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Discussione: Casa Nostra

  1. #1
    Mé rèste ü bergamàsch
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    Predefinito Casa Nostra

    Prima puntata

    http://www.politicaonline.net/forum/...99#post6258499

    Seconda puntata

    http://espresso.repubblica.it/dettag...55687&ref=hpsp


    Condominio Furbetti

    di Emiliano Fittipaldi e Marco Lillo

    Il figlio di Cossiga, Giuseppe. Il governatore della Calabria Loiero. L'ex direttore Rai Agnes. E poi un generale della Finanza, magistrati... Si allarga lo scandalo 'Casa nostra'.

    Ho dei punti in comune con Pier Ferdinando Casini. Siamo di mezza età, bellocci, separati, e abbiamo avuto due figli dal primo matrimonio. Alla ex moglie lui ha regalato un palazzo, io ho lasciato alla mia il nostro appartamentino. Lui va in chiesa tutte le domeniche, io non ci vado mai. Per tutto il resto lui è un T-Rex e io un topolino. Sto subendo un'ingiustizia incredibile in un paese che si definisce 'di diritto', ma credo ancora nella libertà, nella libertà di stampa. E poi mi chiamo Davide, e forse proprio per questo posso provare a difendermi dai Giganti...

    Davide Morchio, dipendente Assitalia, è il dirimpettaio dell'ex presidente della Camera, che grazie alle cartolarizzazioni tra il 2005 e il 2007 riuscì a comprare per la sua famiglia a buon prezzo un'intera palazzina a via Clitunno. La casa dove vivono Morchio e la sua nuova consorte, dell'ex patrimonio Ina-Assitalia, è invece finita al gruppo Caltagirone. Nonostante il diritto di prelazione, Davide ora deve andarsene, e scrive a tutti chiedendo aiuto. "Per noi è un dramma. Il mio stipendio di agosto non arriva a mille euro, sarebbe dura andare in affitto senza sconto. L'11 settembre arriva l'ufficiale giudiziario per cacciarci, speriamo senza la forza pubblica. Il Quirinale qualche settimana fa è intervenuto chiedendo al commissariato di zona di non esasperare gli animi. Ma ora c'è un nuovo ufficiale che ha spodestato il precedente, considerato troppo morbido dai Giganti.

    L'acquisto di immobili a prezzi di favore per politici, ministri e sindacalisti ha sempre un rovescio della medaglia. Gli inquilini normali, se non hanno la fortuna di finire in una vendita collettiva, difficilmente hanno gli stessi trattamenti di favore riservati ai vip. Con i nuovi proprietari il canone schizza alle stelle, i prezzi al metro quadro diventano 'di mercato': l'affare diventa un'esclusiva della nomenclatura. Scavando scavando, di nomi eccellenti che hanno comprato casa da enti pubblici a prezzi stracciati ne spuntano in continuazione, come funghi. La capitale dello scandalo è Roma: oltre la metà degli alloggi (il 52,4 per cento) piazzati con la maxi-dismissione della Scip2 sono infatti localizzati nella capitale. Al secondo posto, ben distaccata, Milano (con l'8,5 per cento degli alloggi), poi Bologna (3), Napoli (2,9) e Genova (2,5). La scorsa settimana 'L'espresso' raccontava l'acquisto da parte del presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga di un appartamento in via Quirino Visconti, a Prati. Il senatore a vita ha comprato da Initium (società partecipata da Generali e Lehman Brothers che aveva rilevato in precedenza l'immobile dall'Assitalia), facendosi accompagnare dal notaio dal figlio Giuseppe. Ma lo stesso giorno (il 10 maggio 2004) e con lo stesso notaio, Giuseppe, oggi deputato di Forza Italia, riusciva ad acquistare anche un appartamento per sé: 6,5 vani catastali più una cantina di 47 metri quadri in via Visconti, due portoni dopo quello di papà, per circa 590 mila euro.

