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  1. #101
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    Citazione Originariamente Scritto da Aganto Visualizza Messaggio
    Ridi ridi... Il caso reale è quello dei salvati per via straordinaria.

    Stante questo, capitasse anche una sola, rimane evidente che la carità, in quanto tale, per sua natura, può sussistere senza la fede.

    Mi sa che non c'hai capito molto, pertanto ti saluto che è notte fonda.
    Chi ti dice che non avrei capito molto? Non può essere il contrario?
    Ti ho citato molti autorevoli testi, compreso il Magistero della Chiesa ed un ottimo testo di teologia dogmatica, e nonostante questo continui con le tue teorie "moderniste", mi sa tanto che a non capirci sia tu piuttosto che io.

  2. #102
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    Non esistono martiri non cattolici, esistono delle persone cristiane non cattoliche che sono morte per Cristo, ma il nome martiri a stretto rigore è usato solo per i cattolici. E' vero che non si può amare quello che non si conosce.
    Nessun Santo ha mai negato qualche verità di Fede definita dalla Chiesa, anche se qualcuno di essi in perfetta buona fede poteva benissimo avere dei dubbi su questioni non ancora definite.

    Visto però che, partendo da verità e amore, si è giunti a parlare delle virtù teologali, mi permetto di ricordare, a proposito di esse, una cosa che mi ha sempre incuriosito molto, e cioè che coloro che raggiungono il paradiso perdono sia la fede che la speranza, ma continuano ad avere la carità.
    E' vero, è quello che afferma anche San Tommaso d'Aquino e San Paolo nel suo inno alla Carità.
    Per quanto riguarda la salvezza di coloro che non sono cattolici riporto quanto afferma il compendio del CCC:

    171. Che cosa significa l'affermazione: «Fuori della Chiesa non c'è salvezza»?
    846-848
    Essa significa che ogni salvezza viene da Cristo-Capo per mezzo della Chiesa, che è il suo Corpo. Pertanto non possono essere salvati quanti, conoscendo la Chiesa come fondata da Cristo e necessaria alla salvezza, non vi entrassero e non vi perseverassero. Nello stesso tempo, grazie a Cristo e alla sua Chiesa, possono conseguire la salvezza eterna quanti, senza loro colpa, ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, ma cercano sinceramente Dio e, sotto l'influsso della grazia, si sforzano di compiere la sua volontà conosciuta attraverso il dettame della coscienza.
    Sulle altre Chiese e comunità cristiane, il CCC afferma che:

    817 Di fatto, “in questa Chiesa di Dio una e unica sono sorte fino dai primissimi tempi alcune scissioni, che l'Apostolo riprova con gravi parole come degne di condanna; ma nei secoli posteriori sono nati dissensi più ampi e comunità non piccole si sono staccate dalla piena comunione della Chiesa cattolica, talora non senza colpa di uomini d'entrambe le parti” [Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 3]. Le scissioni che feriscono l'unità del Corpo di Cristo (cioè l'eresia, l'apostasia e lo scisma) [Cf ⇒ Codice di Diritto Canonico, 751] non avvengono senza i peccati degli uomini:
    *
    Ubi peccata sunt, ibi est multitudo, ibi schismata, ibi haereses, ibi discussiones. Ubi autem virtus, ibi singularitas, ibi unio, ex quo omnium credentium erat cor unum et anima una - Dove c'è il peccato, lì troviamo la molteplicità, lì gli scismi, lì le eresie, lì le controversie. Dove, invece, regna la virtù, lì c'è unità, lì comunione, grazie alle quali tutti i credenti erano un cuor solo e un'anima sola [Origene, Homiliae in Ezechielem, 9, 1].
    *
    818 Coloro che oggi nascono in comunità sorte da tali scissioni “e sono istruiti nella fede di Cristo. . . non possono essere accusati del peccato di separazione, e la Chiesa cattolica li abbraccia con fraterno rispetto e amore. . . Giustificati nel Battesimo dalla fede, sono incorporati a Cristo e perciò sono a ragione insigniti del nome di cristiani e dai figli della Chiesa cattolica sono giustamente riconosciuti come fratelli nel Signore” [Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 3].
    *819 Inoltre, “parecchi elementi di santificazione e di verità” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 8] “si trovano fuori dei confini visibili della Chiesa cattolica, come la Parola di Dio scritta, la vita della grazia, la fede, la speranza e la carità, e altri doni interiori dello Spirito Santo ed elementi visibili” [Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 3; cf Id. , Lumen gentium, 15]. Lo Spirito di Cristo si serve di queste Chiese e comunità ecclesiali come di strumenti di salvezza, la cui forza deriva dalla pienezza di grazia e di verità che Cristo ha dato alla Chiesa cattolica. Tutti questi beni provengono da Cristo e a lui conducono [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 3] e “spingono verso l'unità cattolica” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 8].
    Per quanto riguarda la salvezza della persona, se uno nega consapevolmente anche una sola verità e, persistendo in questo stato miserevole, muore in quello stato, allora si auto-esclude dalla comunione con Dio.
    Il motivo è chiaro: negando anche una sola verità di Fede, l'uomo sta facendo di Dio rivelatore un bugiardo.
    Il cattolico crede a tutte le verità di Fede allo stesso modo perché le ha tutte rivelate Dio. Non si può fare la selezione: questa è più importante le la credo, questa è meno importante non la credo. Non ha senso un discorso del genere.

