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    Predefinito Carlo Rosselli, il padre del socialismo liberale

    CENNI BIOGRAFICI SU CARLO ROSSELLI

    1899 16 novembre. Carlo Rosselli nasce a Roma. Il padre Giuseppe Emanuele era compositore e musicologo. La madre, Amelia Pincherle, una scrittrice e autrice affermata di teatro. Sia la famiglia Rosselli che la famiglia Pincherle avevano preso parte al movimento per l’indipendenza e l’unità nazionale.
    1911 Muore il padre.
    1916 27 marzo. Il fratello Aldo muore in combattimento nella prima guerra mondiale sui monti della Carnia. Riceverà la medaglia d’argento alla memoria.
    1918 Carlo é nominato sottotenente e inviato in zona di guerra.
    1920 Conosce Claudio Treves, Filippo Turati e Gaetano Salvemini.
    1921 Si laurea in scienze politiche con la tesi "Il sindacalismo".
    1922 A Roma il XIX congresso del partito socialista decreta l’espulsione dei riformisti di Treves, Turati e Matteotti. Rosselli si schiera con la corrente riformista che dà luogo al partito socialista unitario.
    Conosce Piero Gobetti e il gruppo di giovani intellettuali che pubblicano il settimanale “La Rivoluzione Liberale”. Conosce inoltre Luigi Einaudi, Pasquale Jannacone e Achille Loria.
    Prende parte alla ristretta attività del Circolo di Cultura fiorentina, promosso da Gaetano Salvemini, Piero Calamandrei, Ernesto Rossi, Ludovico Limentani, Piero Jahier e l’avv. Alfredo Nicoli, nel cui studio si tenevano le riunioni.
    1923 Conosce Gaetano Mosca.Si laurea in legge discutendo la tesi "Prime linee di una teoria economica dei sindacati".Si trasferisce a Londra qualche mese per approfondire il problema trattato nella tesi di laurea.
    1924 All’indomani del delitto Matteotti si iscrive al partito socialista unitario.
    E’ chiamato ad insegnare all’Istituto superiore del Commercio di Genova ad insegnare Istituzioni di Economia Politica.
    I fascisti devastano la sede del circolo di cultura fiorentino.
    1925 Fonda con il fratello Nello, Salvemini ed Ernesto Rossi il bollettino clandestino “Non Mollare”. Casa Rosselli é devastata dai fascisti.
    1926 Carlo é aggredito dagli squadristi genovesi. A luglio é costretto a lasciare l’insegnamento. Sposa l’inglese Marion Cave a cui era legato da molti anni. “Il Quarto Stato” é soppresso. I dirigenti socialisti si convincono della necessità di costituire un’organizzazione per l’espatrio. Carlo Rosselli, Ferruccio Parri e Riccardo Bauer, preparano la fuga di decine di socialisti, tra i quali Treves, Saragat e Turati.
    1927 Carlo Rosselli e Parri vengono arrestati per l’espatrio di Turati. Rosselli viene condannato a 5 anni di confino a Lipari per l’intervento diretto di Mussolini.
    1930 Viene fondato a Parigi il movimento rivoluzionario antifascista ‘Giustizia e Libertà’.
    Volo Bassanesi. L’episodio che ebbe il Cantone Ticino come centro della vicenda é all’origine di una splendida ‘Lettera aperta all’onorevole Motta’ che Alberto Tarchiani e Carlo Rosselli pubblicarono su ‘Libera Stampa’. Esce a Parigi l’edizione francese di Socialismo liberale.
    1930-32 Numerose attività antifasciste tra cui la pubblicazione dei “Quaderni di Giustizia e Libertà”.
    1932 29 marzo . Muore Filippo Turati.
    1933 11 giugno. Muore Claudio Treves.
    1934 A Parigi la Concentrazione antifascista si scioglie a causa del profondo dissidio operativo e ideologico tra Giustizia e Libertà e il Partito socialista, ormai orientato ad un’alleanza con i comunisti.
    1935 La questione abissina é uno dei temi centrali degli scritti di Rosselli.
    (“Perché siamo contro la guerra d’Africa?”)
    1936 Carlo arriva in Spagna per combattere a fianco delle truppe repubblicane.
    1937 9 giugno. Carlo e Nello Rosselli sono assassinati a Bagnoles-de-l’Orne, ad opera di affiliati dell’organizzazione terroristica di destra “La Cagoule”, su preciso mandato dei vertici supremi del regime.
    Liberalismo e socialismo, considerati nella loro sostanza migliore, non sono ideali contrastanti né concetti disparati

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    Predefinito Rif: Carlo Rosselli, il padre del socialismo liberale

    OPERE DI CARLO ROSSELLI Oggi in Spagna, domani in Italia, prefazione di Gaetano Salvemini, Edizioni di ‘Giustizia e Libertà’, Parigi, 1938; nuova edizione con una introduzione di Aldo Garosci, Einaudi, Torino 1967, pp.162 (“Nuova Universale Einaudi”, 86) Scritti politici e autobiografici, prefazione di Gaetano Salvemini, Polis editrice, Napoli 1944, pp.201; nuova edizione a cura di Zeffiro Ciuffoletti e Vincenzo Caciulli, Lacaita, Manduria 1992, pp.190 (“Testi e documenti”, 5) Socialisme liberal, Librairie Valois, Parigi, 1930) Socialismo liberale, a cura di John Rosselli, prefazione di Aldo Garosci, Einaudi, Torino 1973, pp.532 (“Opere scelte di Carlo Rosselli, volume primo). (“Reprints Einaudi”, 133 col titolo Socialismo liberale e altri scritti, a cura di John Rosselli, Torino 1973, pp.532) “Il Quarto Stato” di Nenni e Rosselli, a cura di Domenico Zucàro, SugarCo, Milano 1977, pp.337 (“Nuova Bibiblioteca Storica”, 22) Epistolario familiare. Carlo, Nello Rosselli e la madre (1914-1937), introduzione di Leo Valiani, prefazione a cura di Zeffiro Ciuffoletti, SugarCo, Milano 1979, pp.590 Socialismo liberale, a cura di John Rosselli, introduzione di Norberto Bobbio, Einaudi, Torino 1979, pp.144 (“Nuova Universale Einaudi”, 168) Scritti dell’esilio. I. “Giustizia e Libertà” e la Concentrazione antifascista (1929-1934), a cura di Costanzo Casucci, Einaudi, Torino 1988, pp.338 (“Opere scelte di Carlo Rosselli”, volume secondo.) Con una Cronologia e una Bibliografia di Carlo Rosselli (1929-1934) Scritti politici, a cura di Zeffiro Ciuffoletti e Paolo Bagnoli, Guida, Napoli 1988, pp. 414. Con una Nota bibliografica di Vincenzo Caciulli Scritti dell’esilio. II. Dallo scioglimento della Concentrazione antifascista alla guerra di Spagna (1934-1937), a cura di Costanzo Casucci, Einaudi, Torino 1992, pp.661 (“Opere scelte di Carlo Rosselli”, volume secondo). Con una Cronologia e una Bibliografia di Carlo Rosselli (1934-1937) Liberalismo socialista e socialismo liberale, a cura di Nicola Terracciano, Galzerano Editore, Casalvelino Scalo (Salerno) 1992, pp. 91 (“GL/Socialismo Liberale”, I) Carlo e Nello Rosselli, Giustizia e Libertà, a cura di Giuliana Limiti e Mario di Napoli, prefazione di Pietro Larizza, UIL, Roma 1993, pp.432. In appendice: La tesi di laurea di Carlo Rosselli sul “sindacalismo” (Firenze 1921)
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    Predefinito Rif: Carlo Rosselli, il padre del socialismo liberale

    Liberal Socialism
    Carlo Rosselli Edited by Nadia Urbinati
    Translated by William McCuaig
    Princeton University Press

    First published in 1930, amidst the collapse of socialist ideals and the onset of fascism throughout parts of Europe, Liberal Socialism is a powerful and timely document on the ethics of political action. During his confinement for his anti-fascist beliefs, the Italian political philosopher Carlo Rosselli (1899-1937) wrote this work not only as a critique of fascism, but also as an investigation into the history of Marxism and the need for a liberal reformulation of socialism. In this first English- language edition, Nadia Urbinati highlights both the historical and theoretical importance of Liberal Socialism, which continued to inspire the anti-fascist movement "Giustizia e Liberta." long after Rosselli's assassination by Mussolini's agents, and which outlines a possible rebirth of the socialist and democratic movements.
    Rosselli's analysis provides an illuminating interpretation of the ideological crisis of Marxism, in its positivistic version, during the late nineteenth century and exposes the intellectual weakness of revisionist efforts to delineate new versions of Marx's doctrine. He encourages readers to view socialism as an ethical ideal and to consider whether Marxist or liberal methods combine better with socialism to achieve that ideal. Rosselli opts for a liberal socialism that avoids the shortcomings of uncontrolled laissez-faire but favors state intervention to secure public services and social rights.
    Review:
    "Nadia Urbinati's major achievement in bringing out this English edition of Carlo Rosselli's Liberal Socialismis to give a plausible ancestor to those of us on the left who are trying to cope with the contemporary crisis of socialist politics-determined to acknowledge its dimensions and to outlast it.... It is a remarkable text, with greater resonance today than any other that I can think of in the socialist tradition."--The New Republic
    Endorsement:
    "In introducing Carlo Rosselli's Liberal Socialism to an English-speaking audience, Nadia Urbinati does us a double service. She contributes to our understanding of the history of democratic socialism and she also helps us reconsider the compatibility of liberal principles and socialist politics. Urbinati's introduction is an extremely informative guide to this important book."--Amy Gutmann, Princeton University
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    Predefinito Rif: Carlo Rosselli, il padre del socialismo liberale