    Un ottimo affare. Un colpaccio lo mette a segno anche Agazio Loiero, ex ministro mastelliano e attuale governatore della Calabria. In comunione con la moglie acquista a giugno del 2005 il suo appartamento a via Guglielmo Calderini (un terzo piano con ingresso, salone doppio, tre camere, cucina, tre bagni e due balconi) per soli 189 mila euro. La vendita, va sottolineato, è collettiva: la Scip svende i 13 appartamenti dell'immobile e fa felici anche altri inquilini.

    I privilegi non sono solo appannaggio di pezzi da novanta della politica (da Mastella a Veltroni, da Baccini a Pionati), ma anche di giornalisti, magistrati, persino di rappresentanti delle forze armate. Il caso del generale della Guardia di finanza Michele Adinolfi è paradigmatico. Da Initium il finanziere, uno degli uomini di fiducia dell'ex ministro del Tesoro Giulio Tremonti, nel settembre del 2004 compra un attico a viale Aventino, di otto vani e mezzo, più due cantine e un box auto. Nel pacchetto (il generale e la moglie hanno speso 702 mila euro, ben al di sotto del prezzo di mercato: la zona è tra le più care di Roma) finisce anche un appartamento di quattro vani al piano terra. Particolare curioso: sui balconi ci sono due verande di vetro e alluminio costruite abusivamente (risultano agli atti domande di condono nel 1986 e nel 1995), ma anche il generale, comandante del I Reparto del Corpo, sfrutta la sanatoria voluta dal governo Berlusconi.

    Per chiudere i conti con il catasto invece di smontare l'illecito fa domanda di sanatoria pagando circa 3.500 euro. Nella lista di chi ha comprato a prezzi stracciati ci sono anche due alti magistrati. Italo Ormanni, procuratore aggiunto e coordinatore della Dda della Procura di Roma, nel 2005 ha comprato dalla Scip un appartamento ex Inpdap per 120 mila euro: 4,5 vani catastali più cantina a due passi da Trastevere. "Un'ottantina di metri quadri", diceva al 'Giornale' nel 1995. La vendita è collettiva, ma il prezzo medio è molto al di sotto rispetto a quelli di mercato. Si sarà mangiato le mani Massimo D'Alema: prima che lo scandalo Affittopoli costringesse il futuro vicepremier a cambiare casa, anche lui alloggiava nello stesso palazzo. A occhio e croce ha perso una plusvalenza potenziale da 200 mila euro. Pietro Grasso, capo della Direzione nazionale antimafia, approfitta invece di una vendita collettiva dell'Inpdap in zona Eur: nel 2001 5,5 vani catastali più cantina e box vengono comprati dal pm per circa 120 mila euro. Il paradosso è che gli appartamenti 'popolari' della palazzina finiscono anche ad alti dirigenti degli Aeroporti di Roma, all'ex vice procuratore della Corte dei conti Nunzio Piazza e alla moglie di Antonio Germani, il notaio che firma alcuni atti di vendita collettiva dell'Inpdap.

    Anche i giornalisti hanno puntato sugli enti previdenziali. A parte Giuliano Ferrara, proprietario dal 2003 di sei vani con terrazzo a Testaccio (886 mila euro), il 'pensionato' Biagio Agnes (così è definito nell'atto di vendita l'ex direttore generale della Rai) all'inizio del 2004 ha comprato a via della Farnesina un appartamento su due piani (il quinto e il sesto) di ben 14 vani catastali, per poco più di un milione di euro. Un colpo di mercato non da poco dovuto, secondo gli esperti, alla cattiva gestione della Scip delle case ex Inps. Una svendita che ha permesso ad Agnes di inserire nello stesso pacchetto anche una cantina (36 metri quadri) e un box auto.

    Nulla di nuovo.
    Tutte le cartolarizzazioni, ha attaccato la Corte dei conti in un'indagine sulle cessioni di Stato effettuate nel periodo 1999-2005, sono state condotte in maniera "opaca", con obiettivi "tutt'altro che chiari". In riferimento agli immobili i giudici sono ancora più drastici. A parte disabili e anziani, nelle cessioni si sono considerati asetticamente gli inquilini come un blocco unico, come "fasce sociali deboli per il fatto stesso di non essere proprietari dell'immobile abitato". La concessione dello sconto non è stata infatti subordinata o graduata all'accertamento del livello reddituale e patrimoniale del beneficiario: gli acquirenti si sono trovati così "ad avere nel momento giusto una conoscenza privilegiata di mercati pubblici di locazione immobiliare di nicchia".