    CIAO

  3. #103
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    La divisione dei cristiani indebolisce la testimonianza, ricorda il Papa

    Ricevendo in udienza una delegazione mennonita


    CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 19 ottobre 2007 (ZENIT.org).- La divisione dei cristiani indebolisce la testimonianza che essi offrono a Cristo e al suo Vangelo, ha affermato il Papa.

    Ricevendo questo venerdì in udienza una delegazione della Mennonite World Conference (Conferenza Mennonita Mondiale), il Pontefice ha ricordato che cattolici e mennoniti hanno iniziato ad avere contatti reciproci “dopo secoli di isolamento” “nello spirito ecumenico degli ultimi tempi”.

    Il Papa ha infatti rammentato che i leader della Conferenza Mennonita Mondiale hanno accettato l’invito di Giovanni Paolo II ad unirsi a lui ad Assisi sia nel 1986 che nel 2002 per pregare per la pace mondiale.

    “Sono lieto che gli officiali del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani abbiano risposto al vostro invito di assistere alle vostre assemblee mondiali nel 1997 e nel 2003”, ha osservato.

    “Visto che è Cristo stesso che ci chiama a ricercare l’unità cristiana, è del tutto giusto e appropriato che i mennoniti e i cattolici siano entrati in dialogo per comprendere le ragioni del conflitto sorto tra di noi nel XVI secolo”, ha spiegato il Papa.

    “Comprendere è il primo passo verso la soluzione”.

    Benedetto XVI ha quindi ricordato che il rapporto di tale dialogo, pubblicato nel 2003 e attualmente allo studio in vari Paesi, “ha posto un’enfasi speciale sul fatto di sanare la memoria”.

    I mennoniti, ha sottolineato, “sono ben noti per la loro forte testimonianza cristiana alla pace in nome del Vangelo, e nonostante secoli di divisione il rapporto sul dialogo ‘Chiamati Insieme ad essere Costruttori di Pace’ ha mostrato che abbiamo molte convinzioni in comune”.

    “Entrambi sottolineiamo che il nostro lavoro per la pace è radicato in Gesù Cristo”, e che “la riconciliazione, la non violenza e l’attiva promozione della pace appartengono al cuore del messaggio evangelico”.

    “La nostra continua ricerca dell’unità dei discepoli del Signore è di estrema importanza”, ha dichiarato il Vescovo di Roma.

    “La nostra testimonianza verrà indebolita finché il mondo vedrà le nostre divisioni”, ha denunciato.

