ricevo e inoltro:
...ha un obiettivo nascosto
Si grida al lupo, al lupo per forzare la mano
A volte viene da domandarsi se siamo diventati un Paese dal quale è bene che chiunque tenga alla salute giri al largo. Il giardino mediterraneo di ieri, sogno di milioni di stranieri, pare si sia trasformato in una fornace al cui interno le temperature sono salite quattro volte di più che nel resto nel mondo. Logico che i turisti scelgano altre mete, soprattutto se meno costose e con servizi migliori.
Alle infinite emergenze che costellano la vita nazionale si sovrappone da oggi un’emergenza più emergenza delle altre, quella del clima, e se l’estate è agli sgoccioli fa nulla, ci attende un inverno da brividi per mancanza di gas. O forse no, contrordine: sarà inverno caldo e quasi tropicale, gli ulivi attecchiranno a Courmayeur e gli anacardi nelle ex risaie di Lomellina, con risparmio idrico assicurato.
Il moltiplicarsi di allarmi di segno opposto, contrastanti (martedì l’Enel che mette in guardia contro la prospettiva del freddo e del buio, ieri la Conferenza sul clima in seno alla quale sono state snocciolate cifre da incubo sulla mortalità indotta da ogni grado di aumento delle temperature medie) al di là delle migliori intenzioni di chi se ne fa promotore ottiene alla lunga lo stesso effetto del ripetuto gridare al lupo, al lupo. Sconcerta. Disorienta. Lascia allibita l’opinione pubblica che finirà per non dar credito a nessuno e forse – e senza forse – si cullerà in una sensazione di incredula impotenza, rinunciando a quei comportamenti virtuosi che in materia di energia, clima e protezione dell’ambiente sono la premessa per il superamento delle situazioni critiche. La proliferazione e l’intreccio degli allarmi contribuiscono, soprattutto, a dare corpo al sospetto che dietro ogni denuncia si profili una intenzione strumentale, la volontà di forzare la mano.
Mancano rigassificatori perché è difficile farli accettare agli enti locali? Facciamo balenare la possibilità di interruzioni di elettricità in pieno inverno, e chissà che il fronte del no ai nuovi impia nti non scenda a più miti consigli. Si annunciano nella Finanziaria tagli per tutti i ministeri? Quale occasione migliore di una Conferenza sul clima per sollecitare stanziamenti ulteriori per il capitolo di spesa per l’ambiente?
Non è di allarmismo che ha bisogno un Paese che stenta a darsi una politica energetica che lo renda meno dipendente dalle forniture di importazione e dal capriccio degli esportatori di elettricità, gas o petrolio. Ha bisogno di opere, infrastrutture, centrali e depositi, visto che ha scelto di affidarsi in larga parte al metano per produrre kilowatt. Improvvidamente, forse: il metano detiene il primato del minor impatto ambientale, ma è una fonte energetica talmente nobile che c’è da domandarsi quanto valga la pena (e la spesa) di bruciarlo in una centrale elettrica.
Cosa può fare però un Paese che rifiuta il nucleare, non vuole il carbone ed è in ritardo perfino con il solare e l’eolico? Ugualmente non di allarmi ed allarmismi sarebbe bene si sostanziasse la politica per l’ambiente. Riscaldamento globale ed effetto serra sono fenomeni gravidi di rischi per l’umanità e l’ecosistema, ma quanto è utile terrorizzare l’opinione pubblica con la presentazione di scenari apocalittici sui quali la comunità scientifica è comunque divisa, quando poi sui fatti concreti che possono migliorare la qualità dell’aria, dell’acqua e della vita (la tutela dei boschi e del verde, lo smaltimento dei rifiuti, la salvaguardia delle falde e dei fiumi, una mobilità a misura d’uomo) il Paese annaspa, sembra privo di bussola e si muove all’insegna dell’improvvisazione? Un amico che ha una casa in Francia mi mostrava l’altro giorno la fattura di conguaglio che Edf, consorella dell’Enel, invia ai clienti a ogni agosto. Riportava dettagliatamente i dati 2006 relativi all’origine dell’elettricità transalpina: 85,7% nucleare, 5,9% energie rinnovabili (compresa l’idroelettrica), 3,3% carbone, 3,2% gas, 1,6% olio combustibile, 0,3% altro. In Italia l’87% dell’energia con sumata è di origine fossile. Nel campo dell’elettricità, le rinnovabili concorrono appena per il 20%.
Coloro che si allarmano – giustamente – per le alterazioni climatiche, l’innalzamento delle temperature e il deterioramento della qualità dell’aria potrebbero meditare su questi numeri e porsi qualche interrogativo. Ma tant’è, è più facile gridare al lupo, al lupo.