Riciclaggio, per Di Girolamo
un compenso da 1,7 milioni di euro
Alcuni dirigenti di Fastweb e di Telecom Italia Sparkle sapevano che le operazioni di telefonia, che hanno consentito di frodare il fisco per 365 milioni di euro, erano irregolari e illecite. Lo ha detto l’ex senatore Nicola Paolo Di Girolamo ai magistrati della procura di Roma che lo hanno interrogato in carcere due giorni fa. «I nomi che ricorrevano e venivano fatti da Carlo Focarelli, ideatore delle operazioni - ha fatto mettere a verbale l’ex parlamentare - erano quelli di Zito, Crudele, Comito, Catanzariti e Mazzitelli. Si tratta delle persone con cui Focarelli diceva di avere contatti operativi per le operazioni di traffico telefonico e immagino che fossero a conoscenza della illiceità delle operazioni». Due le operazioni oggetto di indagine della procura: una denominata ’phuncard’, un’altra definita "traffico telefonico".
Con riferimento alla prima, Di Girolamo ha negato di aver avuto «un ruolo attivo, pure avendo piena consapevolezza della fittizietà delle operazioni. Tutta l’operazione era stata organizzata da Focarelli e da Gennaro Mokbel - ha ammesso l’ex parlamentare -. Focarelli era la persona che aveva le conoscenze tecniche e relazionali che potevano consentire la realizzazione di tutta l’operazione. Ben sapevo che Focarelli aveva coinvolto all’interno della società Fastweb dei dirigenti che erano a conoscenza della reale natura di frode: ma non so delle persone coinvolte». Più dettagli, con tanto di nomi, vengono forniti da Di Girolamo con riferimento all’operazione chiamata "traffico telefonico" «che aveva la medesima natura illecita della prima di cui rappresentava un clone. La necessità di coinvolgere delle società che avessero una grande liquidità ha fatto sì che venisse coinvolta anche la Telecon Italia Sparkle al cui interno, non so se Focarelli o Mokbel, avevano coinvolto alcuni dirigenti. Così come per l’operazione ’Phuncard’ - ha proseguito Di Girolamo - anche per l’operazione "Traffico telefonico" all’interno di Fastweb e Telecom Italia Sparkle vi erano dei dirigenti ben consapevoli della illeceità delle operazioni che consentivano alle società di aumentare in maniera rilevante il loro fatturato e di aver dei margini apparentemente legali di guadagno che giustificavano commercialmente le operazioni stesse».
«Pur non avendo preso parte attiva alla operazione ’Phuncard’, di cui però ero a piena conoscenza, ho ricevuto come compenso la somma complessiva di circa 200mila euro che mi vennero consegnati in contanti». Lo ha ammesso l’ex senatore Nicola Paolo Di Girolamo quando due giorni fa è stato interrogato in carcere dai magistrati della procura di Roma. Altri soldi, però, sarebbero stati intascati dall’ex parlamentare in relazione all’operazione: «Qui la previsione del mio compenso - ha spiegato Di Girolamo - è variata in ragione dei profitti sempre crescenti dell’operazione e si è determinato alla fine nella cifra di circa 4 milioni di euro. In realtà, secondo le decisioni di Mokbel, di tale compenso doveva rimanere come fondo comune per l’acquisizione di partecipazioni in una holding costituita a Singapore, la società contenitrice Runa, la somma di 2 milioni e mezzo di euro, mentre ho ricevuto come quota personale la somma complessiva di un milione e mezzo che mi è pervenuta sulla società Gis (un milione) e sulle società Antiche Officine Campidoglio (500mila). In realtà dalla Runa, che inizialmente è stata dotata di un fondo di circa 5 milioni, non so che operazione è stata realizzata». Ha aggiunto Di Girolamo: «Erano previste circa 10/13 quote di 2 milioni e mezzo di euro ciascuna per la costituzione della Runa; di coloro che dovevano partecipare ciascuno con una singola quota ricordo oltre a me, Mokbel, Ricci, Toseroni, Focarelli, Breccolotti, Murri, Fanella, gli inglesi».
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