    In copertina: Carlo Levi, Ritratto di Carlo Rosselli, 1932, olio su tela cm 61x50,5

    Carlo Rosselli e il socialismo liberale a cura di Maurizio Degl'Innocenti Piero Lacaita Editore
    Manduria-Roma-Bari 1999, L. 20.000

    La presente raccolta di saggi costituisce un'autorevole e aggiornata messa a punto del socialismo liberale e fornisce un'originale chiave di lettura della personalità e dell'attività politica di Carlo Rosselli, in particolare sui temi partito/movimento; élites/democrazia; organizzazione dello Stato/autonomie. Saggi di Salvo Mastellone, Fabio Grassi Orsini, Arturo Colombo, Maurizio Degl'Innocenti, Roberto Chiarini, Zeffiro Ciuffoletti, Emilio Raffaele Papa, Santi Fedele, Domenico Settembrini, Dino Cofrancesco.
    MAURIZIO DEGL'INNOCENTI, curatore, è professore ordinario di Storia contemporanea all'Università di Siena. Ha pubblicato e curato per i nostri tipi: L'esilio nella storia del movimento operaio e l'emigrazione economica (1992); Filippo Turati e la nobiltà della politica (1995); La società unificata. Associazione, sindacato, partito sotto il fascismo (1995); e con Stefano Caretti Sandro Pertini e la bandiera italiana (1998).
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    Predefinito Rif: Carlo Rosselli, il padre del socialismo liberale

    CARLO ROSSELLI
    Socialist Heretic and Antifascist Exile
    STANISLAO G. PUGLIESE
    Harvard University Press
    Awarded the Premio Silone, for a book inspired by the message of Ignazio Silone which celebrates the values of liberty and truth, or which represents the defence of oppressed groups and consciousness
    Carlo Rosselli (1899-1937) was one of the most charismatic and influential of European antifascist intellectuals. Born into a wealthy Jewish family, and abandoning a promising career as a professor of political economics, he devoted his considerable fortune and ultimately his life to the struggle against fascism. In 1925, he was instrumental in establishing the first underground antifascist newspaper. While imprisoned for his subversive political activities, he wrote his magnum opus, Liberal Socialism, arguing that socialism was the logical development of the principle of liberty. After a daring escape, he made his way to Paris and became the driving force behind a new political movement, "Justice and Liberty." Rosselli was among the first to arrive in Barcelona after the outbreak of the Spanish Civil War, in which he commanded an armed column of volunteers in defense of the Republic. When Italian fascists discovered Rosselli's plot to assassinate Mussolini, they declared him the regime's most dangerous enemy and had him murdered, along with his brother, noted historian Nello Rosselli, on a country road in Normandy.
    In this work, the first biography of Rosselli in English, Stanislao Pugliese skillfully interweaves the strands of heresy, exile, and tragedy in Rosselli's life. The drama and drive of his narrative enhance the scholarly contribution that this work makes to modern Italian history and to the study of European antifascism.
    Stanislao G. Pugliese is Assistant Professor of History
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    Predefinito Rif: Carlo Rosselli, il padre del socialismo liberale

    Bibliografia essenziale su Carlo Rosselli

    Biografie reperibili in:

    Aldo Garosci, Vita di Carlo Rosselli, 2 vol., Firenze 1973, Vallecchi.
    Nicola Tranfaglia, Carlo Rosselli, dall'interventismo a "Giustizia e Libertà",Bari 1968, Laterza


    Biblioteca

    Giuseppe Fiori, Casa Rosselli, Torino 1999, Einaudi. Libreria
    Alessandro Levi, Ricordi dei fratelli Rosselli, Firenze 1947, La Nuova Italia. Biblioteca
    Stanislao G. Pugliese, Carlo Rosselli: Socialist Heretic and Antifascist Exile, Harvard University Press, 1999 (nota editoriale) Libreria
    Aldo Rosselli, La famiglia Rosselli. Una tragedia italiana, Milano 1983, Bompiani. Libreria - Biblioteca

    Scritti di Carlo Rosselli

    Socialismo Liberale, Torino 1997, Einaudi (per una nota editoriale sul testo principale di Carlo Rosselli e le sue edizioni, clicca qui). Libreria
    Scritti dall'esilio I. "Giustizia e Libertà" e la Concentrazione antifascista (1929-1934), a cura di Costanzo Casucci, Torino 1988, Einaudi. Libreria
    Scritti dall'esilio II. Dallo scioglimento della Concentrazione antifascista alla guerra di Spagna (1934-1937), a cura di C.Casucci, Torino 1992, Einaudi. Libreria
    Liberal Socialism, edito da Nadia Urbinati, Princeton 1994, Princeton University Press (prima edizione inglese di Socialismo Liberale). Biblioteca - Libreria
    Oggi in Spagna, domani in Italia, Torino 1967, Einaudi. Biblioteca
    Scritti politici e autobiografici, a cura di Z.Ciuffoletti e V.Caciulli, Manduria 1992, Lacaita. Libreria
    Il "Quarto Stato" di Nenni e Rosselli, Milano 1977, SugarCo. Libreria
    Scritti politici, a cura di Z.Ciuffoletti e P.Bagnoli, Napoli 1988, Guida. Biblioteca
    Epistolari

    I Rosselli. Epistolario familiare, a cura di Zeffiro Ciuffoletti, Milano 1997, Mondadori (nota editoriale) Libreria
    Politica e affetti familiari. Lettere dei Rosselli ai Ferrero (1917-1943), a cura di Marina Calloni e Lorella Cedroni, Milano 1997, Feltrinelli. Libreria
    Dall'esilio. Lettere alla moglie 1929-1937, a cura di Costanzo Casucci, Firenze 1997, Passigli.
    Lettere a Carlo Rosselli e altri scritti di "Giustizia e Libertà", di Emilio Lussu, a cura di Manlio Brigaglia, Sassari 1979, Ed. Libreria Dessì. Biblioteca
    Studi

    Franco Invernici, L'alternativa di "G.L.". Economia e politica nei progetti del gruppo di Carlo Rosselli, Milano 1987, Franco Angeli. Libreria
    Giovanna Angelini, L'altro socialismo, Milano 1999, Franco Angeli. Libreria
    Santi Fedele, E verrà un'altra Italia. Politica e cultura nei "Quaderni di Giustizia e Libertà", Milano 1992, Franco Angeli. Libreria
    Zeffiro Ciuffoletti e Paolo Bagnoli, a cura di, Il pensiero politico di Carlo Rosselli, Napoli 1988, Guida. Biblioteca
    Paolo Bagnoli, Rosselli, Gobetti e la rivoluzione democratica. Uomini e idee tra liberalismo e socialismo, Firenze 1996, La Nuova Italia. Libreria
    Giovanni Spadolini, Carlo e Nello Rosselli. Le radici mazziniane del loro pensiero, Passigli 1990. Biblioteca
    Salvo Mastellone, Carlo Rosselli e "la rivoluzione liberale del socialismo". Con scritti e documenti inediti, Firenze 1999, Leo S.Olschki. Libreria

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    * Nota editoriale su Socialismo Liberale.

    La prima edizione di Socialismo liberale è francese presso Librarie Valois, 1930, Paris. La prima edizione italiana, però introvabile se non in qualche biblioteca, è del 1945, Edizioni U. Roma-Firenze-Milano. In questa edizione, che è la traduzione italiana del testo francese, il saggio è introdotto da Aldo Garosci e preceduto da una Lettera alla moglie di Carlo a Marion Cave.

    Nel 1973, dopo quasi trent'anni di oblio, il testo è ripubblicato da Einaudi con una prefazione di John Rosselli, figlio di Carlo, e una prefazione di Aldo Garosci. Questa è la prima edizione "contemporanea" del saggio di Lipari, basata sul manoscritto originale di Rosselli (quindi diverso dall'edizione francese e italiana del 1945 che presentava una diversa composizione) ristampato nel 1979, sempre da Einaudi e, recentemente, nel 1997 con prefazione e saggi di Norberto Bobbio.


