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Discussione: leggete e diffondete..

  1. #1
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    Associazione Solidarietà Proletaria (ASP)
    CP 380, 80133 Napoli – Italia
    e-mail: Ass-solid-prol@libero.it

    Giriamo l’Appello pervenutoci da Essid Sami ben Khemais uno dei tanti islamici che oggi le Autorità Italiane utilizzano attraverso studiate campagne mediatiche per fomentare un pericoloso e sempre più dilagante odio razziale e allarmismo poggiato sull’equazione islamico= terrorista.

    Gli islamici di turno vengono sbattuti per settimane in prima pagina, additati come terroristi, la loro vita, per molti versi già difficile, viene sconvolta. Essi sono rinchiusi in carcere prima di esser liberati la maggior parte delle volte per insussistenza di prove. Ma alcuni devono essere sacrificati in nome di interessi maggiori qualunque siano le loro reali colpe ed estradati verso i paesi d’origine indifferenti della sorte che laggiù li attende. In nome di una presunta giustizia, le Autorità Italiane violano i diritti elementari dell’uomo e mentre nei loro discorsi ufficiali si pongono contro la pena di morte, nella pratica consegnano ai carnefici le loro vittime sacrificali.

    …..La mia vita dipende dal governo italiano e se sarò ucciso perché espulso, l’Italia non potrà non vergognarsi per aver cooperato per la mia morte in maniera attiva….

    Ognuno di noi ha il dovere di non collaborare con i delitti di cui il nostro governo si rende responsabile. Né mettendo le proprie capacità al servizio della costruzione di indegni teoremi, né restando indifferenti o silenziosi di fronte ad essi.





    Per scrivere a Essid Sami ben Khemais:
    Essid Sami ben Khemais
    Via S. Biagio 6, Carinola (Caserta)





    UN GRIDO DI AIUTO DAL CARCERE
    “NON PERMETTETE CHE MI UCCIDANO”.


    AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NAPOLITANO
    AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI PRODI AI PRESIDENTI DI CAMERA E SENATO
    AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA AL MINISTRO DEGLI ESTERI
    AL MINISTRO DEGLI INTERNI
    ALLA CORTE EUROPEA PER LA SALVAGUARDIA DEI DIRITTI DEI JJUOMO E DELLE LIBERTA’ FONDAMENTALI
    AL PARLAMENTO EUROPEO -BRUXELLES- AD AMNESTY INTERNATIONAL
    ALLA CROCE ROSSA INTERNATIONALE