    Gli inquilini fortunati e i vip con entrature politiche hanno goduto di sconti che, rispetto alla stima iniziale fatta dal governo, hanno fatto perdere alle casse pubbliche 3,48 miliardi di euro. Anche le statistiche sulle vendite non vanno faville: per ora, secondo l'indagine della Corte, su oltre 90 mila unità immobiliari messe sul mercato meno di un terzo è stata acquistata (dati 2005). Lo studio non fa cenno alla dismissione delle case del Comune di Roma, con scandali finiti in decine di interrogazioni parlamentari. "Per ora nessuno indaga seriamente. La storia dei 320 immobili destinati ad associazioni non profit è, per esempio, incredibile", racconta il presidente di Oikos, Enzo Minissi: "Dopo 12 anni solo 78 appartamenti sono identificabili, mentre gli altri sono praticamente spariti, assegnati forse ai soliti noti a canoni ridicoli. Sono occupazioni illecite, temiamo, di case di gran pregio: basti pensare a un appartamento a piazza Navona dato a una fantomatica associazione Rostropovich, o a una casa a piazza Esedra intestata agli Ex alunni del liceo Avogadro di Chieti. In entrambi i casi niente targa, telefono, citofono".

    Nessun nome identificabile nemmeno sul citofono del complesso di via delle Tre Madonne, una serie di palazzine nel cuore dei Parioli un tempo di proprietà dell'Ina. Decine di appartamenti di lusso finiti in blocco, dopo un giro vorticoso di acquisti e cessioni, nel portafoglio della Milano Assicurazioni, controllata a sua volta dalla Fondiaria del gruppo Ligresti. Le varie targhette senza nome (è segnato solo il numero dell'interno) nascondono però un pezzo di italica nomenclatura.

    Qui vive da molti anni l'ex ministro Rocco Buttiglione insieme alla sua famiglia. In affitto, con diritto di prelazione all'acquisto. Qui vive anche Chiara Geronzi (gli inquilini dicono abbia preso in fitto tre appartamenti, di cui due attici, per circa 900 metri quadri). Da poco è arrivato anche Marco Cardia, il figlio del presidente della Consob Lamberto, mentre il forzista Beppe Pisanu è di casa, visto che viene sempre a trovare figlio e nipotini. Un palazzo di vip. Fondiaria, di vendere, sembra però non pensarci nemmeno. "Quando scadono i contratti di locazione dei vecchi inquilini", dice l'avvocato Antonio Jezzi, che è l'unico ad aver vinto la causa per ottenere il riconoscimento del diritto di prelazione, "i nuovi proprietari li cacciano senza scrupoli per mettere i loro amici. Che non hanno alcuna intenzione di comprare: qui conviene stare in affitto, soprattutto se i prezzi sono inferiori a quelli di mercato".

    ha collaborato Laura Venuti

    (06 settembre 2007)

  2. #2
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    Predefinito Il silenzio della Casta

    Era un saraceno infuriato, Massimo D'Alema. Ma come al solito, anzi, più del solito, la sua furia era del genere freddo, senza urla né gestacci. Sedeva sul palco del Teatro Parioli con la mano destra schiacciata ad artiglio dentro il divano azzurro. E a ogni parola, scrisse un cronista dell'epoca, le unghie vi affondavano sempre di più. Come se quel cuscino, dove la sera prima stavano i pregevoli glutei di Miss Italia, potesse trasformarsi nel collo morbido di qualcuno. Un collo, aggiungo io, da strozzare.

    Quella sera, il martedì 5 settembre 1995, Max era da quattordici mesi segretario del Pds. Aveva 46 anni, e il capello e il baffo intensamente neri. Davanti a lui troneggiava un Maurizio Costanzo di taglia fortissima: il padrone di casa, la casa del Costanzo Show. La balia astuta non aveva bisogno d'incitare il pargolo. Infatti, D'Alema fece tutto da solo. Annunciò che aveva deciso di lasciare l'appartamento ricevuto in affitto da un ente pubblico, l'Inpdap, a equo canone (633 mila lire mensili, 327 euro di oggi, per 185 metri quadrati). E che si sarebbe cercato una casa nuova. Stroncando la polemica che lo riguardava.