    * Nota editoriale sull'epistolario familiare

    L'epistolario familiare raccoglie l'importantissima corrispondenza tra Carlo, Nello e la madre. Oltre alla nuova edizione del 1997, curata da Zeffiro Ciuffoletti, è disponibile una vecchia edizione di SugarCo, Milano 1977 con un'introduzione di Leo Valiani.


    * Nota editoriale sul testo di S. Pugliese

    Stanislao G. Pugliese è professore di Storia Moderna alla Hofstra University (Hempstead, NY, USA). La sua biografia è la prima opera su Rosselli pubblicata negli Stati Uniti ed ha vinto il Premio Ignazio Silone 2000. A breve dovrebbe essere tradotta in italiano e pubblicata dalla Bollati-Boringhieri.
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    Predefinito Rif: Carlo Rosselli, il padre del socialismo liberale

    ALCUNI SCRITTI DI CARLO ROSSELLI


    1917 Libera Russia (Rivista “Noi giovani”, n.4, 24 marzo)
    Wilson (Rivista “Noi giovani, n.5, maggio)
    1919 Compito nostro (settimanale ‘Vita’, 20 maggio)
    1921 Lineamenti della crisi sociale (rivista ‘Critica sociale’ diretta da Filippo Turati)
    1923 Per la storia della logica. Economia liberale e movimento operaio (‘La Rivoluzione Liberale’, diretta da Piero Gobetti, 15 marzo)
    Contraddizioni liberiste (‘La Rivoluzione Liberale’, 24 aprile)
    Liberalismo socialista (‘Critica sociale’, 1-15 luglio)
    Bilancio marxista: la crisi intellettuale del partito socialista (‘Critica sociale’, 1-15 novembre)
    Aggiunte e chiose al bilancio marxista (‘Critica sociale’, 1-15 dicembre)
    1924 The third Winter of Unemployment (‘La Riforma Sociale’, rivista diretta da Luigi Einaudi)
    Il movimento operaio (‘La Rivoluzione Liberale’, 25 marzo-1 aprile)
    Luigi Einaudi e il movimento operaio (‘Critica sociale’, maggio)
    Liberalismo socialista (‘La Rivoluzione Liberale’, 15 luglio)
    Autocritica (‘Il Quarto Stato’, rivista socialista di cultura politica fondata da Carlo Rosselli e Pietro Nenni, 27 marzo)
    1928 Al confino di Lipari scrive il suo capolavoro: Socialismo liberale
    1929 Non vinceremo in un giorno, ma vinceremo (mensile ‘Giustizia e Libertà, novembre)
    1931 Agli operai (‘Giustizia e Libertà’, marzo)
    1932 Schema di programma rivoluzionario
    Risposta a Giorgio Amendola
    Liberalismo rivoluzionario (‘Quaderni di Giustizia e Libertà’, gennaio 1932)
    Filippo Turati e il socialismo italiano (‘Quaderni di Giustizia e Libertà, giugno 1932)
    1933 La guerra che torna (‘Quaderni di Giustizia e Libertà, novembre)
    1934 Fronte verso l’Italia (Settimanale ‘Giustizia e Libertà’, 18 maggio)
    1935 Perché siamo contro la guerra d’Africa (‘Giustizia e Libertà’, 8 marzo)
    Tre passi avanti e nessuno indietro. Prospettive e compiti dell’antifascismo rivoluzionario (‘Giustizia e Libertà’, 13 settembre)
    Che cosa é stato il convegno di ‘Giustizia e Libertà’
    Manifesto agli italiani (‘Giustizia e Libertà’, 20 settembre)
    1936 Diario di Spagna (postumo, ‘Giustizia e Libertà’, 7 luglio, 16 luglio, 23 agosto 1937)
    1937 Per l’unificazione del proletariato (‘Giustizia e Libertà’, gennaio-maggio)
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    Predefinito Rif: Carlo Rosselli, il padre del socialismo liberale

    Carlo Rosselli

    di Gaetano Arfè

    Nel 1942, diciassettenne, entrai a far parte a Napoli di un gruppo clandestino di Italia Libera, emanazione del partito d’azione, organizzato da un piccolo libraio, Ettore Ceccoli, amico di mio padre. Fu allora che sentii per la prima volta il nome di Carlo Rosselli, e non era quello dell’autore di Socialismo liberale, ma di un compagno e di un capo caduto sotto il "ferro freddo" fascista.

    A guerra finita nelle preziose Edizioni U che ricordo come una delle prime e più affascinanti fonti della mia cultura, lessi il suo libro e insieme l’appassionata biografia che gli aveva dedicato Aldo Garosci. Mi è capitato più volte dopo di allora di riprenderlo tra le mani, dopo aver letto tutti i suoi scritti e dopo aver scritto più volte di lui, e me ne è rimasta confermata la convinzione che quel libro è una tappa e non un punto di approdo nello svolgersi di un pensiero sempre collegato, fino a esserne condizionato dalle necessita dell’azione e rimasto inconcluso perché troncato alla morte. È per questo che provo un senso di fastidio di fronte a certe manipolazioni strumentali, condotte da personaggi che forse del suo libro conoscono solo il titolo, e che tendono a presentarlo come il teorico di un socialismo ridotto a una mistura insipida di socialismo moderato e di liberalismo temperato dal filantropismo, a farne un epigone di Ivanoe Bonomi -"il socialista che si contenta", lo definiva Salvemini - e il precursore di una sinistra di trovatelli alla ricerca di un padre putativo.

    Quel libro è stato la mia prima bibbia socialista, fu per esso, e per un discorso su Rosselli di Tristano Codignola che ascoltai in un’assemblea della Gioventù d’Azione che nel 1947 seguii Saragat nella sua scissione e fu per esso che un anno dopo lo abbandonai.

    Rosselli appartenne a quella che Garosci, finemente analizzandola, definiva "la generazione della guerra", quella che aveva visto democratici, rivoluzionari e nazionalisti, uniti dall’antigiolittismo, convergere in un sogno di rigenerazione della nazione. La fine della guerra aveva provocato un tormentato processo di decantazione. Le avanguardie di sinistra avevano risposto al richiamo dell’ottobre rosso, quelle contrapposte avevano creduto nel mito della "vittoria mutilata".

    Rosselli fa parte a sé, già eretico in una minoranza il cui primo nucleo che si viene formando a Firenze, alla scuola di Salvemini, critico del socialismo ufficiale, ma aperto ai problemi, non solo economici, del mondo del lavoro.

    Nella scalmana del dopoguerra Rosselli è tra i pochi giovani che guardano al socialismo democratico. Tra le sue letture c’è la Critica Sociale, tra i suoi maestri Alessandro Levi, suo parente, e Rodolfo Mondolfo. Il suo credo politico si esprimeva, notava Salvemini, nelle forme vulcaniche proprie del suo temperamento, ma di fatto non andava oltre i confini di un onesto laburismo. Va anche detto, però, che già allora egli poneva il problema di una liberalizzazione del socialismo che non andava nel senso di un annacquamento dei programmi, ma di una esplicita assunzione critica della cultura e dei valori della civiltà liberale, languente per asfissia sotto la cappa dei suoi interessi di classe, divenuti nel tempo sempre più mortificanti e soffocanti. Il suo socialismo è liberazione dell’essere umano, è umanesimo integrale.

    L’avvento del fascismo complica le cose. Il problema del rinnovamento del socialismo si intreccia a quello della lotta contro il fascismo. Matteotti gli dà la risposta giusta, indica la via da battere. Rosselli lo eleva ad esempio, aderisce, e con lui Salvemini, al partito di Matteotti, scende in campo aperto, dà vita a Firenze al primo giornale clandestino antifascista, il Non Mollare, con lui, raccolto intorno a Salvemini, un piccolo gruppo di amici, che costituiscono "in nuce" il nucleo dal quale nascerà il movimento di Giustizia e Libertà.

    Ma il martirio di Matteotti non vale ad arrestare la crisi del movimento socialista. La vecchia guardia, Turati in testa, ne salva nobilmente l’onore, non riesce a risalire la china, lascia aperto il problema di portare a compimento un processo di rinnovamento che dia al socialismo una politica adeguata ai bisogni dei tempi nuovi e che dovrà necessariamente qualificarsi sul terreno della lotta al fascismo. È qui che Rosselli trova il suo campo d’impegno. Fuori delle vecchie correnti, aperta a tutti gli apporti, fonda la rivista dell’autocritica socialista Quarto Stato, vi associa alla direzione Pietro Nenni, uomo anche lui della "generazione della guerra", dai trascorsi repubblicani, interventisti e massimalisti, espunto e quasi espulso dalle file del massimalismo ufficiale.

    L’esperimento è assai promettente, il dibattito che vi si apre è di appassionante interesse, ma dura poco. A meno di un anno dalla sua nascita la rivista è soppressa.

    Il socialismo di Matteotti resta il punto di riferimento. Turati ne resta il simbolo ed è Rosselli ad attribuirgli il ruolo di rappresentante dell’Italia libera e civile in Europa, a ideare, a organizzare, a finanziare e a guidare di persona la sua evasione dall’Italia. Seguono il processo di Savona, il confino a Lipari dove nella forzata inazione scrive Socialismo liberale.

