La recessione alle porte
La recessione è alle porte. Al di là dell´iniziale euforia di Wall Street, sempre pronta a festeggiare un calo del costo del denaro, il vero messaggio contenuto nel taglio dei tassi d´interesse americani è la preoccupazione.
Dagli Stati Uniti questa inquietudine viene esportata nel resto del mondo: il dollaro crolla, il petrolio schizza alle stelle, mentre i dubbi sulle perdite nascoste nei bilanci delle banche europee restano aperti. La "volatilità" dei mercati, e con essa l´instabilità dell´economia reale, è destinata a proseguire nei prossimi mesi malgrado l´eccezionale sforzo compiuto dalle banche centrali per arginare la paura. La Federal Reserve, essendo la più vicina all´epicentro iniziale di questa crisi, ha dovuto compiere una giravolta spericolata. Ancora un mese fa la banca centrale Usa considerava l´inflazione come il pericolo maggiore, e di conseguenza era pronta ad alzare i tassi. Poi è successo il finimondo. Il bubbone dei mutui insolventi è scoppiato, trascinando con sé gli hedge fund, il private equity, e via via una crisi di fiducia generalizzata ha prosciugato anche le forme di credito più normali ed essenziali per il funzionamento dell´economia. La Fed ha dovuto trarne le conseguenze con una sterzata drammatica. Il taglio di mezzo punto dei tassi d´interesse è il doppio della misura su cui scommetteva la maggioranza degli operatori sui mercati: la dice lunga sul livello di preoccupazione di Ben Bernanke, il banchiere centrale della più grande economia del pianeta. Il comunicato diffuso ieri dalla Fed conferma il clima teso in cui è stata presa questa drastica decisione. Vi si parla di "aumento dell´incertezza" e si sottolinea che l´autorità monetaria sarà vigilante. I segnali premonitori di una recessione sono ormai tanti. Al crollo dei valori delle case si è aggiunta la riduzione dei posti di lavoro, il rallentamento dei consumi, il taglio del potere d´acquisto provocato dal caro-benzina. Sta forse arrivando il Giorno del Giudizio per un´America malata di debiti: deficit nel commercio estero, deficit pubblico, debiti privati delle famiglie che da anni vivono al di sopra dei loro mezzi. È lecito dubitare che la riduzione del costo del denaro sia la cura giusta per un malato di questa natura. Non solo per motivi etici, ma soprattutto per ragioni di stabilità economica nel lungo periodo, la politica del denaro facile è controversa. È il credito a buon mercato ad avere creato varie bolle speculative, dai prezzi immobiliari fino alla proliferazione di strumenti finanziari "derivati" che hanno diffuso la cancrena del rischio nei luoghi più impensati. La Fed purtroppo ha solo questo strumento a disposizione per cercare di evitare la recessione. «Chi ha solo un martello in mano – è l´antico detto di Wall Street – finisce per credere che tutti i problemi sono chiodi». Al drogato in crisi di astinenza – l´America sommersa nei debiti – questa cura regala un´altra somministrazione di droga. Se è così i problemi sono solo rinviati, non risolti. Inoltre il taglio di ieri non risolve il destino di milioni di famiglie americane minacciate dal pignoramento giudiziario delle case e dallo sfratto: il meccanismo infernale dei "mutui di serie B" infatti farà scattare ancora per molti mesi aumenti automatici dei ratei di rimborso, ormai a livelli di usura.
La debolezza del dollaro è uno dei modi classici con cui l´America ci contagia coi suoi virus. Se arriva la recessione Usa essa colpirà l´economia italiana due volte: con la riduzione delle importazioni di "made in Italy" sul mercato americano; e con il peggioramento della nostra competitività nel mondo intero causata da un euro sopravvalutato. C´è un altro male insidioso che l´America ha propagato in mezzo a noi: i debiti originati dai mutui insolventi sono finiti ovunque, non sappiamo ancora quanta parte si è introdotta nei nostri risparmi. Ieri la banca americana Lehman ha annunciato di aver "cancellato" dal proprio bilancio 700 milioni di dollari per la perdita di valore delle obbligazioni legate ai mutui. Wall Street si aspettava di peggio. Sull´affidabilità di quella cifra ci sono pareri discordi. In genere le banche sono tenute a calcolare il valore dei titoli "a prezzi di mercato", ma che succede quando intere categorie di titoli sono invendibili sul mercato e quindi non hanno più alcun prezzo? A quel punto le banche possono comportarsi in maniera discrezionale, per non dire arbitraria. Quanto si sa delle perdite subìte dalle banche italiane? Quanta parte del buco verrà scaricata sui risparmiatori italiani, ignari che nei loro portafogli-titoli e fondi d´investimento c´è del marcio? Il ministro Padoa Schioppa ha già ventilato qualche preoccupazione sui fondi pensione. Tocca al governatore della Banca d´Italia Mario Draghi agire con fermezza sul nostro sistema bancario, perché la verità si sappia in fretta. In Inghilterra ci sono voluti tre giorni di puro panico, e una misura senza precedenti nella storia britannica (l´annuncio che la banca centrale assicura tutti i depositi dei risparmiatori) per riportare la calma. Quando la fiducia vacilla, ricostruirla è un´operazione difficile e costosa.
Federico Rampini
20 settembre 2007 La Repubblica