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Discussione: Tibet prima di Mao

  1. #31
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    Citazione Originariamente Scritto da Egemonia Visualizza Messaggio
    Strano, a me invece risulta che molti Han residenti nella regione del Tibet si facciano censire come tibetani. Infatti il Tibet è una regione autonoma dello Stato cinese, e i tibetani hanno diversi vantaggi - per esempio, secondo la legge sul controllo demografico, il limite del numero di figli per coppia è tre anziché uno.[/B]
    i privilegi per le province autonome sono inesistenti, il governo può intervenire e annullare qualsiasi decisione locale in base a vaghissimi principi di interesse nazionale, inoltre la possibilità di rigettare le leggi nazionali è subordinata al vaglio dell'assemblea nazionale, anche qui con vaghissimi principi. per quanto riguarda il controllo demografico, lagge viene comunque disattesa in qualsiasi zona di camapgna, sia che si tratti di wuxi che del tibet

    Il governo cinese sa benissimo che la Cina è uno stato multinazionale (nel senso di "nazioni" come comunità unite da territorio, lingua, tradizioni, sistema economico), e l'amministrazione é regolata di conseguenza. Ci sono moltissimi altri esempi di Stati multinazionali. Il fatto che ogni nazione abbia il diritto di autodeterminarsi non implica che "autodeterminazione" debba coincidere con "secessione". Non significa che un comunista debba appoggiare sempre e comunque il separatismo, o propagandarlo quando esso é una corrente marginale (come nel caso del Tibet e di moltissime altre nazioni senza Stato). Consiglio di rileggere Lenin, che affrontò la questione nazionale e usò un'efficace metafora su autodeterminazione e secessione: un comunista difende il diritto al divorzio, ma non per questo deve spingere tutte le coppie a divorziare.
    Faccio notare, infine, che l'idea dello "stato etnico" è fortemente reazionaria, e propagandata dalle potenze imperialiste (e da qualche minorato fascista) ogni qualvolta sia necessario distruggere un avversario scomodo: ieri Jugoslavia, oggi Russia e Cina. Le lotte di liberazione di nazioni e popolazioni oppresse sono tutt'altra cosa.
    bel discorso, ma vale per quelle etnie che fanno storicamente parte della nazione cinse, i tibetani hanno una storia lunghissima e frastagliata alle spalle, dire che hanno sempre fatto parte della naizone cinese è come minimo una forzatura

  2. #32
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    Citazione Originariamente Scritto da Myrddin-Merlino Visualizza Messaggio
    Ricordi male, l'articolo 53 della costituzione cinese dice tutt'altro, e quella costituzione sulle autonomie è chiara e ben dettagliata
    esatto, rocordo male, ora non ricordo di preciso l'articol odella costituzione. comunque, visto che già mi avete costretto a scartabellare tra cose che avevo sepolto, cito da "Cina" di Angelo Rinella (società editrice Il Mulino)

    pag. 76

    In definitiva le regioni autonome differiscono dalle province ordinarie per il fatto che le loro relazioni istituzionali con il governo centrale sono disciplinate da una legge nazionale piuttosto che da provvedimenti amministrativi. Sul piano sostanziale i due tipi di governo locale [regioni normali e regioni di minoranze etniche, nota mia] non sembrani diversificarsi di molto; la loro condizione si fa poi del tutto omogenea se si tiene conto che sono toalmente privi di autonomia politica


  3. #33
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    Citazione Originariamente Scritto da Kowalsky Visualizza Messaggio
    i privilegi per le province autonome sono inesistenti, il governo può intervenire e annullare qualsiasi decisione locale in base a vaghissimi principi di interesse nazionale, inoltre la possibilità di rigettare le leggi nazionali è subordinata al vaglio dell'assemblea nazionale, anche qui con vaghissimi principi.
    Discorso genericamente valido per qualsiasi stato multinazionale. Dunque devono essere tutti smembrati in staterelli etnici?

    bel discorso, ma vale per quelle etnie che fanno storicamente parte della nazione cinse, i tibetani hanno una storia lunghissima e frastagliata alle spalle, dire che hanno sempre fatto parte della naizone cinese è come minimo una forzatura
    Ma infatti non ho scritto che la nazione tibetana fa parte della "nazione cinese". Ho mantenuto distinti i concetti di Stato e nazione (ti consiglio di rileggere il mio intervento). La nazione tibetana, assieme ad altre nazioni, fa parte dello Stato cinese da secoli (anche se i governi pre-rivoluzionari la lasciavano nel medioevo della teocrazia buddista). Lo stesso discorso potrebbe essere fatto, per esempio, per le nazionalità della Russia (all'indomani della Rivoluzione d'ottobre se ne contarono circa una cinquantina, tutte oppresse dalla russificazione zarista). Perché un comunista dovrebbe spingere per la loro secessione, in particolare quando le tendenze separatiste sono marginali e per giunta funzionali agli interessi dell'imperialismo?

  4. #34
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    Citazione Originariamente Scritto da Myrddin-Merlino Visualizza Messaggio
    Ricordi male, l'articolo 53 della costituzione cinese dice tutt'altro, e quella costituzione sulle autonomie è chiara e ben dettagliata
    Oltre a non conoscere la storia (quando affermi che la Cina abbia sempre avuto il controllo del Tibet) sei tornato nell'idealismo assoluto: ora ci vuoi propinare che il riconoscimento formale di diritti debba per forza corripondere ad un'atuazione sostianziale.
    Contento tu, contenti i liberali idealisti.