    Erano i tempi di Affittopoli, lo scandalo messo a nudo da Vittorio Feltri, che allora dirigeva 'il Giornale'. Fu magistrale la mossa di D'Alema. Anche se non tappò la bocca a noi giornalisti che, diceva lui, gli davamo la caccia. Una brutta razza, "barbarica", dedita alla "cultura della violenza e dell'intimidazione". Insomma, "squadrismo a mezzo stampa", come scrisse su 'Repubblica'. Un'accusa, quest'ultima, che il compagno Max aveva copiato da un avversario ormai al tappeto, Bettino Craxi. Che qualche anno prima s'era spinto a bollarci come "squadristi della carta stampata".

    D'Alema forse non lo sapeva. Ma noi dello squadrismo cartaceo godevamo nell'ascoltare la sua reprimenda. Anche perché ci veniva dal politico più tosto di quel momento. E nel godere, ci fregavamo le mani, aspettando che qualche altro dei big coinvolti si presentasse da Costanzo per annunciare che pure lui lasciava l'alloggio privilegiato. Però nessuno si presentò. E nessuno abbandonò la casetta sua.

    Adesso, dodici anni dopo, la storia si ripete in peggio. Non è più questione di affitti, ma di acquisti sul velluto. Sempre da parte di boss politici o di signori dello stesso giro, che hanno comprato casa da enti pubblici. E a prezzi che il cittadino qualunque immagina soltanto nei sogni. 'Casa nostra' era il titolo beffardo, ma del tutto sacrosanto, de 'L'espresso' che ha scovato la faccenda. Su questo numero leggerete la seconda puntata della storiaccia. Ma non sperate di vedere un'eccellenza del calibro di D'Alema presentarsi a uno show televisivo per annunciare che rinuncia all'acquisto e restituisce l'immobile.

    Perché questa fuga dalle telecamere, per rifugiarsi in macchinose rettifiche? A parere del Bestiario, c'è una ragione evidente. In dodici anni, e pur nel succedersi di governi diversi, il ceto partitico italiano ha subito due mutazioni profonde. Ha visto indebolirsi in modo pauroso il suo prestigio tra i milioni di cittadini che ancora seguono la politica. E nello stesso tempo si è rinchiuso nei propri castelli, negando al popolo bue anche la più piccola autocritica.

    Insomma, oggi siamo di fronte a un mostro che nel 1995 non era ancora apparso all'orizzonte: la Casta. Che cos'è una casta? È un gruppo sociale chiuso che si considera, per nascita o per condizione, separato dagli altri gruppi e che si attribuisce speciali diritti e privilegi. Ma 'La Casta' è anche il titolo di un libro di due eccellenti giornalisti, Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo. L'ha pubblicato Rizzoli e oggi viaggia verso il milione di copie vendute.

    Il 19 aprile, dopo la prima giornata del congresso Ds a Firenze, nel prendere un caffè insieme, Stella mi aveva parlato del libro che stava per uscire. Da uomo con i piedi per terra, sperava in un buon successo, ma niente di più. Gli dissi che il titolo era formidabile. E avrebbe incontrato un sentimento popolare diffuso: di fastidio, di rifiuto, di astio e spesso di rancore per una classe di feudatari sempre più impuniti e inconcludenti. Per questo, il loro libro era quello giusto e nel momento giusto.

    Però la Casta ha continuato a fare spallucce. Compra case a prezzo di favore e se ne sbatte. Ci manda qualche lettera di rettifica, però non lascia il malloppo. Ma di solito se ne sta zitta, obbedendo a un vecchio detto mafioso: chinati giunco finché la piena non passa. Lo stesso fanno gli enti che hanno svenduto tante belle case.

