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  1. #311
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    Citazione Originariamente Scritto da waglione Visualizza Messaggio
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    Se ti pare poco. Anche tu, come tutti, arrivi a capire che la mente ha una parte oscura. Freud suppergiù la decifra e la usa. Gli altri stanno a guardare.



    Cioè preferiresti non aver capito invece di intuire come funziona la capoccia. Preferisci un punto interrogativo purchè nessuno ti schematizzi anche la parte irrazionale che ti piace rimanga off limits.

    E per quale motivo poi? Perché così c’è più fascino, perché così possiamo ipotizzare di avere una scatola riservata in cui ci puo’ stare di tutto, magari anche del divino o soprannaturale? Perché è duro accettare che funzioni in maniera semplice, elementare ed infantile?

    Dell’interesse pratico (terapeutico) delle teorie Freudiane che ne facciamo?





    Cioè per te abbiamo una parte scema, che funziona a caso, non ha fini nè origini, solo manifestazioni e non influisce su nulla. Caos.





    Non sto qua a dire cosa si intende per sessualità in ambito psicologico e/o Freudiano.

    Sai cos’è una diagnosi ab adiuvantibus? Certo non è il modo più elegante di muoversi ma, almeno in principio, è una delle poche armi che hai quando apri una strada nuova.

    La mente, essendo un bene o un fardello dell’uomo che in una qualche misura esprime la sua umanità, quindi la sua essenza, non è un monolito immutabile il cui funzionamento, che si traduce in un processare le informazioni ricevute dall’esterno attraverso i sensi (anche quelli interiori dovuti all’intuizione), possa essere ricondotto e costretto entro uno schema universale. L’uomo, come genere ed anche in quanto singolo individuo, si distingue per la sua mutevolezza, per la sua policromia. La sua azione è fortemente plagiata dall’ambiguità del “fattore U”, che la variabile indipendente e folle che travalica la regola. Lo scandaglio operato da Freud ha reso evidente quest’elemento, ma non può arrivare a violare le regole occulte sottese al suo funzionamento, perlomeno non è in grado, perché geneticamente impossibilitato, a com_prenderle nella loro compiutezza. Ogni analisi, per quanta luce proietti sull’agire e reagire, lascia intonsa una zona d’ombra ove s’annida l’imponderabile e l’ambiguità, la polisemia a discapito del canto monocorde. Al di là degli innegabili pregi ascrivibili al lavoro di Freud, è indiscutibile che l’aver ridotto a norma universalizzante il complesso processo mentale ne ha, al contempo, impoverito la meraviglia, riducendola ad un semplice complessissimo meccanismo che risponde a delle leggi universali. Freud traduce l’inconsulto sempre e solamente come l’emersione decodificabile di una sintamotologia afferente ad una patologia. Freud ricusò il ctonio, il luciferino e la follia, tutti ingredienti inalienabili, pena l’alienazione da sé, dell’uomo ed iscritti tutti entro quell’area coartante che più sopra ho definito “Fattore U”, cioè la variabile folle, inconsulta, imponderabile e non segrezionabile del nostro agire.
    Non abbuiamo una parte scema, come la definisci tu, piuttosto un grano di follia che s’intercala con gli altri di razionalità, e che insieme vanno a comporre la multiforme collana dell’umanità insita in ciascuno di noi… negarla o terapeutizzarla equivale a negare e terapeutizzare l’uomo. Egli osservò la mente perdendo di vista l’umanità, osservò il particolare e svanì il generale.
    Ciao

  2. #312
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    Non ti offendere Voyager ma tu, secondo me, sei uno di quelli che ci rimarrebbe male nel sapere che l'estasi, l'esperienza sensorialmente e spiritualmente più coninvolgente e profonda che si può sperimentare, definita indescrivibile a parole, può essere causata anche da un focus epilettico al lobo temporale (magari mentre stai aspettando il verde al semaforo) .

