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  1. #11
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    Scontri tra civilta'... qualcuno preme su questo per risolvere i suoi problemi e fregarci ancora...
    Il Cristianesimo e' anche una Religione anticovenzionale e moralmente rivoluzionaria, l"Ebraismo forse ancora di piu'.
    Gli stati islamici hanno qualche remora ad accettare il dominio e lo sfruttamento occidentale che gli ha resi "arretrati" rispetto aggli standard che avevano da indipendenti (a parte gli Stati "alleati" Sauditi che hanno regimi didattoriali ma che in questo caso sono "democratici")
    L'occidente capitalista ha anche un motivo in piu', a parte il petrolio, per sottomettere o abbattere l'Islam: e' l'unica delle Religioni monoteiste che continua "testardamente" a considerare l'interesse bancario e finanziario illegale e fuori dai comandamenti di Dio...

  2. #12
    SubZero
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    Hanno ammazzato Bin Ladeeen

    Bin Laden è vivooooooooooooooooooooo





    ma annatevene tutti affanculo

  3. #13
    Hic Sunt Leones
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    Citazione Originariamente Scritto da legione muti Visualizza Messaggio
    Non sono forse "illuminanti" i riferimenti alla cultura olocaustica occidentalista? E le puntate su Hiroshima e Nagasaki? Ce l'hai anche con gialli giapponesi?
    Veramente l'individuo che appare nel video, secondo alcuni tale "Bin Laden", parla di "cultura dell'Olocausto" per affermare la storia di massacri dell'occidente, mettendolo sullo stesso piano di Hiroshima e Nagasaki, non fa nessun discorso "revisionista" o cose del genere.

    Per il resto, concordo con SubZero: questo teatrino ad uso e consumo dell'amministrazione Bush ha abbondantemente rotto.

  4. #14
    Klearchos
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    Citazione Originariamente Scritto da Wallace81 Visualizza Messaggio
    WASHINGTON - E' allarme terrorismo negli Stati Uniti: Al Qaeda starebbe preparando attentati "su vasta scala". Lo sostiene il direttore della Cia, Michael Hayden, che nel corso di un intervento, a New York, al Consiglio delle relazioni straniere ha detto che gli analisti dell'intelligence "sono convinti che la leadership di Al Qaeda sta preparando piani su vasta scala contro il territorio americano" che potrebbero produrre "perdite di massa, distruzione e impatti economici significativi". Le sue parole seguono di poche ore l'annuncio di un nuovo video in cui compare Osama Bin Laden. Realizzato per il sesto anniversario dell'11 settembre, e annunciato giovedì da un sito integralista islamico, il filmato ha avuto sorte diversa dai precedenti: invece di comparire sul Web o su Al Jazeera, da dove di solito l'intelligence Usa ripesca i messaggi per studiarli, è finito direttamente - attraverso canali top secret - nelle mani della Cia, prima di diventare di dominio pubblico. Ed emergono i primi dettagli.

    Nessuna minaccia dichiarata. Il video, della durata di circa 30 minuti, "non contiene alcuna minaccia dichiarata - riferisce un funzionario Usa alla Cnn - ma diversi riferimenti temporali, compreso uno che, se confermato, indicherebbe che il nastro è nuovo". Dello stesso avviso un portavoce della Cia, che a Abc News commenta che "è abbastanza possibile che si tratti di un video nuovo".

    Riferimenti recenti. A rafforzare l'ipotesi, i riferimenti all'elezione del presidente francese Nicolas Sarkozy, e alcuni riferimenti al coinvolgimento statunitense in Iraq che fanno ritenere che sia stato girato nel 2007. Secondo la Abc, che ha ottenuto una trascrizione del testo, il video è stato realizzato nell'ultimo mese. L'ultima apparizione video del leader di Al Qaeda (della quale sia stata accertata l'autenticità) risale al 29 ottobre del 2004.