    I temi, organicamente argomentati, sono quelli affrontati in Quarto Stato, e meriterebbero un’analisi articolata e puntuale. Il rinnovamento del socialismo italiano _ è questo mi pare il tratto di maggiore originalità e di maggiore vitalità del libro _ deve fare il salto dal terreno economico, dove esso ha prevalentemente operato, a quello politico, deve sbarazzarsi del suo antiquato bagaglio ideologico, deve riscoprire l’incidenza dei fattori di natura etico-politica nella realtà e ritrovare lo spirito messianico dei suoi pionieri, deve rivedere la sua dottrina, scrollarsi di dosso quegli elementi di fatalistico determinismo dei quali il marxismo è intriso, rivalutare il volontarismo quale fattore decisivo dell’azione politica. Una visione della storia quale mero prodotto della evoluzione economica comporta l’appiattimento nel riformismo o l’evasione nel massimalismo e, nei momenti critici, l’uno e l’altro portano alla disfatta.

    Il fascismo è visto ancora come un fatto tipicamente italiano, frutto di un Risorgimento incompiuto, deviato e compresso dalla monarchia, ma del fascismo sono colti quei caratteri che gli hanno consentito di trionfare, riconducibili alla fiducia nella possibilità di violentare, contro i razionalismi tradizionali, il corso della storia.

    È questo il bagaglio di esperienze e di idee che Rosselli, volontaristicamente ribellandosi con l’evasione a chi vuole relegarlo in un’isola di deportazione, porta in Francia.

    È di qui che prende una nuova fase nella quale, senza concedere pause all’azione, rielabora le proprie idee e le esperimenta. Il suo libro viene pubblicato e discusso, ma l’accoglienza nell’ambiente socialista, anche da parte di uomini che lo amano paternamente come Turati e come Treves, non è quella che egli si aspetta. Tentare un bilancio dei torti e delle ragioni sarebbe di grande interesse, ma ci porterebbe assai lontano. Resta il fatto che le tradizioni, radicate nella storia, resistono all’urto del giovane iconoclasta e con esse Rosselli deve venire a patti.

    L’antifascismo repubblicano democratico e socialista si è data una propria organizzazione unitaria, la Concentrazione antifascista alla quale fa capo anche la CGL ricostituita in terra d’esilio per opera di Bruno Buozzi, ha anche un proprio organo di stampa magistralmente diretto da Claudio Treves, che ha conquistato credito e prestigio anche nell’ambiente politico francese. È ad essa che Rosselli si collega, ma rivendicando una propria autonomia. Il suo proposito originario era stato quello di "archiviare le tessere" per fondere in una formazione politica nuova le rappresentanze dei vecchi partiti per dar vita a un movimento libertario nel suo spirito ma che abbia quei caratteri di modernità nell’uso delle ideologie, nelle tecniche organizzative, nell’articolazione della propaganda, che fascisti e comunisti hanno saputo acquisire. Rispetto a Socialismo liberale l’elemento nuovo è che il problema di un adeguamento ai tempi non riguarda più solo, o principalmente il movimento socialista, ma tutte le rappresentanze della democrazia antifascista, e questo potrà avvenire attraverso il dibattito delle idee, ma anche e soprattutto con l’impegno nell’azione. Per questo ha bisogno di un suo strumento, piccolo, agile e ardito, che operi anche in Italia nella clandestinità, come i comunisti hanno dimostrato di saper fare, che organizzi spericolate imprese in direzione dell’Italia, che gli consenta anche avventure ideologiche fuori di ogni ortodossia. Qui la ragione della nascita del suo movimento sotto la sigla carducciana di Giustizia e Libertà, che rivendica una propria autonomia nei confronti della Concentrazione e ne ottiene il monopolio dell’azione in Italia.

    Il socialismo, anche se a un ritmo che Rosselli trova troppo lento, in realtà, si va rinnovando. In Francia i due partiti residuati dalla scissione del 1922 si sono unificati, uomini provenienti dalla "generazione della guerra", come Pietro Nenni e Giuseppe Saragat vi hanno assunto il posto dei vecchi patriarchi, è arrivato a Parigi, evaso anche lui dall’Italia Giuseppe Faravelli che aveva operato a Milano, con Rodolfo Morandi, nella cospirazione "giellista".

    Rosselli lo riconosce, ma è ormai convinto che i partiti non siano in grado di compiere il salto necessario. Il movimento egli dichiara è sorto al di fuori dei partiti non per una pregiudiziale antipartitica, ma perché la battaglia contro il fascismo non è concepibile su una piattaforma di partito e la ragione sta nel fatto che il trionfo del fascismo fu il frutto, anche, della crisi dei partiti, i quali, afferma, conservano ancora alcuni caratteri che contrastano con le esigenze della lotta antifascista.

    Con i socialisti Rosselli firma un patto di collaborazione. Ma le distanze non si accorciano. L’insofferenza nei confronti delle tradizioni, con quello che esse portano di negativo ma anche di positivo lo pervade, anche l’Internazionale socialista diventa bersaglio di non immeritati colpi.

    L’ansiosa ricerca del nuovo e il gusto per le avventure intellettuali e politiche lo spingono fino ad avvicinarsi-ma lo farà anche Modigliani- a una frazione minoritaria del socialismo francese, i "néos", i neosocialisti, che si caratterizzano e anche con buone ragioni per la critica severa del torpore ideologico e dell’immobilismo politico del socialismo ufficiale, che danno per morta l’Internazionale, che respingono il finalismo marxista e teorizzano la necessità di fasi di transizione di durata indefinita a economia mista, e che con ragioni non buone dicono che per opporsi al fascismo sia necessario far proprie alcune delle sue parole d’ordine. È una via scivolosa sulla quale alcuni di loro non si fermeranno e andranno tanto oltre da convertirsi al fascismo.

    Il suo travaglio si riflette nella vita interna del suo piccolo movimento dove si registrano polemiche, dissensi, distacchi che non hanno mai strascichi di rancori settari ma che fanno da ostacolo, soprattutto dopo lo scioglimento consensuale della Concentrazione, alla sua possibilità di esercitare una influenza diretta sul mondo dell’antifascismo emigrato.

    L’avvento di Hitler al potere segna l’inizio della nuova e ultima fase nel pensiero e nell’azione di Carlo Rosselli. Questa volta non c’è un libro a segnarne l’inizio, ma un articolo destinato a rimanere famoso, La guerra che torna. La intuizione, in via di maturazione da che ha messo piede in Francia, che il fascismo non sia una manifestazione deteriore di folklore politico italiano ma un fenomeno a dimensione europea, diventa un’acquisizione definitiva ed è in relazione ad essa che vanno elaborate le strategie e le tattiche dell’antifascismo. Nell’articolo, offendendo il pacifismo socialista, Rosselli auspicava, pur sapendolo impossibile, un intervento delle potenze democratiche contro la Germania nazista, prima che essa procedesse al proprio riarmo.

    Gli eventi che direttamente e indirettamente ne conseguiranno saranno l’attacco del clerico-fascista Dolfuss alla Comune socialdemocratica di Vienna concluso con forche e plotoni d’esecuzione, l’uscita dall’isolamento diplomatico dell’URSS e il congresso della Internazionale comunista che rovescia, senza peraltro farne autocritica, la formula del "socialfascismo" e lancia la politica dell’unità antifascista e vi impegna tutti i partiti comunisti, l’impresa etiopica di Mussolini, i fronti popolari di Francia e di Spagna, la sedizione franchista e la guerra civile spagnola.

    È l’ultima e più esaltante stagione nella vita di Carlo Rosselli. Le esperienze, tutte di alta drammaticità si susseguono, si accumulano, su di esse egli modella il suo pensiero.

    Il crollo inglorioso delle sinistre tedesche, e in esse della già presunta potente socialdemocrazia, dimostra l’immaturità politica e l’incapacità tecnica del tradizionali partiti operai, comunisti compresi, a fronteggiare l’irruzione di quel fenomeno nuovo che è il nazismo; il plebiscito della Saar che si traduce in una vittoria di Hitler, ridesta il suo disprezzo per la massa, "brutale, ignorante, impotente _ gli si perdoni la rozzezza maschilista _ femminile" e il suo scetticismo verso la democrazia intesa quale conta dei numeri. Contro le maggioranze amorfe, dice "siamo liberali, libertari, rivoluzionari". L’eroismo degli operai di Vienna che hanno combattuto e sono caduti senza speranza di vittoria, dimostra che la tendenza si va invertendo, che il nazifascismo troverà d’ora innanzi delle resistenze armate e che la classe operaia ne costituirà il nucleo. I fronti popolari sono il frutto delle intese tra diplomazie partitiche e pesano su di esse ipoteche internazionali, ma qualcosa si è messo in moto che acquisterà una propria autonoma forza che potrà combattere e battere il fascismo sul suo stesso terreno, accendendo passioni, mobilitando energie, esaltando le volontà.