  3. #313
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    Citazione Originariamente Scritto da waglione Visualizza Messaggio
    Non ti offendere Voyager ma tu, secondo me, sei uno di quelli che ci rimarrebbe male nel sapere che l'estasi, l'esperienza sensorialmente e spiritualmente più coninvolgente e profonda che si può sperimentare, definita indescrivibile a parole, può essere causata anche da un focus epilettico al lobo temporale (magari mentre stai aspettando il verde al semaforo) .

    E’ vero, mi dispiacerebbe, perché escluderebbe una possibilità, forse l’unica, di entrare in contatto con l’ineffabile e con il mistero, di percepirlo e toccarlo, di violarne l’involucro intangibile per penetrare nelle sue segrete stanze. Ma sbagli a pensare – almeno mi pare di capire - che io sia propenso a credere che quelle bellissime immagini d’estasi mistiche o di samadhi di cui la letteratura spirituale di tutti i tempi ci tramanda la meraviglia in chiave poetica, siano eventi reali e non mistificazioni della mente. So bene che è possibile, perché già dimostrato attraverso esperimenti di laboratorio, indurre lo stato d’estasi attraverso l’eccitazione di alcune ben delimitate e circoscritte aree del cervello. Non è una novità. D’altra parte il peyote ed altre droghe, spesso utilizzate per indurre lo stato di tranche e l’uscita da se stessi, sono strumenti che alterano lo stato di coscienza. La stessa estasi mistica è definita in ambito psicologico “stato alterato di coscienza”. Pur essendo incline a credere che la mente operi una sorta di trasduzione sensoriale che mistifica il dato della coscienza, che quindi l’entusiasmo e l’incanto mistico siano solo frutto della mente, quindi autoreferenziali, ritengo in me un’area di sano dubbio, una riserva che mi permette di leggere con stupore e meraviglia gli innumerevoli resoconti e racconti poetici di quanti hanno vissuto quest’esperienza, per quanto le parole possano essere un limite che rende l’evento indescrivibile a parole, come ci ricordi tu. Bellissimo il racconto poetico di Yogananda contenuto nell’”Autobiografia di uno Yogi

    Ciao

  4. #314
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    Citazione Originariamente Scritto da antonio Visualizza Messaggio
    uhm, pero', il fatto che possa esistere un "correlato" neurale dell'esperienza mistica siamo sicuri che ci sveli l'essenza stessa di quell'esperienza? io no, non lo credo.
    Vi sono , fra l'altro, esperienze estatiche neurofisiologicamente "sincrone" in soggetti diversi, e con i medesimi contenuti.

    Già! Hai perfettamente ragione. Ovviamente il mio dispiacere sarebbe legato esclusivamente alla dimostrazione inoppugnabile che TUTTE le esperienze estatiche siano da ricondurre ad un’alterazione della percezione della coscienza, cioè all’inserimento del fenomeno all’interno di un sistema chiuso e non colloquiante con un referente esterno…. Nella fattispecie Dio.
    Per tornare in tema, cioè alla disputa fra creazionismo ed evoluzionismo, rilevo un nesso fra quest’argomento che riguarda l’esperienza mistica e l’annoso dibattito fra darwinisti e creazionisti.
    Anche qualora fosse dimostrato che l’esperienza mistica sia strettamente ed immancabilmente connessa e riconducibile ad una qualche frattura spazio temporale della percezione della mente – non mi arrischio a definirla patologia -, ciò non sarebbe sufficiente ad escludere una relazione con l’esterno, quindi un contatto con il mondo metafisico e la trascendenza. In contrapposizione all’ipotesi meccanicistica e materialista, sarebbe facilmente postulabile l’avvenuta apertura di un canale di comunicazione non altrimenti documentabile se non attraverso la semplice narrazione – anche se continuo a ritenere questa ipotesi una mera congettura poco verosimile -. In questo caso l’alterazione dello stato di coscienza non sarebbe altro che la manifestazione esteriore di qualcosa di più profondo. Ciò ci condurrebbe a recuperare il concetto di divinazione che la classicità ben marcava. Gli aedi, i cantori, i profeti dell’antica Grecia erano ciechi o claudicanti, proprio perché l’ineffabile non si attaglia alla visione esteriore o all’incedere sicuro, mentre è disponibile a quella profonda dell’intimo e al passo incerto, perciò Tiresia e gli altri principali indovini tramandatici dalla cultura classica non possedevano il dono della vista esteriore, mentre era loro concesso dagli dei quello più profondo dell’intuizione (cioè sentire nell’intimo) e della visione.
    In pratica la dimostrazione di un’interdipendenza fra estasi mistica ed alterazione sensoriale non è sufficiente ad eclissare Dio dall’orizzonte della fede.