    Al punto che oggi, nonostante l'ostinazione de 'L'espresso' e di pochissimi giornali arrivati di rincalzo, sappiamo ancora ben poco di quello che è accaduto. Quanti sono i compratori eccellenti? Quanti sacchi di euro ci hanno rimesso i venditori? Silenzio. Non è vero che viviamo nell'iper-informazione. Siamo nell'epoca del sasso in bocca.

    La Casta si muove così per due ragioni. La prima è che pensa di essere ancora forte, fortissima. Per questo se ne sta rintanata nei propri manieri. E sbarra le porte, alza i ponti levatoi, schiera sugli spalti i suoi armigeri. Siamo in presenza dell'unico, vero potere bipartisan. Dove s'incontrano tutte le famiglie della Casta: destra, centro, sinistra.

    Nei loro fortini, le famiglie stringono patti di ferro, si dividono i bottini, fanno bisboccia, impartiscono ordini ai giornali e alla televisione. E così facendo degradano la democrazia in autocrazia. I cittadini senza potere strillano? Lasciamoli strillare. Sono soltanto dei qualunquisti, dei drogati di antipolitica, dei poveri fessi che s'illudono di fare breccia dentro muraglie più solide di quella cinese. Dunque, non meritano nessuna risposta, ma soltanto il silenzio.

    Ma proprio il silenzio della Casta ci apre uno spiraglio sul secondo motivo che spiega la tenacia cocciuta di tante bocche chiuse. E che rivela la crepa nascosta nell'imponente apparato difensivo dei i partiti. Il motivo è che la Casta ormai sa che qualunque cosa possa dire non viene più creduta da un numero crescente di italiani. I cardinali e i vescovi di questa o quella chiesa politica seguitano a celebrare le loro messe cantate nei loro costosi festival, a Telese come a Bologna. I fedeli chiamati ad applaudirli, applaudiranno. Ma gli italiani rimasti fuori da quei recinti non staranno ad ascoltarli. Certi di aver udito un bla bla bugiardo.

    Siamo alla pena del contrappasso per chi ha usato male il potere che gli era stato affidato. Mi hai fregato e io non ti credo più. È una regola spietata che vale anche per 'Casa nostra'. Ammesso che ci sia qualche big in grado di spiegare un acquisto del tutto limpido, pure questa perla rara perderà il proprio tempo in rettifiche inutili, in lettere senza peso, in querele che spariranno nel mare di denunce civili e penali che ormai sommerge tutti i giornali italiani.

    E a proposito della carta stampata, c'è un'altra illusione della Casta che sta svanendo. Certo, i giornali possono anche essere 'silenziati', come mi disse un giorno un cinico big della sinistra. È accaduto per 'Casa nostra', come avvenne dodici anni fa per Affittopoli. Ma non si può silenziare tutta la stampa. Ci sarà sempre qualche giornale che rifiuta di tenere la bocca chiusa. E anche una sola voce, o due o tre voci come nel caso di oggi, basterà per mettere in piazza le mutande sporche di tanti baroni della Casta.

    Questi baroni hanno un vizio che al Bestiario sembra spregevole. Sono sempre pronti a pontificare contro una campagna giornalistica, un libro, un'opinione che non stanno al loro gioco. Fanno i sapientoni. S'imbarcano in lezioni sussiegose. Colpevolizzano il reprobo. Lo indicano ai loro clienti come un cattivo soggetto, un nemico della buona politica, un falsario della storia. Ma sono proprio i baroni della Casta a cascare malamente dal pero. E a rivelarsi per quello che sono: mediocri, impudenti e suicidi.

    Tuttavia, alla fine della fiera si apre un problema che riguarda tutti. Certo, il dramma italiano è che nessuno della Casta politica è più credibile. Il palazzo dei partiti è in mano a una sterminata banda di vu cumprà che spaccia merce falsa. Ma allora da chi è possibile comprare merce buona? In altre parole, a chi dobbiamo credere e affidare la guida di questa repubblica da rifare? Confesso di non saperlo. E mi rendo conto di essere, come tanti, di fronte a un grande vuoto. O meglio, a un abisso dentro il quale non voglio guardare. Perché il suo buio mi fa paura.

    Giampaolo Pansa

    http://espresso.repubblica.it/dettag...-Casta/1757448

 

 

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