Quarto Concilio del Laterano (anno 1215)
L'autorità civile «senza peccato può infliggere la pena di morte, purché sia mossa non dall'odio ma dalla giustizia e non proceda senza precauzione ma con prudenza».
Papa Innocenzo III (1198-1216)
“Per quanto riguarda il potere secolare dichiariamo che può esercitare il giudizio di sangue, senza peccato mortale, purché nel portare la vendetta proceda non per odio ma per atto di giustizia, non in modo incauto, ma con riflessione” (DS 795).
San Tommaso d'Aquino (1225 ca.-1274)
"L'uccisione di un uomo [...] può essere ordinata sia all'esecuzione della giustizia [pena di morte] sia all'appagamento dell'ira [vendetta]. […] nel primo caso si avrà un atto di virtù, e nel secondo un atto peccaminoso" ("Summa teologica", I-II, q. 1, a. 3, ad 3).
"Chi deve farlo in forza del suo ufficio può lecitamente punire o anche uccidere i malfattori" ("De caritate", a. 8, ad 10).
Catechismo del Concilio di Trento, detto «Romano» (anno 1566)
"Altra categoria di uccisioni permessa è quella che rientra nei poteri di quei magistrati che hanno facoltà di condannare a morte. Tale facoltà, esercitata secondo le norme legali, serve a reprimere i facinorosi e a difendere gli innocenti. Applicandola, i magistrati non solamente non sono rei di omicidio, ma, al contrario, obbediscono in una maniera superiore alla Legge divina, che vieta di uccidere, poiché il fine della Legge è la tutela della vita e della tranquillità umana. Ora, le decisioni dei magistrati, legittimi vendicatori dei misfatti, mirano appunto a garantire la tranquillità della vita civile, mediante la repressione punitiva dell'audacia e della delinquenza".
Cesare Beccaria (1738-1794)
"quando anche privo di libertà egli [il reo] abbia ancora tali relazioni e tal potenza che interessi la sicurezza della nazione; quando la sua esistenza possa produrre una rivoluzione pericolosa nella forma del governo stabilita. La morte di un cittadino divien dunque necessaria" ("Dei delitti e delle pene", capitolo 28).
Papa Pio XII (1939-1958)
“È riservato al potere civile di privare il condannato del beneficio della vita in espiazione del suo crimine”.
Catechismo della Chiesa Cattolica (1992)
"L'insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell'identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte" (n. 2267).
"Assuming that the guilty party's identity and responsibility have been fully determined, the traditional teaching of the Church does not exclude recourse to the death penalty" (Catechism of the Catholic Church, 1992, n. 2267).