Laura Eduati
Ci chiedono di posticipare la pensione perché viviamo più a lungo. Eppure studiamo obbligatoriamente soltanto fino ai quattordici anni, quando l'età media si aggira attorno agli ottanta. Per 50-60 anni della nostra vita smettiamo di imparare, e produciamo. E non sorprende che il sistema scolastico italiano, con le sue innegabili eccellenze, lasci una scia impressionante di analfabeti.
Sei milioni di italiani non possiedono un titolo di studio, il 66% della popolazione fatica a leggere, scrivere e far di conto. Cioè non capisce molte delle parole contenute in un articolo di giornale, né saprebbe scrivere una lunga lettera a un amico. Il 5% non sa distinguere una lettera dall'altra.
Sono i cosiddetti "illetterati", calderone che comprende anche gli analfabeti di ritorno, cioè chi ha conseguito la quinta elementare o la terza media ma poi si è dimenticato quasi tutto.
Un quadro drammatico, per nulla nuovo ma rilanciato in questi giorni dall'Unione nazionale per la lotta contro l'analfabetismo, che non a caso ha promosso un convegno sulla educazione permanente degli adulti, con una certezza: lo Stato deve promuovere dei centri di alfabetizzazione. Una rete capillare, specialmente nelle regioni meno alfabetizzate come la Basilicata, la Calabria e la Sicilia, ma anche le Marche e l'Umbria. E non si fa solo per amor di cultura... Se l'enorme massa di illetterati cominciasse ad acquisire competenze di base, il Pil guadagnerebbe un punto percentuale l'anno.
Se è rischioso legare l'istruzione alla capacità di produrre ricchezza tangibile, lo è altrettanto ignorare il problema dell'analfabetismo. Secondo una classifica dell'Ocse l'Italia è terzultima per investimenti sulla conoscenza, quartultima per finanziamenti alla ricerca e terzultima per numero di brevetti. Meglio dunque non dimenticare l'importanza della cultura scientifica, che l'Italia imbevuta di classicismo continua a considerare di serie B. Troppi italiani non conoscono Internet, non sanno usare le tecnologie e non capiscono il linguaggio economico. «Occorre elevare il qualitativo dell'istruzione, innalzare ancora l'obbligo di istruzione, investire nel long life learning e nella cultura scientifico-tecnologica», commenta il presidente della commissione Cultura alla Camera Pietro Folena.
Perché il panorama è ancora più tragico: il 33% degli italiani scolarizzati a dovere non sono tutti bravi a leggere, scrivere e inviare mail. Dimenticano apostrofi e doppie, vanno in tilt di fronte a un libro o a un calcolo percentuale. Insomma, soltanto il 20% sa esprimersi correttamente, e non è detto siano i laureati.
Con questi numeri, l'Italia costituisce un'eccezione nel panorama dei paesi industrializzati. Sempre secondo l'Ocse siamo penultimi su 25 nella classifica delle quantità di conoscenze presenti nella popolazione dai 25 ai 64 anni: ci segue soltanto la Turchia.
Non è finita: nella scala dei 30 Paesi più istruiti, l'Italia guadagna un vergognoso 27emo posto. Tuttavia sarebbe sbagliato pensare che viviamo in un Paese di ignoranti. Grazie alla scuola italiana, ampi strati della popolazione possiedono un solido livello culturale. Ed è curioso che il più alto livello di educazione venga registrato proprio nelle regioni, quelle del Sud, dove il numero di illetterati è maggiore. Un esempio per tutti: Catania presenta il tasso più alto di analfabetismo (8,4%) e contemporaneamente la più alta percentuale di laureati (11%). Come ricorda l'ex ministro della Pubblica Istruzione Tullio De Mauro, le ragioni sono innanzitutto storiche: nel 1950 circa il 60% degli italiani era privo di titolo di studio. Poi è venuta la scolarizzazione di massa, che ha contribuito a prosciugare le sacche dell'analfabetismo. Ma chi non era andato a scuola è rimasto analfabeta.
L'educazione permanente, dice la Unla, significa anche più centri di lettura visto che contiamo su 2mila biblioteche pubbliche per 8mila comuni; formazione continua della popolazione, rivolta agli italiani ma anche ai migranti, nonostante la percentuale di stranieri laureati (9%) sia maggiore di quelli nostrani (7,5%).


Liberazione 26/06/2007