier D'Alema. La candidatura di Veltroni alla segreteria del Partito democratico sarebbe difficilmente battibile il 14 ottobre, ma proprio questo è un possibile problema emerso nell'incontro "buono, positivo, cordiale e aperto" a Palazzo Chigi: se devono essere primarie vere, infatti, una candidatura del sindaco di Roma potrebbe rendere inutile, falsare, la gara tra i candidati.
Dopo l'"incoraggiamento" di D'Alema a Ballarò, ieri è stato il segretario della Quercia Fassino a dare il via libera dei Ds alla candidatura di Veltroni. "Mi auguro che Walter, che in questo momento sta riflettendo su una sua eventuale candidatura, risolva questa riflessione scegliendo di candidarsi". Per Fassino la candidatura sarà "naturalmente sostenuta da tutti i Ds con grandissima convinzione. Ma soprattutto sarebbe una candidatura attorno alla quale si potrebbe raccogliere un consenso politico e sociale molto largo nella società italiana".
Sulla stessa lunghezza d'onda anche il sostegno di D'Alema: "E' evidente che in una situazione abbastanza complessa, Veltroni può rappresentare un punto di riferimento forte, rilanciare il rapporto con l'opinione pubblica e dare un segno di novità che il Pd rappresenta". Quella che attende Veltroni è "una scelta delicata e complessa, che richiede anche delle consultazioni, ma non credo che Veltroni lascerà passare troppo tempo". Se si candiderà, D'Alema si dice convinto "che darà un grosso peso politico al ruolo di segretario e che ha deciso di mettersi in gioco subito per investire sulla costruzione del Pd".
L'eventuale candidatura di Veltroni riscuote consenso anche nella Margherita. Rosy Bindi annuncia che se il sindaco di Roma si candida farà una lista per sostenerlo, ma in caso contrario lei sarà in gara. E anche Franceschini, capogruppo dell'Ulivo alla Camera, è pronto a votare Veltroni. Ma al momento, nei Ds, il discorso delle candidature resta aperto in attesa di sapere cosa farà Veltroni. Anna Finocchiaro, capogruppo dell'Ulivo al Senato, ricorda che i "candidabili" sono tanti "e tra questi ci sono anch'io". Per la Finocchiaro "occorre che qualcuno faccia un passo avanti e magari che qualcun altro faccia un passo indietro". Mentre per Luciano Violante "Veltroni è una personalità che riscuote la fiducia non solo di Ds e Margherita". Il presidente del Senato Marini, invece, non ha voluto commentare l'ipotesi Veltroni. Però è tornato sull'argomento del peso politico del segretario del Pd. "Sono contento, hanno deciso di fare un segretario forte. Era una necessità. Sono contento solo di questo".
(21 giugno 2007)