    Citati i leader dell'Occidente. Oltre al riferimento a Sarkozy, il filmato contiene anche una lode per il politologo Noam Chomsky e una bacchettata ai democratici per non essere riusciti, dopo aver conquistato il Congresso Usa, a porre fine alla guerra in Iraq. Si accenna ai "leader dell'Occidente che parlano di libertà e diritti umani e allo stesso tempo lasciano la gente in balìa dell'avidità e dell'avarizia delle grandi compagnie e dei loro rappresentanti".

    "Islam, niente tasse". Con un riferimento legato alla cronaca di questi giorni, il leader di Al Qaeda dice agli americani di essere a conoscenza "del peso dei vostri debiti legati ai tassi d'interesse, delle tasse assurde e dei mutui immobiliari". Poi, l'invito ad "abbracciare
    l'Islam" tenendo presente "che non ci sono tasse ma una limitata zakat pari a solo il 2,5%": questa una delle esortazioni contenute nel messaggio di Bin Laden. La zakat è uno dei pilastri dell'Islam ed è il versamento di una somma per beneficenza.

    "Occidente, cultura dell'Olocausto". L'Occidente ha "una cultura dell'Olocausto", secondo Bin laden, come dimostrano l'Inquisizione, i campi di concentramento, Hiroshima e Nagasaki. "I vostri fratelli cristiani - continua - vivono tra noi da 14 secoli: nel solo Egitto ci sono milioni di cristiani che non sono stati, e non saranno, inceneriti". Invece, sono "gli scrittori, i media e Hollywood, che rappresentano in modo distorto l'Islam e i suoi aderenti per allontanarvi dalla vera religione".

    Casa Bianca: "Eliminare Bin laden priorità assoluta". Catturare e uccidere il leader di Al Qaida è "una priorità assoluta" ha detto alla Cnn Frances Townsend, consigliere per la sicurezza interna di George W. Bush. "Catturarlo e ucciderlo, come pure portare lui e gli altri dirigenti del terrore davanti alla giustizia".

    (7 settembre 2007)

    http://www.repubblica.it/2007/07/sez...en-caccia.html
    Sembra un messaggio di Berlusconi in campagna elettorale!

  5. #15
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    Citazione Originariamente Scritto da carlomartello Visualizza Messaggio
    La Jihàd serve la causa della supremazia negroide mondiale, bisogna difendere la nostra civiltà bianca dall'odio delle razze di colore e dei meticci guidati insieme alla riscossa dal fanatismo di Maometto.

    Di Del Valle ci interessa la sua conoscenza della minaccia islamista.


    carlomartello
    La "conoscenza" di Del Valle? Eccola qua.


    Alexandre Del Valle, La Turquie dans l’Europe. Un cheval de Troie islamiste, Éditions des Syrtes, Paris 2004, pp. 460, € 23,00


