La fine della prima repubblica avvenne nel modo traumatico che tutti
sappiamo.
In questi giorni si sta preparando anche la fine di un'altra fase della
nostra politica, quella del bipolarismo bieco, fatto di continui scontri,
accuse, veleni.
L'Italia improvvisamente si scopre dipendente da quello che per cinque
anni è stato l'uomo più odiato d'Italia, considerato simbolo del malaffare
a tutti i livelli.
Ma una volta chiamati ad interpretare e concretizzare la ribellione del
popolo italiano al duce Berlusconi, sono emersi tutti i limiti di una
coalizione che aveva una nobile causa, quella di unire sinistra
massimalista e cattolici in una casa comune, un partito capace di
rappresentare le istanze riformiste e di mitigare quelle più oltranziste:
il tutto sotto l'occhio vigile di Prodi.
L'obiettivo è da considerarsi fallito in pieno, anche se Prodi è ancora in
sella.
Trattasi di una vittoria di Pirro, troppe le crisi, troppe le
contraddizioni e, una volta neutralizzato (?) il pericolo berlusconiano,
troppo pochi i ritorni ideologici e politici. Presto, il partito
democratico che ormai è giunto vicino al lieto evento, da un lato si
proporrà come gestore delle sorti della sinistra italiana ma dall'altro
mostrerà le crepe di una coalizione che, troppo impegnata a guardare a
destra e a sinistra, si scopre invece incapace di guardare avanti, e
soprattutto di una cultura politica e ideologica che è stata tanto
fondamentale nel suo contributo di sentinella dinnanzi ai grandi scandali
politici, sociali, culturali ed economici dell'Italia degli ultimi
sessantadue anni, tanto incapace, una volta al potere, di dissociarsi dai
teatrini della politica e di prendere in mano le sorti del nostro Paese e
finanche, talvolta, di ripetere le stesse nefandezze contestate per
decenni alle coalizioni e ai politici che hanno avuto la responsabilità di
governare e legiferare.
Non deve illudere la coraggiosa presa di posizione di Fassino, il quale ha
avuto il coraggio di intraprendere una strada necessaria ma non per questo
meno scivolosa di quella precedente: il popolo di sinistra non ha recepito
il messaggio di unità proposto da Margherita e DS e all'interno della
Quercia è nato il dissidio capeggiato da Salvi e Mussi che ha portato alla
nascita di un'altra sinistra (non bastassero le 6 sinistre che già ci
sono).
Quello che appare evidente dalle prime battute è che la rivoluzione
copernicana in atto nella sinistra italiana, ben lungi dal rinforzarla,
corre il rischio di fare il gioco della Casa delle Libertà. La ragione è
semplice: l'UDC che da due anni sta conducendo una partita a sè, cercando
di delegittimare la figura di Berlusconi e di isolarlo, accaparrandosi i
voti dei moderati di destra, si rende conto che la corrispondenza di
amorosi sensi dall'altra parte della barricata, almeno per ora non ci sarà.
Casini non è uno stupido ed è molto meno "verginella" di quello che vuol
far sembrare: conosce bene i giochi del palazzo, d'altronde è un
democristiano, cresciuto alla scuola dei vecchi artisti della politica.
Dietro la maschera della bonomia di stampo bolognese, si nasconde un
politico furbo, intelligente, astuto. E' tempo dunque di marcia indietro,
il famoso terzo polo in nome di Cristo, almeno per ora non ci sarà.
Troppo propensi alla flessibilità ideologica, a dispetto delle guerre
sociali sui pacs, quelli della Margherita, troppo rigidi i cattolici
dell'area opposta. Soprattutto, poco propensi a seguire il fuggiasco
Follini, storico antiberlusconiano, e il più timido Casini a sinistra
l'ala berlusconiana del l'UDC, guidata da Giovanardi. Per ora il
matrimonio non si può fare e dopo le stoccate e le prese di posizione,
Casini, sia pure con qualche dissenso (giusto per non perdere l'abitudine, leggasi non aver aderito all'iniziativa degli alleati di salire al Quirinale) torna a parlare a Berlusconi con il cuore in mano e il Berlusca
(che sa che l'apporto dei cattolici è fondamentale per poter vincere le
prossime elezioni) è pronto a fare sfoggio di clemenza e perdonare
l'alleato fedigrafo.
Ma quella che sembra affermarsi come la solidificazione del vecchio
bipolarismo, in realtà è la nascita di una nuova era che vedrà la fine
dell'ala radicale di sinistra (siamo sicuri che sia un bene?) e la
creazione di un sistema politico all'americana che se da un lato
contribuirà a gettare le basi per una politica basata magari su scontri
politici ma capace di chiudere i conti con ogni passato più o meno oscuro
(o rosso) e con ogni personalizzazione dello scontro (antiberlusconismo), dall'altro potrebbe spegnere e delegittimare le voci più distanti dal centro, spesso e volentieri dissenzienti per puro spirito di contraddizione ma capaci di
raccogliere le voci dei ceti popolari come nessuno.
Dunque fine dell'epopea dei Verdi, fine delle voci più assennati della
destra radicale, fine di coloro che la politica la fanno con un senso
dell'utopia che però è pari alla loro ingenua genuinità e sincerità di intenti.
Non sono sicuro che sia un bene.