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    Predefinito UE, impara dalla Svizzera!

    UE, impara dalla Svizzera!
    In Europa il ruolo delle regioni è ancora molto limitato e subordinato agli Stati

    di Chiara Battistoni


    Nel cuore dell’Europa geografica c’è un piccolo stato con una popolazione di poco inferiore agli 8 milioni di abitanti che ha probabilmente molto più da insegnare in materia di organizzazione di quanto non siano disposti ad ammettere i ben più grandi Stati confinanti. Lo avete capito, sto parlando della Confederazione Elvetica che al Consiglio d’Europa siede come osservatore e che da tempo, al proprio interno, discute animatamente sull’opportunità o meno di entrare nella Ue. Lo scorso 15 giugno il Consiglio Federale ha reso disponibile il “Rapporto del Consiglio Federale concernente le ripercussioni di diversi strumenti della politica europea sul federalismo svizzero”(www.admin.ch) . Il Compendio (che è l’introduzione) si apre con la tesi che, nella cooperazione della Svizzera con l’Ue il federalismo costituisce una sfida, non un ostacolo. Il documento riserva poi un intero capitolo all’analisi delle altre esperienze federalistiche in Europa, ovvero Germania, Austria e Belgio, facendo notare come nel processo decisionale dell’Ue le regioni abbiano tuttora una posizione molto debole, relegata all’interno di ogni singolo Stato Nazione.

    Il Consiglio Federale osserva come non sia ancora emerso un sistema a tre livelli con una ripartizione equilibrata tra regioni federate, Stato federale e Ue. Vi ho citato per sommi capi i punti di vista della Svizzera proprio perché l’unica Confederazione esistente nell’Europa, l’unica Nazione che nella sua Costituzione ribadisce di essere creata sulla volontà di popoli diversi che scelgono di stare insieme attraverso un patto ha percepito e descritto tutti i limiti dell’attuale processo di sviluppo europeo. I lavori della Cig, le preoccupazioni per il riemergere di un approccio che riduce l’integrazione a semplice cooperazione tra governi, meriterebbero forse di essere riletti in chiave federalistica; ben inteso non il federalismo degenerato (così lo definì Gianfranco Miglio) che nasce dallo stato centralista e attraverso un processo di devoluzione progressiva costruisce una struttura decentrata, ma il federalismo autentico, quello cioè che nasce dall’incontro libero e responsabile di popoli diversi, attraverso un patto federale. In quest’ottica anche la revisione in corso dell’attuale trattato di riforma potrebbe essere un’occasione unica per trasformare l’Europa delle Nazioni nell’Europa dei popoli, delle genti e delle regioni, lasciandosi definitivamente alle spalle il mito novecentesco del Super Uomo e dell’Uomo Nuovo, figlio delle stesse ideologie che hanno portato il Vecchio Continente nelle braccia di dittatori, rossi e neri.

    Certo, valorizzare le specificità significa governare una complessità inaudita che un’impostazione verticistica e centralista potrebbe in apparenza semplificare, pagando però il prezzo della progressiva omologazione, alla ricerca di un Super Stato che non esiste e che le genti d’Europa rifiutano (la vicenda del primo Trattato Ue è eloquente). In questo senso, la nuova Europa potrebbe trasformarsi in uno straordinario laboratorio, in cui sviluppare un modello inedito di glocalismo, facendo tesoro delle competenze e delle vocazioni federaliste che le genti europee hanno sempre dimostrato. A mancare, piuttosto, sono gli strumenti legislativi e organizzativi; ci vogliono occhi nuovi che sappiano immaginare un’Europa davvero diversa, rifondata sulla volontà delle proprie genti e non ostaggio dei propri burocrati.

    Se ne era accorto anche Gianfranco Miglio negli anni Sessanta; lo ribadì con chiarezza nel 2000 quando ebbe a dire: “Fra cinquant’anni una nuova combinazione di elementi politici e privatistici darà luogo a strutture di tipo neofederale quasi ovunque. Potrà suonare per alcuni come una bestemmia, per altri, tra cui mi annovero, come una speranza: e se nel nostro futuro, una volta finita l’epoca degli stati nazionali (commerciali) chiusi (…), ci fosse la creazione di un nuovo spazio politico, di una struttura di tipo imperiale in grado di unire, rispettandone le diversità, tutti i diversi popoli europei?” (da Speciale Gianfranco Miglio: un uomo libero – Quaderni Padani – n°37/38 – pag. 170) Chissà che il tempo non dia ragione proprio a Miglio e i nostri figli possano vivere nella Confederazione europea con una Costituzione vera, mobile e dinamica come ogni costituzione dovrebbe essere.

    http://www.opinione.it/pages.php?dir...-08-07&aa=2007

  2. #2
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    Sono "d'accordo". Vorrei solo che fosse sottolineato il fatto che i Cantoni della Svizzera hanno mediamente 280.000 abitanti (e non hanno sostanziali poteri legislativi, ma solo limitati poteri regolamentari), per cui non è corretto paragonarli alle INUTILI, COSTOSE e DANNOSE Regioni Italiane.

 

 

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