Non ho detto questo; si continua ad utilizzare il programma dell'Unione come proclamato punto di riferimento.
La questione va vista in termini realistici, ma non cinici.
Quando un partito presenta un programma, ovviamente stringe un patto con gli elettori. Questo patto però non può essere certo un libro di trecento pagine, in cui c'è scritto tutto e qualche volta il suo contrario, fatto più per cercare di dare la parvenza di una coalizione omogenea che per altri motivi.
Del resto, quanti elettori dell'Unione possono veramente dire di aver votato per il libro del programma?
Ci aspettavamo tutti, ovviamente, alcune cose: una politica fiscale orientata a tutelare i redditi bassi e medio-bassi, la lotta all'evasione fiscale, modifiche alle leggi sulle pensioni e sul lavoro, il ritiro delle truppe dall'Iraq ed una politica estera più autonoma dagli Stati Uniti, una legge sul conflitto d'interessi e in materia giudiziaria.
Che cosa fa un politico serio in una situazione come quella che si è creata dopo le elezioni? Cerca di salvare il salvabile del programma e di cercare accordi con la parte dell'opposizione più disponibile. Non oscilla in continuazione tra "il programma" da una parte e "guardate che il programma era una presa in giro" dall'altra.
Altrimenti i suoi elettori si sentono, comprensibilmente, traditi.