    La guerra di Spagna è il sogno che si fa storia. Alla sedizione franchista risponde una sollevazione delle masse popolari imponente e possente. Il tentativo di colpo di stato diventa guerra civile, guerra civile spagnola, guerra civile europea tra fascismo e antifascismo. Il combattente veste la tuta dell’operaio. Rosselli è il primo a organizzare una colonna di volontari, a prendere posizione sul fronte tenuto dagli anarchici per dichiarare e conservare la propria autonomia dei partiti, vive la sua epopea, prende nota della miopia e della codardia delle democrazie europee. Fascisti e nazisti scendono in campo riconoscendo la natura ideologica dello scontro, le democrazie inventano il "non-intervento". "Solo la Russia _ nota Rosselli _ tra le grandi potenze, vuole la vittoria dei repubblicani. Ma per salvare la sua sempre più precaria alleanza con la Francia, trattiene anziché arroventare, la rivoluzione. Così la rivoluzione è rimasta sola in Europa". Sono in prevalenza comunisti i volontari delle brigate internazionali. È vero che il regime di Stalin promette "libertà ai popoli" e condanna al colpo alla nuca, dopo allucinanti processi, i "traditori del socialismo" mentre i comunisti in Spagna combattono con eroica efficienza ma praticano anche il "terrorismo ideologico" e non ideologico nei confronti dei dissidenti, degli eretici, dei veri e presunti estremisti. Ma sono i delitti di un regime rivoluzionario accerchiato, che ha mille motivi per diffidare dei governi democratici e per temere le infiltrazioni degli agenti nazisti. Ma con questo si faranno i conti dopo, quello che conta è che il movimento delle masse è entrato nel circuito della lotta al nazifascismo con una carica libertaria inestinguibile e sarà essa a dare l’impronta alla storia in divenire. La guerra di Spagna diventa così il primo atto della guerra europea contro il fascismo. "Oggi in Spagna, domani in Italia", è la parola l’ordine che Rosselli lancia attraverso quel nuovissimo strumento di propaganda che è la radio, che indirizza alle truppe fasciste che conosceranno la sconfitta di Guadalajara ad opera dei volontari italiani.

    Anche questa volta, in una pausa della lotta, Rosselli ripiega nella riflessione, traccia un bilancio, apre una prospettiva. Lo fa con gli articoli che hanno a tema l’unificazione politica del proletariato italiano.

    I titoli che il suo movimento ha per lanciare la proposta stanno nella definizione che egli ne dà e che ha il vigore di un giudizio storico perfetto: "Giustizia e Libertà si potrebbe definire come il primo movimento europeo integralmente antifascista, perché nel fascismo vede il fatto centrale, la novità tremenda del nostro tempo e perché la sua opposizione deriva non già dalla difesa di posizioni precedentemente acquisite ma da una volontà di liberazione che si sprigiona dallo stesso mondo fascista".

    Le convergenze tra i partiti proletari che si sono realizzate hanno già dimostrato la loro inadeguatezza al compito di vincere il fascismo tagliandone le radici: "Ad abbattere il fascismo non saranno né il fronte popolare _ che presuppone la vita democratica e forti partiti _ né l’unità d’azione che finora ha più favorito l’irrigidimento dei partiti sulle loro posizioni rappresentative formali che il loro effettivo ravvicinamento. Per vincere è necessario dar vita a una formazione nuova, originale, capace di condurre contro il colosso totalitario una lotta a un tempo pratica, politica, culturale". Il perno di questa formazione sarà il proletariato, ma essa non dovrà assumere il carattere di partito tradizionale. "Il partito unico del proletariato... dovrà essere, più che un partito una larga forza sociale, una sorta di anticipazione della società futura, di microcosmo sociale con la sua organizzazione di combattimento, ma anche con la sua vita intellettuale dal respiro ampio e incitatore". Giustizia e Libertà vi apporterà l’esigenza del rinnovamento radicale della lotta proletaria, una interpretazione lucida del fascismo "non solo come reazione di classe, ma come sprofondamento sociale", un rapporto intimo con la cultura e la storia d’Italia e la coscienza dei problemi della sua modernità e, soprattutto, "una preoccupazione centrale di libertà non astratta, non formale, basata su una concezione attiva, emancipatrice, della libertà e della giustizia (autonomie, consigli)".

    Sarebbe fuorviante e storicamente scorretto considerare questo come il punto di approdo di Carlo Rosselli. La sua proposta riflette l’eccezionalità delle circostanze, è intrisa dell’utopismo della passione, forse anche della intuizione che l’essere diventato il simbolo dell’"antifascismo integrale" ha fatto di lui, come lo fu per Matteotti, l’oggetto dell’odio omicida di Mussolini.

    È, comunque, un dato incontestabile che alla vigilia della morte il suo socialismo non è più quello di "Socialismo liberale", è rigidamente classista, rivoluzionariamente autonomistico, intimamente libertario. Quali revisioni vi avrebbe apportate, refrattario com’era a ogni dottrinarismo, aperto alla comprensione di ogni mutamento della realtà in cui è calato, non ci è concesso saperlo.

    Io ho avuto il privilegio di conoscere non pochi degli amici di Carlo Rosselli e tra essi uno dei meno noti, che non ha lasciato traccia di sé se non nella fotografia che ritrae i giovani del Non Mollare, nelle carte del Tribunale speciale, delle carceri e del confino dove passò un quindicennio. Il suo cognome appare negli elenchi dei caduti della Resistenza, è quello di un fratello assassinato, per errore, al suo posto. Era ferroviere e si chiamava Nello Traquandi, aveva tutte le virtù dei cristiani delle catacombe, era il solo uomo al mondo capace di intimidire Gaetano Salvemini con l’inarcare di un sopracciglio. Mi onorò della sua amicizia, mi regalò il libro di Nello Rosselli su Mazzini e Bakunin e un giorno mi disse: "Andiamo insieme a Trespiano a salutare Carlo e Nello".

    Questo non mi autorizza a considerarmi interprete del pensiero di Rosselli, mi impone di trasmettervi la sua immagine quale è rimasta nella mia fantasia e nella mia coscienza: quella di un compagno che praticò la politica con lo spirito del credente che non cerca ma non teme il martirio, che fece dell’antifascismo non una negazione ma una fede, la fede nella giustizia, la fede nella libertà.

    Fiap - Federazione italiana delle associazioni partigiane
    Congresso di Salice Terme - ottobre 1999
    Liberalismo e socialismo, considerati nella loro sostanza migliore, non sono ideali contrastanti né concetti disparati

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    Predefinito Rif: Carlo Rosselli, il padre del socialismo liberale

