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  1. #101
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  2. #102
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    Citazione Originariamente Scritto da Crack! Visualizza Messaggio
    "Risulta" de che ??!!??
    Di CERTO c'è invece che furono il questore (fascista) caruso e il tenente (fascista) koch ad aiutare i nazisti nella compilazione di quella lista !
    Gli ostaggi che arrivarono alla Ardeatine NON corrispondevano se non in parte alla lista messa in piedi Caruso.Era stata cambiata misteriosamente strada facendo.

  3. #103
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    Citazione Originariamente Scritto da Myrddin-Merlino Visualizza Messaggio
    È morto Pesce, «compagno e combattente» Aveva 89 anni, medaglia d'oro al valor militare della Resistenza. Combattè in Spagna nelle Brigate Internazionali durante la guerra



    Giovanni Pesce, medaglia d'oro al valor militare della Resistenza, è morto al Policlinico di Milano dove era stato ricoverato giorni fa dopo a una caduta in casa. La camera ardente sarà allestita nella sala Alessi di Palazzo Marino lunedì dalle 8 alle 15. Alle 15 si terrà la commemorazione ufficiale, presente il sindaco Letizia Moratti.

    MINATORE IN FRANCIA - Pesce, che aveva 89 anni, si era iscritto giovanissimo al Pcf francese essendo immigrato in Francia, dove lavorava come minatore. Combattè in Spagna nelle Brigate Internazionali durante la guerra civile e rimase ferito. Quindi, durante la Resistenza, rientrò in Italia e fu comandante dei Gap a Torino e a Milano. Iscritto da sempre al Pci, dopo la svolta della Bolognina aveva aderito a Rifondazione Comunista. Pesce, il cui nome di battaglia era «Visone» era sposato con Norina Brambilla, la «compagna Sandra» che aveva conosciuto durante la guerra partigiana. Fu uno dei discorsi a Parigi di Dolores Ibarruri, la «Pasionaria», a convincere Giovanni Pesce della necessità di arruolarsi nelle Brigate Internazionali.

    FERITO E ARRESTATO - Nel 1936 fu uni dei primi combattenti italiani inquadrati nelle Brigate Garibaldi. In Spagna venne ferito tre volte: sul fronte di Saragozza, nella battaglia del Brunete e al passaggio dell'Ebro. Pesce aveva ancora nella schiena alcune schegge. Rientrato in Italia nel 1940, venne arrestato e inviato al confino a Ventotene. Liberato nell'agosto del 1943, fu uno degli organizzatori del Gap di Torino e nel maggio del 1944 assunse il comando a Milano, fino al giorno della liberazione, del terzo Gap «Rubini». Dal 1951 al 1964 è stato consigliere comunale a Milano per il Pci e fin dalla sua costituzione membro del Consiglio nazionale dell'Anpi. Molti i libri pubblicati sulla figura del comandante «Visone»; tra questi «Un garibaldino in Spagna» e «Senza tregua. La guerra dei Gap».

    BERTINOTTI - «Mi giunge ora, mentre presiedo i lavori della Camera dei deputati, la notizia della morte di Giovanni Pesce. Il dolore per la morte di questo grande vecchio della Repubblica italiana si accompagna all'orgoglio di essergli stato amico. La Repubblica gli deve molto» ha detto il presidente della Camera Fausto Bertinotti alla notizia del decesso di Pesce. «Emigrato nelle miniere delle Cevennes - ricorda Bertinotti - incominciò da combattente delle Brigate Garibaldi nella guerra civile di Spagna il cammino che lo condurrà dal carcere alla lotta di Resistenza, ad essere protagonista della Liberazione dell'Italia. Il leggendario Comandante dei Gap è entrato nella storia, come la Repubblica gli ha riconosciuto con la medaglia d'oro al valor militare. Comunista per tutta la vita ha accompagnato in questo dopoguerra giovani di più generazioni all'impegno civile e politico, all'antifascismo, all'impegno per un mondo migliore. Il paese gli deve molto e non lo dimenticherà».

    COSSUTTA - «La sua medaglia d'oro rifulgerà all'infinito. Ci inchiniamo tutti dinanzi a Giovanni Pesce, compagno e combattente, figura esemplare di antifascista, di democratico, di comunista - sono state le parole di Armando Cossutta -. Sfilano in questo momento nella mente i ricordi della sua vita intensa e gloriosa. Le memorie lasciateci nei suoi numerosi scritti parlano meglio di qualsiasi altro discorso al nostro popolo, ai giovani. Fu un punto di riferimento per quanti, giovani soprattutto, si ribellano contro le ingiustizie dei potenti e dei forti. Resterà a lungo nella nostra memoria».