    A tutti coloro i quali si sono sempre schierati come paladini a difesa del diritto alta vita contro la tortura e la pena di morte
    io, un uorno, un essere umano chiamato ESSID SAMI BEN KHEMAIS nato a Menzel, Tunisia il 10 febbraio 1968, attualmente ristretto nelle carceri di Carinola, grido con la forza della disperazione che scaturisce dalla consapevolezza della fine imminente che mi attende se sarò espulso, per esortarvi a confrontarvi con i principi e valori in cui credete affinché non vi rendiate complici con il vostro silenzio e la vostra inerzia della mia morte.
    Non girate la testa dall’altro lato fingendo di non aver mai letto o ascoltato questo appello perché ciò non sarà sufficiente a tacitare i morsi della vostra coscienza per non aver fatto nulla per evitare che io sia mandato in Tunisia dove mi attende una morte terribile tra atroci torture.
    Sono stato arrestato il 4 aprile 2001 (prima cioè che il mondo fosse travolto dagli attacchi terroristici e dalla guerra) e voglio anzitutto precisare che non sono un “terrorista pericoloso” come vengo superficialmente indicato anche dai mass-rnedia. Questa mia affermazione trova conferma indiretta proprio negli atti giudiziari che mi vedono coinvolto laddove la stessa procura di Milano impersonata dal dottor D’Ambrosio, dopo avermi inquisito per reati di terrorismo ha dovuto concludere che in realtà si trattava di reati comuni cioè di reati di cui agli articoli 81,416,110,648 del C.P, (ricettazione, associazione in concorso sotto il vincolo della continuazione) per i quali è intervenuta sentenza di condanna ad anni quattro e mesi sei ormai interamente espiata (in tale sentenza non era prevista l’espulsione).
    Prima che finissi di espiare tale pena (il 3/10/2005) mi è stata notificata un’altra ordinanza di custodia cautelare in data 17 maggio 2005 per gli stessi fatti gi emersi dall’ordinanza di custodia cautelare dell’aprile 2001, nella quale è evidente l’intento persecutorio da parte dei giudici italiani nei miei confronti che accecati dall’emergenza del terrorismo non sono stati imparziali minando la terzietà.
    Infatti, nel processo del 2001 per il reato di rissa contestato nell’ordinanza di custodia cautelare del 17 maggio 2005, la mia foto è stata esibita in visione alla vittima dell’aggressione la quale non solo ha escluso che io potessi essere stato l’aggressore, ma addirittura ha riconosciuto e accusato chi si era reso responsabile di quel reato indicandoli per nomi e cognomi (uno di essi ha anche confessato in tribunale la propria responsabilità) ma per il PM, l’evidenza dei fatti era ininfluente perché io dovevo in ogni caso rimanere in carcere.
    Lo dimostra il fatto che le accuse a mio carico, come sostenute dalla PM, scaturivano da alcune intercettazioni telefoniche e dalle dichiarazioni di un cosiddetto collaboratore di giustizia (tale Jelassi Riadh).
    Quest’ultimo dichiara che sono stato io l’aggressore del tunisino di cui abbiamo fatto cenno sopra (che viene smentito dalla stessa vittima dell’evento delittuoso) mentre, per quanto riguarda le intercettazioni telefoniche, il tribunale ha disposto una perizia fonica nei miei riguardi con il risultato che non ero io l’interlocutore di quei dialoghi. Nonostante la mia innocenza fosse evidente, sono stato ugualmente condannato ad anni uno e mesi otto di reclusione qualificando il reato come finalizzato al terrorismo (una mera rissa finalizzata al terrorismo!?). E in conseguenza di ciò è stata disposta l’espulsione. Con questa condanna, è superfluo sottolineare che non solo hanno calpestato la mia dignità di uomo ma hanno rovinato la mia vita tanto da farmi rischiare la morte. Infatti, ci tengo a precisare che per quanto riguarda l’accusa del 2001 sono stato già condannato in Tunisia da un tribunale militare senza che io possa avere avuto la possibilità di difendermi tant’è vero che solo alla fine del processo sono venuto a conoscenza dell’esistenza della condanna da parte del tribunale militare.
    Com’è noto, se sarò espulso in Tunisia, la mia sorte è già segnata: morirò tra i indicibili torture perché questo è il trattamento che viene riservato a chi tenta di opporsi al governo tunisino il quale si affida all’arbitrio assoluto dell’autorità militare per risolvere qualsiasi questione relativa agli oppositori politici e altresì notorio che la Tunisia infrange i diritti umani, politici e civili dei suoi cittadini come ad esempio, giustamente, faceva rilevare il quotidiano “MANIFESTO” in data l5 dicembre 2002 riportando la notizia relativa all’aggressione subita da un coraggioso ex giudice di nome Mokhtar Yahyaoui “colpevole” di aver reclamato l’indipendenza della giurisdizione. Lo stesso trattamento è stato riservato al suo legale Saida Akremi Dhiri.
    A questo punto è ben immaginabile la fine che mi aspetta (considerato ciò che fanno ai giudici e avvocati (dato che sono già stato condannato come oppositore del governo.
    Peraltro verso, su richiesta del mio legale avvocato Sandro Clemente, la Corte Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo ha sospeso il provvedimento di espulsione nel mio paese. Il giorno prima che venisse scarcerato per fine pena (3 giugno 2007) e precisamente in data 2 giugno 2007 alle 16 mi è stata notificata un’ulteriore ordinanza di custodia cautelare nella quale si sostiene un’attività clandestina già emersa nel procedimento penale del 2001 secondo la quale un “nuovo” collaboratore di giustizia, tale Tlili Lazhar, mi accusa (neI 1999) di avergli dato Lit 180,000 perché facesse passare mio fratello di circa vent’anni, da Milano a Nizza. Poi di avergli dato Lit 300,000 (nel 2000) affinché accompagnasse tale Zaied Bechir via Milano-Nizza al fine di farlo giungere clandestinamente in Algeria per riunirsi ad un gruppo terrorista “sulla montagna”. Infine sono stato accusato del furto di una Renault. Fatti aggravati, secondo il PM, dalla finalità terroristica.