    Alexandre Del Valle ama presentarsi come discendente di ebrei sefarditi e come marito di una donna la cui famiglia è miracolosamente scampata alla Shoah.
    Da anni Alexandre Del Valle è uno dei più influenti maîtres à penser dell’estrema destra francese, in particolare di quella che agita tematiche “identitarie” declinandole in senso antislamico. A lui si deve la clamorosa conversione occidentalista di alcuni intellettuali d’Oltralpe (come ad esempio Guillaume Faye), che in passato avevano sostenuto le tesi europeiste e antiamericane di De Benoist. L’evoluzione di Del Valle (e, di riflesso, dei suoi allievi) è stata sinteticamente spiegata dallo scrittore eurasiatista Christian Bouchet, che in una recente intervista ha dichiarato: “Alexandre Del Valle ha scelto in maniera chiara e netta, coerentemente col suo antislamismo idrofobo, di attestarsi su posizioni di filosionismo militante. Non invento nulla: ci si può riferire ai testi che egli ha pubblicato sul ‘Figaro’ dell’11 aprile 2001, nel quindicinale ‘Le Lien Israel-Diaspora’, pubblicato dagli elementi più estremisti della comunità ebraica in Francia, o sul sito internet vicino al Likud ‘Les Amis d’Israel’ (www.amisraelhai.org)”.
    Alcuni mesi or sono, Del Valle ha pubblicato presso le parigine Editions des Syrtes un libro, La Turquie dans l’Europe. Un cheval de Troie islamiste, il cui titolo sarebbe sufficiente per confermare l’idrofobia antislamica diagnosticata da Christian Bouchet.
    Ma vale la pena di dare un’occhiata al libro, perché vi troveremo alcune tesi che sono circolate anche in Italia, in alcuni ambienti dell’estrema destra.
    Del Valle esordisce dunque enunciando la formuletta levinasiana “la Bible plus les Grecs”, con la quale vorrebbe risolvere la questione dell’identità europea, indicandone come componente fondamentale l’apporto greco-romano accanto alla matrice spirituale giudeo-cristiana. Ci si aspetterebbe dunque da lui una adeguata conoscenza del patrimonio culturale antico, quanto meno dell’epica omerica. E invece, fin dalle prime righe di questo volume ponderoso (ponderoso, non poderoso), ci rendiamo conto che l’autore non conosce neppure l’Iliade. O forse confonde il poema di Omero con la recente pellicola americana. Altrimenti non esordirebbe affermando testualmente: “L’Iliade racconta che i re micenei avevano abbandonato davanti a Troia (…) un gigantesco cavallo di legno” (p. 15). Ed è probabilmente una qualche produzione hollywoodiana la fonte della notizia secondo cui “Europa è il nome di una dea di Tiro” (p. 16 nota); se Del Valle avesse letto l’Iliade (XIV, 321) o le Metamorfosi ovidiane (II, 858), saprebbe che Europa era una fanciulla mortale.
    Evidentemente la specialità di Del Valle non è la cultura greca (nella trasmissione della quale, secondo la sua personalissima opinione, l’Islam non avrebbe svolto alcun ruolo, p. 285). Ma il nostro, proprio lui che alle pp. 20-21 scaglia contro i Turchi l’accusa di ignoranza della storia nonché le ancor più micidiali accuse di revisionismo e negazionismo, non ha le carte in regola neanche per quanto concerne la conoscenza della storia turca; e saranno sufficienti pochi esempi per dimostrarlo. A p. 21 Mehmed II Fatih viene collocato nel XVI secolo anziché nel XV; a p. 98 Selim III (1789-1807) e Mahmud II (1808-1839) passano per essere “due degli ultimi sultani ottomani”, mentre in realtà dopo Mahmud II ce ne furono altri sette; a p. 290 mostra di ritenere che l’invasione della Russia da parte dell’Orda d’Oro sia contemporanea alla battaglia di Lepanto e all’assedio di Vienna del 1629. Per chiarire l’estensione delle conoscenze turcologiche di Del Valle, d’altra parte, sarebbe sufficiente far notare che, secondo lui, l’Armenia e la Georgia sarebbero zone turcofone (p. 22).
    Con il turco, e anche con le altre lingue, il nostro non se la cava molto meglio. A p. 88 l’epiteto tradizionalmente riferito all’Anticristo (arabo dajjāl, turco daccal, ossia “impostore”) diventa dadjal e viene reso con “apostata”, mentre a p. 418 è tradotto col sintagma “re degli apostati”; a p. 90 troviamo che il nome personale Kemal (“perfezione”) vuol dire “il Perfetto”; a p. 102 leggiamo che “millat o millet significa ‘nazionale’”, quando invece significa“comunità”; a p. 228 apprendiamo che i Musulmani bosniaci e del Sangiaccato parlano inglese, dato che, secondo Del Valle, “tra loro si chiamano turkish [sic]”. La scarsa familiarità con le lingue induce l’autore a ribattezzare il Baath con lo strano nome di Baa (pp. 109 e 170) e a scambiare un mese islamico per una casa editrice (p. 97, n.11).
    Ma non si tratta solo di incompetenza linguistica. La dimestichezza di Del Valle con la cultura islamica è ai minimi termini, poiché è convinto che l’ummah (la comunità dei Credenti) sia un “califfato di fatto” (p. 111). D’altronde, sembra che egli non abbia mai sfogliato nemmeno una traduzione del Corano, visto che a p. 150 riesce a sbagliare perfino nel citare l’incipit della Fatihah, che nella sua traduzione diventa testualmente: “Lode a Dio, Signore dei due [sic] mondi”!
