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  1. #21
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    Citazione Originariamente Scritto da LEONIDA Visualizza Messaggio
    In fondo sono d'accordo con Terraeamore ; in fondo lui connota 'umanisticamente' la grande 'fede' dell' uomo occidentale, fede che presuppone una certa configurazione delle 'cose' ( nel senso più ampio di quest'ultima parola ) : la disponibilità delle cose al desiderio, che si possa cioè desiderare la loro trasformazione e in qualche caso ottenerla. Quando l' Occidente pensa (fin dall' inizio) le cose come essenti - nella loro oscillazione tra l'essere ed il nulla - li pone anche come disponibili alla potenza ...Gli abitatori delle terra del tramonto possono 'sacrificare' perchè hanno fede nella disponibilità degli essenti alla potenza....
    Non vedo perché introdurre anche quest'altra contrapposizione con l'oriente in un discorso in cui di contrapposizioni ce ne sono già troppe... Spiegatemi il senso.

  2. #22
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    Citazione Originariamente Scritto da terraeamore Visualizza Messaggio
    dici qualcosa che sento appartenere in maniera nettissima al mio pensiero.
    Hai colto davvero il centro.
    Tuttavia dall'uomo occidentale sarei propenso a passare all'umanità. So che il salto è difficile, e vorrei che ciò non fosse preso come occidentalocentrismo.
    In ogni caso la tua osservazione resta un valido punto di partenza.

    Più tardi, se trovo tempo, vorrei aggiungere qualcosa sul dibattito in corso...
    Spiegami cosa c'entra questo con il discorso da cui siamo partiti.

  3. #23
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    Citazione Originariamente Scritto da My War Visualizza Messaggio
    Hai parlato di creato, suppongo quindi che tu abbia la concezione di un divino personale o no?
    Penso che la risposta a questa domanda potrebbe portarci molto al di fuori dalla discussione, soprattutto alla luce del fatto che, negli ultimi tempi, ho una grossa crisi interiore, che non mi permette una certa lucidità in questo senso. Mi spiace, non è proprio un buon periodo per dare risposte del genere.

  4. #24
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    Citazione Originariamente Scritto da Shardana Ruju Visualizza Messaggio
    Per ora resta la certezza che la distinzione tra umani e mondo animale non si colloca sul piano, o "asse", dell'intelligenza, ma sull'asse della coscienza.
    Gli animali sono infatti intelligenti: e, a parte il fatto che lo stesso non può sempre dirsi per gli umani(scherzo), nessuno può negare l'intelligenze degli "animali".
    Forme di intelligenza emergono oggi persino nello studio dei vegetali.
    Nulla da eccepire.

    Benedettto il giorno in cui si potrà fare a meno delle proteine animali (ora essenziali nella fase dello sviluppo infantile), in cui almeno non sarà necessario uccidere un animale per nutrirsi.
    ...ehm...devo entrare anche in questo discorso? Non è necessario sfruttare e/o uccidere altri esseri viventi per vivere e per crescere.

    Ma certo, finchè sussiste il problema globale della fame diffusa, non si può pensare di affrontare questa ennesima, grande sfida dell'evoluzione umana.
    Evoluzione che ha senso pieno, e sicuro, quando si riferisce non ai termini biologici o meramente "tecnologici", quanto piuttosto a quelli inerenti proprio l'asse della coscienza.
    Si potrebbe dire "un passo alla volta". Ma la questione prioritaria è data dal fatto che ad oggi l'umanità è stata messa in cammino nella direzione sbagliata.
    Cosa mai dovrà accadere, ancora!, perchè gli uomini capiscano di essere un'unica famiglia, che abita un'unica, assai delicata, casa?
    Capisco il tono dell'intervento, ma dovremmo proprio interrogarci su questa presunta evoluzione, se oggi siamo in grado di sterminare interi popoli, a fronte dell'aiuto solidaristico delle famiglie di solo 100 anni fa...

  5. #25
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    Citazione Originariamente Scritto da LEONIDA Visualizza Messaggio
    ..direi anche e sopra tutto "coscienza della morte" ; l' uomo è l'unico "animale" che sa che dovrà morire, e non è un dettaglio.....
    Chi ti dà questa certezza?

  6. #26
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    Citazione Originariamente Scritto da Outis Visualizza Messaggio
    Non vedo perché introdurre anche quest'altra contrapposizione con l'oriente in un discorso in cui di contrapposizioni ce ne sono già troppe... Spiegatemi il senso.
    Non è un' opposizione non nel senso comunque di una gerarchia : semplicemente si tratta ( al di là e oltre evidenti contimazioni e scambi ) evidenziare nell' Occidente in generale, nella Grecia in particolare il 'luogo' all' interno del quale viene pensata in termini radicali l' opposizione tra l'essere e il non-essere (nulla) attribuendo agli essenti (uomo, animali, cose) una posizione oscillante tra l' essere e appunto il nulla. La morte in questo territorio di senso evoca la angoscia più radicale in quanto viene rappresentata come la caduta nel niente irreversibile. Per salvarsi, l'uomo deve arginare la minaccia del divenire, cioè controllarla, sottoporla a legge e dunque DOMINARLA. Cioè il luogo in cui gli essenti (uomo, animali, cose) vengono consegnati alla potenza, cioè sono in una certa misura a disposizione.