    “Ciò che ci spinge a ricercare l’unità dei cristiani è la preghiera di nostro Signore al Padre: ‘Siano una sola cosa… perché il mondo creda che tu mi hai mandato’ (Gv 17, 21)”.

    “Spero che la vostra visita possa essere un altro passo verso la comprensione e la riconciliazione reciproche”, ha concluso il Santo Padre.

    La Chiesa mennonita deve il suo nome a Menno Simons (1496-1561), sacerdote cattolico olandese nato a Witmarsum – in Frisia –, che nel 1536 si converte all'anabattismo, e dà origine a una tradizione rigorosamente pacifista, che si è tradotta oggi in un impegno per la pace nel mondo.

    Cruciale per l'identità mennonita, insieme al pacifismo, è l'idea della separazione tra Chiesa e Stato, che costituisce peraltro un'eredità più generale della Riforma radicale.

    Fonte: Zenit, 19.10.2007

  4. #104
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    Predefinito Signore, perdona loro perché non sanno quel che dicono ...

    Andrea Riccardi: l'incontro di Napoli, vaccino contro lo scontro tra le civiltà

    Dichiarazioni del fondatore della Comunità di Sant'Egidio


    ROMA, venerdì, 19 ottobre 2007 (ZENIT.org).- Il dialogo interreligioso, come quello che verrà vissuto a Napoli dal 21 al 23 ottobre , è una risposta allo scontro tra le civiltà, afferma il professor Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio.

    L'incontro, che sarà inaugurato domenica da Benedetto XVI, è stato convocato da questa nuova realtà ecclesiale al fine di proseguire lo “spirito di Assisi” che ha animato la prima Giornata di Preghiera dei Leader religiosi tenutasi nella città di San Francesco il 27 ottobre 1986.

    "Per un mondo senza violenza, religioni e culture in dialogo" è lo slogan che radunerà nella città partenopea ad alcuni delle più rappresentative autorità religiose del pianeta.

    In un intervista concessa a ZENIT, Andrea Riccardi ha confessato che il libro di Samuel P. Huntington sullo scontro di civiltà "va preso molto sul serio".

    "Sono rimasto colpito dal fatto che il libro sia stato molto venduto nel mondo arabo. Ed ha avuto anche il favore di certi ambienti fondamentalisti, perché forse dice quello che molti vogliono sentirsi dire: è lo scontro la nostra condizione? E quello che è accaduto l’11 settembre è la riprova che Huntington aveva ragione?".

    "Io credo che siamo in un quadro di difficoltà, ma in questo quadro abbiamo la responsabilità di inventare un modello o di farlo uscire dalla realtà, e questo modello è – io dico – la civiltà del convivere".

    A questo tema, Riccardi ha dedicato il suo libro intitolato "Convivere", editore Laterza.

    "Ci sono civiltà diverse, ci sono religioni diverse, non c’è una civiltà universale, perché con la globalizzazione la civiltà occidentale non è diventata una civiltà universale", ha continuato.

    "Anzi, proprio nel libro parlo di questo processo di globalizzazione di fronte a cui sorgono dal passato le identità – ha aggiunto –. Proprio perché davanti alla globalizzazione siamo tutti nudi e vogliamo vestirci con i nostri abiti colorati".

    "E quindi, le identità esistono, le civiltà esistono, le culture esistono, le nazioni esistono, le religioni non moiono. Ma come è possibile che la secolarizzazione non abbia vinto? Il mondo non è una grande Francia, dove c’è più modernità e meno religione".

    "C’è una grande domanda religiosa dovunque, anche in Europa. Allora il problema è non di distruggere l’identità ma di vivere insieme", ha osservato.

    "Io credo che la laicità sia un modello di convivenza che riguarda un pugno di Paesi: la Francia, la Spagna, l’Italia, il Portogallo, e pochi altri. È un modello interessante e importante, ma io sono convinto che non è la cosa piú intelligente che possono fare i Paesi europei quella di dividersi tra laici e credenti, perche credo che i nostri Paesi abbiano bisogno del 'ressourcement' per usare una parola francese, di andare alle origini, alle sorgenti del loro stesso discorso religioso".

