E ora sta a vedere che il garantista è Bellachioma.
Per il dizionario De Agostini, garantismo è la «concezione teorico-giuridica che pone alla base delle istituzioni civili e politiche dello Stato di diritto il rispetto e la tutela delle libertà individuali e collettive del cittadino».
E allora, che diavolo c’entra il no di Berlusconi all’uso delle telefonate tra i furbetti e sei parlamentari?
La legge Boato del 2003
(«scritta coi piedi» secondo Franco Cordero)
stabilisce che le intercettazioni si possono sempre usare contro i cittadini normali, salvo che si senta la voce di un parlamentare.
Nel qual caso serve il permesso del Parlamento.
Dunque antigarantista è la Boato, creando una disparità di trattamento fra cittadini di serie A e serie B: chi ha la fortuna di parlare dei suoi reati con un politico è in una botte di ferro; se uno invece conosce solo gente comune, peggio per lui.
Garantismo è proprio assicurare a tutti gli stessi diritti di difesa.
Antigarantismo è stabilire che qualcuno è più uguale degli altri.
Eppure l’altra sera al Tg5 l’apposito Torlontano spiegava che c’è uno «scontro fra garantismo e giustizialismo», dove ovviamente il garantista è il Cavalier Padrone.
Ieri il Platinette Barbuto si sdilinquiva ai piedi del «Cav. garantista rotondo», e lui di rotondità se ne intende.
Minzolini ribadiva sulla Stampa la stessa panzana: Berlusconi è «coerente» nel suo garantismo: «ieri ha difeso Previti»
(già condannato definitivamente due volte: di che garantismo si va cianciando, visto che i processi sono finiti?)
e «domani dirà no sulle telefonate di Fassino e D’Alema» perché è un vero signore.
(ci sarebbero anche i forzisti Cicu, Comincioli e Grillo, ma Minzo s’è distratto)
In realtà Bellachioma sta al garantismo come Erode alla tutela dei bimbi.
Basti pensare alla legge antiterrorismo di tre anni fa, che dava ai servizi segreti licenza di intercettare senza autorizzazione del giudice.
Perchè allora il «rotondo garantista» vota contro l’uso delle intercettazioni?
Intanto perché Cicu, Comincioli e Grillo, che assistevano amorevolmente Ricucci e/o Fiorani e/o Fazio, non agivano su iniziativa privata.
Ma per conto del Capo.
Gianni Letta non faceva il suggeritore di Ricucci da casa sua, ma da Palazzo Chigi.
Poi perché le Camere dovranno occuparsi di altre telefonate che riguardano lui e i suoi cari.
A partire da quelle tra "Lui" e Totò Cuffaro, che l’allora procuratore di Palermo Piero Grasso voleva distruggere e il suo successore Francesco Messineo ha riesumato.
La prima è quella del 12 novembre 2003, in cui l’ex premier rassicura il governatore sul suo processo per mafia:
«Stai sereno... ho notizie buone... dall’interno dell’ufficio che si sta interessando di queste cose, per cui ho notizie buone, c’è un orientamento positivo».
L’altra è quella del 10 gennaio 2004, in cui Silvio tranquillizza Totò:
«Il ministro degli Interni (Pisanu, ndr) mi ha parlato e mi ha detto che... è tutto... sotto controllo».
Telefonate profetiche, visto che poi la Procura farà archiviare l’accusa più pesante, quella di concorso esterno in mafia.
Resta da capire chi «dall’interno dell’ufficio» informasse Palazzo Chigi e/o il Viminale su decisioni coperte dal segreto investigativo: una fuga di notizie illecita che non ha mai allarmato i politici, sempreocchiuti su quelle (quasi sempre lecite) dei giornali.
Per fortuna la nuova Procura di Palermo ha deciso di vederci chiaro e trasmesso le telefonate a Caltanissetta e al Tribunale dei ministri. Si spera che la Camera sia così garantista da non sabotare le indagini.
Poi si voterà sulle telefonate fra il senatore Guzzanti e il faccendiere Scaramella, che nell’ultima campagna elettorale trafficavano per «incastrare» Prodi, noto agente del Kgb coinvolto nel delitto Moro.
Poi si voterà (dopo 8 mesi di melina) sui tabulati dell’ex sottosegretario alla Giustizia Pino Valentino (An), sospettato di esser la talpa che svelò a Fiorani & C. le intercettazioni su Antonveneta (altra «fuga di notizie» illecita, ma poco interessante per i politici).
Poi si voterà sulle intercettazioni del pm catanzarese De Magistris, e lì ce n'è per tutti.
Poi si voterà sulle telefonate tra Moggi e Pisanu, che chiedeva il salvataggio della Torres.
S’è già votato invece, alla fine della scorsa legislatura, sulle telefonate che coinvolgono l’ex ministro Ugo Martinat (An) e il sindaco di Salerno Enzo De Luca (Ds), indagati per appalti truccati: il Parlamento ha detto no.
Molto bipartisan.
Molto garantista.