"Assassino...assassino!, devi marcire in carcere...", così è stato accolto il giovane rom all'ingresso del Tribunale di Ascoli Piceno dai parenti delle giovani vittime.
Ahmetovic si è seduto al primo banco, silenzioso, magrissimo e a testa bassa, quasi a voler dimostrare il prorio pentimento ma anche la colpa.
La situazione è diventata bollente quando un gruppo di circa cinquanta persone ha tentato di forzare il cordone di polizia e carabinieri per raggiungere direttamente Ahmetovic, ma le forze dell'ordine hanno saputo riprestinare la calma.
Il giudice ha minacciato di far proseguire il processo a porte chiuse ma, a calma ristabilta, l'ordine è rientrato.
"Ci dovevano pensare lo Stato, il Governo, le istituzioni", perché "gli incidenti possono accadere", ma "questo rom era un pericolo costante", così si è espresso Giuseppe Antolini, zio di Alex Luciani, una delle quattro giovani vite stroncate dal rom.
Antolini implicitamente ha sottolineato l'importanza del problema del campo nomadi sito ad Appignano, mai tollerato dalla popolazione locale e ripetutamente incendiato dopo i fatti del 23 aprile da ignoti.
Marco Ahmetovic è accusato di omicidio colposo plurimo, resistenza a pubblico ufficiale, e guida in stato di ebbrezza.
In aula, seduta in prima fila tra i parenti delle vittime, c'era anche una ragazza dai capelli ricci che ha espresso pubblicamente la propria solidarietà nei confronti del giovane rom: "Marco ti voglio bene...siamo andati a scuola insieme, ti ricordi?". Subito si scatena l'ira dei familiari che vorrebbero scagliarsi contro la ragazza ma vengono fermati dallo stesso pubblico in aula. La ragazza riesce a scappare via e un vigile urbano la vede salire a bordo di un'auto dove sembrerebbe essere attesa da altre persone: rimane quindi un mistero l'identità della giovane donna.