    Per il resto, Del Valle è persuaso che il taoismo sia un fenomeno tipicamente giapponese (p. 286), che Nietzsche abbia elaborato la “teoria dei ‘nuovi’” [???] (p. 222, n. 3) e che Giovanni Boccaccio sia un esponente della letteratura turcofila fiorita in Europa nei secc. XVII e XVIII (p. 182).
    Su questi solidi fondamenti di cultura generale e specialistica, Del Valle costruisce la sua teoria, che può essere sintetizzata nei termini seguenti: “in base ai quattro principali criteri che consentono di definire l’appartenenza all’Europa (geografico, linguistico, etnico e storico-religioso)” (p. 298), la Turchia non è Europa.
    Per quanto riguarda i confini geografici dell’Europa, siccome Del Valle si richiama ripetutamente ai Greci, gli consigliamo di dare un’occhiata a Erodoto, IV, 45: scoprirà che il padre della storiografia greca situava i limiti orientali dell’Europa oltre la penisola anatolica, sulle coste della Georgia. Ma Erodoto, obietterà il nostro, era un extraeuropeo anche lui, in quanto nativo della Caria… Rinviamo allora Del Valle al più grande poeta dell’Europa cristiana, Dante Alighieri, che situava “lo stremo d’Europa” proprio in Anatolia (Paradiso, VI, 5). O anche Dante era, come Boccaccio, un letterato turcofilo?
    Venendo al punto di vista linguistico, è fuor di dubbio che “la lingua turca non appartiene al gruppo degli idiomi ‘indoeuropei’” (p. 299). Ma neanche il basco appartiene alla famiglia linguistica indoeuropea, né lingue come l’ungherese, il finlandese, l’estone, il lappone e tutti gli altri idiomi ugrofinnici parlati al di qua degli Urali. E allora? I popoli che parlano queste lingue non sono popoli europei? Viceversa, dovrebbero essere considerati europei gli abitanti delle Americhe e dell’Australia, per il semplice fatto che da qualche secolo parlano lingue d’origine indoeuropea?
    Anche l’appartenenza etnica, secondo Del Valle, renderebbe i Turchi estranei all’Europa, tant’è vero, dice, che “l’ideologia ufficiale dello Stato kemalista turco rammenta con fierezza l’origine specifica, asiatica e turano-altaica, dei Turchi” (p. 300). Qui si potrebbe obiettare che una cosa è l’ideologia kemalista, ma tutt’altra cosa è la reale etnogenesi dell’attuale popolazione anatolica, nella quale l’elemento turco rappresenta soltanto lo strato più recente, venutosi ad aggiungere a una molteplicità di componenti etniche d’origine ariana. In ogni caso, potremmo ricordare a Del Valle che c’è in Europa un’altra etnia che rivendica un’origine turano-altaica: sono i Székely della Romania, che orgogliosamente si dichiarano discendenti degli Unni. Che ne facciamo? Li scacciamo dai Carpazi e li rimandiamo in Asia? E assieme a loro ricacciamo in Asia i Tartari della Romania, della Polonia e della Finlandia? E delle comunità turche dei Balcani, della Bessarabia, della Russia, che dobbiamo farne? E delle varie popolazioni finniche stanziate tra il Golfo di Botnia, il Baltico, la Volga e gli Urali?
    L’ultimo criterio che Del Valle accampa per negare l’appartenenza dei Turchi all’Europa è quello “storico-religioso”. Richiamandosi al principium auctoritatis, Del Valle cita questa apodittica sentenza del suo “amico e avvocato” (p. 7) Gilles-William Goldnagel, vicepresidente dell’Association France-Israël e dedicatario del libro: “La Turchia non ha nulla a che fare con l’Europa (…) e il fatto che essa sia alleata di Israele, dell’Europa o degli Stati Uniti non implica in alcun modo la sua adesione all’Unione, perché l’Europa è prima di tutto un insieme di cultura giudeo-cristiana” (pp. 70-71). La Turchia, in quanto paese musulmano, è stato dunque, “fino a una data recente, il nemico principale dell’Europa” (p. 302).
    Che l’affermazione di una presunta identità giudaico-cristiana dell’Europa fosse uno strumento ideologico funzionale alla “difesa dell’Occidente” e alla strategia atlantista dello scontro di civiltà, per noi era chiaro da un pezzo. Così come ci era chiaro che tale strumento ideologico doveva avere, tra l’altro, la funzione di allontanare la prospettiva dell’ingresso della Turchia nell’Unione, in quanto ciò costituirebbe un ostacolo a certi disegni americani. E a confermarcelo sono proprio l’avvocato Goldnagel e il suo cliente. “La Turchia in Europa – scrive Del Valle – significherebbe che l’Unione, diventata la potenza geopolitica eurasiatica tanto temuta da tutti gli strateghi anglosassoni da Mackinder fino a Zbigniew Brzezinski, sfuggirebbe al controllo della potenza marittima americana e poi, successivamente, sarebbe in grado di rivoltarsi contro Washington” (p. 69).
    In altre parole: qualora la Turchia venisse accolta nell’Unione Europea, la “coerenza geopolitica” (p. 28) dell’Europa egemonizzata dagli USA risulterebbe gravemente compromessa. È quindi necessario, se si vuole che la Turchia continui ad essere “un amico e un incontestabile alleato dell’Occidente” (p. 21), tenerla rigorosamente separata dal resto dell’Europa.