    Carlo Rosselli e il suo messaggio politico
    di Ariane Landuyt

    Prima di iniziare volevo ringraziare l'on. Aniasi e la F.I.A.P. per l'onore che mi hanno fatto chiedendomi di partecipare in questa occasione per aprire la sessione di oggi. Come studiosa di questi argomenti è per me una platea nuova, che mi emoziona molto, è qualcosa di più e di più importante di una platea di accademici.
    L'argomento che volevo affrontare in questa mia relazione è un tema a cui ho già dedicato vari studi, ed è quello di Rosselli, dell'Europa e della Terza via. Può sembrare un argomento di attualità, eppure sono studi che io vado perseguendo da oltre dieci anni, che trovano in questo momento una realtà anche politica di grande attualità.
    Dopo anni di silenzio e di rimozione la storiografia e la cultura politica attuale stanno rivolgendo una grande attenzione al socialismo liberale nelle sue formulazioni teoriche, così come nelle linee programmatiche e alla vicenda storica complessiva del movimento di Giustizia e Libertà. Una nuova stagione dunque sembra essersi dischiusa per un'area e una cultura politica a lungo confinate ai margini del dibattito, sia sul piano degli studi che su quello dell'interesse politico. Un interesse, quest'ultimo, che inevitabilmente accompagna e spesso, purtroppo, orienta con le sue alterne vicende, con le sue luci e con le sue ombre, oggetti di indagine e tagli interpretativi adottati dagli studiosi.
    E' a tutti nota la vivace polemica sull'uso politico della storia che ha animato in tempi abbastanza recenti le riviste specializzate, ma soprattutto le pagine culturali della grande stampa di opinione. Un tipo di polemica, questo, che a mio avviso, pur nella fondatezza delle sue motivazioni, ha i suoi momenti di massimo splendore nei periodi di transizione, per scivolare poi rapidamente nell'oblio al momento del consolidamento di un nuovo assetto sociopolitico che si basa su nuove inclusioni ed esclusioni anche sotto il profilo storiografico.
    E' indubbio che i profondi sconvolgimenti verificatisi sul piano interno ed internazionale tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 hanno comportato mutamenti radicali anche nel campo della cultura politica e dei suoi referenti ideologici. La messa in discussione di impianti filosofici come l'idealismo e il marxismo, che per decenni avevano dominato la scena politico-culturale italiana (ma ovviamente per quanto riguarda il marxismo la prospettiva è anche internazionale) ha dunque aperto spazi di dibattito nuovi all'interno dei quali ha trovato pieno riconoscimento una teoria politica come quella del socialismo liberale e programmi e posizioni come quelle messe a punto da Carlo Rosselli e dal gruppo politico intellettuale che insieme a lui aveva dato vita a Giustizia e Libertà.
    D'altra parte va anche sottolineato come il dibattito politico attuale, nel quale largo spazio viene dato alle posizioni che vengono definite propriamente o impropriamente di terza via, così come la relativa corsa ad attribuirsene politicamente l'identità e l'eredità, fanno di Carlo Rosselli un padre nobile assai appetibile, e di Giustizia e Libertà un riferimento insostituibile per varie componenti della sinistra laica e democratica.
    Non va tuttavia dimenticato né sottovalutato come la corsa ad occupare culturalmente e dunque ideologicamente posizioni di terza via sia presente anche in alcuni settori della destra, che ne vorrebbero individuare le radici storiche in alcuni aspetti del corporativismo a tal fine recentemente rivalutato, che cercano di accreditare pericolose assonanze con l'interesse rivolto a Rosselli, nel corso della sua riflessione politica a tale realtà organizzativa.
    Ho già avuto occasione di sottolineare, durante un precedente convegno, i pericolosi equivoci che possono nascere da questa interpretazione ed a tal fine ritengo opportuno ribadire l'importanza del rigore metodologico nell'affrontare un argomento di studio così complesso come quello della terza via.
    Torniamo alle attuali fortune storiografiche di Giustizia e Libertà, del socialismo liberale di Carlo Rosselli. Convegni nazionali ed internazionali sono stati dedicati negli ultimi anni alla sua figura ed a quella di Nello, i suoi scritti sono stati riproposti con apparati critici di grande rigore filologico, volti ad evidenziare la fase della formazione del pensiero. La sua vita è stata ricostruita non solo sotto il profilo politico, ma a tutto tondo, tenendo conto del complesso e articolato mondo familiare che lo circondava. Purtuttavia, nonostante questa attenzione e le numerose indagini ormai effettuate, su di lui ancora molto può essere detto, soprattutto sul piano di quella ricca rete di rapporti che lo inserisce a pieno titolo, così come il movimento da lui creato, nel più ampio dibattito politico e culturale europeo; un dibattito che non è solo legato alle vicende drammatiche degli anni Trenta e delle dittature dilaganti in Europa, ma pone le sue radici a partire da fine Ottocento, per snodarsi nel corso di tutto il Novecento fino ad oggi.
    Data la relativa brevità del tempo a mia disposizione, mi limiterò tuttavia ad esaminare solo alcuni aspetti, a mio avviso particolarmente significativi, relativi alla figura di Carlo Rosselli ed al suo messaggio politico.
    Desidero anzitutto tornare a sottolineare, anche se ho già avuto l'opportunità di farlo, la sua appartenenza ad un'area di terza via europea, un'area interna e trasversale alla cultura socialista, ma che interagisce e si incrocia con altre culture politiche; un'area assai complessa, la cui vicenda prende le mosse a fine Ottocento, della quale, se volessimo dare una definizione di estrema sintesi, potremmo dire che ha una visione del socialismo caratterizzata dai valori dell'umanesimo integrale, dove l'aspetto etico cammina di pari passo con l'aspetto economico.
    La figura di Carlo Rosselli assume in questo senso carattere emblematico, poiché in essa troviamo un punto di sintesi di alcuni importanti componenti del progetto di Terza via europeo. E' attraverso l'analisi della sua formazione culturale e dei suoi rapporti intellettuali con personalità in vista dell'intellighenzia italiana ed europea, le cui posizioni in campo filosofico, economico, politico e giuridico sono riconducibili all'ambito della Terza via, che si individua quella suggestiva trama di rapporti politico-culturali che hanno contribuito a fare di Rosselli un personaggio di una potenziale nuova classe dirigente europea. E' interessante, infatti, vedere come ai valori della democrazia risorgimentale ed alle istanze etiche di matrice mazziniana mutuate dall'ambiente familiare si mescolino, nella formazione di Carlo, principi etici ed altri elementi caratteristici del filone di terza via, e cito per tutti il tema dell'europeismo.
    Vorrei qui adesso ricordare ad esempio il suo incontro con l'ambiente filosofico neo-kantiano, al quale lo introdusse il filosofo del diritto Alessandro Levi, che anche sotto altri aspetti ebbe su di lui grande influenza. Un ambiente che Rosselli ebbe l'occasione di frequentare soprattutto durante il suo soggiorno all'Università di Genova e che ebbe un'importanza rilevante nella sua formazione intellettuale. Penso a Giuseppe Renzi, il filosofo socialista e riformista, collaboratore di "Critica Sociale" e della rivista pacifista "Cenovium"; penso al filosofo Alfredo Poggi, collaboratore della rivista protestante "Conscientia"; penso al filosofo Adelchi Baraton, a cui nel giugno del '32 i "Quaderni di GL" dedicheranno una significativa memoria in mortem.
    Tutti questi personaggi erano impegnati in un'opera teorica di revisione del marxismo, attraverso l'avvicinamento del marxismo al kantismo ed il contestuale superamento del positivismo e dell'idealismo. Questa loro riflessione filosofica, che trovò ampio spazio nella rivista "Quarto Stato" di Rosselli, tendeva infatti, con varie articolazioni, a dare una definizione del socialismo come umanesimo integrale, nel quale l'aspetto etico assumeva un ruolo centrale.
    Altrettanta importanza ebbe il suo incontro con Rodolfo Mondolfo, i cui contatti con il filone neo-kantiano mitteleuropeo e con l'austro-marxismo sono testimoniati dai rapporti intrattenuti con Max Adler, con Vorlander e con l'Archiv di Grunvelg. Ricordo a questo proposito come un personaggio di spicco dell'austro-marxismo quale Otto Bauer avesse avuto legami con i neo-kantiani durante la prima decade del Novecento: è del 1905 lo scritto di Bauer su Marxismus und Etik, pubblicato sulla "Die neue Zeit".
    In questo senso mi sembra utile aprire una parentesi e sottolineare come il filone filosofico neo-kantiano corrisponda, sotto il profilo filosofico, alla ricerca di terza via compiuta anche su altri piani, politico-istituzionale, economico e giuridico, e come sia stato anch'esso rimosso, schiacciato, sia dalle posizioni idealiste nella loro doppia articolazione crociana e gentiliana, sia dalla filosofia di ispirazione marxista. Recentemente questo filone ha finalmente ottenuto visibilità, come dimostra la recente pubblicazione, su sollecitazione di Norberto Bobbio, della biografia del filosofo piemontese Piero Martinetti, che ridà luce alla sua metafisica civile e al suo ruolo occulto all'interno della "Rivista di filosofia" diretta ufficialmente da Luigi Fossati, che raccoglieva intorno a sé durante gli anni Trenta l'intellighenzia milanese di ispirazione liberal-socialista. Su Martinetti desidero ricordare l'interesse pionieristico di uno studioso come Guido Bersellini, il cui impegno militante è stato legato durante la guerra alle formazioni di Giustizia e Libertà.
    Sempre sul piano della formazione culturale di Rosselli, il filo rosso dell'etica contribuisce a far capire l'attenzione di Rosselli stesso verso l'esperienza del guildismo inglese, con cui entrò in contatto durante i suoi soggiorni a Londra nell'estate del 1923-'24. Occorre ricordare in questa prospettiva la pubblicazione del testo teorico fondamentale del guildismo; alle teorie e all'attuazione del guildismo inglese, una delle grandi passioni intellettuali di Carlo Rosselli, erano del resto sensibili molti degli esponenti della terza via europea, impegnati nella revisione della dottrina marxista; basti pensare a Rudolph Hilferding, agli indipendenti tedeschi, ad André Philippe, socialista francese di ispirazione cristiano-umanitaria, che dedicò al guildismo e al trade-unionismo britannico la sua tesi di dottorato nel 1923, negli stessi anni in cui anche Carlo si occupava di questi argomenti.