    "Secondo me è sciocco dividersi sul discorso religioso – ha poi commentato –. Bisogna capire che la vita religiosa è una delle componenti importanti della nostra identità. Naturalmente, non l’unica".

    La risposta sta nella "civilità del convivere", cioè "la capacità di vivere insieme di mondi diversi e di fondersi".

    "Da molti anni parlo del meticciato, che nasce in Messico con quella prima grande globalizzazione che è la conquista dell’America", ha ricordato.

    Questa convivenza, ha aggiunto, poggia sul dialogo, che non va però inteso come “perdita della propria identità".

    "Il dialogo senza identità non esiste. Quindi il dialogo richiede una grande identità, e dialogare non è di per sé un’identità. Se io e lei dialoghiamo è perché lei mi rappresenta qualcosa e io li rappresento qualcosa".

    "La seconda cosa che vorrei dire è che ciascuno ha molte identità – ha proseguito –. Io sono cattolico e mi definisco come tale, ma dentro di me c’è l’eredità laica, nel mio essere cristiano c’è implicitamente una tradizione ebraica, c’è l’esperienza di contatto con una cultura laico-socialista, e possiamo continuare".

    "Qualcuno di noi sceglie cosa vuole essere, ma in questa identità la purezza è un mito, e tante volte un mito pericoloso – ha osservato –. È pericoloso il mito che i fondamentalisti inventano e il fondamentalismo è una grande semplificazione".

    Per questo motivo Riccardi ha detto di rifiutare con forza il "relativismo", per il quale non ci sono verità.

    "Il relativismo è quello di un mondo senza storia, di un mondo che non ha fatto i conti con la tradizione, da dove veniamo. Questo secondo me è il grande punto".

    "L’abbaio della modernità europea è quello di non fare i conti con la tradizione. Io credo che dobbiamo fare i conti con la tradizione, e quindi il discorso del relativismo è con frequenza un discorso costruito in laboratorio", ha poi concluso.

