La Chiesa continua ad allontanarsi dalla comunità cristiana "civilizzata" ed i mussulmani ringraziano.
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IL PAPA RIPRISTINA LA MESSA IN LATINO
di Elisa Pinna
CITTA' DEL VATICANO - Dopo mesi di indiscrezioni, falsi annunci, rinvii, perplessità e modifiche, é finalmente pronto il "motu propriò di Papa Ratzinger, che ridarà legittimità e spazio alla messa in latino di rito tridentino, accantonata nel 1969 dalla riforma liturgica di Paolo VI. Il documento sarà reso noto al grande pubblico entro la prossima settimana, ma Benedetto XVI ne ha consegnate le prime copie ad una rappresentanza ristretta e qualificata di cardinali e vescovi provenienti da tutto il mondo.
Una quindicina di persone in tutto: tra di loro - a quanto si è appreso - vi erano, oltre al segretario di Stato, card. Tarcisio Bertone, gli italiani Camillo Ruini, cardinale vicario di Roma, e Angelo Bagnasco, presidente della Cei; gli statunitensi Sean O' Malley, cardinale di Boston, e Raymond Burke, arcivescovo di Saint Louis; i francesi Jean Pierre Ricard (il cardinale presidente dell'episcopato francese) e il card. Philippe Barbarin; il cardinale tedesco Karl Lehman; il cardinale inglese Cormac Murphy O' Connor; l'arcivescovo svizzero Heiner Koch. Con loro Ratzinger ha avuto - sono parole di un comunicato della Sala Stampa vaticana - "un'approfondita discussione per circa un'ora".
Durante l'incontro sono stati illustrati - afferma ancora la nota - "il contenuto e lo spirito dell'annunciato 'motu proprio' del Santo Padre sull'uso del messale promulgato da Giovanni XXIII nel 1962". Con quel decreto di 45 anni fa, papa Roncalli si limitò ad aggiornare il rito tridentino codificato da San Pio V, che prevedeva la messa in latino e un rapporto fortemente gerarchico tra sacerdote, sempre rivolto verso l'altare, e l'assemblea di fedeli per lo più inginocchiati, nella postura che più si addice a chi cerca "la misericordia di Dio". La messa tridentina, risalente al 1570, è rimasta in vigore "come rito universale ordinario" della Chiesa Cattolica fino al 1969, anche se nella prassi era stata già profondamente modificata in epoca conciliare. Paolo VI la sostituì con il nuovo Missale Romanum, che prevedeva la messa nelle lingue nazionali, con il sacerdote rivolto verso i fedeli e una partecipazione più assembleare.
Fu l'abrograzione del messale di Pio V (pur con varie deroghe) uno dei motivi che provocò la scissione dei cattolici ultratradizionalisti del defunto vescovo francese mons. Marcel Lefebvre negli anni '80 del secolo scorso. Nel ridare legittimita' alla messa in latino, Ratzinger ha più volte ripetuto di non voler rinnegare la riforma di Paolo VI: il messale introdotto ufficialmente nel 1970 rimarrà - affermano gli esperti vaticani - quello usato dalla quasi totalità dei cattolici del mondo. Il documento del Papa renderà più facile la celebrazione della messa in latino per gli amanti, come lui, della tradizione; bisognerà però leggere il testo del Motu proprio, ovvero la prefazione di Ratzinger al messale del 1962, per capire fino a che punto si spingerà la liberalizzazione.
Le indiscrezioni circolate nell'autunno dello scorso anno sulla prima bozza di Motu proprio ipotizzavano che bastasse la richiesta di un certo numero di fedeli per obbligare un sacerdote al rito tridentino. Il progetto di totale liberalizzazione della messa in latino aveva suscitato le perplessità e le riserve di alcuni episcopati, in particolare quello francese e quello statunitense, timorosi che la presenza di due riti liturgici potesse alla fine incrinare l'unità delle chiese nazionali e togliere autorità ai vescovi locali. Dal dicembre scorso, dietro le quinte, sono state apportate diverse modifiche al documento originale, per consentire ai vescovi - a quanto pare - di avere comunque "l'ultima parola".
"Il ruolo del vescovo è centrale nelle disposizioni dell'ordine delle celebrazioni", ha spiegato oggi il cardinale segretario di Stato vaticano, Tarcisio Bertone, commentando il Motu Proprio. Con il ripristino della liturgia pre-conciliare, ha aggiunto, si vuole sopratutto rendere omaggio alla "grande ricchezza della tradizione". Il documento del Papa non è solo un omaggio al passato grandioso della latinità: esso potrebbe anche riaprire la strada verso la ricomposizione dello scisma lefebvriano.
Fonte: www.ansa.it