    Vi sono anche altre ragioni che spiegano la sensibilità di Rosselli verso il guildismo, in primo luogo la concezione funzionale della democrazia, elaborata in particolare da Cole, intesa come somma delle associazioni che la costituivano, in cui veniva assegnato un ruolo privilegiato ai sindacati. Veniva così a profilarsi una società decentrata, che richiamava alla mente il federalismo infra-nazionale di ispirazione proudhoniana, e che a sua volta introduce al tema dell'europeismo rosselliano sul quale tornerò più avanti. Un'altra ragione è individuabile nell'insegnamento pluralista e democratico, nella contestazione al determinismo economico e nella correlativa rivendicazione di un nuovo metodo di produzione, nel quale sia i sindacati che i produttori avrebbero dovuto avere un ruolo centrale.
    Del resto, che il socialismo dovesse rivolgersi non soltanto al proletariato ma anche ai ceti medi, era un'esigenza avvertita da molti intellettuali dell'area di terza via; penso a Rodolfo Mondolfo, al già citato André Philippe, al socialista belga Henri De Man, che con il suo Au délà du marxisme, stampato nel 1926, aveva introdotto anche l'argomento.
    Rosselli aveva letto a Lipari il libro di De Man, da cui, come ricorda anche Aldo Garosci nella sua biografia di Rosselli, trarrà varie suggestioni, in particolare l'idea dei due settori in economia: uno socializzato e statizzato, l'altro libero, che gli era sempre più apparso non come un espediente riformistico, ma come condizione del funzionamento di una società socialista.
    L'interesse di Rosselli nei confronti di De Man, tuttavia, va inquadrato nell'attenzione da lui dimostrata verso due grandi socialdemocrazie europee, collocabili a pieno titolo nell'alveo della terza via, sia sotto il profilo teorico sia sotto quello del modello organizzativo di partito, e cioè le socialdemocrazie austriaca e belga. La visione articolata della società e delle sue esigenze, che non circoscriveva al solo proletariato il problema della rappresentanza, si rifletteva infatti nell'organizzazione interna di questi due grandi partiti, caratterizzati da una struttura federativa, espressione della pluralità e dell'autonomia del movimento dei lavoratori.
    Questa formazione intellettuale cosmopolita ha un chiaro riflesso in quella che sarà poi l'azione politica concreta di Rosselli: "Quarto Stato", i "Quaderni di GL", Giustizia e Libertà rappresentano una palestra del dibattito teorico che si sviluppa a cavallo tra gli anni Venti e Trenta, collegando personalità che appartengono in vario modo alla sinistra non ortodossa di tutta Europa.
    In questa prospettiva, sullo sfondo del vivace mondo culturale parigino così ben descritto da Franco Venturi, si deve ricordare la partecipazione di Rosselli ai seminari estivi presso l'abbazia di Pontigny in cui si mescolava il radicalismo della terza repubblica, il socialismo riformista, l'esperienza del movimento cattolico modernista e i richiami etici di Kant, Pascal e Montaigne. In queste occasioni si incontrava l'intellettualità cosmopolita e anticonformista presente nella capitale francese.
    A Parigi Rosselli ebbe costantemente contatti anche con il mondo dei rifugiati politici mitteleuropei, mi limito a citare Kaminsky, un giornalista tedesco esiliato in Francia e appartenente al gruppo della Weltbune, profondo conoscitore dell'Italia e già collaboratore di "Rivoluzione Liberale", e Bela Menzer, ungherese, anch'esso esiliato a Parigi e membro del gruppo socialista fuoriuscito Vila Gossag.
    I Quaderni, d'altra parte, per la varietà degli argomenti trattati e l'ottica internazionale costantemente adottata, dimostrano una volta di più l'apertura intellettuale di Rosselli, la sua capacità di coinvolgere uomini portatori di esperienze, sensibilità e culture diverse, perfino talvolta lontane. Tutto ciò è ben visibile anche nella scelta dei suoi collaboratori, basti pensare a un intellettuale cosmopolita come Andrea Caffi, cui Rosselli aveva affidato i commenti degli avvenimenti internazionali; oppure ancora alla collaborazione prestata ai Quaderni da Luis Rosenstock Frank, giovane ingegnere alsaziano, vicino al gruppo cattolico di Esprit, esperto sui temi del corporativismo, a quella del filosofo e giurista George Gurvich sui temi del diritto sociale, al leader austro-marxista Otto Bauer ed anche a personaggi così controversi come Marcel Déat, figura di spicco e di quella componente del socialismo francese definita dei néo che si ispirava alle idee di De Man e che era attenta ai problemi dei ceti medi e della pianificazione, e la cui collaborazione alla rivista GL venne duramente contestata da Lussu.
    L'elenco dei collaboratori prestigiosi è, come tutti sanno, nutrita. Se poi passiamo dai collaboratori agli argomenti affrontati, possiamo registrare la stessa ampiezza e varietà, talvolta perfino sorprendente, volta a dare un'informazione non solo politica ma anche economica e giuridica.
    Nel 1932 i Quaderni di Giustizia e Libertà pubblicano il testo della costituzione della Repubblica spagnola istaurata l'anno precedente, che Rosselli, insieme ai più illustri nomi dell'emigrazione politica italiana, era subito accorso a festeggiare a Barcellona. La Spagna, del resto, occuperà uno spazio importante nel percorso politico e umano di Carlo con la vicenda della guerra civile.
    Oltre a quella spagnola, negli anni '35-'36 Rosselli farà pubblicare da Giustizia e Libertà il testo della Costituzione sovietica ed il progetto di costituzione per la Federazione pan-indiana, discusso in quel momento alla Camera dei Comuni di Londra. Questa scelta ci introduce ad un altro argomento utile alla collocazione di Rosselli nell'ambito della terza via europea: uno dei tratti caratteristici di quest'area politico-intellettuale è infatti l'attenzione nei confronti dell'europeismo, della prospettiva, cioè, degli Stati Uniti d'Europa. L'europeismo di Rosselli trova una forma manifesta, come è a tutti noto, dopo l'ascesa di Hitler al potere nella famosa intuizione della 'guerra che torna', pur avendo tuttavia le proprie radici in una riflessione maturata da parte sua a partire dall'immediato primo dopoguerra.
    Particolare influenza su Rosselli avevano avuto infatti le posizioni di Alessandro Levi, socialista riformista vicino a "Critica Sociale", personaggio che abbiamo già citato precedentemente; rivista sulle cui pagine, grazie all'impegno di Claudio Treves, erano stati affrontati, subito dopo la grande guerra, i temi del federalismo e degli Stati Uniti d'Europa. Levi, d'altro canto, studioso di diritto internazionale, era un estimatore di Carlo Cattaneo, di cui aveva trattato a fondo le posizioni ed il pensiero su "Quarto Stato".
    Sempre negli anni dell'immediato dopoguerra l'impegno di Rosselli all'interno del circolo di cultura a Firenze, di cui era tra i promotori, lo aveva portato a contatto con un altro personaggio che avrà influenza nella sua maturazione europeista: si tratta di Ernesto Rossi, che più tardi, al confino di Ventotene, insieme ad Altiero Spinelli ed Eugenio Colorni, scrisse quel manifesto che nel secondo dopoguerra avrebbe rappresentato il documento fondante del movimento federalista europeo.
    Come è noto i fermenti europeistici dell'immediato dopoguerra si sostanziavano della critica alla Società delle nazioni, la cui sterilità venne a piena luce con la crisi etiopica della metà degli anni Trenta. Sarà in tale occasione che Rosselli proporrà una formidabile idea forza, "fino a quel momento abbandonata ai diplomatici ...", e cioè la convocazione di un'assemblea europea di delegati eletti dai popoli per elaborare la prima Costituzione federale europea, nominare il primo governo europeo, abbattere frontiere e dogane ed organizzare una forza al servizio del nuovo diritto europeo.
    In realtà, fin dal 1933, Rosselli aveva prospettato al movimento di GL l'opportunità di far proprio il mito europeista, sollecitandolo a porsi in Italia alla testa di un movimento pan-europeo; beninteso, e sono parole di Rosselli, "non per una Paneuropa qualunque, ma per un'Europa socialista e liberale, unita moralmente e politicamente prima ancora di esserlo economicamente". Una visione, dunque, a tutto tondo, che unisce la consapevolezza della pluralità degli aspetti sostanziali da affrontare, giuridico-istituzionali, politici, economici e sociali.
    La storiografia più recente ha dimostrato come la concezione rosselliana degli Stati Uniti d'Europa si collochi lungo una linea di ispirazione prudhoniana; ciò che del resto lo stesso Rosselli rivendica in occasione della sua polemica antistatalista. Una concezione che lo avvicina sotto il profilo teorico al federalismo integrale, unendo specularmente all'aspetto sovranazionale quello infranazionale, cui del resto sia programma che dibattito giellista erano particolarmente attenti, ed intrecciandovi anche la dimensione sociale.
    Concludendo, appare chiaro come all'individuazione degli Stati Uniti d'Europa come obiettivo da perseguire Rosselli giunga attraverso un percorso che si va maturando fin dalla prima giovinezza, toccando la piena consapevolezza nel clima carico di aggressività nel quale si fronteggiano gli Stati europei alla metà degli anni Trenta, sotto la minaccia incombente del nazifascismo. E' una posizione a cui è sotteso un ordito intellettuale, dove il tema dell'Europa unita si intreccia al dibattito sullo Stato, sulla sua struttura e sulla sua collocazione internazionale, ma anche al confronto sul piano economico tra liberalismo e planismo, abbattimento di barriere doganali, programmazione sul piano europeo e dimensione sociale.
    E' abbastanza chiaro che la complessità di questo disegno non ha trovato una rispondenza e un'attuazione nella realtà dei fatti; lo sviluppo della storia quale ci è dato di conoscere, anche nelle sue proiezioni più recenti e relative al processo di unificazione europea, ha mostrato un'attenzione prevalente verso gli aspetti istituzionali e giuridici. Questa constatazione ci allontana dal problema delle modalità con cui si è costruito il comune edificio europeo e ci riporta al problema di ciò che si è voluto evidenziare nelle posizioni teoriche e nelle vicende di Rosselli e del movimento di Giustizia e Libertà. E cioè, specialmente in tempi recenti, quando le abituali pressioni ed esigenze della politica contingente hanno fatto sentire tutto il loro peso, è stato evidenziato più il contributo che essi potevano dare a un dibattito che spesso sembra confondere il liberismo e il liberalismo con la libertà tout court, e lasciando invece in ombra e irrisolto il problema della giustizia sociale, che Rosselli auspicava allorquando rivendicava un'Europa socialista e liberale. E' forse questo uno dei temi della riflessione rosselliana che dobbiamo prefiggerci di sviluppare nel futuro. Grazie.

