(da Il Riformista 24-07-07)
Oltre 260 miliardi di euro di PIL, un bilancio annuale di più di 23 miliardi, rispetto di tutti i parametri di Maastricht, due delle più grandi banche d’Europa. Una rapidissima occhiata al gigante lombardo e al suo peso economico e finanziario in Italia e in Europa mette certamente impressione. Ambrogio, non ha mai nascosto le molte benemerenze del Governo formigoniano in Regione Lombardia, così come non ne ha mai taciuto le pecche. Restiamo tuttavia convinti che il principale fallimento della regione in questi anni, in linea peraltro con il Comune di Milano, sia stata l’incapacità di costruire un’influenza lombarda e una proiezione politica del suo peso economico al di fuori dei propri confini.
Non sfuggono certo i tanti accordi con altre regioni promossi in diverse materie (sanità, ricerca, inquinamento, trasporti) dalla Lombardia, ma senza una loro collocazione coerente entro una visione e un disegno più ampio rischiano di essere poca cosa. Tale clamorosa mancanza nasce innanzitutto dalle difficoltà della classe dirigente politica di questa Regione a comprendere le implicazioni dei grandi fenomeni che caratterizzano i nostri tempi e il loro impatto sul territorio, dall’incapacità di scegliere una traiettoria di sviluppo e perseguirla attraverso l’attuazione di politiche, di concepire la Lombardia come un attore fondamentale nelle dinamiche regionali che stanno attraversando tutto il Continente.
Non si spiegherebbe altrimenti l’imbarazzante silenzio lombardo su tutte le grandi partite infrastrutturali che si stanno giocando alle nostre frontiere: dal Corridoio 5 a ovest (Torino-Lione) come a est (Milano-Venezia-Trieste), al Corridoio 24 a nord (Lötschberg e Gottardo) come a sud (Terzo Valico). Sono anni che gli Svizzeri chiedono, propongono e aspettano. Aspettano risposte dal Governo italiano, ma prima di tutto dalla Lombardia. E non arrivano, perché ciò che interessa alla Lombardia va poco oltre il Mincio e il Lario. Così Malpensa (persistente capolavoro di sempre più inette dirigenze di SEA e di un Comune di Milano che sembra quello di un paesino delle valli quanto a sagacità tattica) che è ancora sconnessa dal suo bacino di riferimento, compresi Canton Ticino e Torino.
A Ovest, Liguri e Piemontesi marciano spediti verso una strutturata convergenza (inizio di una possibile fusione) che trova nella cooperazione tra amministrazioni su sanità, ricerca e formazione, nella comune posizione sul Terzo Valico, nella congiunta candidatura per l’Autorità dei trasporti e nella fusione tra le società energetiche di Torino e Genova i punti di vertice. Una partita, quella sul futuro delle ex municipalizzate, su cui – detto per inciso – Milano (Aem) è ancora il solito gigante economico e nano politico, distrutta dalla pochezza dai nove anni di amministrazione condominiale albertiniana e costretta sulla difensiva se non al silenzio non solo nella ricerca di un accordo con Asm-Brescia, ma proprio in queste ore a rischio di essere scavalcata dall’attivismo di Iride e Acea intorno a Hera.
A Est Galan ha recentemente negato qualsiasi asse con la Lombardia, dichiarando che il destino del Veneto è, invece, nel lavoro con le altre regioni orientali e soprattutto nell’Euroregione transfrontaliera con Friuli, Carinzia, Slovenia, contee istriane della Croazia.
E i lombardi? Silenzio persistente su tutti i fronti. Nord, Ovest, Est, le direttrici della geopolitica lombarda si stanno dunque organizzando, senza o velatamente contro la Lombardia. Un’assenza e un’impotenza che hanno si riflettono anche nella politica politicienne, non solo per la manifesta inconsistenza della sinistra lombarda, ma soprattutto per le mire dell’unica vera guida politica della Regione – Formigoni e il suo clan – ripetutamente frustrate ogni volta che il confronto passa sul piano nazionale.
Si tratta di un’incapacità e un isolamento che hanno in Malpensa il suo simbolo monumentale. Nel fallimento di quel progetto, c’è una responsabilità evidente del gestore, la Sea, e soprattutto del suo azionista di controllo, il Comune di Milano “governato” da Albertini. Ma non è Sea a dover disegnare il quadro strategico in cui inserire Malpensa. È innanzitutto la Regione che deve occuparsi delle infrastrutture di connessione con l’aeroporto. Oggi lo sta facendo, è vero, ma la Grande Malpensa è nata nel 1998. La definizione di lungo periodo dello sviluppo del sistema aeroportuale è in capo alla Regione; puntare su Malpensa può e deve voler dire se è il caso, e lo è, limitare Linate nei collegamenti con gli hub europei concorrenti, frenare Orio nelle low-cost e chiudere la strada alle mire di Montichiari fino a che l’hub non si è consolidato. Non è stato fatto. Un coordinamento con Caselle e il Colombo era necessario. Il dialogo con Torino e con Genova (e con i gestori dei rispettivi aeroporti) era compito primario del Comune di Milano, ma scontando la pochezza della sua Amministrazione, avrebbe dovuto essere la Regione a muoversi e invece non si è mossa. Alitalia non punta su Malpensa perché è irrimediabilmente un’azienda romanocentrica, come ha affermato qualche giorno fa Formigoni di fronte alle voci sul nuovo piano industriale. Vero, ma lo è da sempre, lo sa Formigoni e lo sapeva il suo assessore Cattaneo che di Sea era consigliere d’amministrazione. Perché aspettare l’esito inevitabile dell’agonia di Alitalia (il ritorno su Fiumicino), prima di mettere in atto strategie diverse per procurare a Malpensa un vettore di riferimento disposto a farne il proprio hub?
Il Presidente Formigoni, seguito da una fitta compagnia lombarda di attori istituzionali e non, se l’è molto presa per le linee del nuovo piano industriale Alitalia elaborato dai “romani” Libonati e Schisano. Ma se intendesse davvero incidere, dovrebbe dire chiaramente che chi ha gestito Sea fino a oggi deve andarsene (perché Sea è crea molto valore per i suoi azionisti, ma è un pessimo strumento di sviluppo per la Lombardia); rimetta mano al piano degli aeroporti lombardi per puntare tutto, se ce ne sono ancora tempi e condizioni, su Malpensa e magari “metta naso” nelle vicende Orio-Montichiari-Catullo). Consapevole che sul Milano, anche dopo Albertini, non si può contare. La Moratti tace e anche se parlasse non è questa materia che si risolva con un comunicato stampa del suo pletorico staff di comunicazione.
Gabrio Casati
http://gabriocasati.org/