    Così è per quanto attiene alla disputa fra Creazionismo e darwinismo.


    La convinzione erronea, che non appartiene a Darwin ma ad una sua successiva distorta interpretazione, che quanto è spiegabile dalla fisica non possa attenere a Dio, o che perlomeno allontani dall’idea di Dio e ciò in virtù del fatto che non si tratterebbe di un evento soprannaturale, pur dichiarandomi agnostico, ritengo questa equivalenza soggiogante e predicente la conclusione cui troppo spesso si giunge - una sorta di sillogismo ad escludendum che sottende le ragioni dell’ateismo (Dio è soprannaturale, quel che è naturale non attiene a Dio, gli eventi fisici sono spiegabili attraverso le leggi della Natura, Dio non esiste) -, non del tutto razionale o logicamente conseguente. L’approccio della fisica ai fenomeni e alla realtà si fonda sulla conoscenza di leggi che ne regolano il funzionamento. Prescindendo per un momento da quegli eventi o casi non compiutamente spiegati dalla scienza, ho la sensazione che nell’immergersi totalmente nei meccanismi funzionali della natura, la fisica perda di vista il punto o l’elemento a priori che li genera e che dovrebbe essere anche il fondamento della fisica, anche se mi sfugge se possa essere fondamento epistemologico o gnoseologico. I fenomeni e le leggi, ancorché rispettivamente spiegabili e noti dalla e alla fisica, non è detto e non è dimostrato o dimostrabile che siano autofondati o autogerminati, quasi in virtù di un evoluzionismo cosmologico, in forza del quale certe norme che regolano il moto o certe leggi imprescindibili che sottendono il funzionamento della realtà fisica si siano progressivamente affinate.
    Non sono certamente un tecnico della materia, ma se non erro le leggi della fisica – se così possiamo chiamarle – attengono più al fissismo che all’evoluzionismo, la relativa conoscenza è invece un fatto evolutivo.
    La polemica fra creazionismo ed evoluzionismo mi pare viziata a priori proprio da questa impossibilità di poter determinare con certezza la genesi e l’origine delle norme: che si tratti di un “canone divino”? Diversamente ha ragione di sussistere la disputa fra fissismo e creazionismo, perlomeno per quanti a questa disputa partecipano e ad essa sono appassionati… per quel che mi riguarda propendo senza troppe incertezze per l’evoluzionismo.
    Non è quindi escludibile a priori che il “codice di diritto supremo” che racchiude l’insieme di dette regole o leggi possa essere altrimenti definito “codice di diritto divino”. Credo che la fisica non sia in condizione di accertare ed asseverare se si tratta di norme meccanicistiche o quantistiche che eclissino definitivamente la figura di un Dio Creatore, ciò per evidenti limiti gnoseologici e metodologici connaturati allo specifico campo d’indagine cui è preposta: non essendo filosofia, non indaga circa la genesi delle leggi, bensì sulla matrice generatrice del fenomeno, cioè in ordine alla sua coerenza rispetto al conosciuto; nel caso individui una falla o una contraddizione postula l’esistenza di altre norme che rendano coerente il quadro generale. Pertanto può solo dubitare o credere ad un disegno superiore che la trascende, ciò a prescindere dalla puntuale e certosina enumerazione e chiarificazione degli step meccanicistici o quantistici inerenti al fenomeno e al suo manifestarsi.
    Questo e solo questo è il suo campo speculativo e d’indagine, non certo la genesi della leggi della Natura.
    Per questo motivo sono fermamente convinto che la “questione Dio” si sottragga senza meno all’indagine scientifica, in un senso o nell’altro, e si offra pienamente alla sola percezione della fede e del sentimento. Essendo tale la sua peculiarità, la “questione Dio” è quanto di più soggettivo possa esistere, se vista nella sua complessità rappresentata dalla religione, è quanto di più relativo possa immaginarsi, viceversa se osservata nell’ambito solo soggettivo, cioè del singolo individuo, è davvero l’unico assoluto cui sia possibile accedere.
    Ciao

  5. #315
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    Citazione Originariamente Scritto da Hatukase Visualizza Messaggio
    L' omosessualità è solo abominio agli occhi di Dio
    Sarà... ma sicuramente non è il solo... né il peggiore...

