Avviammo strette e fraterne relazioni col JVP agli inizi dei ’90, quando esso era ancora fuorilegge, in conseguenza del biennio di guerra civile del 1987-89. Quando nel 1994 il JVP venne rilegalizzato avemmo modo di compiere diversi viaggi in Sri Lanka. C’era da rimanere stupefatti per la forza organizzativa del JVP, per il suo seguito di massa, per la sua impareggiabile ospitalità. C’era una questione che però ci divideva dal gruppo dirigente del JVP: il rifiuto tenace di quest’ultimo di riconoscere alla minoranza Tamil il diritto all’autodeterminazione. Non si trattava quindi solo delle Tigri del LTTE, ma del principio stesso dei diritti delle minoranze nazionali. Apparentemente il JVP aveva una posizione di ultrasinistra, per cui ogni rivendicazione nazionale era di carattere borghese e quindi inaccettabile. In verità, sotto traccia, si celava una posizione sciovinista, la tesi per cui lo Sri Lanka dovesse restare unito e sotto la primazia dei cingalesi.
Il sospetto si materializzò nel 2004, in occasione delle elezioni parlamentari. Il JVP era già la terza forza politica del paese (almeno tra la maggioranza dei cingalesi), dopo i due partiti capitalistici maggiori: quello di centro-sinistra, lo SLFP (Partito della Libertà di Sri Lanka) e la destra dell’UNP (Partito Nazionale Unito).
Sin dalle sue origini nella fine degli anni ’60, giustamente, il JVP aveva mantenuto una posizione indipendente, ovvero di conflitto con entrambi i partiti maggiori. Ma nel 2004 il JVP si alleò, con stupore di tutti noi, con il SLFP, allora guidato dal Chandrika Kumaratunga. Ancor più grave la ragione di questo blocco: mentre la destra dell’UNP cercava una soluzione politica, ovvero un compromesso con la guerriglia Tamil (autonomia e sistema federale), lo SLFP era quello che teneva una posizione di rifiuto totale di ogni negoziato e compromesso, difendendo l’idea di uno stato centralizzato. Nel timore che l’UNP vincesse le elezioni e a causa del sistema elettorale bipolare, la direzione del JVP considerò una catastrofe l’eventuale vittoria dell’UNP e decise di abbandonare l’indipendenza e fare blocco con lo SLFP.
Grazie a quel blocco e ai meccanismi elettorali premiali il JVP fece il pieno di voti e ottenne ben 39 seggi in Parlamento. Peggio ancora: il JVP entrò nel governo di coalizione ottenendo quattro ministeri. Da allora ritenemmo un dovere cessare i nostri rapporti stretti col JVP.
Il JVP pagò a caro prezzo la sua partecipazione al governo. Il governo infatti non fece nulla a favore della povera gente, avviò anzi un programma di privatizzazioni e di sacrifici suscitando il malumore della stessa base popolare del JVP. Di conseguenza, nel 2005, con il pretesto che il governo avrebbe dovuto fare di più e meglio in risposta alla sciagura dello tsunami, il JVP uscì dal governo non votando quella che noi chiameremmo la Legge finanziaria. Come conseguenza, all’interno del JVP, iniziò una feroce lotta di frazione che porterà, nel 2008, alla scissione della sua ala destra, ancora più oltranzista e revanchista verso i Tamil. Nascerà il NFF (Fronte della Libertà Nazionale).
Ma non fu una svolta vera, un ritorno ad una posizione indipendente. In occasione delle elezioni presidenziali del novembre 2005, invece di presentare un proprio candidato, il JVP diede indicazione di voto per Rajapakse, ovvero il candidato dello SLFP. Anche stavolta la pietra angolare era la questione Tamil: il JVP non presentò il suo candidato per timore che Rajapakse perdesse, e che quindi vincesse la destra che cercava un accordo con la minoranza Tamil.
Rajapakse vinse infatti di stretta misura. Il gruppo parlamentare del JVP votò il bilancio militare che destinava ingenti risorse alla guerra contro le Tigri Tamil. Sostenne cioè dall’esterno il governo sciovinista.
Era oramai iniziato il declino del partito. Un declino che le urne si incaricarono di svelare nelle sue grandi dimensioni. Alle elezioni provinciali del 2009 (tradizionalmente molto importanti), il JVP subì un vero e proprio tracollo. Aveva 12 seggi nella provincia centrale, li perse tutti quanti. In quella del nord orientale passò da 6 seggi ad uno. Da 23 a 3 in quella occidentale. Da 14 a 3 in quella meridionale, sua roccaforte storica.
Malgrado questi segnali il gruppo dirigente del JVP non ha dato segni di resipiscenza, è anzi andato all’inseguimento degli scissionisti e dell’ondata sciovinista cingalese. Durante tutta la sanguinosa offensiva anti-tamil portata avanti dall’esercito, esso è sempre stato dalla parte della guerra ad oltranza, chiamando apertamente alla vittoria finale sulle Tigri. Vittoria che infatti c’è stata nel maggio del 2009, in un bagno di sangue, con decine di migliaia di morti, centinaia di migliaia di Tamil deportati o chiusi in campi di concentramento. I massacri, tali e tanti, che la questione è finita per essere oggetto d’inchiesta da parte delle Nazioni Unite.
Due i macellai simbolo della carneficina anti-Tamil: il presidente in carica, Rajapakse, e il generale che ha guidato l’esercito cingalese nella sua offensiva finale, “l’eroe di guerra” Fonseka.
Tra i due tuttavia si è aperta subito una sordida lotta per la supremazia e per incassare il premio della vittoria sui Tamil. In vista delle presidenziali del 26 gennaio, il generale ha avanzato la sua candidatura in opposizione a Rajapakse. La destra dell’UNP ha immediatamente sostenuto la candidatura del simbolo della vittoria sulle Tigri, l’“eroe di guerra” Fonseka. Quale è stata la posizione del JVP? Per la seconda volta ha rinunciato ad un suo proprio candidato ma, con un bizzarro capovolgimento di fronte, ha dato indicazione di voto per il generale.macellaio Fonseka. Che tuttavia ha perso.
Ma il fondo è stato toccato solo nelle ultime settimane. Mentre leggete queste note, l'8 aprile si svolgono le elezioni parlamentari. La decisione del JVP è stata quella di non presentare proprie liste. Non solo. Il JVP ha deciso di far parte non soltanto della lista promossa dal generale Fonseka, ma del partito guidato da quest’ultimo: la DNA (Alleanza Democratica Nazionale). Cosa hanno in comune un generale-macellaio (che nella seconda metà degli anni ’80, come ufficiale, combattè in prima linea per sterminare i guerriglieri del JVP) e il JVP? Praticamente nulla, se non l’appello alla piena supremazia dei cingalesi e il rifiuto di ogni soluzione politica equa della vicenda Tamil. Ma questo in Sri Lanka è molto.
E così il JVP ha toccato il fondo della sua parabola politica opportunista.

Sri Lanka - Il Fronte di Liberazione del Popolo (JVP) ha toccato il fondo