    Orbene, a prescindere dal fatto che mio fratello nel 99 aveva 27 anni, lo Zaied Bechir di cui sopra era munito di regolare permesso di soggiorno sin dal 1988 sicché non vi è chi non veda il palese mendacio degli accusatori. Quanto alla Renault rubata si tratta della stessa auto che già un altro pentito (Jelassi Riadh) afferma che quel furto non l’ho ordinato io.
    Dopo aver delineato seppur brevemente e in estrema sintesi la vicenda giudiziaria che mi riguarda, voglio ribadire che non sono quel terrorista pericoloso che ad ogni costo la procura pretende che sia e ciò è evidente dalla tipologia dei reati che hanno già superato il vaglio giurisdizionale del procedimento del 2001 e che in quello furono considerati ininfluenti mentre sono stati considerati addirittura finalizzati ad atti di terrorismo nell’ultima ordinanza di custodia cautelare quella cioè che è stata emanata “tempestivamente” il giorno prima che venisse scarcerato perché la pena (per reati comuni) era stata espiata.
    Ribadisco ancora una volta che l’impianto accusatorio così come è stato contestato allo scrivente è privo di fondamento ed è smentito dalle indagini già svolte dal dottor D’Ambrosio nel primo procedimento che, com’è noto, è giunto ad accertare che il reato imputabile a chi scrive era reato comune tant’è che la condanna è stata “contenuta” in anni e quattro mesi sei di reclusione proprio perché non aggravato dalle finalità di terrorismo. In quest’ultima ordinanza di custodia cautelare,va ribadito che i reati contestati erano già stati commessi (secondo la prospettazione accusatoria) nel medesimo periodo in cui furono commessi quelli per i quali è stata comminata la pena ad anni quattro e mesi sei di reclusione, e come questi ultimi, anche quelli sono stati oggetto di indagine da parte di d’Ambrosio che però non è approdato a nulla. Oggi il dottor Ramondini, PM titolare dell’inchiesta, rinviene in quella ipotesi di reato (allora accantonata da d’Ambrosio) non solo la penale responsabilità dello scrivente, ma addirittura l’aggravante della finalità terroristica.
    L’attività “ clandestina” contestata si riferisce a reati che è semplicemente assurdo pensare di poter sostenere che (per la loro tipologia) possano avere una qualsiasi attinenza col terrorismo.
    lo credevo che dopo l’interrogatorio di garanzia davanti al GIP avrei potuto-dovuto essere scarcerato, ma mi sono reso conto che ci sono “esigenze” molto più importanti che lo stato italiano deve soddisfare attraverso i suoi giudizi anziché badare alla vita di un povero diavolo come me colpevole più che altro di essere musulmano e di essersi trovato in un paese occidentale vittima delle sue stesse paure. Come spiegare sennò un’ordinanza di custodia cautelare come quella che mi è stata notificata mentre stavo per varcare la porta del carcere se non con la paura che io possa essere liberato? Certamente dopo l’aggressiva campagna mediatica contro di me posso comprendere le motivazioni che hanno indotto il PM ed GTP ad agire così come hanno agito, ma ora che il clamore si è ridimensionato continuare in codesta ‘persecuzione” con la superficialità con cui si è agito, travalica il comportamento già sindacabile dei singoli giudici e giunge a minare le stesse basi di quei principi fondamentali dei quali lo stato italiano spesso si erge a paladino ostentando la difesa di una civiltà giuridica che non può essere “alternata” nella sua pratica osservanza a seconda dell’emergenza dettata dal “caso” di turno. Come giustificare altrimenti che (come ho saputo in via ufficiosa) alcuni membri del governo durante l’estate daranno il via all’estradizione di chi scrive a dispetto della presa di posizione della Corte di Giustizia, forti del fatto che la sanzione in cui lo Stato italiano incorre è il pagamento di una misera multa?.
    Mi chiedo quanto verrà pagato come sanzione dallo Stato italiano alla comunità europea per avere la possibilità di farmi eliminare fisicamente! Certo è inusuale che uno Stato accetti in via preventiva di pagare una multa per rispedire un uomo nel suo paese natale con la consapevolezza che lì verrà torturato fino a morire, ma l’Italia pur ripudiando per principio l’estradizione in quei paesi dove viene praticata la pena di morte di fatto rinnega i suoi stessi principi e mi manderà a morire sotto tortura perché, sostiene, sono terrorista e da libero sarei pericolosissimo ammettendo implicitamente con tale affermazione che la recente ordinanza di custodia cautelare è stata emessa appunto, non perché vi fosse una violazione delle norme penali contestate bensì al solo scopo di impedire che venissi scarcerato.
    In questi giorni rimbalza la notizia che il governo italiano si è particolarmente distinto per la presa di posizione sulla moratoria contro la pena di morte nel mondo, ma, mentre per un verso lotta sul fronte dell’affermazione del diritto di vivere dei prigionieri per l’altro verso, sottobanco e con vari sotterfugi (addirittura arrivando a pagare una penale), fa in modo che venga eseguita una condanna a morte tramite tortura senza neanche che ci sia stato un processo che abbia decretato tale pena.
    La mia vita dipende dal governo italiano e se sarò ucciso perché espulso, l’Italia non potrà non vergognarsi per aver cooperato per la mia morte in maniera attiva comprando il diritto attraverso il pagamento della sanzione per avermi espulso di farmi uccidere.
    Confido ancora nel senso di umanità e nell’intelligenza di chi mi legge affinché non venga commesso questo omicidio perché nel caso questo mio appello verrà lasciato cadere nel vuoto, la mia morte sarà un peso che andrà a gravare sulla coscienza di chi avrebbe potuto fare qualcosa per salvare un uomo e non l’ha fatto.
    in ogni caso chiunque vuole rendersi conto delle risultanze processuali (magari perché vuole offrire un appiglio alla coscienza dove appendere i pregiudizi) che di sicuro non sono sufficienti a catalogarmi tra i terroristi, potrà farlo contattando i miei legali:

    AVVOCATO SANDRO CLEMENTI PIAZZA G. GRANDI N°3
    20129 MILANO
    Tel. 02-70.00.93.08 - Tel. 02-74.92.241 - Cell. 3356039993


    AVVOCATO GIUSI REGINA
    VIA FONTANA N°5
    20122 MILANO
    Tel. 02-54.11.64.06 - Tel. 02-54.12.27.63 - Cell. 3477233336


    AVVOCATO CARLO CORBUCCI
    VIA SILVIO PELLICO N°44
    00195 ROMA
    Tel. 06-37.5 1.52.43 - Tel. Cell. -32 S9 45 78 19


    In quest’appello c’è una sintesi molto breve sulle false accuse che mi sono state rivolte ma se si vuole approfondire la verità dei fatti, sono pronto a fornire tutte le spiegazioni e le prove a chi eventualmente verrà a trovarmi in carcere.
    Non ho paura ad affermare che i magistrati e i giudici milanesi hanno costruito su di me una montagna di bugie utilizzando qualsiasi cosa per sporcare la mia dignità e la mia immagine di uomo indicandomi come un feroce terrorista così, alla fine,forse sarà più agevole mandarmi a morire sotto tortura in Tunisia e trovare quasi una giustificazione con tale attribuzione .Così facendo in realtà essi intendono eliminare la loro stessa vergogna perchè facendo uccidere me ammazzeranno per sempre la verità su questo caso.
    La mia morte non servirà a nessuno perciò rimango in ansiosa attesa confidando in una decisione (o iniziativa) che rispecchi quei grado di civiltà giuridica da sempre ostentato dal vostro Paese e da tutti i Paesi membri della Comunità europea.


    Carinola addì 04.09.07

    mi è arrivata x mail..

  2. #2
    are(a)zione
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    Anche a me è arrivata per mail

  3. #3
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