ROMA - A metà intervista si ferma e fa: «Però non vorrei che si pensasse che voglio arruffianarmi qualcuno. Non sono proprio il tipo...». E allora è da qui che bisogna partire.
</I></B></I>Scusi, Cribari. Ma chi glielo ha fatto fare?</I></I></B>
«L’ho fatto per amore».
</I></B>Diciotto viti e tre placche per tenere insieme parete orbitale e mascella. E lei in campo dieci giorni dopo l’operazione.</I>
«Ci fossero stati Stendardo e Siviglia, insomma senza quell’emergenza vera, non avrei mai rischiato. Ma questo è stato il mio modo di dire grazie alla Lazio».
</I></B>Un grazie inusuale, oltre che coraggioso.</I>
«E’ che io ormai non mi vedo con un’altra maglia addosso. Ero convalescente quando sono arrivato, due anni fa. Convalescente come la Lazio. Siamo rinati insieme. E insieme abbiamo ancora tanto da fare, dobbiamo crescere».
</I></B>Ritorniamo a quella sera del 14 agosto. C’è da battere la Dinamo e siamo 0-0. Lei salta di testa, e poi?</I>
«Tanto dolore. Uscendo dal campo penso: starò fermo due mesi almeno. Mi guardo allo specchio nello spogliatoio, ho il volto deforme. Penso: la mia carriera finisce qui, smetto di giocare a pallone».
</I></B>Invece?</I>
«Con gli antidolorifici dormo tutta la notte, mi operano a Ferragosto, di mattina presto. Dopo quattro giorni il controllo dal chirurgo. Il professor Cascione chiede al dottor Petrucci: “Quando ti serve?”. Lui risponde: “Per martedì”. Mi guarda e dice: “Se giochi con la mascherina ti potrei anche dare l’ok. Ma per il 90% dipende da te”. Non ci credevo, mi scatta qualcosa dentro e rispondo: “Lo sa già che vado in campo”. Il giorno dopo sono a Formello a correre per non perdere la condizione atletica».
</I></B>La faccia di Rossi?</I>
«Glielo ha detto Petrucci. Il giorno dopo mi incrocia e mi fa: “Allora, siamo pronti?”. Ed io: “Aspetto solo che mi facciano la mascherina”.
</I></B>Il primo impatto?</I>
«La protezione dà molto fastidio. Ti copre la visuale laterale, ti manca la coda dell’occhio, quella con cui un difensore segue l’avversario. Non puoi ruotare la testa e allora devi giocare concentrato al 101%. Di testa basta non colpire di lato, ho una placca sotto l’occhio che mi tormenta, dovrò toglierla. Le viti no, si riassorbiranno».
</I></B>E la mascella?</I>
«Posso mangiare qualcosa ma solo dalla parte sana. Niente cibi duri, niente carne ancora oggi».
</I></B>Arriva il Torino all’Olimpico.</I>
«Sono in panchina. Si fa male Diakitè. Rossi mi dice: “Criba, ho bisogno di te”. Lì ho avuto paura. Mi è passata solo al primo colpo di testa».
</I></B>E’ vera la storia dell’esorcista?</I>
«Era solo un sacerdote venuto a bened</I></B></I></B>ire Formello. Da piccolo, quando stavo male, mia madre mi faceva sempre benedire. Io sono cattolico, ci credo. E così gli ho detto ”Benedica anche me”. E’ andata bene anche stavolta».
</I></B>Si va a Bucarest.</I>
«I compagni sono meravigliati, però mi caricano: “Se ci sei tu, ce la facciamo”. Mi viene la pelle d’oca. E’ un momento che mi resterà dentro per sempre. Vado in campo tranquillo».
</I></B>Intanto, i tifosi...</I>
«Il mio sito è stato sommerso di e-mail. Ne arrivano ancora oggi. Non so quante volte mi sono venute le lacrime agli occhi. Mi sono quasi spaventato di tanto affetto: solo in campo potrò ricambiarlo».
</I></B>Le hanno dato dell’“eroe”, calciatore d’altri tempi.</I>
«Ed io finché mi vorranno bene resterò qui. Vale anche per la società. Ho rifiutato qualsiasi altra offerta in estate perché per me la Lazio è il massimo: ho firmato fino al 2011 ma è la fiducia quella che conta. Poi tornerò in Brasile, voglio chiudere la carriera nel campionato del mio Paese. Non ci ho mai giocato perché a 17 anni ero già in Italia, insieme a mio fratello».
</I></B>Ma tutti sanno che lei ha un altro sogno.</I>
«La nazionale, sì. L’ho sfiorata a maggio, speravo di andarci proprio in questo fine settimana perché il ct Dunga mi stava facendo seguire dai suoi osservatori. L’infortunio mi ha bloccato, sarà per la prossima».
</I></B>Il Brasile ha sempre bisogno di buoni difensori.</I>
«Pensare che io nasco trequartista. Il mio idolo è sempre stato Zico. Fu l’allenatore della Primavera dell’Empoli, Gelain, a spostarmi dietro. Lo ringrazierò sempre, ha avuto ragione lui».
</I></B>La Champions è stata quindi il suo battesimo internazionale.</I>
«Lo sarà. La Dinamo era un antipasto. Per me si parte da Atene e sarà un’emozione unica, quella sì sarà Champions, il sogno di tutti quelli che giocano in Europa. Poi aspetto il Real in casa. E sapeste che fiducia c’è nella squadra: siamo caricati a mille, altro che comparse».
</I></B>Vi sentite più forti dell’anno scorso?</I>
«Sono certo che finiremo fra le prime cinque, anche se il campionato è più difficile. Ma soprattutto che saremo ancora la sorpresa della stagione».
</I></B>Un giudizio sui nuovi.</I>
«Parlo dei difensori. De Silvestri e Kolarov sono giocatori di livello internazionale, sia per capacità tecniche che fisiche. Diakité è quello che sento più vicino, mi chiede sempre consigli e li ascolta: gli auguro di tornare presto».
</I></B>Si dice: la Lazio è il suo gruppo.</I>
«Non ho mai visto in carriera uno spogliatoio così compatto, uomini così uniti, direi famiglie così unite, perché ci vediamo spesso fuori a cena e lì ci divertiamo. Ci divertiamo, esattamente come in campo».
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