    Claudio Mutti


    da "Eurasia. Rivista di Studi Geopolitici", a. I, n. 1, ott.-dic. 2004

  6. #16
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    Citazione Originariamente Scritto da legione muti Visualizza Messaggio
    Letti i libri di Faye e parlato con chi, ascoltando le sue conferenze, sentiva proporre il modello sionista e quello razzista bianco americano come modello.
    Lo confermi te con il tuo slogan finale e con i tuoi continui richiami al supremazionismo bianco occidentale eurofobo.

    PS Di Del Valle cosa pensi?

    A domani, vado a letto.


    E' appena uscito "Résistance", con un articolo (pp. 6-7) su Guillaume Faye disciple de Jacques Attali.

  7. #17
    alfredoibba
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    L' anti-islamismo lasciamoli ai VIP che se la spassano in Costa Smeralda.

  8. #18
    Pocc'allup,crepi! RossInfami
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    Cacchio, pur rimanendo sempre diffidente per l'Islam e la sua ala terrorista, stavolta Bin Laden non ha detto tutte cazzate

  9. #19
    Sempre in prima linea
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    Sempre a parlar di tasse 'sti politici figli della cultura americana
    http://www.freeforumzone.com/viewforum.aspx?f=56945

  10. #20
    INVICTIS VICTI VICTURI
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    Citazione Originariamente Scritto da SubZero Visualizza Messaggio
    Hanno ammazzato Bin Ladeeen

    Bin Laden è vivooooooooooooooooooooo





    ma annatevene tutti affanculo
    "Bin Laden il più grande economista di questo secolo". (Beppe Grillo)

 

 
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