  5. #35
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    Predefinito Tibet cinese dal 1721, prima che nascessero gli Usa.

    Citazione Originariamente Scritto da Esmor Visualizza Messaggio
    Oltre a non conoscere la storia (quando affermi che la Cina abbia sempre avuto il controllo del Tibet) sei tornato nell'idealismo assoluto: ora ci vuoi propinare che il riconoscimento formale di diritti debba per forza corripondere ad un'atuazione sostianziale.
    Contento tu, contenti i liberali idealisti.
    Studia, che è meglio per tutti.

    Tibet
    di Enrica Collotti Pischel
    da Il manifesto 9 gennaio 2000

    ... anche i tibetani ebbero lunghi – e in genere molto ostili – rapporti con l’Impero cinese e nel corso dei secoli scesero in folte schiere dal loro inospitale altipiano per insediarsi nelle regioni cinesi a ridosso delle montagne, dove rimangono, pur essendo numericamente una minoranza rispetto agli han e ad altre genti. Il Tibet vero e proprio, il vasto altipiano, tutto al di sopra dei 4–5 mila metri, se si esclude la valle di Lhasa, fu conquistato dall’Impero cinese nel 1721 e nel 1751 inserito nell’amministrazione cinese in modo regolare, attraverso la presenza di funzionari, anche se tra i Dalai Lama e gli imperatori esisteva anche un rapporto personale di reciproco legame. Qualsiasi governo cinese, quello imperiale, quello del Guomindang e quello della Repubblica popolare hanno sempre considerato il Tibet un territorio appartenente allo Stato cinese. Nessun paese al mondo oggi riconosce uno status di indipendenza al Tibet e neppure il Dalai Lama la rivendica. Su questo non possono sussistere dubbi.

    Al momento dello sfacelo del potere cinese all’inizio del secolo XX, tuttavia, il potere britannico in India cercò di penetrare in Tibet e di stabilire rapporti con l’aristocrazia schiavista e monastica che lo controllava. Gli inglesi cercarono anche di attribuire uno status internazionale alle autorità tibetane, invitandole nel 1913 alla conferenza di Simla, dove, nonostante le proteste della delegazione dell’Impero cinese, si fecero cedere i territori che tuttora sono contestati tra India e Cina. Neppure gli inglesi, però, riuscirono a portare avanti il tentativo e durante la seconda guerra mondiale chiedevano regolarmente al governo di Chiang Kaishek il permesso di sorvolo sul Tibet per gli aerei che portavano aiuti. Poi vennero la rivoluzione e la proclamazione della Repubblica popolare cinese: l’ingresso in Tibet dell’esercito rivoluzionario era soltanto la conclusione di una guerra civile e non la conquista di un territorio esterno alla Cina, come va ripetendo da anni la campagna tenace e subdola condotta in occidente con gran rinforzo di attori di Holliwood e patiti delle nuove religioni esoteriche.

    Nel 1951, la Repubblica popolare cinese concluse un accordo con le autorità tibetane, politiche e religiose, e istituì un regime di autonomia, gestito con il consenso del Dalai Lama. Però nel 1956–57, in un momento di massima tensione tra Stati Uniti e Cina popolare, la Cia sostenne una rivolta dei tibetani insediati nella regione cinese del Sichuan. A seguito di una serie di manovre (c’è di buono che la Cia deve rendere conto delle sue spese al contribuente americano e così, ogni tanto, si sa qualcosa) e probabilmente con qualche complicità dei sovietici ormai ostili a Mao e alla Cina, i rivoltosi si trasferirono a Lhasa, chiesero e ottennero il consenso del Dalai Lama. I cinesi repressero la rivolta e il Dalai Lama, con gran parte della classe dirigente tibetana, si trasferì in India, a Dharamsala, dove ha costituito un governo tibetano in esilio, finora non riconosciuto da alcun paese.

    Da allora è iniziata nel mondo intero un’intensa campagna di delegittimazione morale e storica del potere cinese sul Tibet, penetrata largamente nell’opinione pubblica occidentale, benché non abbia mai portato a prese di posizioni giuridiche dei governi. Per parte loro, i governanti cinesi sottoposero dopo il 1959 la società tibetana a profonde trasformazioni cercando di allevarsi una classe dirigente alternativa che doveva tutto alla rivoluzione. Furono soprattutto questi giovani "giacobini" tibetani che durante la rivoluzione culturale distrussero templi e simboli della civiltà tibetana, dando ulteriore fiato alla campagna anticinese. Dopo la morte di Mao, è stato ripristinato il regime di autonomia ed è stato dato maggiore spazio alla popolazione tibetana, anche se è continuata, in alcune fasi con molta intensità, la repressione contro le spinte indipendentistiche e i movimenti separatistici. Oggi il Tibet, che resta molto povero, sta trasformandosi: i pastori nomadi sparsi ricevono qualche piccola assistenza dall’esercito popolare cinese che continua a gestire un minimo di strutture sanitarie, mentre la valle di Lhasa sta diventando un’attrazione turistica e molti tibetani trovano conveniente accettare la politica tradizionale dei cinesi verso le minoranze: comprarne il consenso con un minimo di benessere.
    Myrddin

 

 
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