    PENATI E MORATTI - «La comunità milanese e il Paese perdono una grande figura, un uomo attento e sensibile, che si è impegnato fino all'ultimo momento per dare giustizia e libertà all'Italia - ha detto Filippo Penati -. Di Giovanni Pesce rimarrà sempre il ricordo del suo impegno civile nella resistenza e nell'antifascismo». «Oggi è un giorno di tristezza - ha detto Letizia Moratti -: piangiamo la scomparsa di una figura molto importante per la storia della nostra Repubblica e molto significativa per le nostre vite: un uomo che ha dedicato tutta la sua esistenza all'impegno per la libertà». Un impegno che per Letizia Moratti «si è tradotto in una coraggiosa lotta in prima linea durante gli anni della dittatura nazifascista, quando divenne protagonista della Resistenza e, ancor prima quando, giovanissimo, scelse di combattere per la democrazia in Spagna. Per questo desideriamo offrire Palazzo Marino per l'ultimo saluto che gli vorranno dare i milanesi e tutti gli italiani». Il Consiglio regionale ha accolto la notizia della morte di Giovanni Pesce con un minuto di silenzio concluso da un applauso dai banchi del centrosinistra.
    27 luglio 2007 da Corriere.it

    un infame assassino di gente innocente in meno, come pertini e togliatti.

  4. #104
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    Citazione Originariamente Scritto da RibelleDiVandea Visualizza Messaggio
    un infame assassino di gente innocente in meno, come pertini e togliatti.
    Sospeso per 30 giorni.

    Un altro post simile e cancelliamo il nick.

  5. #105
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    Citazione Originariamente Scritto da RibelleDiVandea Visualizza Messaggio
    un infame assassino di gente innocente in meno, come pertini e togliatti.
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  6. #106
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    Citazione Originariamente Scritto da odin-langbarten Visualizza Messaggio
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  7. #107
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    Predefinito Giovanni Pesce: Un garibaldino in Spagna

    Giovanni Pesce: Un garibaldino in Spagna



    Prefazione di Franco Giannantoni e Ibio Paolucci

    L’appuntamento con la Storia



    Quando nel 1931 in Spagna nacque democraticamente la Repubblica, Giovanni Pesce era un ragazzino di tredici anni. Si trovava in Francia, a la Grand' Combe, un paese minerario delle Cevennes, dove era emigrato da Visone d’Acqui nel 1924 con la famiglia perché il padre Riccardo, operaio e antifascista, non trovava lavoro. Frequentava la “Jeunesse comuniste” e aveva già conosciuto le fatiche del lavoro. Nelle vacanze estive era andato infatti a pascolare le vacche nella Lozère, una regione confinante, con la sola compagnia di Medoc, un cane che dormiva con lui e che gli è rimasto nel cuore, al punto di ricordarlo, ad oltre settant'anni di distanza, con struggente tenerezza.



    Della Spagna, in quel periodo, ignorava quasi tutto. A meno di quattordici anni scese nella miniera, affrontando un lavoro duro e tuttavia fiero di sentirsi un "muso nero" e di poter contribuire con il suo magro salario al bilancio familiare. Nel febbraio del 1936, quando in Spagna le sinistre vincono le elezioni, grazie al voto degli anarchici che si recano alle urne per la prima volta nella storia, “Jeanu” (questo il soprannome di Giovanni Pesce) ha compiuto i diciotto anni e si sente ormai adulto. Ogni giorno scende nella profondità della terra e gli è anche già capitato di oltrepassare i confini de la Grand' Combe per recarsi a Nimes, la bella cittadina con i resti romani con lo splendido anfiteatro e la Maison Carrè. Nell'estate, sempre del 1936, compie con alcuni compagni un viaggio di gran lunga più interessante, che lo porta nella capitale, nella Parigi sempre sognata, dove, fra le altre cose, visita la sede del giornale che diffonde ogni domenica, il “suo giornale”, l'Humanitè, e dove ascolta l'accorato appello di Dolores Ibarruri, “la Pasionaria”, e raccoglie i manifestini illustrati e firmati da Juan Miro: un operaio che saluta col pugno chiuso e che dice "Aidez l'Espagne". Sì, anche lui vuole aiutarla, convinto che ci sia un solo modo per farlo: partire volontario per arruolarsi nelle Brigate Internazionali, per combattere per la libertà di quel paese che imparerà a conoscere e ad amare, che poi significa lottare anche per il paese natio, l'Italia. "Oggi in Spagna, domani in Italia", è la parola d'ordine dei fratelli Carlo e Nello Rosselli, che saranno qualche mese dopo assassinati in Francia su mandato di Mussolini.