    Fonte: Zenit, 19.10.2007

  5. #105
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    Predefinito

    […]Di qui il frequente indire che fanno, con notevole intervento di persone, di congressi, riunioni, conferenze cui sono indifferentemente invitati a discutere infedeli di ogni gradazione e cristiani e perfino infelici apostati da Cristo che ne ripudiano con pertinace ostinazione la natura e missione divina.
    Simili tentativi non possono in nessun modo riscuotere l’approvazione dei cattolici, fondati come sono sul falso presupposto che tutte le religioni siano buone e lodevoli in quanto tutte, pur nella diversità dei modi, manifestano e significano ugualmente quel sentimento, a chiunque congenito, che ci rivolge a Dio e ci rende ossequienti nel riconoscimento del suo dominio.
    Teoria questa non solo erronea e ingannatrice, ma che attraverso una deformazione del vero concetto religioso conduce insensibilmente chi la professa al naturalismo ed all’ateismo. E’ chiara quindi la conseguenza: aderendo ai fautori di tali teorie e tentativi ci si allontana del tutto dalla religione rivelata da Dio.
    3. Ma dove parvenze di bene ingannano più facilmente parecchi è quando si tratta di promuovere l’unità fra tutti quanti i cristiani. Si sente ripetere con insistenza che, non solo è giusto, ma doveroso che quanti invocano il nome di Cristo si astengano da reciproche recriminazioni e si stringano una buona volta in vincoli di vicendevole carità.
    E chi oserebbe sostenere di amar Gesù Cristo, senza impegnar tutte le proprie forze per contribuire alla realizzazione di uno dei voti di Lui, quando pregò il Padre perché i suoi discepoli fossero "una cosa sola?".
    E lo stesso Gesù non diede ai propri fedeli quasi come distintivo l’amore reciproco: "Da questo tutti vi conosceranno per i miei discepoli: dall’amarvi l’un l’altro?" E magari aggiungono fossero tutti i cristiani "una cosa sola"; ben maggiore sarebbe la resistenza alla peste dell’empietà il cui quotidiano diffondersi ed imporsi minaccia di paralizzare la Buona Novella.
    4. Queste e simili sono le ragioni che espongono non senza ampliarle, i cosiddetti pancristiani. E non è da credere che costoro siano pochi e raccolti in rari gruppi: si sono invece moltiplicati per così dire in fitta schiera e riuniti in società di vasta diffusione, rette specialmente - benché composte di credenti di varie confessioni - da acattolici.
    Il lavoro a questo scopo è talmente attivo che in vari luoghi ha guadagnato la pubblica opinione e parecchi fra gli stessi cattolici sono presi dal miraggio e dalla speranza di simile unione, tanto più che essa sembra rispondere ai desideri di Santa Madre Chiesa, uno dei cui voti più antichi è di richiamare e ricondurre nel proprio seno i figli che l’han disertata.
    Eppure sotto codeste attrattive e lusinghe si nasconde un gravissimo errore che scalzerebbe dalle basi il fondamento della Chiesa cattolica. Perciò la consapevolezza del Nostro dovere apostolico ci impone di vigilare a che il gregge del Signore non cada vittima di pericolose fallacie, e contro tanto male sollecitiamo, venerabili fratelli, la vostra diligenza.
    Voi avvicinerete - ne siamo sicuri - con il più facile mezzo dello scritto e della parola, il popolo e ne sarete compresi nella spiegazione degli argomenti e principi che stiamo per esporre.
    Non mancherà così ai cattolici una precisa norma di pensiero e di azione per saper come regolarsi rispetto a iniziative tendenti a procurare in qualsivoglia modo l’unione in un corpo solo di tutti i cristiani.[…]
    […] è evidente che non può la Sede Apostolica prendere parte a queste riunioni né è permesso in alcun modo ai cattolici aderire o prestar l’opera propria a tali iniziative; cosi facendo attribuirebbero autorità ad una falsa religione cristiana, assai diversa dall’unica Chiesa di Cristo. […]
    Pio XI, Mortalium animos

  6. #106
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    Predefinito Per un autentico ecumenismo

    BENEDETTO XV

    BREVE

    CUM CATHOLICAE ECCLESIAE

    IL VESCOVO BENEDETTO,
    SERVO DEI SERVI DI DIO.
    A PERPETUA MEMORIA


    Poiché la verità della Chiesa cattolica risplende principalmente per la sua unità, nulla è più auspicabile che gli uomini strappati infelicemente dalle braccia di questa Madre ritornino finalmente a Lei, con pensieri e propositi corretti. I Romani Pontefici Nostri Predecessori, particolarmente per quanto riguarda lo scisma d’Oriente non hanno mai cessato, in ogni tempo, sia con l’autorità dei Concilii, sia con paterne esortazioni, sia anche indicendo preghiere, di adoperarsi con tutte le forze affinché quelle popolazioni Cristiane, così numerose e nobili, potessero professare con un cuore solo e un’anima sola l’antica fede dalla quale si sono miseramente separati.

    Pertanto abbiamo approvato con tanto fervore la preghiera che qui presentiamo e che si propone lo scopo che i popoli Cristiani d’Oriente costituiscano nuovamente un unico ovile con la Chiesa Romana e siano diretti da un unico Pastore. Dopo aver udito anche i Venerabili Nostri Fratelli Cardinali di Santa Romana Chiesa Inquisitori Generali, con la massima volontà abbiamo arricchito tale preghiera di quei celesti tesori della Chiesa dei quali l’Altissimo ci ha costituto dispensatori.

    Per questo a tutti i fedeli di ambo i sessi che ovunque, sulla terra, reciteranno la seguente preghiera quotidianamente per un mese in qualsiasi lingua, purché fedele al testo originale, nel giorno del mese scelto da ognuno a proprio piacimento, veramente pentiti, dopo essersi confessati e dopo aver ricevuto la Santa Comunione visitino devotamente una Chiesa o un Oratorio pubblico, e qui preghino secondo la Nostra intenzione, concediamo ed elargiamo misericordiosamente nel Signore l’indulgenza plenaria e la remissione di tutti i loro peccati.