    Arianne Landuyt
    Titolare della Cattedra di Storia Contemporanea Università di Siena

    Fiap - Federazione italiana delle associazioni partigiane
    Congresso di Salice Terme - ottobre 1999
    Liberalismo e socialismo, considerati nella loro sostanza migliore, non sono ideali contrastanti né concetti disparati

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    Predefinito Rif: Carlo Rosselli, il padre del socialismo liberale

    I ricordi di famiglia e le tragedie dei figli «caduti per la patria» e uccisi dal fascismo: esce l’autobiografia drammatica, dal 1870 al 1927, di un’autrice dimenticata

    AMELIA ROSSELLI Le memorie di Madre Coraggio

    di SERENA ZOLI


    E’ stata la prima donna in Italia a scrivere per il teatro ottenendo subito, sul finire dell’Ottocento, un «successo strepitoso», prima con Anima , poi con Illusione (e se i titoli fan sorridere tanto sono tipici dell’epoca, per nulla convenzionali, anzi quanto mai moderni e intellettualmente audaci sono i contenuti), seguite da altre opere e un’ampia pubblicistica di respiro internazionale. Però nessuna storia letteraria ne serba traccia. Di questo si duole, soprattutto, la curatrice delle sue Memorie che escono oggi, integralmente, per la prima volta: restituirle l’identità e l’onore di «autrice autonoma» è il pregevole intento, più volte sottolineato, di Marina Calloni, che all’impresa di ricucire gli scritti autobiografici e darli alla stampa s’è dedicata per lunghi anni con competenza pari alla passione. Fatica in gran parte vana. Quando una è la madre di Carlo e Nello Rosselli, trucidati da sicari fascisti in Francia nel ’37 - e pure di Aldo, il primogenito, caduto anch’esso «per la patria» nella Grande Guerra - non può sfuggire all’esser nota e «concepita come "la madre" di...». È vero, Amelia Rosselli è un’ottima scrittrice, come s’evince anche dalle memorie, ma lei stessa in una lettera a un’amica nel ’38 riconosce questa ineluttabilità, e anzi la vuole: «Mi sembra un assurdo sacrilegio parlare di me , in un momento come questo», quando una tempesta tremenda sembra travolgere ogni ideale e «lasciare ritte sull’orlo dell’abisso soltanto le figure - sempre più giganteggianti - di chi già pagò con la vita la fede a quelle alte idealità». E prosegue: «Tra queste immense figure ci sono quelle dei miei figli: e io non sono più niente, se non la loro mamma».
    Non è ancora mamma, o per lo meno non ha ancora perso i due figli minori quando scrive (pare nei primi anni ’30) la prima parte, da lei intitolata Balconi sul Canal Grande : qui racconta la sua infanzia veneziana (era nata nel 1870) e qui emerge la sua bravura di scrittrice di teatro. Il racconto procede molto per dialoghi diretti (spesso in veneziano), le scene si succedono come su un palcoscenico, le figure entrano ed escono come da quinte. E lei, Amelia, si descrive bimba birichina quanto tenera e descrive parenti, domestici, vicini di casa, conoscenti con grande vivacità e pure grande divertimento. È la parte più «teatrale» in senso tecnico delle Memorie , e pure la più disimpegnata.
    Già qui, però, le alte idealità ci sono, e prepotenti: il Risorgimento è vicino, c’è ancora chi ha partecipato al tragico e glorioso assedio di Venezia da parte degli austriaci del 1849, quello - come ricorda la Rosselli stessa - de «...il morbo infuria, il pan ci manca...». Lei, nata Pincherle, appartiene a una famiglia della buona società ebraica, di tradizione patriottica e repubblicana. Italiani e basta. E ferventi italiani. «L’orgoglio della nostra italianità... lo imparammo presto, noi giovani d’allora: ma quello di essere ebrei non lo imparammo mai». Solo più tardi, ben più tardi, per le persecuzioni nazi-fasciste, «sono stata costretta, attraverso un lungo e doloroso processo mentale, ad ammettere l’esistenza del problema ebraico».
    Stesso ambiente da parte del marito, il musicista Joe Rosselli, imparentato con i Nathan - sempre ebrei - di Londra che protessero Mazzini nell’esilio.
    Ma del matrimonio Amelia non dice. Il secondo pezzo delle sue memorie (scritto, pare, dopo il terzo, fra il 1943 e ’44, nell’esilio che fu prima svizzero e poi americano) parte da quando lei si stabilisce a Firenze, nel 1903, «già sola con i miei tre bambini» di 8, 4 e 3 anni. Si è dovuta separare legalmente dal marito, dopo dieci anni di felice matrimonio passati in gran parte a Vienna. Non dice il motivo: da una nota si apprende di una relazione del marito con un’altra donna. Forse ci fu altro, ma lei tace. Accenna solo, con discrezione e dolore. In questa parte, A Firenze , Amelia si dedica soprattutto a rievocare la figura di Aldo e l’infanzia di Carlo e Nello. E i propri metodi educativi: madre tenerissima, ma i riferimenti sono il dovere da compiere, l’allenarsi ad aver forza di volontà, il disinteresse... Nessuna sorpresa per noi, che leggiamo, che poi Carlo riveli (e lei pare quasi sorprendersene, quasi in soggezione) «un senso della vita così alto e austero» da parer religioso. E Nello non sia da meno, pur nel temperamento più portato allo studio che all’azione.
    Non mollare , il titolo della rivista (presto soppressa) fondata poi dai due giovani, sarà un’idea di Nello, rivela la madre. E spiega: non cedere, resistere stando fermi, a testa alta, è il modo dell’antifascismo del minore dei Rosselli; fare, fare, agire è la modalità dell’altro, una diversità che Amelia coglie e descrive sin dall’infanzia dei due con finezza psicologica e nessun sentimentalismo «da madre».
    Una madre che, pur tremando, mai dice ai figli di recedere, di lasciar correre dinanzi alle violenze fasciste. Specie nella terza parte ( La casa devastata , scritta forse nel 1940), dedicata alle figure adulte e all’inizio della militanza di Carlo e Nello, risalta questa sua figura di grande educatrice. Viene in mente la madre dei Gracchi: «ecco i miei gioielli». Ma lei lo dichiara, lo descrive quando li ha già persi, quando la sua tragedia di madre s’è compiuta interamente. Ha il cuore distrutto, ma lo dice, lo scrive in piedi.
    «Lama d’acciaio in una guaina di velluto», «volontà di ferro in un involucro quasi diafano e trasparente», «grazia femminile su sottile sovrastruttura d’acciaio» la descrissero gli amici, tra cui Carlo Levi e Piero Calamandrei. Purtroppo lo scritto si ferma al ’27, con Nello che parte per il confino a Ustica (senz’alcuna imputazione) e alla vigilia del «glorioso processo» di Savona a Carlo (con Parri). Ma tanto basta in certi punti a dare i brividi e commuovere: senza che Amelia Rosselli (rientrerà in Italia nel ’46 e morirà nel ’54) si conceda mai a effetti retorici, a proclami, e men che mai ad autocommiserazioni. Fa cronaca perché vuole fare Storia, dunque scrive con rigore e dirittura di stile. Ma i fatti, e come è fatta lei, si impongono alla coscienza di chi legge. In un’«Italia dove si ride di tutto, anche nei momenti più dolorosi, il che eccita a sopportare ogni vergogna», l’Italia sua di ieri ma anche di oggi, di sempre forse, è lecito concludere suggerendo questo libro, così ben scritto e avvincente, come lettura per le scuole?


    Il libro: «Memorie» di Amelia Rosselli, il Mulino, pp. 288, lire 35.000, euro 18,08. La curatrice Marina Calloni ha integrato il racconto autobiografico con la ricostruzione degli anni 1927-54.
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