    Le parole della Ibarruri continuano a risuonargli dentro, incancellabili: "Lavoratori, antifascisti, popolo! Tutti in piedi! Preparatevi tutti a difendere la Repubblica, la libertà popolare e le conquiste democratiche del popolo!". Di fronte a questo appello - riflette il giovane Pesce - non si può continuare come se niente fosse. L'appuntamento con la storia è in Spagna, non si deve mancare. Per “Jeanu” non ci sono terze vie: o sì o no, e lui è fermamente per il sì. Sono circa quattromila gli italiani che raccolgono l'appello e che accorrono in Spagna, di cui 1819 comunisti, 979 senza partito, 310 tra socialisti, giellisti e repubblicani. Di loro Rafael Alberti, canterà in una lirica dedicata alle Brigate Internazionali: "Venite da lontano. Ma questa lontananza/ cos' è per il vostro sangue che canta senza frontiere?".



    Giovanni Pesce allora sa appena leggere e scrivere, non ha la cultura di un Hemingway o di un Malraux, non ha il talento di un Picasso o di un Casals, non conosce i versi infiammanti di Neruda o di Machado, ma avverte come impellente il richiamo della solidarietà internazionale. Poi di Antonio Machado leggerà l'ode di omaggio a Garcia Lorca, assassinato dai franchisti: "Cadde morto Federico / sangue alla fronte e piombo alle viscere/ Sappiate che fu a Granada il delitto/ Povera Granada! / Nella sua Granada". Per il giovanissimo Pesce il richiamo si fa sempre più martellante. I compagni spagnoli chiamano, la risposta può essere una sola. “Jeanu” lesse e rilesse l'appello della Ibarruri pubblicato dall'Humanitè e, in seguito, altri suoi scritti. Lo colpì soprattutto un discorso in cui quella donna straordinaria affermava che "la lotta incominciata sul nostro territorio, sta già acquistando un carattere internazionale, perché i lavoratori di tutto il mondo sanno che se in Spagna trionferà il fascismo, tutti i paesi democratici del mondo saranno soggetti alla minaccia fascista".



    Insomma non si poteva restare inermi. Così, ingannando la madre Maria con la prima storiella che gli viene in mente, un incontro con un'amica alla frontiera belga, sale su un treno e dà inizio al suo percorso di militante della libertà. Un cammino che durerà tutta la vita e che, per nostra fortuna, prosegue ancora.

    La Spagna gli è rimasta nel cuore, è al primo posto delle tante storie vissute. Viene persino prima della Resistenza, il periodo eroico a Torino e a Milano, a capo dei Gap, i gruppi d’azione patriottica, durante il quale si è guadagnata la medaglia d'oro al valor militare e il riconoscimento di "eroe nazionale". Se gli si chiede il perché di questo amore così travolgente per la Spagna, risponde che fu quel fiume di gente che arrivava da ogni parte del mondo, abbandonando casa, lavoro, famiglia, affrontando ogni giorno a viso aperto la morte, a rompere in lui ogni indugio. Doveva essere con quei volontari, al loro fianco, nella lotta che avrebbe dato concretezza quotidiana ai suoi ideali di giustizia e di libertà.



    E oggi? Giovanni Pesce è ancora sulla breccia. I tre anni dal 1936 al 1939 li ha descritti oltre mezzo secolo fa (era il 1955) nel libro "Un garibaldino in Spagna", pubblicato dagli Editori Riuniti, i cui titolari ci hanno concesso gratuitamente i diritti per ristamparlo, nel 70° anniversario della guerra civile, l’Alzamiento che iniziò in Marocco il 17 luglio 1936 e si estese il giorno successivo nella penisola iberica. Non abbiamo tolto o cambiato neppure una riga per non appannare la freschezza della narrazione, che, a volte, può apparire di una toccante ingenuità. Ma quelli erano i tempi e quelli i modi espressivi, "les neiges d'antan", le stagioni epiche all'insegna di alti ideali e della voglia di cambiare il mondo, raccogliendo le eredità migliori degli Illuministi, dei Sanculotti, dei Comunardi e dei più vicini nel tempo, gli artefici dell' Ottobre rosso.



    Combattente sull’Jarama e sul ponte di Arganda nella difesa di Madrid, nella piana di Guadalajara, ferito in ben tre occasioni e una volta, nell'estate del 1937, gravemente, sul fronte di Saragozza, tanto che le schegge di un ordigno fascista che lo colpirono sono ancora conficcate nella sua schiena, inestirpabili perché, a giudizio dei medici, un'operazione chirurgica sarebbe troppo rischiosa. E poi, dopo la disfatta e l'avveramento della profezia della “Pasionaria”, nell'Europa insanguinata dall'aggressione nazista, Giovanni Pesce, ventiduenne, dalla Francia nel 1940 rientra in Italia per combattere il fascismo. Subito arrestato e condannato ad un anno di reclusione, poi spedito al confino, nell'isola di Ventotene dove conosce i grandi leaders del Partito comunista italiano, da Luigi Longo a Pietro Secchia a Eugenio Curiel a Umberto Terracini a Giuseppe Di Vittorio a Camilla Ravera che gli insegna la grammatica e la sintassi della lingua italiana, assieme alla storia e all'amore per il suo Paese, non quello retoricamente magniloquente del fascismo, ma quello autentico degli operai, dei contadini e degli uomini di cultura che non hanno piegato mai la schiena.