    A quei fedeli, poi, che con cuore contrito abbiano recitato in qualsiasi giorno la stessa preghiera, concediamo secondo la forma ordinaria della Chiesa trecento giorni da bonificare sulle penitenze comminate o in qualunque modo dovute. Consentiamo misericordiosamente che tutte queste indulgenze, remissioni dei peccati e riduzioni di penitenze possano essere applicate a modo di suffragio anche alle anime dei fedeli trattenute in Purgatorio. Ciò, nonostante il parere contrario di chicchessia. Le presenti norme avranno valore perpetuo.

    Infine, affinché in futuro nessuna variazione od errore possano intervenire nella preghiera sotto pubblicata, ordiniamo che un esemplare della stessa venga conservato nell’archivio dei Brevi Apostolici.

    Preghiera per l’unione dei Cristiani d’Oriente alla Chiesa Romana. «O Signore, che avete unito le diverse nazioni nella confessione del Vostro Nome, Vi preghiamo per i popoli Cristiani dell’Oriente. Memori del posto eminente che hanno tenuto nella Vostra Chiesa, Vi supplichiamo d’ispirar loro il desiderio di riprenderlo, per formare con noi un solo ovile sotto la guida di un medesimo Pastore. Fate che essi insieme con noi si compenetrino degl’insegnamenti dei loro santi Dottori, che sono anche nostri Padri nella Fede. Preservateci da ogni fallo che potrebbe allontanarli da noi. Che lo spirito di concordia e di carità, che è indizio della Vostra presenza tra i fedeli, affretti il giorno in cui le nostre si uniscano alle loro preghiere, affinché ogni popolo ed ogni lingua riconosca e glorifichi il nostro Signore Gesù Cristo, Vostro Figlio. Così sia ».

    Dato a Roma, presso San Pietro, sotto l’anello del Pescatore, il 15 aprile 1916, nel secondo anno del Nostro Pontificato.

    BENEDICTUS PP. XV

  7. #107
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    Citazione Originariamente Scritto da Eugenius Visualizza Messaggio
    Nessun Santo ha mai negato qualche verità di Fede definita dalla Chiesa, anche se qualcuno di essi in perfetta buona fede poteva benissimo avere dei dubbi su questioni non ancora definite.
    Un conto è negare, altro conto è non conoscere, non conoscere correttamente, errare in buona fede. Penso che la distinzione sia banale.

  8. #108
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    Citazione Originariamente Scritto da Aganto Visualizza Messaggio
    Un conto è negare, altro conto è non conoscere, non conoscere correttamente, errare in buona fede. Penso che la distinzione sia banale.
    E questa non conoscenza corretta - ammesso che ci siano esempi, ma sinora tu non ne hai segnalato - è possibile solo fino a che l'autorità della Chiesa non sia intervenuta con il suo Magistero. Dopo, la buona fede non sussiste più.

  9. #109
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    Thumbs down Il problema non è nella violenza in nome di Dio, ma nella violenza nel falso Dio

    Il Papa ai leader religiosi del mondo: mai la violenza in nome di Dio

    Nell’incontro promosso dalla Comunità di Sant’Egidio a Napoli


    CITTA' DEL VATICANO, domenica, 21 ottobre 2007 (ZENIT.org).- Non si puó mai giustificare la violenza in nome di Dio, ha detto Benedetto XVI ai rappresentati cristiani, ebrei e musulmani e di altre religioni presenti questa domenica a Napoli.

    Il suo appello è risuonato nell’Aula Magna del Seminario arcivescovile a Capodimonte, nella giornata di inaugurazione delll’Incontro Internazionale per la Pace, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, a Napoli, fino al 23 ottobre sul tema: "Per un mondo senza violenza - Religioni e culture in dialogo".