  7. #27
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    Citazione Originariamente Scritto da Outis Visualizza Messaggio
    Chi ti dà questa certezza?
    Forse l'animale ne ha una sorta di "presentimento" istintivo nei momenti di pericolo, chi può dirlo?
    Ma sicuramente non è sullo stesso piano della coscienza umana della morte.
    Giampaolo Cufino

  8. #28
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    Citazione Originariamente Scritto da LEONIDA Visualizza Messaggio
    ..direi anche e sopra tutto "coscienza della morte" ; l' uomo è l'unico "animale" che sa che dovrà morire, e non è un dettaglio.....
    Si è vero, ma la coscienza della morte è dovuta proprio dal fatto che l'uomo ha coscienza di se. Come vi potrebbe essere la prima senza la seconda?

  9. #29
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    Citazione Originariamente Scritto da cornelio Visualizza Messaggio
    Forse l'animale ne ha una sorta di "presentimento" istintivo nei momenti di pericolo, chi può dirlo?
    Ma sicuramente non è sullo stesso piano della coscienza umana della morte.
    sono d' accordo. In più noi occidentali ( a parte i tentativi di 'ingannarla' ) le attribuiamo un significato radicale.

  10. #30
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    mettendo per un momento da parte il discorso lanciato da leonida su occidente e oriente, di cui intuisco l'importanza, ma del quale non ho sufficiente competenza per poter parlare, seguendo l'invito di Outis, vorrei tornare a parlare dell'argomento centrale, riaprtendo dall'obiezione che outis ha mosso alla mia ultima argomentazione sulla "fine dell'evoluzione di specie" per il genere umano.
    Vedi, outis, tu affermi che non per questo si può ritenere l'uomo un essere superiore, poichè è, ad esempio, allo stesso tempo, massacratore dei propri simili.
    In effetti non parlerei di superiorità: qui non si tratta di stabilire una gerarchia verticale, si tratta però di stabilire una distinzione irrinunciabile che rende l'uomo essere specifico distinto in maniera netta dal resto della natura: resto della natura molto più omogeneo in termini di ferree leggi del movimento evoluzionistico.
    La natura tutta, eccezion fatta per l'uomo, è accomunata dalla legge della selezione darwiniana del più forte: l'uomo non più.
    Questo rende l'uomo un essere distinto, non necessariamente superiore in senso qualitativo ( non è qui il punto), ma distinto in maniera cruciale.

    Detto ciò, ritengo che la stessa specificità dell'uomo risieda proprio nel libero arbitrio di fronte alla scelta del bene o del male, laddove tale arbitrio non è solo arbitrio personale del singolo, ma diviene arbitrio universale di genere. L'uomo è l'unico essere, che per quanto malvagio e corrotto, cova in sè le potenzialità per una prospettiva universale della propria esistenza di genere: una scimmia, un elefante, un coniglio, una quercia non potranno mai avere percezione universale di sè, ma soltanto tensione alla salvaguardia della propria speicifica individualità.

    A mio avviso questa resta la distinzione fondamentale, e tale distinzione deriva dalla capacità innata nell'uomo di scegliere il proprio cammino indipendentemente dalla propria mera sopravvivenza, in un'ottica universale.
    Il fatto che l'uomo faccia pessimo uso della propria libertà arrogandosi il diritto di ammazzare propri simili e distruggere il mondo è un discorso diverso: è forse la ragione per cui passiamo le giornate a occuparci di politica, di filosofia, di pensiero, e ci sforziamo di donare agli uomini discernimento attraverso l'amore.
    ma, a ben vedere, è un discorso ulteriore, ed è il discorso per il quale ci battiamo ogni giorno della nostra vita.
    Ma il presupposto resta il nostro libero arbitrio personale ed universale insieme.


    Con ciò non c' è nessun giudizio di disprezzo nei confronti del mondo animale o vegetale.
    Anzi, la consapevolezza della distinzione, mi porta a poter parlare ad esempio di diritto animale in senso oggettivo:

    riguardo a ciò, una pntualizzazione:

    non posso che riferirmi al concetto di diritto animale da un punto di vista antropocentrico, poichè sono proprio io, uomo, in comunità con altri uomini disposti a manifestare la stessa sensibilità ad attribuire all'animale un diritto alla vita o al non sfruttamento industriale, o al non abuso.
    Il fatto che ci sia un'etica fortissima nel rapporti tra uomo e natura è oggi del tutto dimenticato nella società del progresso tecnologico infinito, ma è un punto essenziale nel nostro rapporti con il mondo esterno, extra-umano.
    Ma questa etica ce la diamo noi come comunità umana, e non viene rivendicata dagli animali come soggetti attivi: dunque il diritto che atrtribuiamo all'animale non può che essere oggettivo, cioè proveniente da una considerazione esterna al soggetto di diritto, il quale, per struttura, non rivendica alcun diritto a partecipare attivamente alla comunità umana.
    E'inevitabile adottare un punto di vista antropocentrico in questa questione: a mio avviso ogni tentativo opposto rischia di essere artificio teorico a posteriori e dunque anch'esso antropocentrico anche se nolente.

 

 
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