    Dopo il 25 luglio e l'8 settembre del ‘43, comincia la stagione della Resistenza di cui Giovanni Pesce, “Ivaldi” e “Visone”, i due nomi di battaglia, sarà uno dei maggiori protagonisti. Ma è la Spagna la sua passione, dove torna nel 1976 dopo la morte di Franco e tante volte ancora, una indimenticabile con un centinaio di studenti, per ripercorrere gli itinerari degli anni ‘30 e dove, da giovane combattente, con una scarsa istruzione ma con un'alta statura morale, è entrato a pieno titolo, assieme ai grandi nomi della politica, della cultura, dell'arte, nell’incancellabile libro della storia.


    http://www.resistenze.org/sito/se/li/seli6d09.htm
    Myrddin

  8. #108
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    un caro saluto al compagno Pesce, ci mancherai, per ogni compagno morto ne nasceranno alteri 1000.

  9. #109
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    Predefinito È morto Giovanni Pesce, "un comunista che ha fatto l'Italia"

    È morto Giovanni Pesce, "un comunista che ha fatto l'Italia"
    sabato 28 luglio 2007 - 185:44, in Articoli in italiano,
    Qualcuno ultimamente lo voleva Senatore a vita. Sarebbe stato uno scandalo. Nel parlamento dei corrotti e dove perfino i fascisti hanno diritto di parola, sarebbe stato, lui, Giovanni Pesce, "un comunista che ha fatto l'Italia" come si intitola una sua biografia, ad alzare enormemente il tasso etico di quell'istituzione. Aveva appena 18 anni quando andò in Spagna a combattere tra i garibaldini, le brigate internazionali nella guerra civile. Ne scrisse in un libro, "un garibaldino in Spagna" del quale a questo link trovate la prefazione ad un'edizione recente. Poi Giovanni Pesce fu un grande dirigente partigiano, uno di quelli che agiva in prima persona, e fu Medaglia d'Oro alla Resistenza. La sua è la storia degli italiani come avrebbero potuto essere e non sono stati. Ci sono uomini che lottano un giorno -diceva Bertold Brecht- e sono buoni, ci sono uomini che lottano molti giorni, e sono migliori, ma solo quelli che lottano tutta la vita sono gli imprescindibili. A lui i Gang dedicarono una delle ballate più belle, "le radici e le Ali".

    http://www.gennarocarotenuto.it/dblo...?articolo=1216

    Ma il sangue nostro versato
    è quello che inizIa la terra
    nell'ora della promessa
    ora e sempre Resistenza
    [Gang " 4 maggio 1944-in memoria"]
    Myrddin

  10. #110
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    Citazione Originariamente Scritto da Dario Visualizza Messaggio
    E questo sicuramente assolve Caruso e i fascisti romani, servi di Kappler e dei suoi assassini sanguinari. Voi continuate a vedere la storia da una sola parte, e poi vi lamentate che ancora non c'è stata la pacificazione nazionale. Finchè esisteranno queste mistificazioni non potrà esserci condivisione di niente.

    Qui si continua addirittura a glorificare Franco e la sua dittatura, e i fascisti che andarono a spegnere nel sangue la repubblica spagnola. Si continua a dimenticare che fino alla morte di Franco la Spagna era una nazione derelitta, mentre in pochi anni dopo la sua morte è arrivata ad essere una delle più grandi nazioni europee.

    Si continua a dire che la resistenza al sud, le 5 giornate di Napoli, la resistenza romana furono "scaramucce".

    Vi compiango, sperando che un giorno aprirete gli occhi.
    Ti consiglio di vedere LA RAPPRESAGLIA film su soggetto di Katz
    reperibile da Blockbuster.

    PS: SE avessero vinto i rossi la Spagna sarebbe finita come finirono le altre nazioni europee finite sotto il giogo comunista. Budapest, Praga , Varsavia. Berlino etc.

    Proprio così: le cinque giornate di Napoli furono una scaramuccia con kle retroguardie tedesche. Si e no 30 caduti.

    Resistenza romana ? Dopo via Rasella ben poco d'altro.......masse di antifascisti nei conventi quelle sì..........................

 

 
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