  6. #316
    ooooWAGLIONEoooo
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    Citazione Originariamente Scritto da antonio Visualizza Messaggio
    uhm, pero', il fatto che possa esistere un "correlato" neurale dell'esperienza mistica siamo sicuri che ci sveli l'essenza stessa di quell'esperienza? io no, non lo credo.
    Vi sono , fra l'altro, esperienze estatiche neurofisiologicamente "sincrone" in soggetti diversi, e con i medesimi contenuti.

    Non volevo dire che ogni estasi è correlata all'epilessia infatti ho scritto che l'estasi
    può essere causata anche da un focus epilettico
    Ilmio era un esempio forse maldestro per dimostrare a Voyager che il nostro cervello infondo non è così mistico e insondabile e che alcune volte anche i fenomeni soggettivamente più inspiegabili e meravigliosi possono avere origine da meccanismi semplicissimi (in questo caso elettrici).

    L'estasi dei veggenti di Medjugorie a cui fai riferimento mi pare si verificasse con attività elettrica cerebrale nella norma anche se non so dirti quando e come furono compiuti gli studi (cioè se registravano un eec durante l'aparizione e com'era l'eec postcritico o intercritico ).
    La sincronia nei vari soggetti però non ci dice molto, innanzitutto perchè se Tizio dice di aver vissuto un'esperienza di estasi non lo si può verificare e poi perchè tuttora non sono chiare le condizioni favorenti l'insorgenza di una crisi in soggetti predisposti. E' sicuramente favorita da una condizione di rilassamento, attesa e svuotameno della mente, oltre che da stimolazioni visive particolari.

  7. #317
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    Non frequento molto i forum, mi scuso quindi se mi inserisco in questa discussione tardivamente.

    Non mi pare necessario commentare i contributi di partecipanti come quel filosofo assai affascinato da Haidegger (sic), o come quel fine linguista che cita il nome di Dumèzil (sic) per spaventare i suoi avversari. Il fatto di riuscire persino a sbagliare costantemente la grafia del nome dei loro autori di riferimento credo sia sufficiente a qualificarli. Così come basta il personaggio cinematografico che si è scelto come “avatar” un altro partecipante (che contrariamente a questa immagine grottesca sembra tuttavia essere assai permaloso)...

    Ma con l’iniziatore della discussione le cose devono andare diversamente. Questo postominide (come probabilmente sarà onorato di sentirsi definire) manca infatti del senso della misura.
    Evidentemente, il rattrappimento del suo “senso religioso”, così diffuso in questi “tempi ultimi”, non gli provoca solo un ottundimento della facoltà più nobile nell’uomo, ma anche del buon senso.

    Volendo escludere la malafede, come può infatti egli permettersi di citare uno dei suoi più noti predecessori, Adolf Hitler, ponendolo tra le file di chi ancora lotta quotidianamente per conservare un minimo di senso religioso alla vita (anche a quella dei postominidi)?

    In effetti, il buon senso gli sarebbe stato sufficiente per comprendere come mai Adolf Hitler -- la cui fede era fondata sul razzismo biologico, cioè su una delle tante correnti dell’evoluzionismo -- non è noto ai posteri per la sua presunta e accidentale cattolicità.
    Se oggi lo ricordiamo con senso di orrore, è per avere realizzato uno dei sistemi statali disumani che hanno caratterizzato il Novecento. Un sistema fondato consapevolmente sulla scienza, cioè sul potere della tecnologia (perché questo è l’esito ultimo della “scienza” che dà ai postominidi il tronfio orgoglio delle loro “verità”), cioè un modello di stato moderno ed eugenetico.

