Altro che Italia ricca, in ripresa. Per il Fondo Monetario il Pil italiano è sempre in picchiata. Secondo il rapporto periodico World economic outlook lo sviluppo di tutta la zona di circolazione dell’euro va ridimensionato ma in particolare quello italiana. Le indiscrezioni sulla revisione della stime del Pil italiano sono state anticipate dal “Financial Times Deutschland”, nel suo sito on line. Il Fmi calcola per l'Italia quest'anno una contrazione del Pil dello 0,3% (le previsioni del governo invece avevano già rimesso il segno più o tutt’al più a zero, nel Dpef).
Ora il governo protesta: il taglio della stima sulla crescita del 2005 non considera l'analisi Istat che, per il secondo trimestre dell'anno in corso, a sorpresa ha stimato un incremento del Pil dello 0,7% su base congiunturale e dello 0,1% su base tendenziale.
La Banca d'Italia, nell'audizione sul Dpef, aveva indicato anche lei una crescita sottozero, ma di appena lo 0,1% e in aumento dell'1,3% nel 2006. Il Fmi, invece, anche nella revisione anticipata oggi dalla stampa tedesca, si mantiene leggermente più ottimista per il prossimo anno con un progresso atteso dell'1,5%, lo stesso indicato dall'esecutivo sempre nell'ultimo documento di programmazione.
Il taglio delle previsioni operato dal Fondo è comunque nettamente al di sotto delle stime superiori al 2% diffuse appena quattro mesi fa.
È chiaro che tutta Eurolandia risente dell’impennata del prezzo del petrolio, pagato in dollari tra l’altro. E l’Italia è senz’altro più sensibile per la vecchia questione delle materie prime. Ma certamente non è solo questo se la recessione si fa ancora sentire. Pesa il crollo del Made in Italy e i ritardi di sistema, di innovazione, di investimenti. La Francia, che pure avendo il nucleare è meno dipendenete dal petrolio, accusa un ribasso di tre decimali di punto. Ma Parigi resta comunque abbondantemente sopra la media dell'Eurozona (1,3% dal precedente 1,6%) con un +1,7% quest'anno e un +2,2% il prossimo. La Germania, che pure metterebbe a segno un miglioramento complessivo per quanto riguarda la produzione, manterrebbe però per il quinto anno di fila un rapporto deficit-pil oltre la soglia del 3% prevista da Maastricht.
I dati definitivi di Washington sono comunque attesi per l'ultima decade di settembre. E a quel punto avremo anche dati Istat meno provvisori di quelli su cui si basano le contestazioni del governo.