Alcune conversazioni di un anno fa del ministro della Giustizia Clemente Mastella, intercettato mentre parla con una delle persone successivamente indagate dalla procura di Catanzaro, sono finite nell’inchiesta del pubblico ministero Luigi De Magistris. Le chiamate dell’allora segretario dell’Udeur sono contenute nella relazione dell’ex vicequestore Gioacchino Genchi, consulente tecnico del pm calabrese, titolare dell’inchiesta sulla cosiddetta loggia di San Marino e sulle presunte truffe ai danni dell’Unione Europea.
La consulenza di Genchi rischia di rinfocolare lo scontro in atto da qualche settimana tra De Magistris e Mastella. Tutto ha inizio il 17 luglio, quattro giorni dopo che Panorama ha pubblicato sul suo sito web (
www.panorama.it) la notizia dell’iscrizione del presidente del Consiglio Romano Prodi nel registro degli indagati da parte dei magistrati di Catanzaro con l’accusa di abuso di ufficio. Quel giorno tre ispettori del ministero della Giustizia bussano alla porta della procura calabrese. Il capo degli ispettori, Federico De Siervo, ha in mano poche pagine firmate dal ministro Mastella. Oggetto dell’ispezione: la fuga di notizie su Romano Prodi e sul manager romano Luigi Bisignani. Ma gli ispettori ministeriali hanno l’incarico di occuparsi anche di una terza vicenda: la revoca di un’inchiesta da parte del procuratore capo Mariano Lombardi al sostituto De Magistris.
Nei corridoi della procura di Catanzaro serpeggiano sospetti e qualche veleno: c’è chi dice che l’iniziativa del ministro rappresenti un chiaro conflitto di interessi, considerati i contenuti della consulenza di Genchi che contiene l’analisi dei tabulati delle persone indagate e ne ricostruisce la rete di amicizie. Un network in cui entra pure Mastella. L’ex vicequestore Genchi definisce infatti nella sua relazione «rapporti intensissimi» quelli tra il guardasigilli e Luigi Bisignani, il cui ufficio di piazza Mignanelli 3, a Roma, è stato perquisito per ordine di De Magistris.
Non basta. Nella relazione vengono sottolineati anche i contatti tra l’attuale ministro e l’imprenditore Antonio Saladino, personaggio chiave dell’inchiesta, accusato di associazione per delinquere, truffa aggravata e violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete. Un legame che sarebbe di lunga data, se si deve prestar fede agli appunti e alle agende che la procura ha sequestrato nelle scorse settimane allo stesso Saladino (in alcune pagine l’uomo mostra interesse per l’appalto di informatizzazione del ministero della Giustizia).
Il consulente Genchi ha anche analizzato alcune telefonate tra Mastella, non ancora ministro, e Saladino, che non hanno alcun rilievo penale, ma che testimoniano per i magistrati la confidenza tra i due. Per esempio, quella trascritta dai carabinieri del nucleo operativo di Lamezia Terme il 16 marzo 2006 tra Mastella e Saladino, in cui i due si chiamano in modo confidenziale «Tonì» e «Cleme’». Saladino vuole presentare al ministro «un grande costruttore, una cosa molto seria». Mastella si offre di dargli udienza 45 minuti dopo. A Saladino manca il tempo per organizzare l’incontro, però insiste sul fatto che si tratta di una persona serissima: «Amico anche di un generale (Paolo Poletti, della Guardia di finanza, indagato pure lui, ndr) che siamo stati insieme, ti ricordi?... Un amico mio e suo pure... Capito?».
Spiegando le ragioni della sua decisione di inviare gli ispettori a Catanzaro il ministro Mastella nei giorni scorsi al Messaggero ha spiegato che: «In realtà rispetto a Catanzaro e a questo sostituto in particolare io ho pile di richieste di interventi da parte di parlamentari dell’opposizione». Poi ha sottolineato che gli ispettori in Calabria c’erano già: «Possono solo proseguire la loro azione magari estendendola, ma lo ripeto sono stati inviati a Catanzaro da ben prima di questo caso specifico».
Intanto gli investigatori continuano a indagare sulle presunte truffe legate ai fondi comunitari destinati alla Calabria. Finanziamenti che avrebbero arricchito politici e imprenditori, in particolare una dozzina di società riferibili a Saladino, personaggio vicino alla cattolica Compagnia delle opere. Seguendo i suoi movimenti gli inquirenti sono arrivati all’entourage di Prodi e in particolare al deputato Sandro Gozi (ex assistente politico del Professore ai tempi della presidenza della Commissione europea) e a Piero Scarpellini («Il consulente del premier», come lo definisce l’accusa), classe 1950, originario di Cesena.
Le ultime indagini degli inquirenti e di Genchi si stanno concentrando proprio su di lui e su una serie di schede telefoniche anonime della Repubblica di San Marino. Sim card non intestate che sarebbero state utilizzate da Scarpellini per i suoi affari. Molti dei quali sull’asse che dal Monte Titano porta nel Maghreb, dove il consulente (insieme con il figlio Alessandro) ha ottime entrature e nei mesi scorsi ha collaborato a curare le visite ufficiali del premier.
Al centro dell’attenzione è finita anche l’azienda sammarinese Pragmata, di cui Scarpellini è dipendente, una società di consulenze nata negli anni 90 da una costola della Nomisma, il pensatoio fondato dal Professore a Bologna. Per De Magistris e Genchi Pragmata è la risposta a molte domande.