    E infatti, come il nostro postominide, il dittatore tedesco affermava:
    “Il dogma della cristianità si logora di fronte ai progressi della scienza […] Tutto ciò che rimane è dimostrare che nella natura non esistono frontiere tra organico e inorganico. Quando la comprensione dell’universo si sarà diffusa, quando la maggior parte degli uomini saprà che le stelle non sono fonti di luce, ma mondi, forse mondi abitati come il nostro, allora la dottrina cristiana sarà relegata al rango di assurdità [...]. L’uomo che vive in comunione con la natura si ritrova necessariamente in opposizione a tutte le Chiese, ed ecco perché queste sono votate al fallimento, perché la scienza è destinata a vincere” (cit. in E. Voegelin, Hitler e i tedeschi, trad. it., Medusa, Milano 2005, pp. 100-101).
    Il dio del “Gott mit uns” sulle fibbie dei militari nazisti è proprio uno dei nomi dell’idolo, cioè di quella “scienza”, di quella tecnologia che è potere. Della scienza senza co-scienza.
    Mirata sempre più sul versante della “materia” rispetto a quello della “forma”, intesi aristotelicamente, questa “scienza” si condanna all’aspetto più inintelligibile di ciò che studia. Come riconosceva Alfred W. Whitehead (cito a memoria), “più gli scienziati si scagliano sulla loro preda, più questa sfugge misteriosamente dalle loro mani”.
    Ben lungi dal cogliere qualsiasi verità -- se per verità non intendiamo dei modelli di funzionamento validi fino alla loro successiva falsificazione -- la “scienza” è destinata esclusivamente a fornire spezzoni di questi modelli di funzionamento che consentano di progettare congegni sempre più potenti. E quand’anche ciò non si esprima in apparecchi che mettono a repentaglio la sopravvivenza stessa del genere umano, questa “scienza” ancilla della tecnologia può tuttalpiù permettere una hobbesiana “vita confortevole”, contribuendo però a rattrappire negli uomini proprio quella facoltà che permette loro la conoscenza della Verità che solo la contemplazione può dare. La contemplazione, l’unica azione veramente in grado di liberare l’uomo; la fede è il suo primo passo, decisivo.
    Questo invece è l’esito della “scienza”: renderci tutti schiavi di un misero pianeta sperduto, in un cosmo privo di senso: “l’abomino della desolazione”. Di renderci schiavi della sofferenza dell’insignificante – una sofferenza che resiste a qualsiasi analgesia o biotecnologia --, in un mondo “a misura d’uomo”, anzi “di postominide”. In tale situazione, chi pone la sua speranza e la sua fiducia nella “scienza” trova evidentemente la dimensione migliore per poter esprimere il suo orgoglio: l’illusione di un’onnipotente limitatezza.

    Per concludere, sull’argomento specifico di questa discussione: parlare di “evoluzione” non è parlare di “evoluzionismo”. Sul piano biologico può darsi il fenomeno di un’evoluzione della specie; che questo sia spiegato da una serie di teorie (o ideologie) incomplete quand’anche non contraddittorie, raggruppate sotto il titolo di “evoluzionismo” è altra questione. Che poi queste teorie, cioè interpretazioni di fatti, possano negare i fondamenti di una visione sacra del cosmo è come pretendere che la co-scienza sia incorporata nella scienza. Che un contenitore sia compreso nel suo contenuto. Che si possa parlare della Verità in modo altro che in metafore (o parabole o analogie o immagini o qualsiasi altra forma retorica che appartiene a questo modo semantico).
    Se poi l’onnipotente limitatezza dei postominidi impedisce loro di cogliere queste metafore, di cui ogni comunicazione deve necessariamente servirsi quanto più il proprio oggetto è superiore a ciò che è direttamente percepibile, questa è una patologia di difficile cura.
    E però è strano, perchè anche il linguaggio della “scienza” è fatto da metafore. Oppure davvero il nostro postominide crede che le molecole siano delle palle di plastica unite tra loro da tubi di bachelite?

 

 
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