Venezuela: Chavez? Ce lo spiega Bonanni

Venerdi 7 Settembre 2007 – 167 – Giovanni Di Martino

Parte con le armi spuntate l'attacco del segretario nazionale della Cisl Raffaele Bonanni al presidente del Venezuela Chavez ed alla sua amministrazione. Bonanni, reduce da un viaggio a Caracas nel quale ha incontrato sindacalisti locali dell'opposizione, rilascia a La stampa di Torino (numero del 5 settembre 2007) una intervista di fuoco nella quale definisce il presidente venezuelano un “dittatore grottesco”, invitando la sinistra italiana che tanto lo acclama a diffidare dei militari sudamericani. Storicismo da Bignami a parte, va anzitutto analizzato che il viaggio di Bonanni era una visita ad alcuni politici antichavisti, e questo per sua stessa ammissione. Bonanni non ha visitato le missioni bolivariane, gli ospedali, i supermercati a prezzi popolari e così via, insomma non ha avuto contatti con il popolo. Del resto non li ha in Italia, perchè dovrebbe averli in Venezuela? É andato nella sede della Ctv, equivalente locale della Cisl, che fa riferimento ad Hortega, l'imprenditore che nel 2002 ha tentato di rovesciare il governo con la forza. E lì ha sentito dire che Chavez è cattivo. Un po' poco, è come se chiedessero a Berlusconi cosa pensa di Prodi.
Bonanni si chiede come sia possibile che una parte della sinistra italiana plauda al modello bolivariano, giudicato alla stregua del tipico dittatore militare sudamericano pazzo. In realtà in Italia ad apprezzare Chevez sono veramente in pochi. Al centro, a destra ed all'estrema destra extraparlamentare nessuno. Nella sinistra extraparlamentare gode di una generica stima, da certi gruppi, come il Campo antimperialista, anche più volte esplicitata. Nella “sinistra” istituzionale invece ha meno fortuna, visto che Margherita e DS sono all'opposto (il numero primaverile di Limes, la rivista di geopolitica del Gruppo Editoriale L'Espresso, lo fa passare praticamente per un deficiente), gli scissionisti di Mussi e i liberalsocialisti di Boselli non si sono mai pronunciati, PDCI e PRC lo appoggiano perchè hanno sentito dire che è di sinistra e credono di esserlo anche loro. E poi c'è il loro grande capo, Romano Prodi, il primo a telefonare nel 2002 al presidente golpista Pedro Carmona, nelle 36 ore del suo interregno, per fargli i complimenti.
C'è comunque mala fede anti chavista anche nel giornalista che lo intervista, tale Alessandro Barbera, che nell'accennare al colpo di stato di Hortega – Carmona scrive “il governo lo chiamò tentato golpe”. Il giornalista in questione dovrebbe allora trovare lui un altro modo di chiamare quanto accaduto nel 2002, quando la televisione annuncia in diretta, anzi quasi in anticipo, che il presidente di uno stato viene arrestato, che si instaura un nuovo presidente il quale nomina dei ministri, il tutto in un clima da coprifuoco e stato d'assedio.
Poi, non contento, Barbera scrive che il paese è diviso in due e che gli osservatori internazionali non bastano a vigilare sul corretto svolgimento delle prossime elezioni: sta di fatto che alle scorse, gli osservatori internazionali non hanno avuto nulla da obiettare sul regolare svolgimento e che, vista la composizione del parlamento, il paese non sembrerebbe propriamente diviso in due.
Tornando al prode Bonanni, egli ci racconta che si è fatto due passi per le strade di Caracas ed ha visto delle facce che non gli piacevano. Fine dell'analisi: in Venezuela si sta male. Allora promette di intervenire di persona: “scriverò alla confederazione mondiale dei sindacati, all'Organizzazione mondiale del lavoro, al ministro degli esteri D'Alema. Dirò a D'Alema che il governo italiano deve intervenire presso l'UE e l'Alto commissariato per i diritti umani...laggiù ci sono decine di imprese italiane che lavorano”. E ci sono anche migliaia di lavoratori venezuelani che lavorano nelle imprese italiane, signor segretario, o forse a lei interessano solo gli imprenditori?

http://www.rinascita.info/cc/RQ_Mond...rcTzEZwF.shtml