    "Di fronte a un mondo lacerato da conflitti, dove talora si giustifica la violenza in nome di Dio, è importante ribadire che mai le religioni possono diventare veicoli di odio; mai, invocando il nome di Dio, si può arrivare a giustificare il male e la violenza", ha detto il Papa.

    "Al contrario – ha chiarito – , le religioni possono e devono offrire preziose risorse per costruire un’umanità pacifica, perché parlano di pace al cuore dell’uomo".

    L’incontro di Napoli ha permesso al Vescovo di Roma di salutare il Patriarca ecumenico ortodosso di Costantinopoli, Bartolomeo I, l’Arcivescovo di Canterbury e Primate della Comunione anglicana, Rowan Williams, il Grande Rabbino d’Israele Yona Metzger, e l’Imam degli Emirati Arabi Uniti, Ibrahim Ezzedin.

    Hanno partecipato anche rappresentanti di altre religioni orientali, come buddisti e induisti.

    Il Santo Padre ha confermato che la Chiesa cattolica intende "continuare a percorrere la strada del dialogo per favorire l’intesa fra le diverse culture, tradizioni e sapienze religiose".

    "Auspico vivamente che questo spirito si diffonda sempre più soprattutto là dove più forti sono le tensioni, là dove la libertà e il rispetto per l'altro vengono negati e uomini e donne soffrono per le conseguenze dell’intolleranza e dell’incomprensione", ha confessato.

    Il Pontefice ha quindi chiarito che con la partecipazione a questo incontro ha voluto promuovere lo spirito di dialogo suscitato da Giovanni Paolo II nell'ottobre del 1986, ad Assisi, quando invitò i diversi rappresentanti religiosi a pregare per la pace.

    Lo stesso Karol Wojtyla ha convocato nuovamente nel 2002 i leader religiosi del mondo nella città di San Franceso, dopo i drammatici eventi dell’11 settembre del 2001, "per chiedere a Dio di fermare le gravi minacce che incombevano sull’umanità, specialmente a causa del terrorismo", ha ricordato il Santo Padre.

    "Nel rispetto delle differenze delle varie religioni, tutti siamo chiamati a lavorare per la pace e ad un impegno fattivo per promuovere la riconciliazione tra i popoli", ha sottolineato infine.

    Fonte: Zenit, 21.20.2007

  10. #110
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    C'è da rimanere basiti dinanzi a siffatte affermazioni di stampo populista.
    Il problema, a mio convincimento, non è nella violenza in nome di Dio, ma nella violenza in nome di un falso Dio. Infatti, vi è una "violenza" giusta, consistente nella difesa contro le aggressioni: un esempio è rappresentato dalle crociate, che furono guerre in difesa dei luoghi santi contro l'aggressione islamica.
    Eppure esse furono compiute in nome di Dio: Deus vult! era la locuzione usata dai Crociati. Ed erano guerre pur combattute da Santi e che si santificarono sul campo di battaglia: un nome per tutti è S. Luigi IX, re di Francia.
    Quindi, ci sono violenze giuste, nel senso giustificabili alla luce della legge naturale e per le quali è naturale richiedere l'assistenza divina e che possono definirsi perciò sante e meritorie. Un nome per tutti è la battaglia di Lepanto, vinta con l'aiuto divino contro la soverchiante e superiore forza islamica. Ma anche Vienna.
    Il problema, quindi, è altrove e Benedetto XVI, ahimé, ha dimenticato o forse non ha ben chiaro (chissà se qualcuno glielo farà notare!): la questione è che non ha avuto il coraggio di dire che, oggi, coloro che si nascondono dietro la violenza commessa "in nome di Dio", in verità si riferiscono ad un falso dio, che non è l'unico e vero Dio. Il riferimento è all'islam, che, sebbene abbia un'unica divinità, essa non è l'unico vero Dio, creduto ed adorato dai cristiani. Pertanto, più correttamente avrebbe dovuto dire che una violenza ingiusta e nel nome di un falso dio non è oggi tollerabile. Manca, infatti, in quelle ipotesi qualsiasi giustificazione.

 

 
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